ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 20/12/2009

IL NATALE VISTO DA SAN FRANCESCO D’ASSISI

Post n°2815 pubblicato il 20 Dicembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Francesco nato ad Assisi nel 1181 da famiglia benestante di commercianti di stoffa, dopo una giovinezza scapestrata nel 1205 si convertì al messaggio di Cristo in modo radicale decidendo di rinunciare a tutti i beni materiali del padre Pietro Bernardone e si spoglia dei suoi abiti di fronte al vescovo e a una grande folla. Insieme ad altri giovani, sceglie di indossare un saio di tela di sacco stretto in vita da una corda, come i mendicanti. Così si forma l’Ordine dei Frati Minori. Il messaggio di frate Francesco è gioioso e coinvolge anche la natura e gli animali. Infatti l’amore verso il creato lo porterà a comporre il “Cantico delle creature”. Francesco provato dai digiuni, quasi cieco con le stimmate ai piedi e alle mani, è stato un uomo che ha saputo cambiare il corso della storia con l’amore che ha portato a Cristo. Nel 1210 papa Innocenzo III ne approva la regola e nel 1212 la giovane Chiara, sua amica fedele, fonderà il ramo delle Clarisse. La morte lo coglie il 3 ottobre 1226 e due anni dopo è canonizzato da dal papa Gregorio IX e viene tumulato ad Assisi nella basilica a lui dedicata, dove è venerato come patrono d’Italia.  Il suo biografo fra Tommaso da Celano afferma che per Francesco la festa di Natale era certamente la più bella perché egli in quella data ricordava, come affermava: “ il giorno in cui Dio fattosi bambinello s’era nutrito con il latte di una donna”. A tale riguardo egli aveva composto questa orazione: “ E ti rendiamo grazie, perché hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre Vergine beatissima santa Maria…”. Un giorno a mensa ascoltando un frate che rievocava l’estrema povertà della Madonna e di suo Figlio nella stalla di Betlemme, si alzò da tavola e andò a terminare il suo pasto sulla nuda terra per onorare “ la regale povertà” di Maria e di Gesù. Il santo desiderava che a Natale ogni credente esultasse nel Signore e diceva: “ Se io potessi parlare all’imperatore, vorrei pregarlo di emanare un comando generale, perché tutti coloro che lo possono, spargano per le vie frumento e granaglie nel giorno del Natale, sicchè in quel giorno di tanta solennità gli uccelli abbiano tanto cibo, in abbondanza…”. San Francesco era stato in Terra Santa e conservava tantissimi ricordi di quei luoghi. Due settimane prima del Natale del 1223, Francesco mandò a chiamare il suo amico Giovanni Velita, signore di Greccio nella zona di Rieti che possedeva un’alta montagna a picco, tutta traforata da grotte e coronata da boschi. Sembrava a Francesco che quel luogo fosse adatto per l’attuazione di un particolare progetto che da tempo portava in mente. Il santo così si rivolse al ricco amico: “ messer Giovanni, se tu vuoi aiutarmi, noi possiamo celebrare quest’anno, il più bel Natale che si sia veduto…In uno dei tuoi boschi, intorno all’eremo di Greccio, c’è una grotta simile a quella di Betlem. Vorrei raffigurare al vivo la scena del Natale, e vedere con gli occhi del corpo la povertà in cui Gesù Bambino venne al mondo, e come fu adagiato in una greppia e come vi giaceva tra il bove e l’asinello”. Nella notte di quel Natale, ai frati si unirono i contadini del luogo, portando torce e ceri per illuminare la notte. Tutti s’incamminarono verso la grotta. In essa c’era la greppia con la paglia, e sopra di essa una pietra per celebrare l’eucarestia che fu celebrata da un frate sacerdote e Francesco che era voluto rimanere solo diacono, cantò il vangelo che poi spiegò al popolo con grande commozione. Quando Gesù fu presente sotto i veli eucaristici, messere Giovanni Velita ebbe l’impressione di vederlo vivo nella greppia, addormentato. La greppia vuota fino a quell’istante, aveva dunque il suo fiore di carne. Frate Francesco gli si avvicinò dolcemente, e prendendolo fra le sue braccia, lo svegliò, e ne ebbe in cambio carezze sul suo viso. Il santo, con la celebrazione del Natale organizzata in tal modo, era riuscito a vedere la massima povertà e l’estrema umiliazione del Figlio di Dio, collegandolo con la sua venuta a Betlemme con la discesa sacramentale sull’altare della Santa Messa. San Francesco volle accostare la celebrazione di Greccio al Natale che quotidianamente si celebra nell’Eucarestia: “Vedete –ricordava nelle sue Ammonizioni- ogni giorno il figlio di Dio si umilia, come quando dalla sua sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sopra l’altare nelle mani del sacerdote. E come ai santi Apostoli apparve in vera carne, così ora si mostra a noi nel pane consacrato, e come essi con lo sguardo fisico vedevano solo la sua carne, ma, contemplandolo con gli occhi della fede, credevano che egli era Dio, così anche noi con gli occhi del corpo, vediamo e fermamente crediamo che il suo santissimo corpo e sangue sono vivi e veri” Francesco non dimenticò mai Greccio e quando ne parlava “ soleva dire tutto felice ai frati: non esiste una grande città dove vi siano convertite al Signore tante persone quante ne ha Greccio, un paese così piccolo…”. Dobbiamo quindi a san Francesco la realizzazione del primo presepe della storia che diffuso da principio grazie ai missionari francescani divenne presto espressione tipica della spiritualità cattolica del Natale. - don Marcello Stanzione - Pontifex -

