Creato da uomodelmonte1970 il 21/01/2011

Arcano Incantatore

Gli occhi sono solo i servi sciocchi del pensiero

 

 

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IL COLORE DELL'ACQUA

Post n°8 pubblicato il 04 Marzo 2011 da uomodelmonte1970

Vivo lontano e vicino dall'immensa e inumana città, vivo quasi solo,
sopra un alto sperone di roccia, in una bella e modesta casetta,
per arrivarci vi è una lunghissima scala anti incendio; una volta c'era
un ascensore ma le masse diseredate di questa città, tenute a bada
dal Deanziol e da cibo scadentissimo, che passa a fiumi la municipalità,
la notte girano sfaccendate, sfasciandolo continuamente, dalla
scala, invece, per fortuna, se ne tengono lontani, troppo lunga da
fare per arrecare disturbo.
Una mattina mi trovo un ologramma dentro casa, è la classica
tecnica di coloro che chiedono l'elemosina; da vicino il portone
di casa lo proiettano dentro.
Un po' scocciato apro bruscamente il portone, gli dico di andarsene;
dopo averlo chiuso, come da prassi, se non gli dai retta, ti muovono,
per dispetto, l'ologramma per casa; invece notai che quell'ologramma
era immobile, c'era qualcosa che non andava, aprii la porta e vidi
una figura, immobile come il suo ologramma, ferma sul muretto
davanti alla vista dell'enorme città.
Chiesi alla magra figura vestita di sacco se era tutto a posto,
ma non rispose, le chiesi se poteva spegnere il suo ologramma
e una flebile voce femminile mi rispose:
<<speravo che chi volesse vivere così lontano dalla città
fosse più gentile.>>
Risposi un po' asciutto che mi ero trovato questo cocuzzolo,
appunto, per stare tranquillo.
Passarono cinque minuti buoni di immobilità e la invitai in casa...
si era fatta tutte quelle scale.
Passò un minuto che questa figura barcollante si voltò e si decise
di entrare, era una giovane ragazza molto magra e di
pelle chiara, truccata vistosamente, tutto sommato poteva
sembrare graziosa.
Si mise a sedere in cucina con lo sguardo basso perso nel vuoto.
Le chiesi senza risultato se avesse fame, allora le tagliai un po'
di prosciutto crudo e un po' di pane ma lei rimase sempre immobile.
Dissi:<<Sai ho due figlie che dovrebbero avere la tua età, le ho mandate
a studiare in un posto migliore; la piccola è un tipo un po' avventuroso
sta facendo un corso di preparazione per la colonia lunare privata Selene,
chissà forse vuol seguire l'esempio della mamma che è sempre a giro
in missione per lavoro, anzi che sono riuscito a dissuaderla
a partecipare al quel programma di terraformig su Marte, sai la Luna
sono due giorni di viaggio, Marte molto di più ed è anche una colonia
molto più selvaggia.... Ma mi ascolti?>>.
Mi chinai cercando di incrociare il suo sguardo perso  e dissi:
<<lo sai che questo prosciutto è un miracolo?
Un mio amico alleva maiali, lui dice di cinta,
ma io mi accontento che sia maiale vero
e non carne creata industrialmente.>>
Lei con fare meccanico e senza convinzione ne afferra una
fetta e comincia a mangiare.
Provai a chiederle chi fosse? Non rispose, provai a chiederle
perché fosse così abbattuta e lei sorrise enigmaticamente
rispondendomi:<<ma io non sono qua!>>.
Rimasi perplesso e non feci altre domande visto che
si era decisa a mangiare.
Dopo qualche fetta consumata in silenzio sembrò rianimarsi
un po' ed esclamò: <<Ho bisogno di te!>> ed io risposi
che ero disposto a darle una mano; tirò fuori da un sacchettino
di pelle otto sassolini neri piatti e circolari disponendoli
a croce e vi pose vicino una clessidra liquida che gocciava
pigramente; prese la mia mano e la sua e le mise al centro
di questa croce, vidi una luce abbagliante, svenni e mi ritrovai
stordito in altro loco.
Mi alzai e notai che ero in un posto sconosciuto, oscuro
e al chiuso; lei mi venne incontro, bella, con indosso un vestito
di strass bianco che brillava di luce propria.
Mi prese per mano e con molta cautela cominciammo ad
addentrarci dentro questi lunghi corridoi di roccia,
ma questa roccia sembrava trasparente in superficie
e vi passava all'interno una tenue luce soffusa che
rischiarava un po' l'ambiente.
Cominciammo ad incontrare, sempre più spesso, una sorta
di quadri animati, sospesi a mezz'aria con una figura
femminile dentro, la quale ci osservava con cipiglio
e a volte ammoniva la mia compagna.
Allora mi fermai di autorità:<<Dove siamo?>> e lei disse:
<<Non importa dove siamo ma quello che dobbiamo fare!>>
e le chiesi ancora chi raffiguravano questi quadri con questa
immagine che sembrava un dipinto di una nobildonna di epoca
elisabettiana e lei mi ripose:<<Sono proiezioni di lei>>, <<Lei chi?>>
