Creato da RachelDavidson il 20/09/2013

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ANNA

Post n°13 pubblicato il 24 Novembre 2013 da RachelDavidson
 

Il vento scuoteva i rami, le finestre, i capelli, raccogliendo da terra ogni cosa al passaggio e portandolo in aria. Le foglie restavano sospese in un giro di danza per poi planare a terra,rimanendo immobili come lasciate da un fantasma giocherellone. I fogli prendevano a volare con le ali spiegate, come gabbiani, in un dolce ondulare, lasciandosi trasportare verso méte sconosciute. Tutto quel vento invadeva ogni angolo della città, correva, saltava, si girava e riprendeva la corsa. Di tanto in tanto un rumore sordo, violento, riecheggiava da un punto imprecisato. Una finestra o forse una porta, che nessuno aveva bloccato, sbatteva al vento.

Alessandro era fermo in macchina, aspettando che scattasse il verde, e si sentiva un astronauta dentro una navicella spaziale protetto da un'atmosfera ostile.

Non sentiva freddo, ma lo percepiva attraverso quello degli altri che vagavano fuori dalla sua navicella, mentre lottavano contro il vento, le spalle leggermente alzate, le mani a proteggersi il collo o nelle tasche o a cercare di trattenere lembi di stoffa che scappavano al controllo.

L'ultima volta che aveva dovuto lottare contro il vento, il vento era l'ultimo dei suoi pensieri.

Il volto di Anna gli tornò alla memoria, ridefinendosi nei contorni, via via che si concentrava su di esso. Quel viso a lui tanto caro, che aveva tante volte accarezzato e baciato. I suoi occhi neri, il naso dritto come una dea greca, le labbra carnose sempre appena socchiuse e quei capelli neri che seguivano il muoversi del vento, le coprivano il volto per poi scoprirlo di nuovo e che miracolosamente si adagiavano ubbidienti sulle sue spalle, per poi riprendere a volare.

Ricordò entrambi fermi sul ciglio di una roccia, ai piedi di un antico faro bianco, oramai in disuso. Il mare sbatteva rabbioso sul fondo della scogliera, quasi a volerli raggiungere. Ci provava forte,risaliva, si arrampicava e poi si lasciava andare pronto a riprendere la rincorsa. Lui cingeva Anna da dietro e lei era adagiata su di lui,serena, completamente priva di difese, entrambi osservando l'orizzonte, nella speranza di rendere infinito quel momento proprio come infinito appariva il mare.

Anna si voltò di scatto:

“Sai che non funzionerà!”

“Proviamo! Non abbiamo nulla da perdere. Ti prego – le disse con il tono più dolce possibile. Poi dopo una pausa – Ti amo” Fissando i suoi occhi. Non avrebbe mai più dimenticato quegli occhi.

“Ho paura di sperare ancora, Alessandro. Io.... sono...pronta”

Pronta... come si può essere pronti a morire? Pensò.

“Allora non sperare, ma proviamoci. Ti sto chiedendo di fare un tentativo, l'ultimo. Poi, comunque andrà, partiremo per gli Stati Uniti, come hai sempre desiderato, senza aspettare il risultato. Solo noi due, in un viaggio coast tu coast, per tutto il tempo che vorrai...”

“...che potrò” lo interruppe lei.

Lui fece uno sforzo disumano e le sorrise “...va bene, che potrai”

Non partirono mai per gli Stati Uniti. Il cancro al cervello fu più veloce di quanto si aspettassero ed Anna morì due settimane dopo, mentre lui le teneva le mani, pochi minuti dopo averle chiesto di sposarlo, pochi minuti dopo che lei gli aveva risposto di sì.

Un'orchestra di clacson lo riportò nella sua navicella spaziale. Il semaforo doveva essere diventato verde nel frattempo, ma le lacrime non gli permettevano di distinguerne i contorni. Decise di fidarsi dei clacson e partì, asciugandosi rapidamente gli occhi.

Anna era rimasta indelebile nel suo cuore. Si era sentito dire negli ultimi due anni centinaia di volte che la vita doveva continuare, che Anna avrebbe voluto vederlo felice e che non era giusto che un uomo giovane, affascinante e con una carriera davanti rinunciasse ad avere un amore, una vita. Aveva incontrato altre donne, certo, alcune persino imposte dagli amici, ma nessuna era Anna.

Se l'avessero conosciuta come aveva fatto lui, se avessero capito quanto fosse speciale ed unica, si sarebbero risparmiati tante parole inutili.

Anna che rideva, Anna che lo baciava, Anna che lo prendeva in giro, Anna che lo amava, Anna che preparava i suoi pranzi improbabili... tutto, ogni cosa, di Anna era speciale.

Guidava e le lacrime non smettevano di scendere. Ogni volta che rimaneva solo e si lasciava andare ai ricordi, una lama tornava a contorcersi nell'anima e il dolore riaffiorava. Faceva sforzi disumani per non far capire nulla a chi gli stava accanto, ma da solo... da solo era impossibile dimenticare.

Fece un lungo giro per arrivare al lavoro per avere il tempo di riprendersi.

Parcheggiò al suo solito posto e spense il motore rimanendo a fissare gli effetti del vento.

“Promettimelo” la voce di Anna, appena un sussurro, gli tornò alla mente.

“Promettimelo o giuro ti nasconderò le chiavi o ti farò tutti i dispetti possibili” accennando un sorriso.

Gli aveva sempre detto, mentre pensavano alla sua morte, che come fantasma sarebbe stata ancor più impossibile che da viva. Ed ora che insieme aspettavano il momento, lei volle da lui una promessa.

“Promettimi che sarai felice anche senza di me”

Aveva sempre evitato di ricordare quelle parole. Gli procuravano più sofferenza del fatto di averla persa. Eppure lui aveva promesso, ma mantenere quella promessa era la cosa più difficile che avesse mai provato a fare nella sua vita.

Allungò la mano per tirare fuori la chiave dal cruscotto, ma la chiave non c'era. Si frugò nelle tasche, guardò sul sedile, a terra, ma la chiave non c'era. Scese dall'auto e si chinò per cercarla sotto il sedile, ma niente, la chiave sembrava essersi volatizzata. Aprì lo sportello posteriore e cominciò a cercare dietro pensando fosse scivolata, ma niente. Si frugò di nuovo in tasca e ancora niente. Si spostò dal lato passeggero cercando a terra sul tappetino e di nuovo sotto al sedile, ma niente.

Eppure non era mai sceso dall'auto, non sapeva più dove cercare. Intanto il vento si era impossessato dell'auto aperta, scivolando al suo interno e creando un sibilo ad ogni passaggio. Rimase in piedi frugandosi ancora. All'improvviso sentì un tintinnio provenire dall'interno della sua auto. Si concentrò per capire da dove provenisse, sedendosi nuovamente al posto di guida. Il tintinnio allora gli sembrò più vicino. Abbassò lo sguardo e vide il Cupido d'argento che gli aveva regalato Anna come portachiave, sbattere scosso dal vento contro il cruscotto, dondolando dalla chiave della macchina, lì dove avrebbe dovuto trovarsi fin dall'inizio.

Si lasciò andare sul sedile, fece un lungo sospiro, passandosi le mani tra i capelli e, sorridendo, sussurrò “Anna.... "

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