ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 10/12/2009

EUGENIO CORTI, LO SCRITTORE TESTIMONE: FU IL PCI A CONDANNARE ALL'OBLIO GLI ITALIANI IN RUSSIA

Post n°2772 pubblicato il 10 Dicembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Intervista all’ottantottenne Eugenio Corti, lo scrittore che con Bedeschi e Rigoni Stern forma la «trinità» letteraria che ha trasformato quella tremenda tempesta di freddo e di acciaio che fu la Campagna di Russia, in materia per alcuni dei più toccanti libri della letteratura italiana del ’900. Intanto domani, giovedì 10 dicembre, a Milano nella Sala conferenze di Palazzo Reale, in piazza Duomo, si terrà un convegno, patrocinato dal Comune, dal titolo «Eroismo, storia e letteratura. Eugenio Corti: un grande scrittore lombardo. Dalla Campagna di Russia ai giorni nostri».

Ti accoglie nel salone della grande casa di famiglia a Besana Brianza, nel preciso momento in cui il buio si inghiotte la pianura. Lo sguardo è sicuro, il passo malfermo. Ma è l’unico dettaglio che riveli il peso del tempo. La prontezza delle risposte lo fa sembrare più giovane: eppure porta sulle spalle il peso di 88 inverni, di cui uno trascorso sul fronte russo come sottotenente di artiglieria. È l’inverno del 1942, quello in cui il fronte italiano sul Don venne spezzato, come una lastra di ghiaccio troppo sottile, dall’onda di piena dell’avanzata russa, una massa di corazzati e soldati che piombò sull’Armir. Sì, perché lui è Eugenio Corti, lo scrittore che con Bedeschi e Rigoni Stern forma la «trinità» letteraria che ha trasformato quella tremenda tempesta di freddo e di acciaio in materia per alcuni dei più toccanti libri della letteratura italiana del ’900. Ma di questa «trinità» Corti è il vertice meno ricordato. Il suo magistrale Il Cavallo rosso, arrivato a 24 edizioni grazie al passaparola e a una coraggiosa scommessa della casa editrice Ares, è stato rifiutato, appena composto, da tutti i grandi editori italiani. Esattamente come altre opere gli sono costate l’ostracismo e la congiura del silenzio a parte dell’intellighenzia. Domani Milano gli dedica un convegno, a Palazzo Reale: «Eugenio Corti. Un grande scrittore lombardo. Dalla Campagna di Russia ai giorni nostri». Eppure per lungo tempo la memoria di quella campagna, e soprattutto dei molti italiani che sono rimasti nei gulag, è stata rimossa. Perché?

«La vicenda degli italiani in Russia durante la seconda guerra mondiale è complessa. Innanzi tutto il ricordo è diverso tra coloro che fecero parte del contingente alpino e coloro che facevano parte dei reparti di truppa ordinaria. Gli alpini hanno compiuto delle gesta straordinarie e su queste hanno costruito un’epica, il culto di un sacrificio che è essenzialmente sublimazione dei valori più alti dell’essere umano. Gli altri reparti, invece, furono salvati dai tedeschi che però li trattarono in modo squallido, coprendoli di disprezzo. E di questa esperienza gli scampati hanno sempre preferito non parlare. Quanto alla questione dei gulag quella era scomoda politicamente. Il ricordo degli italiani morti di stenti non era buona propaganda per il partito comunista».
Cosa pensa degli archivi del Kgb che il presidente bielorusso Lukashenko ha consegnato a Berlusconi?

«Il gesto è molto importante. Non so cosa contengano. Se sono relativi solo al territorio bielorusso dubito che possano fornirci informazioni particolari sul destino delle migliaia di italiani che morirono nei gulag. Se invece riguardano anche altre zone della Russia ci offrono possibilità enormi».

Quale fu il ruolo del Pci nel decidere il destino dei nostri prigionieri in mano ai sovietici?

