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FABRIZIO DE ANDRE'

Post n°55 pubblicato il 11 Gennaio 2010 da prc.amendolara
Foto di prc.amendolara

Fabrizio ci ha insegnato quanto possa essere unica e importante ogni persona.

L'anima non muore mai

Sono passati dieci anni dalla morte di Fabrizio De Andrè ma il suo nome rimarrà sempre vivo in noi.

 

 

Quando muore un uomo è sempre un momento triste. Quando muore un uomo che ha lasciato una grande ricchezza al mondo, forse il dolore, per chi l'ha stimato, è più forte. Ciò che ha lasciato De André è nei suoi dischi, nelle sue canzoni, ed è un dono prezioso per tutta l'umanità. Può forse stupire vedere la tristezza di chi come me, che lo ha ascoltato e cantato, quando ha saputo della sua morte?

Un vero artista, un creatore di cose nuove. Perché? Perchè tanta tristezza per la sua morte? Perché Fabrizio, con le sue canzoni, ci ha insegnato, negli anni della gioventù, a vivere. Ci ha insegnato a ragionare, a pensare senza paraocchi "Ad aver pietà per i più deboli perché siamo tutti uomini e tutti siamo deboli".

Le sue canzoni sono rimaste e ancora continuiamo ad ascoltarle e ciò ci induce a pensare che il suo nome è ancora vivo. Il suo spirito continuerà a vivere per molto tempo ancora. I suoi testi sono così belli e pieni di poesia e storia che meritano di essere letti nei libri di scuola, e alcuni sono già entrati, per il riconoscimento dell'uso della lingua e per gli insegnamenti di civiltà che lui ha lasciato negli anni della sua carriera.

Queste poesie raccontano del Mondo, del dolore, della sofferenza, della carità, della vita bianca e nera, brutta e bella, capita o meno che noi viviamo.

Il suonatore Jones è morto... Si può considerare una sorte di biografia. De Andrè ci parla di sè. Quella del suonatore Jones. "In un vortice di polvere - cantava - gli altri vedevano siccità. Ascoltavo il suono forte della mia terra: era il mio cuore. E allora perché chiamarlo ancora, come pensarlo migliore... Libertà, l'ho vista svegliandosi nei campi bagnati seminati, a cielo e denaro, a cielo e amore, recintati da filo spinato. Libertà, l'ho vista ogni volta che ho suonato per un ballo di ragazze in festa, per un compagno ubriaco. La gente sa che tu sai suonare. Suonare ti tocca per tutta la vita e ti piace farti ascoltare..."
Sono sicuro che Jones-Fabrizio il suonatore avrebbe giocato anche con la vita se il creatore non l'avesse preso. Egli che come Jones ha offerto la gola al vino, la faccia al vento e mai un pensiero al denaro, all'amore e al cielo. Mi sembra di vederlo con la chitarra imprecare. Egli che ha dovuto dormire nell'Hotel Supramonte e che ha accompagnato Piero e Marinella verso l'altro mondo.

Lui che ha fatto di Via del Campo una metafora del mondo intero. Lui che fino all'ultimo cantava canzoni di speranza e tormento. Quella stessa speranza che a noi giovani ci da la forza di lottare e andare avanti in questo mondo fatto di ipocrisia.

Il cantante della sofferenza, ma sarebbe bello ricordarlo come il difensore degli ultimi, di coloro che non sanno, dei deboli, dei poveri. Le canzoni di De André ci hanno insegnato a guardare con affetto e pietà i ladri per fame, le prostitute, gli innamorati lasciati, gli zingari, i matti, i malati, i soldati morti in guerra. pensiamo alla Canzone del malato di cuore: quanto significato in quelle parole: "Ho cominciato anch'io a sognare con loro - cantava - e dopo l'anima, d'improvviso, prese il volo. Da ragazzo guardavo gli altri ragazzi giocare, al ritmo del mio cuore malato, e mi veniva la voglia di uscire e giocare per correre nel prato, per vedere come fanno gli altri ragazzi a riprendere fiato. E ti tieni la voglia e rimani a pensare cosa ti manca per correre - e segue con il pensiero di quello si faceva "raccontare la vita dagli occhi e non poter bere alla fonte d'un fiato ma a piccolo sorsi."
Egli aveva sempre nell'animo un sentimento di umanità che era quasi cristiano: egli capiva la sofferenza, il pianto, la tristezza contro la cattiva sorte. Fabrizio è stato il cantautore di storie disperate, di morte, di desolazione.

