Creato da: famigliaarcobaleno il 10/10/2011
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Famiglia Arcobaleno - II - Aleksey - Parte 1

Post n°13 pubblicato il 04 Dicembre 2011 da famigliaarcobaleno

 

Attenzione, se é la prima volta che leggi questo racconto, ti consiglio prima di leggerti le parti precedenti, ovvero:

Famiglia Arcobaleno - I – Prefazione
Famiglia Arcobaleno - I – Presentazione
Famiglia Arcobaleno - I - Jannick - Parte 1
Famiglia Arcobaleno - I - Jannick - Parte 2
Famiglia Arcobaleno - I - Jannick - Parte 3
Famiglia Arcobaleno - I - Jannick - Parte 4
Famiglia Arcobaleno - I - Jannick - Parte 5
Famiglia Arcobaleno - I - Jannick - Parte 6
Famiglia Arcobaleno - I - Jannick - Parte 7



Questo é il seguito del racconto. Buon Divertimento!

 

Capitolo 2


Aleksey

Come puoi immaginare dal mio nome, sono di origini russe. I miei genitori mi hanno messo al mondo in uno sperduto villaggio della Siberia. Sesto di 8 figli,di cui 5 maschi, la mia infanzia é trascorsa a momenti di felicità con i miei fratelli, a periodi di terrore dovuti al fatto che mio padre aveva l’abitudine di alzare il gomito, sperperando quel poco che guadagnava in alcolici. Per fortuna mia madre riusciva con qualche lavoretto a rimediare sempre qualcosa da mangiare per noi. Ma soprattutto la sera, quando nostro padre tornava a casa, il terrore era diventato quotidiano in famiglia. Ogni sera si accaniva su uno di noi, e ci picchiava senza alcun motivo. La sera tremavamo dal terrore sapendo che uno di noi sarebbe stato bastonato da un ubriaco pazzo. Mia madre spesso cercava di calmarlo, soprattutto quando si accaniva sui più piccoli, ma finiva sempre che oltre a bastonare noi, bastonava anche mia madre.

Un giorno mia madre non sopportando più la situazione che si era creata, mise del veleno nel cibo, e glielo fece mangiare al suo uomo. Quella sera mia madre dopo avergli servito la macabra cena, si mise di fronte al suo uomo e vide come ingoiava quello che lo avrebbe portato all’inferno. Finì di cenare senza accorgersi di nulla. Dopo aver picchiato il secondo dei miei fratelli, prese mia madre ed andarono a dormire. Alcune ore dopo i primi sintomi della cena cominciarono a farsi sentire, e l’uomo accusò dolori allucinanti allo stomaco. Chiese aiuto a mia madre, e fu in quel momento che rilevò a lui il piano che aveva architettato. Glielo disse perchè voleva che sapesse che non sarebbe morto senza motivo, ma perchè c’era qualcuno che lo odiava. L’uomo che nel frattempo stava stramazzando al suolo per il dolore, riuscì a raccogliere quel che gli rimaneva delle sue forze, tirò fuori un coltello che aveva sempre con se, anche di notte, e lo lanciò contro la madre, colpendola direttamente al collo.

Le urla di entrambi i genitori richiamarono l’attenzione dei vicini che accorsero, ma quando arrivarono, si ritrovarono di fronte a 2 cadaveri, e 8 ragazzi terrorizzati da quello che avevano appena visto.

I funerali furono molto spartani, dato che anche i nostri parenti non avevano tanti soldi disponibili. Inoltre, nessuno di loro poteva permettersi di mettersi in casa 8 nuove bocche da sfamare. Subito dopo i funerali, ci spedirono in diversi orfanotrofi, e praticamente da quel momento le nostre vite si divisero.

Io fui spedito in un orfanotrofio di Mosca insieme alla mio fratellino che all’epoca aveva sei anni. Io avevo invece 9 anni. Gli altri fratelli e sorelle invece furono mandati in altri orfanotrofi di altre città. Purtroppo i fondi non erano tanti e del in bimbi erano numerosi. A volte i nostri tutori facevano fatica a organizzare un pranzo o la cena. Rimanemmo due anni nell’orfanotrofio quando una famiglia rumena ci previste in adozione. La coppia sembrava apposto e quando venirono all’orfanotrofio si presentarono con un’auto di grossa cilindrata. I documenti per il trasferimento impiegarono alcuni mesi presso la arrivare. Quando tutto fu pronto sia io che mio fratello ci trasferimmo nella nuova casa in Romania.purtroppo quello che sembrava una famiglia perfetta in realtà si trattava di una banda il cui scopo era quello di reclutare bambini e mandarli a per strada.

Per fortuna la donna che si occupava di nuovi aveva insistito che almeno la mattinadovessimo andare a scuola. Quindi la nostra giornata iniziava la mattina con la scuola e poi dopo venivamo subito spediti per strada a chiedere l’elemosina. Facemmo questo tipo di vita terra camminano quattro anni. A volte ci portavano in una fabbrica dove c’erano altri bambini e dovevamo lavorare fino a sera tardi. Altre volte invece dovevamo andare a pulire nei giardini o nelle casse di altra gente ricca. Quando non avevamo nessun lavoro dovevamo chiedere l’elemosina per strada.