«Di questo sappiamo già molto dal ricordo dei superstiti. La gran parte degli italiani morirono durante le così dette marce del davai (avanti! in russo) e i trasferimenti nei carri bestiame gelati. Chi non morì lì, subì per mesi la fame nei campi e morì di stenti, almeno sino a che non arrivarono le razioni di soia mandate dagli americani. I comunisti italiani, Togliatti in testa, si presentarono ai campi solo nel tentativo di indottrinare i superstiti. Togliatti teneva interminabili conferenze, di cui i testimoni ricordavano soprattutto l’incredibile numero di bestemmie che pronunciava. I russi li avevamo invasi e per certi versi il loro comportamento, escluse alcune barbarie, lo posso capire. I comunisti italiani invece pensavano solo a come poter esportare la rivoluzione nel nostro Paese. Per loro i prigionieri erano una materia grezza, su cui lavorare, da poter manipolare. Tra i peggiori Paolo Robotti, parente acquisito di Togliatti, un aguzzino».
Alcuni suoi libri, soprattutto Il Cavallo rosso, sono stati a lungo respinti dagli editori e passati sotto il silenzio della critica anche perché parlano di queste cose?
«Nel nostro Paese non si voleva che tutta una serie di verità circolasse. Nella mia batteria di artiglieria c’era un ragazzo siciliano che aveva imparato benissimo il russo. Io e lui parlavamo ogni volta che era possibile con i civili delle zone occupate. Non era facile convincerli a raccontarci della loro vita sotto Stalin. Ma quando li convincevi venivano fuori storie mostruose, un numero incredibile di deportati, almeno uno per famiglia, ti mostravano le foto. Ricordo ancora adesso una ragazza che mi mostrava quella del fratello... O tutti quei bambini rimasti orfani perché gli avevano deportato i genitori, era impressionante. Ecco perché quando sono tornato ho studiato e scritto sempre su questo tema. Ecco perché la cultura dominante in Francia e in Italia mi ha o relegato nel silenzio o attaccato». Lei ha continuato a scrivere e a lottare per le sue idee anche se questo sforzo le è stato riconosciuto solo tardivamente. Perché?
«I motivi sono molti ma c’è anche questo. Mi trovavo nella valle della morte di Arbusov in mezzo ai cadaveri. E ho fatto un voto. Se mi fossi salvato avrei dedicato il resto della vita a mettere in pratica un versetto del Padre nostro: Venga il tuo regno. Insomma il voto di adoperarmi in difesa della bellezza e della verità. E quindi la verità per come ho potuto vederla ho cercato di scriverla». ..........di Matteo Sacchi - (La seconda parte dell'articolo lo trovate su Fattisentire. org) -


 
 
 

LA "FEDE SCHIETTA" DELLE DONNE

Post n°2771 pubblicato il 10 Dicembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

L’importanza della "fede delle madri" nelle parole di due sacerdoti

Pubblichiamo di seguito due articoli apparsi sul numero di dicembre di Paulus, dedicato alla Seconda lettera a Timoteo e al tema "Paolo l'atleta". Colpisce sempre rileggere il passo in cui Paolo, con un sentimento di tenero e fraterno affetto, si rivolge al suo discepolo Timoteo ricordandone le lacrime e la fede schietta, «quella che fu prima della tua nonna Lòide, poi in tua madre Eunìce» (2Tm 1,5). Quest’ultima, ebrea sposata a un greco, è probabilmente una delle prime a convertirsi durante il primo viaggio missionario dell’Apostolo a Listra, verso il 48 d.C. circa, e sembra diventare, insieme alla nonna, la garante di una linea di continuità della fede del figlio Timoteo e, quindi, della sua vocazione. Prendendo spunto da questo passo ci si potrebbe chiedere se, venendo ai nostri giorni, il sacerdote, il seminarista o ancora il giovane in discernimento, riferirebbe in qualche misura la propria risposta vocazionale alla figura materna. Dire "madre" significa dire infatti tout court "amore". È la madre che, subito dopo il parto, accogliendo nelle braccia il suo piccolo, comincia a insegnare in modo del tutto spontaneo al figlio il lessico dell’amore, fatto di una catena ininterrotta di "sì" incondizionati senza "se" e senza "ma". Se poi il ministero sacerdotale è, da parte sua, un dono che richiede di essere accolto in pienezza prima di diventare una scelta esplicita di amore incondizionato per il Signore e per i suoi fratelli, si può forse azzardare che proprio l’accettazione di questa proposta dall’alto sia a lungo preparata da quella "grammatica dell’accoglienza" che si è appresa alla scuola materna. Accoglienza che, nella figura della madre, si concretizza non solo nei bisogni materiali del figlio ma anche in quelli spirituali: se la psicologia ci dice che l’attaccamento a Dio da parte del bambino risulta sempre mediata da un’esperienza affettivamente gratificante, questo vorrà ben dire che è proprio in questo humus affettivo che la trasmissione e l’accoglienza del seme della fede, e più tardi della vocazione, ha più probabilità di attecchire.

