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L'Infinito Gioco di Ciò che Sempre È [Vita].
 

 

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In Onore e Memoria di Bhagavan Baba

Post n°450 pubblicato il 23 Novembre 2023 da RoHarLu

 

Vāsudevaḥ sarvam idam.. Tutto è Vasudeva. Tutto è Dio, ammesso che per Dio intendiamo – ma su questo dovremmo metterci in qualche modo d’accordo - ciò che è la fonte di ogni cosa, la Sorgente e il Tutto ciò che È.

È anche vero però, che, se è questa la realtà, allora perché Dio? Se tutto è Lui, cosa potrebbe esistere di altro?

E perché creare gerarchie, come a dire che qualcuno possa essere considerato più dio di un altro?

Eppure, nelle vite di ognuno c’è sempre qualcosa, qualcuno, o magari una semplice idea, che possiede un valore così curiosamente particolare da potere essere assurta a emblema di almeno una qualche nostra esistenza.

Sai Baba ha sempre detto che non vi è alcuna differenza tra lui e noi, e con tutto il resto anche. E non dava l’impressione di dirlo quasi ad invitare gli altri a non crederci, come può accadere con le frasi ad effetto.

Tuttavia  i residenti di questo spazio siamo un po' fatti così. Accade un po' come quel seguace di Shiva che ripeteva sempre “Śivo'ham”, “Io Sono Siva”, ma quando qualcuno gli fece notare che allora era anche Parvati, reagì quasi da invasato asserendo che mai e poi mai lui avrebbe potuto paragonarsi alla Dea.

Insomma, siamo tanto solenni nelle affermazioni, quanto duri e indolenti nel conferire a queste un seguito tangibilmente esperienziale.

Così, in qualche modo il maestro fallisce, costituendo una semplice e ulteriore immagine nel pantheon delle figure da adorare nel corso di una qualche avventura in questa fantomatica illusione.

Per quel che mi concerne comunque, al di là di concetti e dottrine, credo che il mio più grande debito nei confronti del Bahagavan, e questo titolo è per tante ragioni ampiamente meritato [seppur non spetti a me, né a chiunque altro, decidere] – riguardi lo spropositato amore che io sono riuscito a sperimentare nei suoi confronti, con riferimento a ciò che per me rappresentava, effetto del mio ardente ed esplicito desiderio di nutrirmi finalmente di quella conoscenza.

Per chi ha dei problemi, come la quasi totalità su questo piano, perché incapace, o, a volte, inadatto, a fidarsi, a lasciarsi andare, e a superare paure, inganni e ipocrisie, creare un essere per così dire più elevato, posto al di là e al di sopra di tutto e tutti, ed espressione di amore puro e incondizionato, rappresenta un po' l’ultima spiaggia, l’estrema tenue possibilità di integrare l’emozione più grande che questa densità potrà mai riservare.

L’amore vale per qualsiasi essere, e per l’intera creazione, ma verso Dio/Sorgente, acquista dal nostro punto di vista un sapore, e contenuto, del tutto peculiari, atteso che rimaniamo carichi di fiducia sul fatto che, indipendentemente da tutto, non saremo mai delusi, o traditi, o respinti, e, certamente, saremo assolutamente amati, in maniera totale e incondizionata.

Per quella che è soltanto la mia esperienza, avere la possibilità di aprire completamente il cuore e amare in maniera così straripante un altro essere, seppur io vedessi solo ed esclusivamente l’essenza, è stata per me la Grazia delle Grazie, pur rendendomi conto dei molti limiti compresi in tutto questo.

Perché credevo nella certezza di essere comunque corrisposto, senza finzioni, senza contraccambi, e solo ai fini degli stessi sentimenti ed emozioni.

E qualora questo dovesse sembrare limitante e cintato, perché troppo connaturato con la matrice, controbatto che in ogni caso rappresenta un consistente passo verso la comunque inevitabile fuoruscita [dall’illusione].

La creazione è integrazione. Ed è amore. E lo scopo è quello di unirsi esponenzialmente con i suoi infiniti aspetti fino a completarsi con il tutto.

Così, anche nella dedizione più sfrenata, il segreto rimane quello di trattenersi sempre  in tutto il proprio potere, con la perfetta e compiuta consapevolezza che si è olograficamente la Sorgente stessa, allo stesso e identico modo di chiunque altro, che sia Sai Baba o altro ideale dell’accondiscendenza umana.

Perché comunque è cosa che riempie in molti sensi un corso che, chi ha gestito finora questa area, ha reso alquanto oscuro e impoverito di ogni colore, come affermato anche da Shankaracharya, espressione della logica più avanzata, e realizzata incarnazione di una razza forse non (o poco) emotiva, il quale, nell’appropinquarsi della conclusione della sua straordinaria anche se breve esistenza, concesse la giusta ammissione alla magnificenza del dolce gusto della devozione.

Seppure, come si è già detto, nella piena comprensione, per quanto ci consentono le nostre abilità, dell’assenza di ogni differenza tra tutte le emanazioni della Causa prima, indipendentemente da cognizioni e fittizie diversità.

Quando nel corso delle mie numerose frequentazioni dell’Ashram di Puttaparthi, mi ritrovavo accovacciato tranquillo, senza molto altro chiedere al passaggio dell’Avatar, al di là delle sollecitazioni provenienti da tutte le parti, che sapevo non essere mie - godendo della mia fortuna, per me era un eccelso assaporare la semplice gioia derivante dal solo osservarlo mentre percorreva – a tratti impassibile, occasionalmente coinvolto - la navata tra la copiosa folla venuta ad assistere al suo darshan, accompagnando il momento con una sorprendente consapevolezza di cuore.

Molti di quelli che gravitavano attorno all’avatar, tendevano a misurare l’attenzione di Baba con i “colloqui” o altre forme di attenzione. Tuttavia, il contatto tra esseri che si appartengono, quando l’integrazione d’amore ha già preso il sopravvento, configurandosi così vero, così autentico, e così totalizzante, porta a non ritenere necessario alcunché di altro, che fosse anche uno sguardo, o una minima forma di considerazione.

Perché, quando sai che ami, e che sei amato, questo non è solo sufficiente ma è tutto, in verità.

Pur nell’illusione dell’impercettibile separazione. Namasté.. Marius L.  

 

 

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