A volte ho vinto, molto più spesso ho perso. Cammino tra le strade della speranza senza ripari. E se inizia a piovere, mi fermo e guardo attorno. Poi alzo il bavero del cappotto, accendo una bionda e ricomincio a camminare.
Il cavo d'acciaio sembrava tracciare una linea nel vuoto, che diventava molto più vuoto se lo si guardava precipitare verso il basso. Due sponde ... per una fine un'inizio, oppure l'inizio di una fine. A non capirne il perchè ci aveva fatto ormai l'abitudine, era ciò che avvertiva che lo metteva a disagio. Sentiva di dover arrivare dall'altra parte, sul cavo il peso del corpo, sulla mano il peso di un cucchiaio, sopra il cucchiaio il peso di un'uovo e sopra l'uovo tutto il peso del cielo. E non era il viaggio, od il timore di ciò che sarebbe stato se avesse perso l'equilibrio, a metterlo a disagio. Pensava a cosa ne sarebbe stato del cielo senza un procedere malgrado tutto. Ed allora cominciò a ripeterselo sempre più convinto ...
Ho avuto una risposta, l'ennesima da un tuo post. Io viaggio, mi arrampico nella vita e tu mi stai dicendo, in certo qual modo, che è sbagliato, come faccio io, guardare in basso, perchè se si ha paura di cadere, si cade di sicuro. Bisogna procedere e guardare verso il cielo. Convinti. Grazie Lauro, sono sicura che questo post era anche un po' per me... :-)
E' tutta colpa del solito riflessodigitale di cui parlavo in un post precedente. A seguirlo ti conduce in posti dove le parole non sono solo parole ... Lauro.