 
 
 

KAROL WOJTYLA, " IL PAPA DELL'INCARNAZIONE"

Post n°2814 pubblicato il 20 Dicembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Karol Wojtyla fu “il Papa dell’Incarnazione”. Il Papa che seppe far incontrare nuovamente l’uomo con Dio. E' questo in poche righe il messaggio al cuore del volume “Il Papa che non muore. L’eredità di Giovanni Paolo II” (Edizioni San Paolo) scritto da Gian Franco Svidercoshi. Nel libro Svidercoschi, che fu Vicedirettore de L’Osservatore Romano e collaborò con Giovanni Paolo II alla stesura di “Dono e Mistero” (1996), riunisce come una serie di istantanee da cui emergono non solo la storia personale e il profilo umano e spirituale di Karol Wojtyla, ma anche i cambiamenti mondiali ai quali partecipò e dei quali fu spesso ispiratore. Il suo racconto comincia con la descrizione dei giorni che seguirono la morte di Papa Wojtyla. La processione silenziosa davanti al feretro esposto. La gente che si accalcava per l'estremo saluto. Poi segue il giorno dei funerali in piazza San Pietro e il vento che “voltava” le pagine del Vangelo posto sulla bara, fino a chiuderlo come a segnare la fine di una vita. E quei cartelli con su “Santo subito” apparsi improvvisamente tra la gente. Era quella l’“eredità del cuore” lasciata da questo Papa carismatico, profetico, missionario; un Papa della “visione” e dell’utopia; un Papa che aveva contribuito alla caduta del Muro di Berlino, al ritorno di alcuni Paesi alla democrazia, ed aveva scongiurato una guerra di civiltà. Un Papa che aveva fatto sette volte il giro della terra, e ne aveva visitato quasi tutti i Paesi. Il Papa delle “prime volte”: il primo a entrare in una sinagoga (a Roma) e in una moschea (a Damasco); a riunire in preghiera per la pace ad Assisi i rappresentanti di tutte le religioni; il primo a non avere timore di chiedere perdono per le colpe commesse in passato dai cristiani; il primo a mettere insieme milioni di giovani, in ogni parte del mondo, per dei raduni religiosi; e il primo che “esaltò il 'genio' femminile, mentre ancora serpeggiava negli ambienti ecclesiastici una forte misoginia”.

Dalla parte dell'uomo

La storia di Karol Wojtyla – la sua storia giovanile, e poi di sacerdote, di Vescovo – viene tratteggiata a grandi linee nel volume sullo sfondo dei due totalitarismi, entrambi figli della “cultura dell’immanenza”, che avevano tentato di annientare l’uomo e di espropriarlo della sua stessa anima. Per Svidercoschi fu questa sua “profonda conoscenza del male che può scatenarsi contro l’uomo” a portarlo a difendere tenacemente, in nome del Vangelo, “la causa dell’uomo”. Il suo pontificato fu quasi una naturale prosecuzione dell’attività pastorale che aveva cominciato a svolgere a Cracovia, a San Floriano, all’inizio degli anni Cinquanta. Quando, nella sua catechesi agli universitari ancora “imbottiti” di marxismo, parlava non solo di Dio e di fede ma anche di lavoro e di amore. “E svuotava – scrive Svidercoschi - il comunismo dal di dentro, mostrandone le gravi irrimediabili carenze sul piano della dignità umana, della dimensione spirituale dell’uomo”. Fu proprio il fatto di aver conservato intatta la sua profonda umanità a permettere a Papa Wojtyla di arrivare al cuore delle persone e a far sentire la vicinanza di Dio soprattutto ai meno fortunati, ai poveri, ai piccoli, a tutti coloro che soffrono. “Come quella volta a San Francisco – racconta il vaticanista –, quando Giovanni Paolo II strinse tra le braccia un bambino malato di Aids. O quando, nell’isoletta sotto la Corea del Sud, volle baciare quel lebbroso che guardandolo fisso lo aveva 'costretto' a voltarsi, a tornare da lui. O ancora, in Brasile, quando raccontò a una bambina cieca come fosse 'fatto' il Papa, come fosse vestito, dove andasse; e lei, intanto, come a trovare conferma del racconto, lo sfiorava con le sue manine”.

La nostalgia di Dio

Di fronte all'avanzare del “deserto spirituale” della modernità, scrive l'autore, il Papa seppe accompagnare gli uomini nel cammino verso una nuova ricerca di senso, di significato della propria esistenza e far “risentire così la nostalgia di un Dio forse lontano, forse addirittura messo a tacere al fondo della propria coscienza, ma mai completamente dimenticato”. “L’uomo contemporaneo – spiega Svidercoschi – cominciava a rendersi conto della vacuità di una vita senza radici, puramente terrena, priva di valori, una vita senza più una propria identità, rinchiusa su se stessa. Era un malessere ancora senza nome, vago, inespresso”, che racchiudeva “una vera e propria sete di paternità”. “Ed è appunto a quest’uomo in cerca di senso, ma anche in cerca degli 'altri', e soprattutto a queste nuove generazioni prive letteralmente di padri, che Giovanni Paolo II ha saputo dare una risposta, costringendo a levare lo sguardo sul trascendente”. Il Papa polacco divenne così l'incarnazione di una fede vissuta visibilmente, capace di “far 'vedere' il volto del Signore anche a chi non lo conosceva, anche a chi lo respingeva, lo negava”. Giovanni Paolo II fu quindi, fondamentalmente, “l’artefice di una profonda rivoluzione spirituale”, un nuovo modo di vivere oggi da cristiano, di “'immergere' la fede nella società moderna senza annacquare per questo la propria identità”.