Nella Bibbia e nella storia

Non mancano nella tradizione giudaico-cristiana esempi di madri alle quali è possibile far risalire la vocazione del figlio. Tracce di questo ci sono testimoniate, ad esempio, in un episodio noto dell’Antico Testamento. Chi non ha avuto un sussulto meditando l’episodio dove la sterile Anna, nel tempio di Silo, promette a Dio il figlio che egli vorrà concederle (1Sam 1,9s): il piccolo Samuele diventerà poi il grande profeta che unse Saul primo re di Israele. Ma esempi anche più significativi possiamo ricavarli rileggendo la storia vocazionale dei santi. Uno di questi, ben presente alla memoria di tutti, è quello di Monica, la madre di sant’Agostino. Nel suo caso si trattò, sostengono non senza una punta d’ironia gli agiografi, di una vera e propria persecuzione d’amore verso il maggiore dei suoi tre figli, quel giovane che nella sua ricerca della verità passava di approdo in approdo senza mai arrivare alla vera fede. La santa seguì Agostino in tutti i suoi trasferimenti, diventandone quasi l’incubo: Madaura, Cartagine, Roma e finalmente Milano. Solo dopo la conversione del figlio e il suo battesimo (387 d.C.) la donna, che già con le sue preghiere aveva portato al fonte battesimale il marito Patrizio, ritenne completata la sua missione e poté addormentarsi in pace per il sonno eterno a Ostia, in procinto di partire per l’Africa. La sua missione era compiuta. L’efficacia delle sue preghiere andarono ben oltre quello che aveva sperato: solo dal cielo vide Agostino diventare vescovo. Chi, poi, non si è commosso per la storia di quello straordinario santo che fu don Giovanni Bosco? Toccò proprio a sua madre, Margherita Occhiena, donna di povere origini e armata solo di quella sapienza che viene dall’alto, di educare il figlio a una fede semplice e solida e, al momento in cui scoccò l’ora di Dio, di responsabilizzare il piccolo Giovannino (all’età di 9 anni!) riguardo alla sua scelta sacerdotale ammonendolo, molto prima di seguirlo nella sua missione, che «Dio viene prima di tutto». Fu anche il caso, per rimanere in Piemonte, del beato Giacomo Alberione, fondatore della Famiglia Paolina: è nel Santuario della Madonna dei Fiori di Bra che sua mamma, Teresa Rosa Allocco, gli insegnò a interpretare i segni della fede cristiana. Gli esempi nella storia anche recente della Chiesa si potrebbero moltiplicare. Ma è soprattutto riandando con il pensiero e con il cuore alle vicende della Santa Famiglia di Nazareth che possiamo convincerci dell’importanza della madre nella vocazione del figlio. Se infatti è Dio stesso che decide di incarnarsi nel seno di una donna e da questa attingere, oltre che la vita fisica, anche l’educazione civile e religiosa a "essere uomo" del suo tempo, non resta che ammettere che la figura materna si inscrive nell’ordine delle cose per poter rispondere a quella chiamata che viene dall’alto.- Stefano Stimamiglio -

