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DIRITTO COSTITUZIONALE : PARTE III - DOTTORE RAPHAEL MOSCHEN

Post n°76 pubblicato il 11 Ottobre 2008 da raphaelmoschen
 
Foto di raphaelmoschen

Non siamo d’accordo

Si dice che la legge rinforzata può abrogare una legge ordinaria, dove una legge ordinaria non può abrogare una legge rinforzata.

Cosa differenzia una legge costituzionale da una ordinaria? La legge costituzionale non può essere abrogata né da legge ordinaria né da referendum, ha una maggiore resistenza e prevale su quella ordinaria.

L’abrogazione riguarda entrambe i tipi di legge.

Una legge ordinaria può essere abrogata dalla Corte Costituzionale, ma in realtà non è un’abrogazione (la Corte non è un legislatore), è una dichiarazione di illegittimità (Art.136)

Una norma costituzionale non può essere incostituzionale, ma vi è ugualmente una possibilità che la Corte intervenga: le leggi costituzionali devono essere varate secondo un determinato iter formativo; se esso non è rispettato provoca l’illegittimità della legge.

Montesquie affermò: "vi può essere libertà del cittadino solo se il potere è diviso in una pluralità di organi".

In Italia, il potere legislativo è affidato alle due camere del Parlamento; il potere esecutivo è affidato al governo; quello giudiziario è affidato ai giudici.

Negli U.S.A. vi è una netta distinzione tra il potere esecutivo (il presidente) e quello legislativo (governo): non vi è alcun collegamento. In Italia, invece, il governo non è del tutto distaccato dal Parlamento (si parla di governo parlamentare), in quanto il governo è espressione della maggioranza parlamentare.

Il governo può emanare atti aventi forza di legge, i quali ripetono la loro legittimazione da due fonti: 1) decreti legge: sono emanati dal governo di sua iniziativa in condizioni di necessità e urgenza; il governo non è titolare del potere legislativo, ma vi sono condizioni che non rendono possibile il lavoro delle camere in quanto troppo lento. L’art.77 Costit. Sembrerebbe contrastare con l’art.76 Costit., ma lo stato di necessità è fonte di diritto; 2) decreti legislativi: le camere delegano il governo, stabilendo la materia e i criteri e i principi direttivi, poi stabilisce un tempo limitato; si tratta di materie tecniche (es. redigere il Codice).

06.10.04 Prof. Giocoli Nacci

Gli atti del governo aventi forza di legge seguono il principio della collaborazione dei poteri

il quale attenua quello della divisione dei poteri, ideato da Montesquie.

Dopo l’emanazione del decreto legge, il parlamanto "dovrebbe" giudicare se il governo si trovava realmente nella condizione di necessità e urgenza indispensabile per esercitare la sua funzione legislativa, ma la maggioranza parlamentare è a favore del governo…

Riguardo al decreto legislativo, si riconosce al Parlamento la possibilità di delegare la legge al governo su una materia definita; questo perché il Parlamento non è in grado, per esempio, di formulare un codice (i parlamentari non sono necessariamente tecnici competenti nelle materie giuridiche, ma possono essere architetti, ingegneri ecc…), mentre il governo può nominare dei tecnici in grado di farlo.

Il governo deve rispettare i limiti della delega (Art.76 Costit.) che consistono in 3 elementi: oggetto della delega, principi e criteri direttivi, tempo limitato.

Un atto emanato a delega scaduta, ha lo stesso valore di uno emanato senza delega; è un atto emanato dal governo senza il potere necessario per farlo (la delega); è quindi un atto non legislativo. Ma finchè la Corte non si pronuncia sul suo non valore, esso vale o no? Si tratta di un atto legislativo emanato da un organo esecutivo, perciò è senza valore.

Esistono raccolte di leggi fatte da privati (es. Codice sui trasporti…) e chiamati "codici", ma non si tratta di veri e propri codici.

Esistono poi testi unici emanati dal governo su proposta del Parlamento; essi sono compilativi o innovativi. I testi unici sono decreti legislativi, ma vi è un aggravamento della procedura: vi è la necessità di una fase istruttoria, bisogna chiedere al Consiglio di Stato.

Ci sono poi testi unici spontanei: il governo ritiene di dover raccogliere in un unico testo le leggi sparse qua e là.

Le regioni si dividono in regioni a statuto ordinario e a statuto speciale. Gli statuti furono dati dal Parlamento con legge costituzionale; essi contengono norme diverse da quelle costituzionali; gli statuti speciali sono propri di 5 regioni e sono stati dati per vari motivi (es. vi erano regioni che necessitavano di norme particolari per regolare la convivenza di cittadini di più nazioni, oppure furono dati per attenuare la volontà di separazione delle regioni).