L'eredità: un popolo in cammino

A distanza di tempo, scrive Svidercoschi, tanta gente continua ad andarlo a trovare, a “'vederlo' come un Padre con le braccia spalancate”, ed è come se quella “'catena' umana, formatasi subito dopo la scomparsa di Karol Wojtyla, non si fosse mai interrotta, mai spezzata”. In questa folla, spiega l'autore, si nasconde il senso profondo e più autentico dell’eredità di Giovanni Paolo II: questa moltitudine è lo specchio fedele della Chiesa che lui ha, in qualche modo, plasmato. “Una Chiesa pellegrinante, anzi, che è essa stessa 'movimento', un continuo avanzare verso nuovi lidi”. In particolare, continua il giornalista, quella che Giovanni Paolo II ha lasciato dietro di sé è “una Chiesa centrata sul primato della parola di Dio, quindi della vita interiore e della santità”, una santità “aperta” a tutti, però, “non più monopolio dei Paesi di antica evangelizzazione, dei chierici e in principal modo dei religiosi”. “Una Chiesa più carismatica, più laicale, non più una Chiesa fortemente clericale, gerarchica”; e ancora, “una Chiesa non più dominata dal moralismo, cioè da una vita cristiana ridotta alla questione morale, oltretutto caricata solo di divieti, di pesi, di principi molto astratti, formali”. “Una Chiesa rappacificata anche con le altre Chiese cristiane, una Chiesa promotrice di un nuovo rapporto con le altre religioni”, “una Chiesa attenta alle inquietudini metafisiche dell’uomo, ma anche più rispettosa della sua libertà”. La Chiesa lasciata in eredità da Giovanni Paolo II, come disse all'indomani della sua elezione lo stesso Benedetto XVI è “una Chiesa più coraggiosa, più libera, più giovane”. Una Chiesa che, secondo l’insegnamento e l’esempio di Papa Wojtyla, “guarda con serenità al passato e non ha paura del futuro”. - di Mirko Testa - Zenit -

 
 
 