La fede della nonna

La fede dela nonna è stata fondamentale nel percorso che mi ha portato al sacerdozio. Si trattava di una fede semplice ma rocciosa, nutrita dal robusto patrimonio della sana tradizione popolare e dal senso pratico proprio della vita concreta. Un sentimento religioso comunicato attraverso la vita e la sapienza dei proverbi, che riuscivano a manifestare con semplicità il senso recondito delle cose. Faccio un esempio. Alla domanda – «Nonna, che ora è?» – lei rispondeva invariabilmente: «È ora di amare Dio e di fare il suo volere». Dopo ci diceva anche l’ora "terrena", l’ora dell’orologio, ma intanto aveva colto l’occasione per richiamarci al nostro destino. Un altro detto che mi piaceva tanto era questo: «Oh Signor, dai masi Seracini, varda so per stì paesi!» ("O Signore, dai casolari montani, guarda giù fino a questi paesi!"). I Masi Saracini sono siti sulle cime delle montagne che sovrastano Gardolo (Tn), dove lei era nata: a me veniva sempre da ridere quando li citava e intanto mi rendeva simpatica la preghiera. Del resto, questo era il modo di pregare della nonna dopo la Messa, il rosario quotidiano e anche, negli ultimi anni, la Liturgia delle Ore, in ossequio alle indicazioni della Chiesa, sul suo piccolo breviario quotidiano zeppo di santini. Un metodo semplice e schietto il suo, impastato di concretezza e umanità, virtù tipiche di quel realismo e abbandono lieto proprio della gente di montagna. E dire che la nonna ne aveva passate di tutti i colori, nella sua vita. Nata in una famiglia povera ma dignitosa, da bambina era rimasta segnata dal traumatico incendio della casa. Suo papà era direttore del coro della parrocchia e musicista amatoriale. In casa, quando si aveva fame, si cantava... e la perfetta impostazione da soprano cristallino della nonna, mi fa presumere che se ne sia patita tanta. Da qui, un ennesimo detto tipico della nonna: «Canta, che te passa!». Ce lo diceva quando facevamo i capricci per un nonnulla. Si sposò a 16 anni perché il nonno stava partendo per la guerra. Si erano trovati a essere fidanzati in un sol giorno, quando il papà di lei l’aveva mandata, insieme alla sorella Genia, a fare un pellegrinaggio a piedi fino a Pietralba con quel signore distinto. Lui era andato in precedenza dal papà della nonna a domandarne la mano, senza che lei lo sapesse, e papà aveva deciso che si conoscessero facendo un pellegrinaggio a piedi... ma con la cautela di una terza persona a seguito. La cosa funzionò. Il fidanzamento durò pochi mesi. A 17 anni era già mamma, sotto i bombardamenti del ’45, costretta a scappare nei bunker con la piccola primogenita. Finita la guerra, andarono ad abitare in una casa poverissima, senza servizi igienici. Il marito venne assunto alle acciaierie di Bolzano e riuscì a ottenere un alloggio delle case popolari. Ma un brutto male, causato proprio dai vapori venefici delle acciaierie, lo portò via in poco tempo. La nonna aveva appena passato i quaranta, ma già era mamma di cinque figli. Li aveva cresciuti tutti da sola, risparmiando, "facendo la formichina". Oggi, dopo tanti sacrifici e – come direbbe la Bibbia – «sazia di anni», nonna passa le sue giornate in compagnia della badante, intervallando le scadenze naturali della sua giornata (sveglia, colazione, pranzo, cena) con le preghiere di Radio Sacra Famiglia di Bolzano o Radio Maria, e attendendo la visita di qualche figlio o di qualcuno dei numerosissimi nipotini e pronipotini che si sono aggiunti alla carovana nel corso degli anni. Non è facile, per una come lei che ha sempre lavorato sodo, vedersi così, quasi sempre seduta e con le mani in mano. Eppure va avanti ancora forte, con il suo humor e i suoi proverbi. Quando era più giovane e si trovava a sera, stanca per il molto lavoro, invece di lamentarsi a vuoto, amava ripetere questa giaculatoria in dialetto trentino: «O Signor, Signor, quanto si fa e dopo si muor!». Adesso quel proverbio pieno di verità e di sapienza si riflette sul suo volto, accarezzato da mille piccoli solchi, mappa di una storia ricca di fede e di amore. -Emanuele Cuccarollo - Zenit -

 
 
 