La maggior parte dei soldi guadagnati venivano comunque spedisci dalla padrone di casa in alcolici. Un giorno la nostra mamma ebbe un incidente sul lavoro e dopo due mesi di ospedale morì, lasciandoci da soli con il suo marito. Purtroppo l’uomo non era in grado di gestire la casa senza la moglie e cominciò a bere sempre di più e si indebitò al gioco. Un giorno due uomini vennero a casa e dopo aver parlato con nostro padre ci portarono via. Praticamente per poter pagare i debiti di gioco, ci aveva venduti ad una banda di persone che trafficavano con i bambini. Io nel frattempo avevo 14 anni mentre mio fratello mi aveva solo 12 di anni.

Ci cambiarono identità e con dei passaporti che dovevano in realtà appartenere ad altri ragazzi ci spedirono in Germania. Dato che eravamo ufficialmente registrati in Germania la coppia che ci aveva accolto dovette mandarci a scuola. Anche qui dopo la scuola dovevamo lavorare. Ci avevano assegnato un angolo di una strada trafficata, e li dovevo fare dei piccoli spettacoli, mentre mio fratello girava tra le persone che si fermavano e chiedeva l’elemosina. La sera quando ritornavamo a casa se non portavamo abbastanza soldi non ci facevano mangiare e spesso ci picchiavano. Fino ad allora non avevamo mai avuto una vita vera e propria. Uno giorno per caso un amico di scuola mi vide mentre suonavo una fisarmonica. I nostri aguzzini ci mandavano a chiedere l’elemosina in un’altra città per evitare che amici di scuola o insegnanti ci riconoscessero. Casualmente il ragazzo aveva i nonni proprio nel paese in cui noi lavoravamo, che quel giorno insieme ai nonni avevano deciso di andare a fare delle compere in centro. Appena mi vide mi salutò agitando la mano. Quando io lo vidi diventare rosso per la vergogna. Lui si accorse dell’imbarazzo che rimase fermo a guardarmi. Quando finì il brano mi alzai e andai da lui. Ci salutammo stringendoci la mano è che purtroppo dovevo lavorare. Sia lui che i nomi non dissero niente, annuirono, e dopo aver dato una banconota da cinque euro a mio fratello continuarono con la loro passeggiata.

La notte che venne non riuscii a dormire. Avevo terrore di quello che gli altri amici di scuola e insegnanti avessero pensato di me. Decisi anche di non dire niente alla mia famiglia perché non sapevo come avrebbero reagito.

Il giorno dopo quando andai a scuola vidi Andrea già seduto in aula. Le prime due ore passarono senza problemi. Mi resi anche conto che Andria non aveva parlato del mio incontro del giorno prima con gli altri. Durante la pausa uscii nell’atrio della scuola mi sedetti su una panchina e rimasti lì a pensare. Ad un certo punto vidi Andrea parlare con altri amici. Andrea mi vide seduto da solo e congedandosi dagli altri si avvicinò a me.

ciao Ale, posso sedermi?” mi disse Andrea appoggiandomi la sua mano destra sulla mia spalla.

se il prego, sono da solo”

mi dispiace che sei costretto a lavorare dopo la scuola. Vicino al posto dove ci siamo incontrati ieri abitano i miei nonni. Mi hanno detto che siete lì già da tanto tempo. Spero che presto non sarai più costretto a lavorare” mi disse Andrea mentre mi guardava negli occhi.

lo hai detto a qualcuno?”

No, non ti preoccupare oltre ai miei nonni nessuno sa del nostro incontro di ieri. Comunque, se hai bisogno di una mano o di aiuto puoi parlarne con me. Sei un bravo ragazzo che nonostante devi lavorare il pomeriggio sei anche bravo a scuola. In poco tempo hai imparato il tedesco e i tuoi voti non sono bassi” disse Andrea mentre mi alzava dalla panchina.

Grazie Andrea, purtroppo nessuno può aiutarmi” gli dissi, mentre mi alzavo anche io e ci incamminammo verso la nostra aula.

Alcuni giorni dopo il nostro aguzzino decise che era arrivato il momento di darci anche un nuovo lavoro. Voleva che ci prostituissimo. Scoprii che c’erano persone disposte a pagare tantissimo per poter rimanere alcune ore con i ragazzi della mia età. Era quel giorno con venerdì quando insieme a mio fratello tornammo a casa dopo la scuola. Insieme ai nostri genitori c’erano due uomini che pranzarono insieme a noi. Dopo aver finito di pranzare, il nostro padrone ci disse che saremmo dovuti andare con i due uomini per tutto il fine settimana. Saremmo tornati a casa il lunedì.

Ma io non voglio andare con loro. Non mi sembrano delle persone di cui fidarsi” dissi mentre una lacrima scendeva dal mio viso.

Voi dovete andare. Ci pagano molto bene per un fine settimana” mi disse, mentre mi dava un ceffone.

Dopo un quarto d’ora eravamo pronti con il nostro zaino. Avevamo messo qualche indumento ed un paio di libri. Inoltre il mio fratellino aveva con sé anche un koala in peluche che aveva dai tempi dell’orfanotrofio.

Dove volete portarci?” chi si hanno uno dei due uomini mentre ci facevano salire in auto.

Andremo in un posto molto tranquillo. Vedrete, vi divertirete” ci disse l’altro uomo che era già al volante.

bevete questo del succo di frutta, è molto buono” disse uno dei due porgendoci due bottigliette di succo di frutta.

Grazie” rispondemmo in coro io e mio fratello.

Il sapore della succo di frutta era strano, comunque lo bevvi anche perché avevo tanta sete. Dopo circa 20 minuti sia io che mio fratello non riuscivamo a tenere gli occhi aperti. Un senso di torpore ci indusse a sdraiarci e a dormire.

Da qual momento e per i successivi giorni i ricordi diventano vaghi ed a tratti.



Continua...


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