risposi, <<Una che dice di essere Maria Stuarda ma
io non ci credo!>> incalzò.
Mi riprese la mano costringendomi a proseguire in questo
corridoio e più ci addentravamo e più  la luce sui muri
diventava meno fioca e più questi quadri aumentavano
rendendoci difficile il passaggio.
Con grande circospezione e fatica arrivammo ad una rientranza,
mi fece salire delle scalaccie di pietra umide e scivolose
e mi disse a bassa voce:<<Vedi questa stanza? C'è una bastone
che fa da leva contro questo grosso sasso rotondo; io attirerò
i quadri verso di me in fondo, in direzione di dove siamo venuti
e tu fai in modo di far rotolare questo sasso contro il corridoio,
non badare in nessun modo a ciò che accadrà a me, proseguirai
in direzione opposta, troverai una stanza con la luce;
spengila con l'acqua>>.
Non mi diede nemmeno il tempo di replicare che si allontanò,
mi affacciai ad una finestrella per vedere dove andava;
tirò fuori una piccola torcia elettrica e cominciò ad agitarla
in aria avviandosi verso dove eravamo venuti, centinaia
di quadri cominciarono ad accalcarglisi addosso urlando
<<Qui la luce la faccio solo io!>>.
A quel punto con un notevole sforzo faccio rotolare il
sasso il quale si precipita come un maglio verso il corridoio
cominciando a frantumare parecchi quadri; corro in
direzione opposta seguendo le istruzioni, arrivo in
una stanza troppo illuminata ed intuisco che al centro
c'è una sorta di faro alimentato da un braciere e con
un gioco di lenti e di specchi proietta luce sui muri che a
sua volta la trasporta nei corridoi attigui.
Trovo un secchio riempito d'acqua da una infiltrazione
dal soffitto e lo getto nel braciere; si fa improvvisamente buio.
A tentoni riesco a rifare la strada a ritroso, ogni tanto
inciampo su quadri a volte rotti e poi ne raggiungo una
massa accatastata.
Sembra che si muova qualcosa da sotto i quadri e intuisco
una luce fioca come quella della piccola torcia che aveva la
ragazza. Scosto un po' di quadri e la tiro fuori un po' malconcia
e con un taglio sulla guancia di cui cerco di occuparmi.
Lei con rinnovata energia mi trascina via di nuovo esclamando:
<<Non c'è tempo da perdere!>> aiutandosi con la torcia comincia
ad avventurarsi per cunicoli e corridoi, nel frattanto la luce
dai muri sta ricominciando a tornare, lei mi legge nel pensiero
ed esclama:<<Il braciere si è già riacceso, dobbiamo sbrigarci!>>.
Arriviamo ad una sontuosa porta laccata di blu; lei a bassa
voce mi dice che questo è il luogo dove lei crea le sue
proiezioni e che dovevo bussare con molta energia sui batacchi
e dire di essere, con voce tonante, il Guardiano d'Ebano.
Bussai ed una voce sguaiata e molto scocciata mi rispose,
recitai la mia parte, la porta si aprì e notai in pochi attimi la
donna del quadro, quella vera, stesa su una specie di
sarcofago di cristallo e attraverso un ennesimo gioco di
bracieri, specchi e pannelli di cristallo, cercava di imprimere
la propria immagine sui quadri.
Appena il tempo di realizzare tutto questo che la ragazza
gettò con tanta violenza a terra specchi e cristalli
frantumandoli, la donna invece, con fatica, vista la mole,
si alza dal suo giaciglio e corre fuori chiamando "il Guardiano".
Girandomi verso la ragazza notai uno sguardo molto
preoccupato, non feci in tempo a proferir parola che
mi prese per mano e mi trascinò lontano da quel luogo.
Arrivammo finalmente a veder la luce, seppur della
luna, una strana luna di lana, quasi si sciogliesse nella
notte stellata; tutto era molto, troppo suggestivo.
Tra degli ampi olivi prendemmo fiato, la ragazza si
sedette con sguardo triste; <<Credo che tu debba
avere delle spiegazioni>> disse <<Credo anche io>> risposi.
<<Di lei sappiamo poco, se non che era una cerusica che
divenne fattucchiera. Il problema non sono solo i suoi poteri
alchemici, ma come li usa. Se si accontentasse della
ricchezza e del potere sarebbe più sopportabile; il suo
problema è che odia tutto e tutti, non riesce ad avere
un rapporto affettivo se non in un solo modo: la
possessione.>> <<Che vuoi dire?>> Chiesi.
<<Voglio dire che l'unico modo per relazionarsi con
gli altri è il dominio assoluto sullo spazio e sul
tempo; così ci impose la vasca di porfido. ....Si,
scusami, non puoi sapere di cosa parlo ... la vasca
di porfido è un artefatto dove la vittima sta immersa
in una soluzione, credo, di miele, latte, acqua, mescalina
e vai a sapere cos'altro; lo scopo è quello di tornare nel
liquido amniotico, nella pancia della madre; convinse
tutti che quella vita larvale fosse la vera felicità;
lo scopo non era certo questo, ma era, appunto, un