QUANDI I LIBRI DI TESTO ATTACCANO LA CHIESA E CACCIANO CRISTO

Post n°2770 pubblicato il 10 Dicembre 2009 da diglilaverita
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Una collaboratrice dell’Osservatorio sull’Editoria e i Libri di Testo, ci ha segnalato e fornito una scheda dettagliata su un libro di storia per la scuola secondaria di I grado, che riesce a distinguersi per l’impostazione profondamente anticristiana, finalizzata alla trasmissione di poche, semplici idee: il Medioevo è un’epoca oscura, feroce ed incivile; ogni altra civiltà (islamica, unna o mongola) è superiore a quella cristiana; la Chiesa è un un'istituzione ottusa, feroce, avida e antisemita. Lo scopo è realizzato mediante l’uso disinvolto di tagli arbitrari, omissioni e inesattezze anche gravi (rispetto alla storiografia ufficiale ed accertata). Il manuale analizzato dalla nostra collaboratrice è Il colore della storia di Vittoria Calvani (ed. Mondadori Scuola), edizione aggiornata di Scambi di Civiltà, che fu oggetto di un’interrogazione parlamentare nel 2007, a seguito di un articolo denuncia di Renato Farina sul quotidiano Libero. Qualche dato: tre sono i capitoli dedicati all’Islam, uno alla civiltà unna, uno a quella mongola e nessuno a quella cristiana; la dettatura a Maometto del Corano da parte dell'arcangelo Gabriele è presentata come fatto storico (pag. 86); la figura di Carlo Magno occupa solo due pagine e mezzo (pag. 113, 114, 123), più della metà dedicate alla trattazione delle sue intemperanze alimentari e sessuali, mentre non viene fatto il minimo accenno al suo ruolo fondamentale nella diffusione della cultura europea; le crociate (esclusivamente la prima e la quarta) sono liquidate in due pagine (pag. 215, 216), di cui mezza riporta un estratto degli attacchi agli ebrei compiuti dai contadini al seguito di un certo Pietro l’eremita a dimostrazione dell’antisemitismo della Chiesa. Pochissimi accenni alle motivazioni che indussero i cristiani ad intraprendere le crociate in Terrasanta. Allo stesso modo non viene spiegata la natura e la pericolosità dell’eresia catara, in modo da renderne incomprensibile la successiva repressione da parte della Chiesa; manca del tutto ogni accenno alla nascita delle Università (caso unico nella storia mondiale, mondo islamico compreso, di valorizzazione estrema della ratio umana) e degli Ospedali (frutti concreti della carità cristiana), alla produzione filosofica, letteraria, poetica e artistica del periodo; i riferimenti all’ottusità e all’oscurantismo della Chiesa abbondano. La sezione dedicata al Medioevo si conclude con l’attribuzione agli uomini del tardo Quattrocento della paternità del termine 'Rinascimento' in antitesi con l'epoca di tenebre e ottusità, che l’ha preceduta (pag. 304).- Se mancano diversi episodi storici nodali ed altri sono liquidati in poche righe, numerose sono le pagine dedicate ad argomenti minori (il cui interesse e valore è tutto sommato, abbastanza relativo, come la pagina dedicata alla produzione di pasta secca a Cagliari, pag.253) e riferimenti diacronici piuttosto audaci (come accostamenti tra discorsi di Hitler e scritti di Carlo Magno pag. 156-161 o lo sterminio della popolazione Kosovara dal dittatore serbo cristiano-ortodosso Milosevic e la conquista turca dei Balcani nel 1389). - L’autrice nega decisamente che il Medioevo abbia prodotto alcunché di bello: Tra il 1348 e il 1492 nacque un mondo in cui, accanto alla fede e alla guerra trionfarono valori che il Medioevo aveva trascurato: la bellezza (degli uomini e delle donne, delle architetture, dei giardini...) (pag.289) - Pico della Mirandola è scelto dall’autrice come voce narrante: alla fine di ogni sezione, impartisce consigli piuttosto puerili, per garantire l’assimilazione del verbo dell’autrice (nella rubrica "I consigli di Pico"). Non si comprende bene la ragione della scelta finchè non si arriva a pag 306 dove viene riportato un estratto del De hominis dignitate, corredato dal commento: "Proprio da questa nuovissima esaltazione dell’uomo – non più schiacciato ma liberato da Dio – derivò la parola Umanesimo". Considerando l’ampia diffusione di questo testo nelle nostre scuole, c’è molto da preoccuparsi sulle nefaste conseguenze di una visione mutilata e distorta della storia nell’acquisizione di uno spirito critico e di una capacità di giudizio autonome nei confronti della realtà, compromettendo la libertà degli alunni, particolarmente nel delicato momento in cui la loro personalità è in formazione. Occorre reagire non soltanto denunciando la presenza di testi come questo, ma anche cercando e consigliando manuali che non siano così ideologicamente orientati. A questo proposito un testo per la scuola media, di Roberto De Mattei, Enrico Nistri e Massimo Viglione, Alle radici del domani (Edizioni Agedi) e uno per il biennio delle scuole secondarie superiori, di Marco Meschini e Roberto Persico, I giorni della storia (Archimede edizioni), entrano a far parte di questa categoria e sono, a nostro parere, consigliabili. - Andrea Bartelloni - Zenit -