GIOVANNI PAOLO II E POI XI (A SORPRESA), VERSO LA BEATIFICAZIONE

Post n°2813 pubblicato il 20 Dicembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Benedetto XVI ha firmato il decreto sulle 'eroiche virtù' di Giovanni Paolo II e, a sorpresa, di Pio XII. I due Pontefici diventano così 'venerabili' e si accelera il loro processo di beatificazione. Ma se per Wojtyla è probabile che la cerimonia di beatificazione si svolga già nell’autunno prossimo, con milioni di pellegrini provenienti a Roma da tutto il mondo, non è ancora evidente quando ciò avverrà per Pacelli, il ‘Pastor Angelicus’ tanto criticato dalla comunità ebraica per il (presunto e inesistente) ‘silenzio’ di fronte alla persecuzione nazi-fascista degli ebrei. A fare la differenza tra i due Papi, è il miracolo. Adesso, infatti, i medici e i teologi dovranno certificare un fatto eccezionale avvenuto per intercessione dei nuovi Venerabili. Come ogni tappa del processo di beatificazione, anche il miracolo dovrà essere poi approvato da vescovi e Cardinali della Congregazione per la Cause dei Santi e, da ultimo, da Benedetto XVI. Per Wojtyla è già stato individuata una suora francese guarita dal morbo di Parkinson e da tempo si attendeva per queste ore l’approvazione delle ‘eroiche virtù’ con il conseguente titolo di ‘Venerabile’. La decisione di firmare il decreto anche per Pio XII, invece, era dunque inaspettata ed è arrivata dopo un anno di aspre polemiche che hanno avuto al centro il ruolo di Papa Pacelli (1939-1958) di fronte alla Shoah. Ratzinger è intervenuto più volte in difesa del suo predecessore. Da ultimo, tre mesi da, ad Ottobre, in un discorso in occasione di un concerto con il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sottolineando che Pio XII levò "accorata" la sua voce contro la seconda guerra mondiale "voluta dal nazionalsocialismo" che, "con il dramma della Shoah, ha ferito soprattutto il popolo ebreo, oggetto di uno sterminio programmato". Ma fu soprattutto l'anno scorso che il Pontefice regnante analizzò la nobile figura di Pacelli. In particolare, a conclusione di oltre un mese di polemiche innescate dalle celebrazioni per il cinquantenario della morte del ‘Pastor Angelicus’ (9 ottobre 1958), Benedetto XVI, l'8 Novembre del 2008, volle difendere Pio XII evidenziando la continuità del Concilio Vaticano II (1962-1965) con il suo operato ("L'eredità del magistero di Pio XII è stata raccolta dal Concilio Vaticano II e riproposta alle generazioni cristiane successive") e - senza tornare sul nodo della beatificazione in sospeso - spostare il dibattito dai presunti 'silenzi' sulla Shoah e dal controverso ruolo della Sede di Pietro per difendere gli ebrei dalla persecuzione nazi-fascista, alla "preziosa eredità" di questo "sacerdote in costante ed intima unione con Dio". "Negli ultimi anni - disse Ratzinger ai partecipanti al Convegno 'L'eredità del Magistero di Pio XII e il Concilio Vaticano II' -, quando si è parlato di Pio XII, l'attenzione si è concentrata in modo eccessivo su una sola problematica, trattata per di più in maniera piuttosto unilaterale. A parte ogni altra considerazione - proseguì Benedetto XVI senza voler entrare in ulteriori dettagli -, ciò ha impedito un approccio adeguato ad una figura di grande spessore storico-teologico qual è quella del Papa Pio XII". Un Papa verso il quale, solo nel 2008, le contestazioni iniziarono con un 'j'accuse' del rabbino capo ashkenazita di Haifa al sinodo dei vescovi, Shear Yshuv Cohen; continuarono con le esternazioni del ministro israeliano, Isaac Herzog, e furono riproposte dal rabbino David Rosen che, in udienza da Ratzinger, si spinse a chiedere l'apertura degli archivi vaticani relativi all’attività di Pacelli. Nei mesi a seguire, la polemica non diminuì. La Congregazione per le Cause dei Santi aveva già dato il proprio via libera nel Maggio del 2007. Benedetto XVI, però, scelse la via della cautela e dell’approfondimento degli incartamenti. Il postulatore della Causa di beatificazione, padre Peter Gumpel - sbagliando -, si spinse addirittura a sostenere, senza molti giri di parole, che il Pontefice fosse ricattato dagli ebrei. "E' impressionato dai diversi incontri che ha avuto con i membri di alcune organizzazioni ebraiche", come l'Anti defamation league, "che gli dicono chiaro e tondo che se fa una minima cosa a favore della causa di Pio XII, i rapporti tra la Chiesa e gli ebrei sono definitivamente e permanentemente compromessi", affermò incredibilmente il religioso. Il tema fu al centro di un acceso botta e risposta all'avvicinarsi dal viaggio che Benedetto XVI compì in Israele a Maggio scorso. "A proposito di affermazioni riportate da agenzie di stampa sulla causa di beatificazione di Pio XII - fece sapere a Giugno del 2009 padre Federico Lombardi in risposta al postulatore -, il direttore della Sala Stampa ribadisce che la firma dei decreti che riguardano le cause di beatificazione è di esclusiva competenza del Papa, che deve essere lasciato completamente libero nelle sue valutazioni e nelle sue decisioni. Se il Papa pensa che lo studio e la riflessione sulla causa di Pio XII vadano ancora prolungati, questa sua posizione va rispettata senza interferire con interventi non giustificati e inopportuni". Nel corso della visita in Israele, Benedetto XVI visitò il memoriale della Shoah di Gerusalemme, lo ‘Yad Vashem’, ma, per evitare imbarazzi, evitò di visitare l'annesso museo dove, accanto alla foto di Pio XII, una didascalia ne denunciava i silenzi di fronte alla furia di Hitler. Del resto - è la linea della Santa Sede - i 'silenzi' sulla Shoah furono una scelta di prudenza profetica, non di codardia, accompagnati, oltretutto, da un'attività sotterranea di soccorso agli ebrei testimoniata dall'accoglienza che, in quegli anni, moltissimi conventi e monasteri, in tutta Europa, assicurarono alle vittime del nazismo in fuga. E, comunque - è sempre la linea del Vaticano -, le Cause di canonizzazione sono un affare interno della Chiesa cattolica. Nei ‘Sacri Palazzi’ si fa poi notare, da tempo, che le critiche a Pacelli nacquero da un dramma teatrale, 'Il Vicario', pubblicato negli anni Sessanta con l'esplicito intento di infamare Pio XII, senza un appoggio di documenti storici. Il prossimo 17 Gennaio, intanto, Benedetto XVI si recherà presso la Sinagoga Maggiore di Roma per ribadire la vicinanza della Chiesa cattolica alla Comunità ebraica malgrado le polemiche degli ultimi mesi. - papanews -

 
 
 