dominio assoluto su tutto il corpo e tutto il tempo
dei suoi simili. Questo è il suo unico modo unilaterale
di relazionarsi e di amare. Il resto viene da se, il
dominio arriva anche agli elementi; con questo finto
cielo da cartolina e questa suggestiva luna di lana;
che altro non fanno che tenere le vittime
eternamente tra le braccia di Morfeo.>>
<<Ma adesso che facciamo?>> chiesi.
<<La situazione è complessa, abbiamo contro il
Guardiano D'Ebano, qua però un po' staremo al sicuro.>>
<<Per quanto dovremmo rimanervi?>>
<<Fino a che non mi viene un'idea per quel golem!>>
<<Quale golem!>>
<<Si, certo, il Guardiano d'Ebano, è una sorta di suo
soldato, una grossa e pericolosa creatura di legno
con un cervello infantile e il cuore di bimbo.
Lei lo tiene in scacco convincendolo che è troppo
buono per andarsene per il mondo; che il suo cuore
di legno dovrebbe indurirsi e diventare di ferro per
allontanarsi da lei; così gli fa fare ciò che vuole.>>
<<E quindi?>>
<<E quindi, dato che è pericoloso ci vuole un'idea!
Per approcciarlo dobbiamo far finta di non aver la testa!>>
<<Non aver la testa!>> risposi.
<<Esatto, la fattucchiera definisce il "suo popolo",
cioè coloro che sono imprigionati nelle vasche di porfido,
come "sciocchi senza testa" e noi faremo finta,
davanti al guardiano d'Ebano, sollevandoci un po'
i vestiti, di non aver la testa.>>
<<E dopo?>>
<<Dopo dovremmo trovare il modo di sfasciare
l'artefatto alchemico che tiene su tutta questa baracca:
la clessidra nera!>>.
Girammo parecchio per viottoli di ghiaia e filari di pioppi;
per arrivare ad una sorta di grosso cono di vetro blu
con il vertice in alto.
<<Questo è il punto di osservazione>> disse.
<<È un vecchio artefatto dal quale la fattucchiera
controlla tutti i corridoi.>>
Pose l'occhio sul vertice del cono di vetro e con
qualche mugugno di assenso mi disse:
<<Dobbiamo trovare il Guardiano senza che lei
trovi noi! Da quello che ho visto il golem sta nella
sua stanza dei giochi a titillarsi con le biglie colorate,
lui ama molto i colori ed è estremamente avido di
conoscerli e possederli tutti.>>
Trovammo una grande scala a chiocciola di pietra
lavica, scendemmo ed ad ogni piano vi era una
diversa fontana di travertino spenta; le chiesi
il perché, lei rispose che la fattucchiera amava
molto le fontane, tenerle spente e pronte all'uso
voleva dire dominarle.
La ragazza mise in funzione una grande fontana,
strana ed inquietante a forma di grande migale
da cui l'acqua usciva dall'addome; disse:
<<Eccola! la sua fontana preferita, adesso
andiamo dal Guardiano!>>
Arrivammo in una grande sala imbiancata di fresco,
odorosa di ebano e piena di biglie di vetro colorato
di tutte le dimensioni e colori; lei, imitata da me
si sollevò i vestiti di quel tanto per coprir la
testa ed in questa versione acefala gridava:
<<Non far come noi!>>.
Una massa di legno profumato si alzò a tre metri
altezza circa, era il golem; con voce profonda, incerta
e infantile disse: <<Lo so!>>.
Per prender tempo la ragazza cominciò a chiedere
al golem i vari colori delle biglie, stando attenta a
non contraddirlo; egli amava molto quelle blu
trasparenti che erano rare e odiava quelle
bianche opache che principalmente gli
regalava la fattucchiera; anche i colori
erano strumento di dominio della strega.
La ragazza cercò allora di provocarlo:
<<Tu che sei Guardiano perché la fontana preferita
dalla tua padrona oggi è diversa?>>
<<Diversa?>> rispose lui.
<<Vieni a vedere!>>
Ci recammo presso la fontana che zampillava
acqua ed il golem d'ebano rimase "di sasso".
Non aveva mai visto l'acqua e sbigottito la toccò.
La ragazza disse:<<Tu non conosci questo colore>>
intendendo il trasparente dell'acqua.
Il golem cominciò a tremare di stupore e di rabbia
e la mia compagna lo incalzò:<<che colore è questo?
Dimmi! Qualcuno ti ha nascosto questo colore?>>.
Il golem disse:<<Non capisco c'è il colore ma non c'è?>>.
<<Prova ad entrare dentro la fontana, forse da
sotto potrai vedere il suo colore.>> Disse la ragazza.
Il golem entrò nella fontana ma per quanti sforzi
facesse, essendo di legno, galleggiava; allora
disperato gridò:<<Sapete voi di che colore è l'acqua?
Vi prego ditemelo!>>
Risposi io e dissi che l'acqua vista da dentro è
il più bel blu o celeste che ci sia, a seconda anche
della tua immaginazione.
A queste parole il golem fremette violentemente:
<<un colore che decido io! Lo voglio!>>
La ragazza lo apostrofò:<<Se tu non avessi
un cuore di legno potresti scendere sul fondo della
fontana e scoprirne il colore cangiante!>>
<<Come faccio?>> chiese il golem
<<Trovati un cuore di ferro!>> rispose la ragazza;
<>, incalzò.
 
