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Se cambiare è peggiorare

Post n°2 pubblicato il 22 Giugno 2006 da MiChiamoMork
Foto di MiChiamoMork

Da corriere.it il parere del più importante politologo italiano


Se cambiare è peggiorare
di
Giovanni Sartori

Bene o male le alte cariche dello Stato sono in carica. Male più che bene Prodi è riuscito a confezionare un governo. Così per una diecina di giorni il popolo si può rilassare. Ma a fine maggio ci saranno importanti elezioni amministrative (tra l’altro a Roma e Milano). Dopodiché il 25 giugno arriva il referendum confermativo, o sconfermativo, della nuova costituzione. Anche se il buon popolo forse non lo avverte, quest’ultimo è il voto più importante di tutti. La costituzione stabilisce le regole della politica e della gestione del potere. Regole malfatte, che non funzionano, creano un Paese che non funziona. Regole che limitano poco e male il potere sono regole che portano all’abuso di potere. Per di più, le costituzioni durano; e se sono buone costituzioni è bene che durino. Ma durano anche perché sono difficili da cambiare. Il che sottintende che se facciamo una cattiva costituzione il rischio è che ce la dovremo tenere.

Dobbiamo davvero cambiare ab imis la costituzione vigente? L’argomento dei «cambisti» è che chi difende la costituzione del ’48 è un «conservatore», un invecchiato, un sorpassato, sordo alle esigenze del progresso. Ma questo è uno slogan di bassa e sleale propaganda. Alla stessa stregua è conservatore il medico che ci conserva in vita, il pompiere che ci conserva la casa che sta bruciando e l’ecologista che si batte per conservare un’aria pulita. Scorrettezze polemiche a parte, il discorso serio è che cambiare una buona (relativamente buona) costituzione per una cattiva costituzione è un «cambismo» stolto e dannoso. Una costituzione è da conservare finché non si dimostri che sia necessario rifarla e, secondo, a condizione che sia sostituita da una costituzione migliore. E sfido chicchessia a dimostrare che la carta Bossi-Berlusconi sia preferibile, nel suo insieme, a quella del '48.

Le difese della nuova Carta sono due. La prima è che finalmente crea una Italia federale. Benissimo. Il guaio è che quel progetto è fatto con i piedi. Ma sul federalismo «alla Bossi» è doveroso dedicare un (prossimo) pezzo a sé. La seconda difesa - di Calderisi e Taradash, lettera al Corriere del 13 maggio - merita invece di essere affrontata subito, e argomenta che la nuova costituzione ha il fondamentale merito di eliminare il bicameralismo simmetrico, o paritario (due Camere con uguale potere), perché «sottrae la fiducia al Senato». L’argomento è davvero tirato per i capelli. C’è bisogno di impiombare il Paese con una macchinosa devolution per così poco? Basterebbe un articoletto che dica press’a poco così: che nel caso di maggioranze diverse nelle due Camere (altrimenti non c’è problema) il voto di fiducia compete soltanto alla Camera dei deputati. Per andare da Roma a Firenze Calderoli mi vorrebbe far passare da Pechino.

Grazie no: preferisco la via diritta. L’argomento è anche manchevole perché riduce il problema al voto di fiducia. Ma in Parlamento si votano leggi tutto il tempo e ogni volta il governo deve ottenere una maggioranza che approva. Anche se il caso viene limitato alla legislazione concorrente, non ci siamo lo stesso. L’ultimo affondo del Nostro è che «se il 25 giugno dovesse prevalere il no alla riforma la spinta conservatrice (sic , ci risiamo) sarebbe tale da congelare qualsiasi tentativo riformatore della nostra Carta del ’48». Ma perché mai? Sono decenni che i costituzionalisti propongono ritocchi migliorativi di quel testo. Se l’ultimo «riformone» verrà bocciato forse è l’occasione buona per arrivare finalmente alle «riformine» che occorrono.