GENTE CAPARBIA GLI IRLANDESI: COLPO GOBBO A COPPIA DI LESBICHE E AI GIUDICI DI STRASBURGO

Post n°2812 pubblicato il 20 Dicembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Mentre l’Avvocato Generale dello Stato Paul Gallagher, lo scorso 9 dicembre, difendeva strenuamente la legislazione irlandese antiabortista davanti la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, a Dublino la Corte Suprema, con una pronuncia unanime, riconosceva ad un donatore di sperma il diritto di visitare il proprio figlio allevato da una coppia di lesbiche. Cosa centri questo caso con i giudici di Strasburgo è presto detto. La vicenda comincia quando un quarantunenne omosessuale decide di donare il proprio sperma ad una coppia di lesbiche, sue care amiche, per consentire loro di coronare il desiderio di maternità. Viene pure stipulato un contratto in cui le donne riconoscono al padre biologico la possibilità di vedere il figlio ed essere considerato dal bimbo un «favorite uncle», uno zio prediletto. Dopo due anni, rotta l’amicizia con l’inconsueto “zio”, le due donne decidono di trasferirsi in Australia e portare con loro il bambino. Segue l’azione legale dell’uomo per impedire che gli venga negato il diritto di visitare il proprio figlio naturale. E qui sorgono i problemi. Nell’aprile 2008, l’Alta Corte irlandese, giudice di primo grado in materia, dà ragione alla coppia lesbica sulla base di un ragionamento giuridico del magistrato John Hedigan, il quale, guarda caso, è stato per quasi dieci anni membro della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, in quota irlandese. Ormai condizionato dalla giurisprudenza di quella corte internazionale, il giudice Hedigan ha ritenuto, infatti, di riconoscere alla coppia di donne lo status giudico di una «de facto family», con la conseguente applicazione dell’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che sancisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare. La sentenza viene impugnata ed il caso giunge davanti la Corte Suprema che lo scorso 10 dicembre (giorno successivo alla discussione della legge antiabortista davanti alla Corte di Strasburgo) riforma la decisione che dava ragione alle lesbiche, sotto due profili: uno relativo al riconoscimento delle famiglie di fatto ed uno riguardante i rapporti tra la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e legislazione irlandese. Il giudice Susan Denham, membro della Corte Suprema, ha ribadito, infatti, che la regola d’oro costituzionale della famiglia formata da un uomo ed una donna regna suprema («reigns supreme») nell’ordinamento giuridico irlandese e che nessuna parvenza di riconoscimento può essere data a forme di convivenza diverse da quel «constitutional golden standard» che è appunto il matrimonio tra persone di sesso diverso. Sempre secondo la Denham, «la coppia di lesbiche non può considerarsi una famiglia e pertanto il loro rapporto con il bambino non può essere considerato prevalente rispetto al rapporto tra lo stesso bambino il proprio padre naturale», né «può essere ignorato l’indubbio beneficio che il figlio può trarre dalla relazione con il proprio padre». Ma il colpo ferale alla sentenza di primo grado favorevole alle donne l’ha dato il Presidente della Corte Suprema, John Murray, sul punto dei rapporti con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Murray, infatti, ha contestato decisamente che nel caso di specie si potesse invocare l’applicazione dell’art. 8 di quella convenzione. Ma è andato oltre nel suo ragionamento. Ha colto, infatti, l’occasione per precisare che proprio per le particolari modalità con cui la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo è stata introdotta nel sistema giuridico irlandese, «i magistrati irlandesi possono – in punto di principio – persino ignorarla». Può valere, tutt’al più, come un mero strumento interpretativo («interpretative tool»), con un valore persuasivo che si pone ad un «livello puramente economico, sociale o morale». - I giudici di Strasburgo sono avvertiti! - Gianfranco Amato - culturacattolica -

 
 
 

IL PRESEPE SIMBOLO DI SALVEZZA

Post n°2811 pubblicato il 20 Dicembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Ed il presepe, tiene duro nel tempo. Contro le dissacranti mode ed i costanti boicottaggi, di accantonarlo per l’abete. Da quando Francesco d’Assisi ideò la riproposta della Natività, scegliendo personaggi del tempo. Un pezzo artistico, che nel tempo è stato rivisitato ed esportato. Ampliato e personalizzato. In sughero, cartapesta, legno, cartone. Tanti i materiali che, insieme alla terracotta o alla ceramica, hanno fatto a gara per non allentare la presa nel tempo. Per un messaggio che il buon Eduardo, lancia ancora, ostentando orgogliosamente il frutto della propria creatività. Ed il simbolo dell’unione familiare, riunita intorno ad una Grotta, ad oltre Duemila anni di distanza. Il boom, nel ‘600, con l’apice nel secolo successivo, quando l’arte napoletana, pose il sigillo a pastori in finissime vesti d’epoca, con peculiari fattezze somatiche. Nei giorni scorsi, a Roma, oltre 160 rappresentazioni italiane ed estere. Particolare il presepe degli Stati Uniti, in porcellana stilizzata; tra gli Africani, quello dell’etnia Masai, unico nella sua originalità. L’esposizione internazionale “100 presepi” nella Basilica di Santa Maria del Popolo, con spaccati settecenteschi. Un mondo di pastori ed osterie, popolane e lavandaie. Dall’osteria, alla Grotta.  La grande caratteristica del Presepe napoletano, un’intima connessione con il periodo artistico e storico: la dinamica di ogni personaggio, proprio nella contrapposizione d’epoca. Il vecchio che cede il passo al contemporaneo. In tale ottica, tanti personalizzano il presepe addirittura inserendo figure anche politiche del nostro tempo. Nello specifico delle singole realtà civiche, chi ritrae sindaci, scrittori, letterati: ogni artista sbizzarrisce la vena dinanzi ad una materia grezza, che comunque parte da un canovaccio intramontabile. Un Bimbo che nasce povero, per squarciare le tenebre dell’errore. E che accetta d’esser visitato dalla regalità orientale, per manifestare all’umanità la Salvezza! - Rita Occidente Lupo -  Pontifex -

 
 
 

