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Come la mia anima che espia vivendo
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Memorie di Adriano
E, tuttavia, non è privo di dolcezza questo immergersi nelle regioni vaghe dei sogni; ivi, possiedo per un istante segreti che subito mi sfuggono; mi disseto a sorgenti
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Ore tre
Post n°37 pubblicato il 07 Agosto 2008 da LinguaRomana
Tag: Amicizia tradita, Amore, Insonnia, Malinconia, Morte, Passione, Pigrizia, Quiete, Solitudine, Speranza, Vita
Ecco che, senza preavviso, ma con la cocente sensazione di sapere che sarebbe accaduto, mi desto. E il cuore sale in gola quando intorno è buio: un buio al quale non ero preparato e che mi accoglie ingoiandomi. Come se, rinascendo e conoscendo la bellezza della luce, comunque non riuscissi a vederla, attratto da un gorgo nero, da un abisso indicibile. Non voglio che il cuore perda il controllo, ma sento il battito salire e vorticare al centro del petto, battendo le tempie. Nessuno può aiutarmi, a quell’ora; nessuno sa, in quel preciso momento, della mia terribile ora. Ho il rifugio di sempre, che stavolta non m’aiuta. Bach sale piano dallo stereo che la mano tremante ha acceso e regolato, senza nemmeno sapere quel che faceva, guidata da un istinto disperato. Ma oggi quello che un dì consolava, non lenisce. E allora ti rimangono pochi ed istintivi gesti: alzarti a sedere, leggere i titoli dei giornali in tralice sul comodino, fissare l’incandescenza della lampadina che vagola all’interno di una applique lattea. Non devi perderti assolutamente nel silenzio che circonda il mondo in quell’ora della notte ultima e blu, in procinto di albeggiare. In quel preciso momento non latrano i cani né s’ode il canto minimo e uguale della civetta. Il poco vento rantola in un contenitore di salnitro, portando i fumi del mare, pigro e sonnolento anch’esso. Il respiro piano e desolato del mio cane sopra la soglia regola i secondi interminabili dell’insonnia e nonostante abbia pochi motivi per farlo, amo comunque il mondo: amo comunque la vita.
Ah, quant’era gioioso il giorno, quando ci recavamo correndo su per le scale che conducevano al tinello! Ci gettavamo in faccia le vinacce che sapevano di alcol etilico e ce le ritrovavamo nelle canottiere, addirittura nel collo della camiciola quando ci spogliavamo (nere le ginocchia) per lavarci nella vasca. E non veniva mai sera, e non veniva mai il tempo dell’amore. Lo aspettavamo come s’aspetta una rugiadosa colta, una vendemmia grassa e miracolosa. E quanto sarebbe stato avaro l’amore con noi. E come lo è sempre, quando si anela d’amare!
”Tu l’amore non lo devi aspettare! Non devi guardare ogni ragazza come si guarda la Madonna!” mi dicevano.
”L’amore arriva! Arriva e tu nemmeno te ne accorgi, all’inizio!”
Non era vero perché dell’amore non sa niente nessuno.
A questo sto pensando. Sono le tre e la pendola gorgoglia dal suo ferro. Non riconosco più le mie braccia e non le mie mani, avvizzite un poco.
Sono quella stessa persona di sempre?
(foto: mia)
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