 
 
 

MI HANNO COINVOLTA IN RITI SATANICI. POI SONO STATA DROGATA E VIOLENTATA

Post n°2769 pubblicato il 10 Dicembre 2009 da diglilaverita
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L’hanno stordita con la droga e convinta a fare da "nutrice", ovvero da offerta votiva nei riti satanici. E, con il pretesto di essere il tramite tra la terra e gli inferi, hanno ripetutamente abusato di lei. E’ questo il tema di un’indagine aperta dalla Procura della Repubblica di Roma sulla scorta di una serie di episodi legati a una setta satanica che ha operato tra Bari e Ostia. Poiché la magistratura pugliese aveva già aperto un fascicolo su episodi in cui compaiono almeno un paio di protagonisti della vicenda, l’inchiesta è stata accorpata. Ad occuparsene è il sostituto procuratore Giuseppe Scelsi, lo stesso che indagò sulla scomparsa dei fratellini Ciccio e Tore di Gravina e sul caso Tarantini-D’Addario. Vittima della brutta storia è Roberta, nome di fantasia di una ragazza barese che oggi ha 28 anni e, dopo il trauma dei fatti che ha denunciato, vive in una casa-famiglia per donne abusate di Roma. I fatti sui quali si indaga sono avvenuti a cavallo tra il 2004 e l’anno successivo. A quell’epoca Roberta aveva 23 anni e si era trasferita a Ostia per sfuggire ai suoi aguzzini, leader di una setta satanica che l’avevano coinvolta nella sua città. A Bari la ragazza si era avvicinata alla singolare associazione tramite conoscenti e, dopo un’iniziale curiosità, ne era rimasta invischiata. I capi del movimento l’avevano eletta a "nutrice" ovvero a colei che doveva accogliere dentro di sé i nuovi adepti e fare da tramite con gli inferi. Subito dopo essersi allontanata da Bari ed essersi rivolta a Padre Amorth, il noto presbitero esorcista, Roberta si era spostata al Lido di Roma dov’era riuscita a trovare un lavoro come cameriera in un ristorante. Qui, però, è stata rintracciata da due degli associati della setta barese che hanno convinto e blandito la ragazza a prestarsi per messe nere sul litorale. Nel frattempo la Procura della Repubblica di Bari aveva avviato un’indagine sulla setta, frequentata da giovani-bene della città e dedita all’uso di stupefacenti. «Mi hanno drogata ricorderà più tardi Roberta nella sua deposizione resa ai magistrati alla presenza del suo legale, l’avvocato Luciano Randazzo Ricordo che per almeno tre volte sono stata abusata da sei-sette uomini; due volte sicuramente nella pineta di Castelfusano e una sulle dune del mare, o a Castelporziano o a Capocotta». Le indagini degli organi investigativi cercano di dare un’identità ai violentatori: commercianti del luogo, in età compresa tra i 45 e i 55 anni. - Il messaggero-

 

 
 
 

