RESPECT

868

Colmare la breve distanza che separa la mia dimora dal seggio elettorale sembra compito assai faticoso. Un fortissimo vento soffia verso est, trascinando carta, polvere e.. manifesti elettorali. Il sole  domina un cielo limpido, come sempre quando Milano è spazzata da raffiche così violente.
Mi chiedo se questo vento simboleggi qualcosa, magari aria nuova, magari una sorta di "pulizia generale" da tanti di noi attesa e sognata. Mi chiedo, in fondo, se sia ancora possibile sperare in in futuro diverso. Anzi, in un futuro.
Dopo una passeggiata di 5 minuti controvento giungo finalmente all'ingresso della scuola elementare che ospita i seggi. I fogli A4 stampati in digitale indicano i numeri dei rispettivi seggi di appartenenza e la direzione da seguire. Controllo il numero del mio seggio sulla tesserta elettorale: 868. Bene, scatto verso destra e supero un'allegra coppia: un papà con un bimbo che sembra un piccolo terremoto, entro nel cortile semi abbandonato e proseguo verso l'androne. Sulla destra c'è una scrivania e su di essa un notebook, e proprio il computer sembra interessare i due annoiatissimi tutori delle forze dell'ordine. Forse vagano tra gli infiniti cunicoli della rete, forse commentano le foto di famiglia, forse.. sicuramente sono annoiati, e ben poco vigili..
Supero la scrivania e mi avvicino alle scale che portano al piano superiore. davanti a me 2 lentissimi nonni che faticosamente, quasi miracolosamente, gradino dopo gradino, si avvicinano alla meta. Non ho modo di superarli, sono bloccato e mi devo adattare al loro ritmo. All'estremità superiore delle scale c'è un'altra coppia di anziani barcollanti che aggrappandosi saldamente al corrimano e ad un bastone scuro cerca di compiere l'operazione opposta, scendere!
Queste scale sono un percorso interminabile, una specie di moviola di questo microscopico intervallo della mia vita. E l'intervallo mi regala il tempo necessario per pensare ad un'immagine, alla scena di un film che ha rappresentato questo paese (minuscolo) in un lontano, glorioso passato: il Sorpasso. La Lancia Aurelia di Gassman, con uno slancio di modernità supera l'auto che la precede. Il progresso inarrestabile, la voglia di correre verso il futuro, il moto di un'intera nazione lanciata a velocità folle, che non sa bene dove va, ma va... E mi rendo conto, in quegli interminabili momenti, calpestando quei gradini, che io, giovane 33enne italiano, non posso neanche sorpassare 2 innocui vecchietti. Fanno tenerezza e si tengono stretti l'un l'altro. Comprendo che sono circondato da 80enni! Al bar, all'ufficio postale, dal barbiere, per strada. Loro sono il presente, Un presente che in Italia è rappresentato da individui che una volta hanno compiuto quel mitico sorpasso, ma che ora sono stanchi e hanno necessità di rallentare. E io sono costretto, obbligato a rallentare con loro. Mi chiedo se sia giusto, ma in fondo vivo in qui, dove la giustizia è giusta solo per chi se lo può permettere... Per chi ha il coraggio di urlare più forte parole più furbe. Parole, parole, parole rapidissime, dove i fatti corrono alla velocità di quel bastone scuro davanti a me, perchè chi mi dovrebbe rappresentare si relaziona ad una realtà che non appartiene alla mia generazione: un paese lento, immobile, vecchio nelle viscere, dove alle acrobazie mediatiche corrispondono le sabbie mobili della vita reale.
Dopo un minuto circa, riesco a venir fuori dall'ingorgo e vado a compiere il mio dovere di cittadino. Ma ormai il vento ha spazzato via quei piccoli residui di speranza, e ha lasciato il posto ad un cielo scuro, scurissimo.