11.10.04 Prof. Giocoli Nacci

Stato ed enti minori.

Secondo l’Art.1 II comma: la sovranità appartiene al popolo.

L’Art.5: parla delle autonomie locali (di tutti gli enti locali: regioni, province, comuni).

La sovranità è un requisito innato dello Stato: non esiste uno Stato che non sia sovrano.

L’autonomia è il potere che lo Stato riconosce agli enti locali. Perciò la regione non sarà mai Stato, poiché lo Stato ha una sovranità innata.

Art.115: le regioni sono costituite in enti autonomi……secondo i principi fissati nella Costituzione. – differenza con – art.128: le province e i comuni sono enti autonomi nell’ambito dei principi fissati da leggi generali.

Attualmente, le province e i comuni hanno un proprio statuto (potestà statutaria); l’autonomia di questi enti è così esercitata in modo diverso, a seconda delle necessità e dei bisogni propri di ogni ente.

L’autonomia delle Regioni si esercita in modo diverso da quella delle Province e dei Comuni.

Si riteneva che l’autonomia consistesse solo nel potere legislativo; ma autonomia non è potere di emanare leggi, bensì potere di emanare norme giuridiche.

Oggi le Regioni hanno la potestà statutaria, hanno cioè potere legislativo (emanano leggi regionali) mentre le province e i comuni hanno potere normativo (norme, regolamenti……).

Si distingue tra Regioni a statuto ordinario e a statuto speciale.

Le regioni a statuto ordinario avevano solo una competenza legislativa concorrente: le leggi concorrenti sono di competenza sia dello Stato che della Regione e sono costituite da due elementi: 1) leggi cornice o quadro (principi generali dettati dallo Stato); 2) norme specifiche, in dettaglio, emanate dalla Regione. Prima le regioni non avevano potestà esclusiva su niente; oggi l’autonomia è cresciuta molto: sono state stabilite materie di competenza dello Stato, altre di competenza concorrente, altre di competenza esclusiva della Regione: tutto ciò arieggia la regola del federalismo.

Le regioni a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Trentino alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta) hanno un trattamento speciale: erano titolari di una potestà legislativa esclusiva (alcune materie erano di competenza esclusiva della Regione).

Oggi le regioni a statuto ordinario hanno un’autonomia superiore a quelle a statuto speciale:

hanno una potestà statutaria piena (vi è solo un controllo postumo della Corte Costituzionale), una potestà legislativa forte, una potestà concorrente limitata solo ad alcune materie.

Le leggi statali sono considerate superiori a quelle regionali, ma noi non siamo d’accordo. Si tratta di competenze diverse. Le leggi statali e quelle regionali non sono sullo stesso piano; anche dove vi è una competenza concorrente, non vi è mai una sovrapposizione di norme perché la legge dello stato deve dare i principi generali, la legge della Regione i dettagli normativi. Se lo Stato disciplinasse per intero una legge concorrente, essa risulterebbe illegittima, incostituzionale, e suscettibile di impugnazione da parte della Regione.

Non c’è un rapporto gerarchico tra leggi statali e leggi regionali

Nella scala gerarchica, i regolamenti si trovano sotto gli atti aventi fonte di legge; ne parlava già lo Statuto albertino nell’art.6, il quale prevedeva che i regolamenti fossero solo quelli emanati dal capo dello Stato (potere esecutivo = Re), e fossero relativi unicamente all’esecuzione delle leggi.

Solo nel 1926 si decise che i regolamenti non dovevano limitarsi all’esecuzione delle leggi.

La nostra Costituzione vuole che sia il Presidente a emanare i regolamenti.

Regolamenti d’esecuzione: la legge dà i principi generali (regolamenti secundum legem)

Regolamenti indipendenti: si riferiscono a materie non contemplate dalla legge (non c’è una riserva di legge: regolamenti extra legem).

Regolamenti d’organizzazione: vi è una riserva di legge relativa (la legge occorre, ma può, se vuole, limitarsi a dare principi di carattere generale).

Il regolamento riceve il suo valore dalla legge: è subordinato alla legge e non può porsi in contrasto con essa.

Il regolamento è un Atto normativo di carattere amministrativo, non avente forza di legge (e quindi non impugnabile di fronte alla Corte Costituzionale).

Se esso contiene una norma in contrasto con la legge, esso è impugnabile di fronte all’Autorità Amministrativa, cioè di fronte all’organo di giustizia amministrativa (T.A.R., e Consiglio di Stato in 2° istanza).

Le decisioni della Corte Costituzionale

Le sentenze del giudice

La declamazione del T.A.R.

