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YES WE HOPE!

Post n°1070 pubblicato il 21 Gennaio 2009 da supercappero

Quando accadono eventi così epocali, quando gli occhi di un intero pianeta si voltano tutti nel medesimo istante per assistere alla consacrazione di un uomo, un personaggio, un simbolo, ispirazione di valori vecchi e giusti, ma perduti nelle viscere della viltà umana, be, in quell'istante forse non tutti, ma la maggior parte di noi ha un comune denominatore: sentirsi parte di un'entità più grande, complessa, unica, ma che possiede una visione comune.

Attenzione, io credo che il nuovo presidente non sia in realtà cosi nuovo, credo che per giungere li, più in alto di tutti, e in questo caso molto più in alto, non bastino intelligenza, tenacia, grandi valori, carisma: servono anche mezze verità, compromessi, vittime sacrificali... ma soprattutto serve un'entità. Una squadra che lavora nell'ombra, pronta a parare I colpi, a reagire, a inventare strategie, a supportare, a costruire consenso. Una squadra che crede! E non in quello che non ha visto (tipo i beati esaltati dal messia), caro Zaminga... Una squadra che crede perchè volgendo lo sguardo alla storia VEDE ciò di cui è capace lo spirito umano nei suoi momenti più bui, una squadra che crede perchè è consapevole che i primati del passato sono uno stimolo a fare meglio in futuro. Una squadra che, parlando di queste elezioni, è diventata sempre più numerosa, grazie ai molti cittadini comuni che si sono mobilitati in massa e addirittura hanno versato offerte al loro candidato, come mai era accaduto prima.  Riporto un passaggio del discorso dell'Obama neo presidente ufficiale:

 

Sono stati invece coloro che hanno saputo osare, che hanno agito, coloro che hanno creato cose - alcuni celebrati, ma più spesso uomini e donne rimasti oscuri nel loro lavoro, che hanno portato avanti il lungo, accidentato cammino verso la prosperità e la libertà.

Per noi, hanno messo in valigia quel poco che possedevano e hanno attraversato gli oceani in cerca di una nuova vita.

Per noi, hanno faticato in aziende che li sfruttavano e si sono stabiliti nell'Ovest. Hanno sopportato la frusta e arato la terra dura.
Per noi, hanno combattuto e sono morti, in posti come Concord e Gettysburg; in Normandia e a Khe Sahn.
Questi uomini e donne hanno lottato e si sono sacrificati e hanno lavorato finché le loro mani sono diventate ruvide per permettere a noi di vivere una vita migliore. Hanno visto nell'America qualcosa di più grande che una somma delle nostre ambizioni individuali; più grande di tutte le differenze di nascita, censo o fazione.

Questo è il viaggio che continuiamo oggi.

 

qualcosa di più grande che una somma delle nostre ambizioni individuali. Questo è ciò che noi non siamo, x vari motivi. E il più importante è quello storico: dominati per secoli, e da troppo poco tempo uniti per credere di poter essere un'entità, quel “qualcosa di più grande”. Ma oggi per fortuna credo che ci siamo sentiti qualcosa di più che cittadini della repubblica delle banane, oggi forse ci siamo sentiti parte di un'entità che ha un nuovo punto di riferimento, costituito non dal singolo individuo, il presidente nero (o negro, poco importa), ma dalle sue parole e dalla volontà che lo anima, la volontà di molti. Un secondo passaggio del discorso.

 

Perché ovunque volgiamo lo sguardo, c'è lavoro da fare. Lo stato dell'economia richiede un'azione, forte e rapida, e noi agiremo - non solo per creare nuovi posti di lavoro, ma per gettare le nuova fondamenta della crescita.

Costruiremo le strade e i ponti, le reti elettriche e le linee digitali che alimentano i nostri commerci e ci legano gli uni agli altri. Restituiremo alla scienza il suo giusto posto e maneggeremo le meraviglie della tecnologia in modo da risollevare la qualità dell'assistenza sanitaria e abbassarne i costi.

Imbriglieremo il sole e i venti e il suolo per alimentare le nostre auto e mandare avanti le nostre fabbriche.
E trasformeremo le nostre scuole, i college e le università per venire incontro alle esigenze dei tempi nuovi. Possiamo farcela. E lo faremo.

Ora, ci sono alcuni che contestano le dimensioni delle nostre ambizioni - pensando che il nostro sistema non può tollerare troppi grandi progetti. Costoro hanno corta memoria. Perché dimenticano quel che questo paese ha già fatto. Quel che uomini e donne possono ottenere quando l'immaginazione si unisce alla volontà comune, e la necessità al coraggio.

 

Ecco, la memoria, un ponte che permette di unire il passato al presente x costruire il futuro come dovrebbe essere, ad un livello ideale più alto, migliore. Dove la tecnologia ha un ruolo dominante in tutte le sue forme e applicazioni, ma viene utilizzata col rispetto dovuto all'individuo e all'habitat.

Forse noi italiani dovremmo utilizzare la memoria in un altro senso, più che ricordare esempi positivi del passato, che pure ci sono, dovremmo dimenticare, anzi cancellare esempi negativi del passato recente. Forse è l'unico modo x ripartire. Ma io non sono uno dei baeti citati da Zaminga, I dogmi e i miracoli li lascio alla religione. E non posso credere in ciò che non esiste o che non vedo. Però posso credere in ciò che ho sentito oggi, posso credere che forse il mondo abbia ritrovato una guida, non assoluta x sua stessa ammissione, non perfetta x definizione, ma una forza motrice che possa influenzare il nostro stile di vità sulla lunga distanza, un faro sempre lontano migliaia di miglia, ma che possa indicare la direzione a tanti, anche a noi, completamente allo sbando, in un paese che corre irreversibilmente a folle velocità verso un buco nero. E se il faro è Obama, allora la luce che esso genera è il coraggio di chi ha voluto cambiare.

Io oggi non mi sento americano, mi sento parte di questa grande entità.


al solito vi saluto con una citazione... di un "faro" tutto italiano: De Gasperi.

Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione.

 

 
 
 
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