Creato da RoHarLu il 01/01/2012
L'Infinito Gioco di Ciò che Sempre È [Vita].
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« Sentirsi parte della Luce. | Muoverci verso lo splendore. » |
A volte quando testimonio il compimento di un torto grave, pur non necessariamente letale, non importa a quale essere parte della manifestazione, la percezione corre ad un terribile verdetto da parte della Luce, che, al di là della sua effettiva realtà, è come se si esprimesse che quell’essere attore della mancanza avesse in qualche modo firmato la sua “condanna a morte”.
È per certi versi una cosa terribile, che, da questa parte di spazio credo non possa essere compresa esattamente nelle sue più articolate sfumature.
Certo è la Luce che decide, e avrà le sue buonissime ragioni. Peraltro il se superiore del soggetto non può non partecipare alle stesse determinazioni, perché è così che funziona questo universo.
Ma è sicuramente un momento drammatico.
Oltretutto, perché farlo? Perché commettere abusi, ingiustizie, soprusi?
Quando vale la nostra vita? E non si intende qui (solo) la vita fisica, ma l’intero apparato emozionale, mentale, psichico, e, ovviamente, animico, e quanto ancora non conosciuto di noi stessi.
Quanto vale la connessione con il creatore, e la possibilità di respirare e muoversi liberamente in tutta la rivelazione?
Se l’universo e i nostri diritti di ascendenza portano tutti all’abbondanza naturale, dove nessuno viene comunque e sostanzialmente discriminato, e dove a chiunque viene data la più ampia garanzia di estrinsecazione, perché giocare con la propria libertà, per sempre o anche per una singola avventura?
Perché forse, solo la stoltezza potrebbe fare agire diversamente. O una disperazione senza speranza.
Comunque sia, e senza voler restringere a tutti i costi il ventaglio delle affrancate volontà, l’esperienza non dovrebbe portarci in alcun modo o senso in quella direzione, sostenendo invece, per tutti un mondo dove non è necessario che qualcuno si faccia male per il piacere di altri, o per il benessere di pochi o molti.
Che poi qualsiasi numero, dal più piccolo al più grande, non recherebbe alcun mutamento all’essenza delle cose. Namasté.. Marius L.
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