Ricordi romani

Il pappagallo di Kounellis


Casa di Banco Santo Spirito 21.Più o meno negli anni fra il 1960 e il 1964 (mi fermo al 1964 perché ricordo che ancora non era nata Flaminia) entra al numero 21 di Via Banco Santo Spirito, per insediarsi in uno dei tre appartamenti del secondo piano, un giovane artista greco dal nome allora assolutamente sconosciuto: Jannis Kounellis con la moglie (moglie? Non so) Efi.Devo dire che già allora non apprezzavo le sue opere e francamente non le apprezzo neanche adesso, forse per ignoranza; dovrei però pentirmi di non aver mai provato a chiedergliene una in regalo (allora non valevano niente, oggi varrebbero una fortuna), come invece hanno fatto Gianfranco e Flavia che si ritrovano in casa tante orecchie sinistre in un’opera che se non sbaglio si intitola “Ascolta, Zeus”.Spesso le opere di Kounellis comprendevano la sua persona; ne ricordo una nella quale al Palazzo delle Esposizioni a Roma rappresentava la vita che gli usciva dal corpo tramite un tubo che dal piede faceva uscire un rigagnolo di acqua.Ma non devo andare fuori dal seminato, perché il ricordo riguarda principalmente il pappagallo e uno degli abitanti del terzo piano.Presentiamo l’ambientazione.L’appartamento del secondo piano dove abitavano i Kounellis affacciava tramite un immenso finestrone in uno dei due cortili della casa. Sullo stesso cortile affacciavano le terrazze del terzo e del quarto piano.Accanto al finestrone del secondo piano c’era un trespolo sul quale campava il pappagallo di Kounellis. Un pappagallo enorme per i miei ricordi e coloratissimo, direi magnifico. Era spesso esposto come facente parte di opere dell’artista. Parlava come un essere umano, ripeteva qualunque cosa gli capitasse di sentire, per cui non mancavano parolacce e improperi che evidentemente aveva modo di sentire in casa.Adiacente alla ringhiera della terrazza del terzo piano c’era uno dei tre bagni dell’enorme appartamento, diciamo il bagno di servizio utilizzato anche dai cugini Cristofari, quanto meno da Fabio (questo inciso è fondamentale) allora bimbetto ancora non in grado di sbrigare in autonomia le faccende che inevitabilmente seguono la seduta, se produttiva. Ergo, dopo la seduta aveva necessità di essere aiutato. Per essere aiutato doveva per forza di cose chiamare qualcuno. Ma perché la chiamata potesse avere la sua efficacia era necessario chiamare qualcuno (Mammaaaa …) e motivare la chiamata (… ho fatto!).Visto il preambolo:pappagallo parlante alla finestra sul cortile, bagno con finestra quasi affacciato sul cortile, bimbo al termine dei suoi bisogni corporali … il gioco era fatto.Una voce chiara e forte tante volte si levava dalla tromba del cortile: “Mammaaaa … ho fatto!”.Il più delle volte era un falso allarme. Era il pappagallo. Non so quante volte zia Gabriella sia corsa invano in soccorso del piccoletto. Non so se Fabio, dopo questo racconto, mi revocherà le credenziali di autore del suo blog.