LA SACRA FAMIGLIA, TERAPIA PER QUELLA DI OGGI: IL VERO AMORE NON E' PASSEGGERO O TRANSITORIO

Post n°2768 pubblicato il 10 Dicembre 2009 da diglilaverita
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Con grande gioia, dopo la Solennità dell' Immacolata ( a conferma che l' Avvento é un tempo liturgico mariano), ecco la memoria della Madonna di Loreto, la Lauretana. Questa ricorrenza, inevitabilmente, ci porta alla Santa Casa di Nazareth e quindi alla Sacra Famiglia. Della Madonna di Loreto, abbiamo discusso con un ospite ormai fisso di Pontifex, il noto mariologo, professor Stefano De Fiores. Professor De Fiores, ci parli della Madonna di Loreto: " io cominciarei dalle origini di questa memoria. Ovvero sulle congetture ed ipotesi in base alle quali la Santa Casa, o meglio le reliquie, sono arrivate a Loreto". Si é parlato di angeli in volo: " in effetti, esiste anche questa versione. Per carità, tutto é possibile a Dio, ma la ipotesi più seria ed accreditata anche in base a rilievi e studi archeologici é che ,sempre grazie agli angeli, quelle rovine che sono anche reliquie, siano arrivate via mare . Del resto, questa, é una tradizione che si é verificata a Pisa e con San Nicola a Bari". In ogni caso esiste sempre la " protezione " angelica: " sia nella ipotesi del volo, che in quella del trasporto via mare, si parla di angeli e il tutto trova riscontro nella archeologia". Passiamo ora, dopo questo doveroso excursus storico, al messaggio. Che cosa ci dice la Madonna di Loreto?: " proprio perché é strettamente collegata con la Santa Casa di Nazeth, il messaggio é quello della Incarnazione, infatti in quel posto é avvenuto l' Annuncio dell' Angelo alla Madonna, un vero e suggestivo incontro tra reltà divina e umana. Maria é al tempo stesso Vergine e Madre, una cosa francamente inpensabile ed inspiegabile secondo le logiche umane che non sempre seguono quelle di Dio e allo stesso tempo, Giuseppe é vero sposo di Maria". Il docente aggiunge: " vi é stato qualche studioso tedesco che ha persino revocato in dubbio la esattezza della frase di Maria , non conossco uomo, poi in Israele con quello che si definisce un vero scoop, si é dimostrato che esistevano delle ragazze che facevano voto di castità. Dunque, all'epoca di Maria la dedicazione fisica alla castità era in uso e aveva vigore". Che altro, a suo giudizio, ci dice la Madonna di Loreto?: " intanto la docilità al messaggio di Dio, che Maria ha accettato senza discutere ed in umiltà, definendosi la serva del Signore e non é da tutti, ma se mi permettete ve ne é un secondo molto attuale". Prego: " in una epoca dove le famiglie tendono a rompersi con allarmante rapidità e tutto passa, la Sacra Famiglia ci insegna i valori del silenzio, della preghiera e della unità. Insomma un vero e sano antidoto contro qualla che oggi chiamiamo la società dell'effimero, il contesto liquido. Quella di Nazaret é una salutare terapia per la famiglia in crisi di oggi". - Bruno Volpe - Pontifex -

 
 
 