I regolamenti Parlamentari (Camera dei Deputati e Senato), e vengono approvati a maggioranza assoluta. sono 2

Vi è una riserva di regolamento parlamentare: a legge non può fissare i regolamenti delle Camere (riguardo ad alcune materie); le norme del regolamento non sono impugnabili di fronte alla Corte Costituzionale perché sono Interna Corporis. L’autonomia delle Camere è garantita costituzionalmente, perciò la Corte non può intervenire.

I regolamenti degli organi costituzionali servono per organizzare il proprio lavoro.

12.10.04 Prof. Loiodice

La nostra Costituzione adotta il principio dell’elasticità, coprendo argomenti di politica con

norme molto generali

Le parti politiche votarono insieme gli articoli della Costituzione. Molti articoli sono quindi il risultato di votazioni di parti opposte.

Nel 1948 vi era una logica di unione, vi era incertezza su quello che sarebbe avvenuto.

Le forze politiche opposte trovarono una base comune nella dottrina della chiesa.

Nell’assemblea costituente, il principio religioso si traduce in principio giuridico in quanto esso risulta il più garantista; erano principi forti: nella logica cristiana l’uomo in sé è importante e degno di rispetto.

Non esiste una definizione di libertà: però possiamo desumere il significato di tale parola dal testo dell’art.13.

Ma ci sono complicazioni notevoli: è un problema che investe molteplici materie.

La libertà è o scelta o condizione.

La scelta è un principio dinamico

La condizione è un principio statico

e consiste nello stare bene (stare in una situazione idonea a fare del bene).
e consiste nel decidere se rimanere libero o divenire prigioniero.

La libertà è la condizione in cui si trova l’uomo quando sta bene, è una tensione verso il bene (bene protetto giuridicamente).

Si tratta di concetti morali incardinati nel sistema giuridico.

L’art.3 contiene un principio di giustizia morale difficilmente applicabile, trova un fermo nella realtà delle cose.

L’art.13 è un principio statico, di condizione, di status.

Si tratta di una libertà sia psichica che fisica.

La libertà si perde o per intervento esterno violento o persuasivo, oppure per volontario assoggettamento a una situazione di schiavitù.

13.10.04 Prof. Giocoli Nacci

La legge non si identifica con la norma e viceversa: ci sono norme che non sono leggi.

La norma è il contenuto dell’atto normativo

Nell’art.136 si parla di "norma di legge": la Corte non si pronuncia sulla base dell’atto in sè, bensì su come esso è stato interpretato dal giudice.

Talvolta la Corte si pronuncia sulla legge in senso stretto, ad esempio quando il procedimento d’emanazione non ha rispettato l’iter costituzionale; in questo caso la Corte si pronuncia sull’atto vero e proprio.

La Costituzione vigente consiste nell’insieme delle norme vigenti;

la Costituzione vivente è una Costituzione che vive sulla base dell’interpretazione delle leggi.

Non tutte le norme vigenti sono tratte da atti emanati da organi di Stato.

Ci sono Atti Internazionali.

Per recepire i risultati dei trattati c’è bisogno di una legge precisa, perciò la fonte del diritto rimane la legge, non il trattato: esso è una fonte-atto come le altre.

Secondo l’art.10, l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute; ma quali sono queste norme?

Si tratta di norme consuetudinarie.

, perciò va desunto dalla disposizione, tramite l’interpretazione.

. Se così non fosse, essa sarebbe travolta dagli eventi.
, riguardo all’illegittimità di un regolamento ha efficacia solo nei confronti di quel regolamento. Si tratta di un’eccezione alla regola precedente.
hanno un’efficacia limitata al giudizio; sono efficaci nei confronti delle parti che hanno occasionato il giudizio. La sentenza ha un’efficacia limitata alla risoluzione di quella controversia, non ha un’efficacia estensiva.
hanno efficacia Erga Omnes; è un’efficacia estensiva, in quanto la norma dichiarata illegittima perde efficacia dal giorno dopo la pubblicazione della decisione della Corte.
: esse intervengono su settori diversi. Le norme di dettaglio non possono contrastare le leggi dello Stato, ma non sono subordinate a queste.

: non esistono leggi rinforzate, ma solo leggi con procedimento rinforzato: leggi atipiche. Inoltre, non si può fare un confronto tra norme, che determini una gerarchia, perché una sola norma regola il singolo caso; le leggi atipiche si dicono tali in quanto hanno un procedimento rinforzato ma sono tutte di tipo diverso! Si dice che siano in un piano intermedio, ma non sono tutte sullo stesso piano. Si pongono su un piano paritario: ci sono materie che vanno disciplinate con un certo tipo di legge.

 
 
 
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