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Il salvagente pubblico

Post n°448 pubblicato il 16 Ottobre 2008 da rainine

Mentre negli States si palesano già le prime conseguenze del piano Paulson, con cui molto probabilmente gli americani faranno i conti in un futuro non molto prossimo, magari trovandosi senza nemmeno un'auto in cui dormire, anche nel Vecchio Continente si è intrapresa la strada del salvataggio pubblico. In realtà si procede spediti verso la creazione di un'autorità sovranazionale, presentata come unica soluzione per controllare conglomerati bancari, troppo grandi per essere gestiti dagli stati nazionali, ma risulta comunque utile dare un'occhiata alle risposte dei singoli stati alla crisi.

 
Fra le prime contromisure che il Governo italiano inserisce nella propria "cassetta degli attrezzi" (giusto per usare un'espressione Keynesiana) per far fronte alla crisi dei mercati ci sarà... la creazione di fondi da "svuotare" per salvare le banche in crisi. Questo oltre a costituire l'ultimo chiodo alla bara del liberalismo (uno dei pilastri del libero mercato è appunto quello di poter liberamente fallire), fa sorgere una domanda spontanea: in una nazione con una spesa pubblica enorme, da dove verranno presi i soldi per la creazione di questi fondi? La risposta è ardua, nel decreto 9 ottobre 2008 n. 155 sono stati tanto generosi con i punti e virgola quanto molto probabilmente lo saranno nel regalare i soldi di tutti a pochi (la socializzazione delle perdite, insomma), ma la titubanza grammaticale di quelle righe fa sorgere il dubbio che potranno essere presi dai fondi per la ricerca e per l'Università e dalle risorse destinate al pagamento del 5 per mille. Per chi non dovesse crederci, o per chi fosse interessato a far chiarezza cimentandosi nell'analisi del periodo, ecco lo screenshot del pezzo relativo all'interno del decreto:


Questo genere di interventi statali, avrà certamente come conseguenza quella di ritardare la ripresa, come spiegato da Frank Shostak su mises.org (in inglese).

A questa ulteriore distorsione del mercato, a cui certamente non seguirà nessun risultato positivo, bensì un conto salato da pagare (per i soliti), si andranno a sommare i ritardi dovuti alla minor innovazione sia nel campo della ricerca che in quello della formazione delle risorse umane, dovute ai tagli alle Università, operati per salvare le banche. Quel che è certo è che anche se non dovessero essere toccati questi fondi, attraverso le tasse si trasferirà comunque ricchezza da contribuenti sani e che giovano quindi al mercato, a banche o attività marce che non costituiscono un valore per i consumatori. Complimenti al liberalissimo governo Berlusconi IV.

 
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