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ERA LEI ?

Post n°107 pubblicato il 14 Dicembre 2007 da pajasso
Foto di pajasso

. . . s e g u e . . .

“Hai litigato con Francesca” mi chiede Fabio, da ventidue anni al mio fianco in ogni angolo del mondo.
“No vecchio mio, è soltanto che io forse sono stupido e lei forse, dico forse, è una stronza!”
Fabio scoppia a ridere sapendo di poterselo permettere e questa comunanza, questa fratellanza mi fa tornare con i piedi per terra. Rido e scherzo con i ragazzi a bordo dell’aereo, guardo la foto di Euclidea nata dieci giorni fa e tra le risate di tutti gli dico che forse era meglio una moglie botanica invece che matematica, almeno le dava un nome di fiore e lui tra le lacrime agli occhi capendo che ho frainteso mi spiega che è il nomignolo che le hanno dato perchè è stata concepita tra le tesi degli studenti della moglie. Mi alzo guardandolo colmo di tenera invidia per come ha detto “mia moglie”. “Mia moglie, la mia Donna, la mia Ragazza, la mia Cucciolotta” tanti modi per esprimere il senso di appartenenza non di possesso; tanti modi per lasciar trasparire l’amore di cui arricchiti si vive. Beati loro, io invece sento la mia metà assottigliarsi ad ogni munito di viaggio.
Le cinque e mezzo. Chissà se adesso sei sul divano, la coperta sulle gambe raccolte, il mento appoggiato alle ginocchia a chiederti dove sono, come sto, a pensare al modo in cui ci siamo lasciati al telefono. O forse semplicemente starai dormendo? Ti vedo distesa nel letto imbronciata come sempre quando dormi. Forse hai fatto venire Lory a dormire da te per non essere sola, per sfogarti. O forse lo hai fatto con qualcun altro?
Eccola lì di nuovo maledetta gelosia. Ma brutto idiota cosa ti infastidisce di più? Che ti metta corna o che non ti ami più?
Pensieri tumultuosi si rimescolano mentre osservo l’aereo buio: chi dorme, chi legge utilizzando una luce tascabile. Li guardo e mi accorgo di preoccuparmi per loro come un padre. Sarà che ho più anni di loro, sarà che per qualcuno è la prima volta poi una mano mi sfiora il gomito, voltandomi vedo Fabio.
“Vecio ho chiesto al pilota, ci ha autorizzato a fumare una sigaretta là dietro, nel vano di carico; mi ha anche dato due caffè, pensa che gentile.”
“Sigaretta? Ma se tu non fumi!”
“Ah io no ma tu si e là dietro con un caffè se dopo ti fumi la tua amata cicca magari mi racconti che è successo. Dai che là non ci romperà nessuno e non fare quella espressione che i tuoi cucciolotti dormono tutti e sono abbastanza grandi per cavarsela da soli”.
Tre anni. Mi sembrano secoli per l’intensità di ogni breve istante vissuto insieme e lo racconto a Fabio che sa tutto ma mi lascia parlare capendo che più che altro lo racconto a me stesso.
Uno sfogo lungo, interminabile, a cui Fabio replica solo chiedendo: “adesso la odi? Non la mai più? Ti sei già dimenticato di averla amata? Trova queste risposte e saprai tutto quello che c’è da sapere”.
Grande vecchio Fabio, donnaiolo, scapolo incallito o come si dice adesso “single”, sempre apparentemente burlone e superficiale, ha invece la mente più affilata di un rasoio ed un cuore che sembra un’arca, capace di accogliere chiunque ne abbia bisogno.
Dodici ore dopo atterriamo in una landa desolata, scendo dall’aereo più incazzato che stanco e dopo aver adocchiato il cumulo di materiale sui pallet a fianco dell’altro aereo, guardo Fabio che mi fa un cenno di assenso e rivolgendosi a tutti da il là all’orchestra: “Ok bimbi belli, sapete tutti che fare, ricordatevi la priorità che abbiamo: Nanna, pappa, cacca! Datevi da fare!”

Qualcuno dice che nulla avviene per caso e forse essere finito così lontano da lei in un momento così delicato per noi è un segno del destino. Lei triste a casa, lui in pericolo lontano, lei che prega che torni lui che ce la mette tutta e torna, lui e lei che si abbracciano dimenticando tutto mentre scorrono i titoli di coda.
Praticamente un film già visto, ma in questi momenti mi tornano in mente le parole di Bertoli quando canta “Pesca forza, tira pescatore, pesca non ti fermare anche quando l'onda ti solleva forte e ti toglie dal tuo pensare e ti spazza via come foglia al vento che vien voglia di lasciarsi andare più leggero nel suo abbraccio forte, ma è così cattiva poi la morte?”
É una canzone non un film direte, già è solo una canzone ma a me rimbomba nelle orecchie...

“Ok Signori e tutto potete andare” il briefing è finito ed alle parole fanno seguito il rumore di sedie che si spostano e piedi che fanno cigolare il pavimento di plastica.
“Giò andiamo a bere una cosa prima di andare giù?”


. . . S E G U E . . .

 
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