Il golem si abbatté fragorosamente a terra battendo
le dita come schioccanti nacchere, così esprimeva
la sua rabbia e la sua disperazione.
Presi la ragazza in disparte: <<Che hai in mente?>>
<<Cerco di convincerlo a sfasciare la clessidra nera!>>
<<Che cosa è?>>
<<Vedrai!>> rispose lei.
La ragazza gridò al golem: <<Peccato, noi ce ne
andiamo senza sapere il colore dell'acqua!>>
Il golem si alzò fragorosamente di scatto e disse:
<<Mi ha nascosto il colore del'acqua e io le prenderò
le sfere! Mi servirò del colore proibito!>>
Seguimmo l'essere di legno fino ad un portone,
tirando i grossi batacchi di cristallo con la bocca
li frantumò, la porta si aprì ed entrammo in uno
strano luogo circondato da pungenti rovi con
al centro quattro obelischi di chiaro avorio,
che facevano contrasto con i rovi carichi
di nere more ed in mezzo agli obelischi,
finalmente la nera clessidra.
Tutto questo "mondo" era tenuto incantato
da questo assurdo artefatto che era costituito
da una oscura e opaca clessidra di ferro e
dentro di essa una valanga di sfere di acciaio
che si precipitavano in basso in un orrido
fragore gridato.
Il golem si fermò e cominciò a piagnucolare
ma la mia compagna lo incalzò:
<<Se ti metti nel petto un po' di quelle sfere
di color acciaio potrai andare nel fondo della
fontana e conoscere il colore dell'acqua!>>
Il golem disse:<<Ma il color acciaio è
il colore proibito, non ci sono biglie per
giocare color acciaio!>>
<<Infatti tu non dovrai rimirale o giocarci
ma dovrai nasconderle dentro di te!>> disse la ragazza.
Il golem si convinse, con un maglio spaccò
la clessidra, si versarono a terra tante sferette
d'acciaio ... poi il vuoto ...
Mi risvegliai solo, in casa mia; ero steso in terra
con la testa pesante, mi accorsi che quegli
oggetti che la ragazza aveva portato erano ancora
la; i sassolini neri, la clessidra liquida che altro
non era che un anestetico.
La ragazza aveva frugato dentro la mia casa,
ma senza fare molto danno, trovò solo
qualche soldo, poca roba, ma mi trovai,
guardandomi allo specchio, l'impronta di rossetto
di un tenero bacio sulla fronte.
Udm

 
 
 
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