GLI ANGELI E IL NATALE

Post n°2810 pubblicato il 20 Dicembre 2009 da diglilaverita
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Il giorno della nascita di Gesù è ormai fissato al 25 dicembre; Ma questa data non corrisponde alla reale data della venuta al mondo di Cristo. La data liturgica che tutto il mondo cristiano festeggia con solennità il 25 dicembre, non ha un fondamento effettivamente documentato. Nei vangeli manca qualunque allusione all’esatta data di nascita di Gesù, vi si trova solamente il passo di Matteo 2,1 dove si afferma che Gesù nacque a Betlemme di Giudea al tempo del re Erode. La festa liturgica del Natale è stata istituita in Occidente, probabilmente poco prima della metà del IV secolo, e si è diffusa rapidamente in Oriente. Si tratta di una celebrazione relativamente tardiva, poiché in quell’epoca le comunità cristiane già osservavano la Pasqua e la Pentecoste, ereditate direttamente dal giudaismo, conoscevano un ciclo quaresimale di durata variabile secondo le varie località, e festeggiavano quasi ovunque il 6 gennaio l’Epifania, dedicata essenzialmente al battesimo di Gesù. La nostra festa di Natale del 25 dicembre era quindi sconosciuta ai cristiani dei primi tre secoli.  Fino all’inizio del IV secolo questo giorno, destinato a costituire in seguito una data centrale nel cristianesimo, passava del tutto inosservato ai credenti, senza che essi si adunassero per la santa messa di mezzanotte e senza che la nascita di Cristo venisse neppure nominata. Invece nell’impero romano, il 25 dicembre era dedicato, come festività particolare del culto pagano di Mitra, all’adorazione del sole e nella quale veniva celebrata la fine del solstizio invernale. Già prima dell’introduzione del culto di Mitra, gli imperatori romani avevano eretto dei templi al “Sol invictus”, Nel terzo secolo, il 25 dicembre venivano celebrati giochi solenni in onore dell’invincibile dio Sole che ricominciava a salire nel cielo. Si accendevano grandi fuochi destinati ad aiutare il Sole a salire oltre l’orizzonte. E’ comprensibile che proprio la chiesa cristiana ci tenesse a contrapporre al culto pagano della natura la sua propria festa della luce, la festa della nascita di Gesù bambino, che nel cantico di lode di Simeone viene salutato come “luce per illuminare le genti”. I cristiani attribuivano il passo biblico veterotestamentario di Malachia 3,20: “Per voi…sorgerà…il sole di giustizia” come una profezia della venuta di Cristo. Ambrogio, vescovo di Milano, in una predica in cui fa un esplicito confronto tra la festa pagana e quella cristiana, afferma:” Cristo è il nostro nuovo Sole!”. Più avanti ancora Ambrogio afferma: “Non a torto il popolo chiama questo santo giorno della nascita del Signore “il nuovo sole”, affermando così che anche ebrei e pagani si ritrovano in tale espressione. Ben volentieri manteniamo questa espressione, perché col sorgere del Salvatore si rinnova non solo la salvezza dell’umanità, ma anche la luminosità del sole. Poiché se durante la passione di cristo il sole si oscura, così esso deve splendere più luminoso che mai alla sua nascita”.  Anche Agostino fa riferimento alla festa pagana del 25 dicembre, quando esorta i cristiani ad adorare in questo giorno, non il sole, come fanno i pagani, ma colui che l’ha creato, ed ancora il papa leone Magno stigmatizza l’erronea credenza di coloro che celebrano il Natale per la nascita del Sole, anziché per la nascita di Cristo. Ciò dimostra che la festa della natività di cristo fu stabilita dalla chiesa il 25 dicembre non senza che essa fosse a conoscenza del significato di questo determinato giorno per i pagani. Prendendo spunto quindi da questa ricorrenza pagana, sotto il pontificato di papa Giulio (337-352), ad opera di Dionigi il piccolo, la nascita di Cristo fu stabilita per il 25 dicembre. La celebrazione della Natività di nostro Signore al 25 di dicembre era già in vigore ai tempi di papa Liborio, successore di papa Giulio, come testimonia Ambrogio. L’assenso a tale data fu alquanto rapido. Già in alcuni documenti del 383 è attestato, infatti che in quell’anno la data era ufficiale. Da Roma, la data della natività andò poi diffondendosi per tutto il mondo cristiano. E  puntualmente, ogni anno, all'approssimarsi del 25 Dicembre, le forme angeliche appaiono, come acces¬sori di poco conto, in tutte le attività della ricorrenza della Nascita del Signore. È stato scritto che non c'è niente di più penoso che il modo irrispettoso con cui si trattano gli Angeli durante il periodo natalizio: è come se ci fosse una cospirazione commerciale per denigrarli e ridurli ad effigi di cartone argentato, pigiate nello sfondo della vetrina di un grande magazzino, probabilmente, se non fosse per i canti natali¬zie per il presepe cattolico, gli Angeli della Natività e la loro missione, verrebbero dimenticati dalla grande massa dei cristiani. Dobbiamo con amarezza prendere atto che né i laici scettici né i cristiani liberali (e ve ne sono tanti anche tra il clero), credendo che gli Spiriti celesti siano al massimo metafore e al minimo superstizioni ereditate dai tempi passati, non hanno mai preso sul serio la loro esistenza. Anche se gli Angeli vengono nominati negli Inni religiosi, nella Bibbia e a Natale vengono rappresentati da figurine di cartone, accanto al prese¬pe, essi non hanno una realtà sostanziale per la quasi totalità della gente. Anzi, il buon senso comune e pratico li mette insieme con le fate, gli gnomi, i fantasmi, gli spettri, le ondine, e tutti gli altri esseri fantastici, ritenendoli creature che sono frutto dell'immaginazione umana. I veri cristiani credono negli Angeli da lungo tempo, considerandoli abitanti particolarmente importanti dell'universo. Alcuni studiosi riportano 1'angelologia al profeta per¬siano Zaratustra, in realtà vi sono importanti prove che 1'angelologia biblica non solo è più antica ma è anche di natura diversa, infatti mentre gli Amesha Spenta, della religione Zoroastriana, sono astrazioni più o meno personificate di varie virtù, gli Angeli della Bibbia non hanno nulla di allegorico. Il Nuovo Testamento non fa nulla per minimizzare la realtà dell'esistenza e azione nel mondo degli Spiriti celesti, anzi l'intera storia di Gesù narrata nel Vangelo avviene tra due parentesi angeliche: gli Angeli annuncia¬rono sia la Nascita del Cristo sia la Sua Resurrezione. I Padri della Chiesa ci hanno presentato i tempi precedenti al Natale di Gesù come quelli che seguiranno un aumento della potenza dei diavoli. Scrive Origene: "Prima della venuta di Cristo, i buoni Angeli potevano ben poco per l'utilità di coloro che erano loro affidati". San Giovanni Crisostomo aggiungeva: "Quando tanti innumerevoli mali erano per¬petuati dai cattivi demoni e dal loro capo, su tutta la terra senza che nessuno degli Angeli preposti fosse capace di opporsi, il Signore dell'universo, per ordine dell'agape del Padre, quando la razza che gli è cara, precipitava negli abissi dell'iniquità, mandò dapprima dei deboli raggi della sua luce per mezzo del profeta Mosè e di coloro che lo hanno preceduto. Ma, poiché nessun uomo fra coloro che vennero dopo di lui, recava alcun rimedio ai mali della vita e poiché l'attività del demonio andava aumentando il Salvatore stesso venne verso