Buona Novella per i diseredati del mondo In questo mondo di ingiustizie e contro la giustizia solo Dio ha potuto consolare gli uomini di questo grande dolore. Gesù, il grande rivoluzionario dell'amore per i poveri, ha dato la speranza che manca. "Se Gesù non fosse esistito - ha detto De André - lo si sarebbe dovuto inventare. Ed è proprio quello che gli uomini hanno fatto". È un vangelo di Eresia quello di Fabrizio, ma un vangelo che lascia una speranza agli uomini che capiscono gli errori che hanno fatto.
Bisogna dire che quando ha scritto le frasi su Gesù ha sempre lasciato capire che, nonostante uno possa non credere a quello che gli uomini hanno creato dietro la figura di Dio, nessuno può dimenticare quanto è stato importante il Vangelo della Buona Novella nel mondo. A Fabrizio De André piaceva l'idea del mondo disegnato al rovescio di quel Nazzareno. Un Dio con i capelli lunghi che parlava con le prostitute e con i peccatori perché erano quelli che avevano bisogno della luce del cielo, e De André ha scritto molto su questi perché erano quelli che avevano bisogno della luce della poesia. Una luce che non può cambiare il mondo, ma almeno rende più sopportabile il dolore.
Il soffrire è una caratteristica dell'umanità e bisogna rispettare chi soffre perché in questo modo si rispetta l'uomo. Il corpo degli uomini è il tempio della vita. Il dolore è la preghiera di questa umanità malata che non riesce a trovare Dio in nessun angolo del Mondo.

il fatto che De Andrè fosse un musicista, passa a volte in secondo piano, per far risaltare invece l'uomo che stava dietro alla musica, dietro la chitarra, dietro le parole. Perché Fabrizio raccontava le storie che vedeva, che sentiva; perché Fabrizio sapeva di non essere il centro del mondo e dava voce ai suoi pensieri ma anche alle persone e alle storie nell'ombra; perché Fabrizio amava la vita, in tutti i suoi aspetti. Avrebbe potuto esprimerlo con la pittura, o con un'altra arte. Lui scelse la musica, e la poesia, e ci mostrò il mondo come non volevamo vederlo.

Solo adesso mi chiedo e dico a De Andrè:

"È stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati".

 

Il violinista Jones

 

La terra emana una vibrazione
là nel tuo cuore, e quello sei tu.
E se la gente scopre che sai suonare,
ebbene, suonare ti tocca per tutta la vita.
Che cosa vedi, un raccolto di trifoglio?
O un prato da attraversare per arrivare al fiume?
Il vento è nel granturco; tuti freghi le mani
per i buoi ora pronti per il mercato;
oppure senti il fruscio delle gonne.
Come le ragazze quando ballano nel Boschetto.
Per Cooney Potter una colonna di polvere
o un vortice di foglie significavano disastrosa siccità;
Per me somigliavano a Sammy Testarossa
che danzava al motivo di Toor-a-Loor.
Come potevo coltivare i miei quaranta acri
per non parlare di acquistarne altri,
con una ridda di corni, fagotti e ottavini
agitata nella mia testa da corvi e pettirossi
e il cigolìo di un mulino a vento - solo questo?
E io non iniziai mai ad arare in vita mia
senza che qualcuno si fermasse per strada
e mi portasse via per un ballo o un picnic.
Finii con quaranta acri;
finii con una viola rotta -
e una risata spezzata, e mille ricordi,
e nemmeno un rimpianto.

 

 
 
 
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