BEATA VERGINE DI LORETO

Post n°2767 pubblicato il 10 Dicembre 2009 da diglilaverita
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La tradizione popolare racconta che nella notte tra il 9 ed il 10 dicembre del 1294 le pietre della casa di Nazareth vennero trasportate in volo dagli angeli. La versione popolare del trasporto ‘per mano di angeli’ con ogni probabilità è nata dal fatto che nella vicenda hanno svolto un ruolo chiave e primario i regnanti dell’Epiro, appartenenti alla famiglia Angeli, come risulta da un documento notarile del 1294, scoperto recentemente. In realtà, alcuni studi e dei documenti ritrovati hanno confermato che il trasporto avvenne per mare su navi crociate. Gli studi recenti delle pietre e dei graffiti e di altri documenti, purificando la tradizione da elementi leggendari, confermano e attestano l'autenticità della Santa Casa che è assolutamente priva di fondamenta che sono a Nazareth davanti alla grotta. Il santuario di Loreto è stato per secoli ed è ancora oggi uno dei luoghi di pellegrinaggio tra i più importanti del mondo cattolico. E' stato visitato da circa 200 santi e beati, e da numerosi Papi. Il santuario racchiude la Santa Casa come uno scrigno che contiene perle preziosissime: si tratta delle povere pareti legate ai ricordi più cari al cuore della cristianità. Qui fu annunziato il mistero dell'incarnazione, qui ebbe inizio la storia della salvezza con il sì di Maria all'annuncio dell'angelo; queste pietre sono state santificate dalla presenza e dalla vita quotidiana della Santa Famiglia e sono testimoni mute e perenni del passaggio del Figlio di Dio sulla terra.Per sette secoli milioni di pellegrini hanno sostato in preghiera in questa casa benedetta, sotto lo sguardo benedicente di Maria in atto di consegnare ancora Gesù al mondo. Maria ha accolto e continua ad accogliere tutti i suoi figli nella sua casa e nel suo cuore di Madre. Tra queste pareti hanno sostato anche personaggi illustri, soprattutto tanti santi e pontefici. Loreto è il santuario mariano per eccellenza, senza dubbio un «alto luogo dello Spirito», come si è espresso papa Giovanni Paolo II. Quando papa Pio II era ancora cardinale si ammalò gravemente, allora chiese di essere trasportato al santuario di Loreto dove pregò la Santa Vergine per la sua guarigione. Maria SS. allora apparve al cardinale ammalato in un sogno, gli preannunciò la sua guarigione e che presto sarebbe stato elevato al Soglio di Pietro. Piero Barbo fu infatti presto guarito e venne eletto papa nel 1464. Come atto di riconoscenza verso la Santa Vergine il nuovo papa fece ricostruire il santuario che era crollato. Pio II morì nel 1471.

PREGHIERA NEL SANTUARIO DI LORETO DI PAPA BENEDETTO XVI

 Santa Maria, Madre di Dio, ti salutiamo nella tua casa.

Qui

l’arcangelo Gabriele ti ha annunciato che dovevi diventare la Madre del Redentore; che in te il Figlio eterno del Padre, per la potenza dello Spirito Santo, voleva farsi uomo.

Qui

dal profondo del tuo cuore hai detto: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc.1,38). Così in te il Verbo si è fatto carne (Gv.1,14).

Così tu sei diventata tempio vivente, in cui l’Altissimo ha preso dimora corporalmente; sei diventata porta per la quale Egli è entrato nel mondo.

Dopo il ritorno dall’Egitto qui, sotto la fedele protezione di san Giuseppe, hai vissuto insieme con Gesù fino all’ora del Suo battesimo nel Giordano.

Qui

hai pregato con Lui, con le antichissime preghiere d’Israele, che allora diventavano parole del Figlio rivolte al Padre, cosicché ora noi, in queste preghiere, possiamo pregare insieme col Figlio e siamo uniti al tuo pregare, santa Vergine Madre.

Qui

avete letto insieme le Sacre Scritture e certamente avete anche riflettuto sulle parole misteriose del libro del profeta Isaia: "Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità... Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo... Il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità" (Is.53,5.8.11). Già poco dopo la nascita di Gesù, il vecchio Simeone nel tempio di Gerusalemme ti aveva detto, che una spada avrebbe trafitto la tua anima (Lc.2,35).

Dopo la prima visita al tempio con il Dodicenne siete tornati in questa casa a Nazareth, e qui per molti anni hai sperimentato quello che Luca riassume nelle parole: "... e stava loro sottomesso" (Lc.2,51). Tu hai visto l’obbedienza del Figlio di Dio, l’umiltà di Colui che è il Creatore dell’universo e dai Suoi connazionali veniva chiamato ed era "il carpentiere" (Mc.6,3).

Santa Madre del Signore, aiutaci a dire "sì" alla volontà di Dio anche quando non la comprendiamo. Aiutaci a fidarci della Sua bontà anche nell’ora del buio. Aiutaci a diventare umili come lo era il tuo Figlio e come lo eri tu. Proteggi le nostre famiglie, perché siano luoghi della fede e dell’amore; perché cresca in esse quella potenza del bene di cui il mondo ha tanto bisogno. Proteggi il nostro Paese, perché rimanga un Paese credente; perché la fede ci doni l’amore e la speranza che ci indica la strada dall’oggi verso il domani. Tu, Madre buona, soccorrici nella vita e nell’ora della morte. Amen. - Innamorati di Maria-

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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