gli uomini come medico, recando aiuto ai suoi stessi Angeli per la salvezza degli uomini". Il Cardinale Danielou, nel suo celebre scritto sulla missione degli Angeli, afferma che il mistero angelico del Natale è anzitutto quello degli Angeli delle Nazioni che circondano il Dio-bambino, venuto in aiuto dei popoli pagani, che erano loro affidati e presso i quali essi dispensavano le loro prati¬che. É opportuno leggere il brano dei Vangelo di San Luca che ci presenta la nascita di Gesù a Betlemme: "Alcuni pastori vegliavano facendo la guardia al loro gregge. Un Angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse loro: - Non temete, ecco io vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato, nella città di Davide, un Salvatore che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia -. E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Dio ama" (Lc. 2,8-14). Commentando il brano di San Luca, Origene interpreta il ruolo degli Angeli, non più come Angeli delle Nazioni, ma con la funzione di milizie celesti, discese con Cristo, per servirlo e scrive: "Quando gli Angeli videro il principe della milizia celeste dimorare sulla terra, presero la via che egli aveva aperta, seguendo il loro Signore e ubbidendo alla volontà di Colui che li distribuisce come custodi a coloro che credono in Lui. Gli Angeli sono al servizio della tua salvezza eterna. Essi sono stati concessi al Figlio di Dio per seguirlo. E si dicono fra loro: Se Egli è disceso in un corpo, se ha assunto una carne mortale, non restiamo inoperosi! Andiamo, Angeli, discendiamo tutti dal cielo. È così che c'era una moltitudine della milizia celeste che lodava e glorificava Dio quando Cristo è nato. Tutto è pieno di angeli". San Gregorio Nazianzeno chiamava gli Angeli della Natività con l'appellativo de "gli iniziati dell'incarnazione", perché è a questi Spiriti celesti che il mistero nascosto in Dio da tutta l'eternità è stato rivelato per la prima volta. È evidente che gli Angeli appaiono nella veste di messaggeri che preparano la via a Gesù, che dovrà venire al mondo, e, così, creano la disponibilità nell'intimo degli esseri umani che nel Natale del Cristo vedono finalmente il compimento di tutte le attese messianiche. Nel Vangelo di Luca, l'Angelo Gabriele porta alla Madonna l'annuncio che Ella diventerà Madre del Messia e riceve la risposta positiva di Maria "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Le. 1,38). Nel Vangelo di Matteo, un Angelo del Signore si rivela in sogno a Giuseppe e lo invita a sposare Maria e un'altra volta l'Angelo, sempre in sogno, gli appare e lo invita a mettersi in salvo in Egitto con il bambino e sua madre. Sempre nel Vangelo di Luca, è ancora un Angelo che comunica ai pastori la nascita del Messia "Non temete, perché, ecco, io vi annunzio una grande gioia per tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il Messia, Signore" (Le. 2,10-11) e con questi Spiriti beati apparve anche una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio. A qualcuno che si chiedeva perché siano così numerosi gli interventi angelici riguardo all'incarnazione del Verbo, sia prima che dopo la sua attuazione, è opportuno rispondere, riferendoci alla concezione biblica, secondo la quale gli Angeli svolgono il compito di mediatori tra la sfera divina e quella terrestre. A Natale vi è il momento in cui si realizza la massima comunicazione tra Dio e l'umanità, al punto che Dio diventa uomo senza perdere la propria divinità, per cui il ruolo dei mediatori diventa particolarmente importante. Sono quindi gli Angeli a ristabilire il contatto con Dio e a comunicare la sua Parola, proprio per preparare l'avvento al vero e definitivo mediatore tra il cielo e la terra, che è Gesù Cristo. È doveroso spendere qualche riga sul rappor¬to tra gli Angeli e i pastori di Betlemme. Origene considera allegoricamente i pastori della Natività come gli Angeli delle Nazioni. Così scrive Origene: "I pastori possono essere considerati come Angeli, ai quali sono affidati gli uomini. Tutti avevano bisogno di aiuto, affinché le Nazioni loro affidate fossero governa¬te bene. È a loro che l'Angelo é venuto per annunciate la nascita del veto Pastore". L'Angelo che comunica la nascita di Gesù ai pastori è un messaggero di gioia e messaggero di pace sono tutti gli altri Angeli che lodano Dio sotto il cielo di Betlemme. "Non temere", aveva detto l'Angelo Gabriele a Maria, turbata da un annuncio così sorprendente. "Non temete" dice l'Angelo ai pastori spaventati. Talvolta, 1' incontro con gli Angeli spaventa coloro presso i quali si portano, ma gli Spiriti celesti, a meno che non vengano per realizzare la giustizia divina, rassicurano sempre le persone alle quali si manifestano. Quan¬to l'Angelo ebbe tranquillizzato i pastori partì un annuncio buono e non cattivo, cioè che il Salvatore dell'umanità era venuto. Due pastori che, secondo la tradizione, si erano purificati, a causa della loro solitudine, avevano bisogno che qualcuno li riportasse in comunione con Dio, poiché il sangue delle vittime sacrificali non poteva redimerli. L'Angelo aveva reso noto che la Redenzione era finalmente possibile, poiché con Gesù il Salvatore aveva visitato il suo popolo, portando la salvezza, Non dimenti¬chiamo mai che i pastori sono gente povera e socialmente insignificante e sono proprio questi poveri a sentire per primi parlare del pastore di Israele: "E tu, Betlemme, terra di Giudea, non sei il più piccolo capoluogo di Giudea: da te infatti nascerà un capo che pascerà il mio popolo, Israele " (Mt. 2,6). Nel Medioevo, la notte del venticinque dicembre era spesso ritenuta come una notte di grande sofferenza per le anima dannate e per i diavoli. La notte della Natività del Signore aveva profondamente amareggiato le potenze delle tenebre: quello che essi avevano perduto, per loro colpa, per sempre, la presenza di Dio, ora nella pienezza dei tempi, si stava realizzando nell'umanità. Dio si era incarnato nel genere umano e, tale evento salvifico, non poteva più essere cancellato e, da allora, la storia sarà divisa in due grandi parti prima e dopo la nascita di Cristo. Natale è veramente una notte di gioia e di pace incontenibile. Ma il Natale è anche l'inizio del pericolo per quelli che stanno dalla parte del Bambino divino. I Re Magi, giunti dall'Oriente, vogliono onorare il Bambino Gesù ma la loro venuta ingenera terrore e gelosia nel re Erode che vive a Gerusalemme. Il re malvagio l'interroga sulla stella e poi li manda a Betlemme, dicendo loro di tornare con delle informazioni: in realtà, Erode vuole uccidere il Bambino. Gesù, Giuseppe e Maria avevano bisogno dell'intervento angelico per salvarsi dall'odio del re. Gli Angeli del Natale si manifestano anche dove c'è i1 rischio della morte tragica. È assai sapiente sottolineare che, coloro che riescono a vedere gli Angeli, riescono anche a vedere, in un neonato venuto al mondo da gente miserabile e senza alcun peso sociale o economico, il Messia, il Signore dell'universo. Gli Angeli della Natività sono dei grandi docenti, ma insegnano solo a coloro che hanno l'umiltà di riconoscere ciò che è già in mezzo a noi. Che ciascuno di noi, a Natale e sempre, possa farsi discepolo di tali celesti maestri! -  Don Marcello Stanzione - Pontifex --