21 maggio 2006

 
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Decalogo

Post n°1 pubblicato il 21 Giugno 2006 da MiChiamoMork
Foto di MiChiamoMork

Tra una settimana circa vi sarà il referendum confermativo della Riforma Costituzionale.
Mentre in televisione regna un'informazione parziale, se non una vera e propria disinformazione, ho pensato di preparare un piccolo documento strutturato su poche e chiare domande sulla Riforma.
Leggetelo e diffondetelo!



25-26 giugno 2006
10 domande sul Referendum Costituzionale

  1. Qual’è il quesito del referendum? Il referendum chiede se si vuole ratificare la Riforma Costituzionale approvata nell’ultima legislatura.
  2. Di cosa tratta la Riforma proposta? È una riforma complessa che verte su diversi argomenti: articolazione del Parlamento, poteri del Presidente del Consiglio, poteri del Presidente della Repubblica, rapporti tra Stato e Regioni.
  3. È vero che con la nuova Riforma diminuisce il numero dei parlamentari? Non proprio, la riduzione dei parlamentari dovrebbe entrare in vigore soltanto dal 2016.
  4. È vero che diminuiscono i costi per lo Stato? No. La riforma prevede il montiplicarsi di molti apparati che oggi sono centralizzati a livello statale e che domani saranno dislocati a livello regionale. Insomma, dove prima bastava un’amministrazione, domani ce ne saranno 20, i costi saliranno notevolmente.
  5. Come cambia il ruolo del Presidente della Repubblica? Il Presidente della Repubblica rappresenta “l’unità federale della Repubblica” e non più “l’unità nazionale”. Non sarà più il garante della Costituzione, in quanto verrà privato dei pochi poteri ora riconosciutigli. In sintesi: diventa solo un notaio e un gran cerimoniere, costoso.
  6. Come cambiano i poteri del Presidente del Consiglio? Il Presidente del Consiglio diventa tale in virtù del risultato elettorale e non più della fiducia del Parlamento (nota bene, però il suo nome non viene presentato sulla scheda!). Può nominare e destituire Ministri senza renderne conto al Parlamento. Gli viene riconosciuto il potere (tolto al Presidente della Repubblica) di sciogliere le Camere. In sintesi, al Presidente del Consiglio viene riconosciuto un potere di forte condizionamento sul Governo e sul Parlamento.
  7. Come cambia la Corte Costituzionale? La Corte Costituzionale vedrà aumentare il numero dei componenti di nomina politica. Di conseguenza diminuirà la sua autonomia.
  8. Come cambia il Parlamento? Il Parlamento si compone della Camera e del Senato federale della Repubblica. L'assemblea dei senatori perde il potere di sfiduciare il premier, che resta , con regole più restrittive, esclusiva della Camera. Si occuperà delle leggi che riguardano le materie su cui Stato e Regioni hanno competenze comuni.
  9. Come si articolano i poteri tra Stato e Regioni? È uno degli aspetti più complessi della riforma. Questa prevede diverse materie di competenze per Stato e Regioni, e tre tipi diversi di leggi: a) norme approvate soltanto dalla Camera (alle quali però il Senato federale può proporre modifiche); b) norme approvate soltanto dal Senato federale (alle quali la Camera può anch’essa proporre modifiche); c) norme che disciplinano norme sia dello Stato e delle Regioni. L’iter delle leggi sarà molto più complesso.
  10. Come si realizzerà la Devolution? Alle Regioni passa la competenza esclusiva su: sanità, sicurezza e scuola. Potremmo avere così 20 diversi sistemi di diritti, 20 sistemi scolastici con programmi diversi, con possili forti disomogeneità da una regione all’altra. La riforma non prevede il federalismo fiscale!

Concludendo. Come sintetizzare la Riforma Costituzionale?
Si tratta di una Riforma che prevede un sistema complesso, articolato e forse un po’ confuso di rapporti tra Stato e Regioni.
Cancella il ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica, ridimensiona quello del Parlamento, e rafforza oltremodo il potere del Presidente del Consiglio.
Colpisce il principio della parità dei cittadini, che non avranno più garanzia di avere le stesse prestazioni nei servizi fondamentali.
Moltiplica le spese degli apparati burocratici.


 
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