 
 
 

QUANDO NON SI VUOL PROPRIO VEDERE DOVE STA IL PROBLEMA LONDRA CI RICASCA: GRAVIDANZE GIOVANILI? SERVONO PILLOLE GRATIS

Post n°2809 pubblicato il 20 Dicembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Pillole contraccettive senza ricetta per le ragazze: così in Inghilterra corrono ai ripari per l’alto numero di gravidanze di teenagers: 42 ogni mille di loro, nel 2007. Già erano disponibili nelle farmacie inglesi senza ricetta le pillole del giorno dopo -che però hanno ridotto le gravidanze delle ragazze meno di quanto prevedevano i promotori: solo dell’11% - e ora anche questa novità. Insomma, tutti a correre ai ripari contro le gravidanze delle teenagers, senza riflettere che solo il 50% ha poi abortito, mettendo in luce che mentre gli adulti vorrebbero fare piazza pulita delle gravidanze giovanili, tante giovani invece non ne vogliono fare a meno e lanciano un grido: la vita di una giovane ha iscritto in se stessa la possibilità di diventare mamma. E allora si potrebbe pensare: diamo la possibilità di far famiglia prima di quanto accade ora. Invece no: si aprono i cancelli al sesso precoce per cui se non lo fai da giovane non sei alla moda, e si chiudono le porte ad ogni idea di fare famiglia e di avere figli; si ipersessualizza a fini commerciali una generazione di ragazzini, l’educazione sessuale si limita a spiegare come mettere il preservativo, ma si evita di accompagnare i giovani nel difficile e traumatico passaggio dell’adolescenza: l’età dell’insicurezza e dei cambiamenti ormonali, delle crisi esistenziali e della scoperta degli ideali. Agli ideali invece sostituiamo il sesso usa e getta e pensiamo che i ragazzi siano contenti. Invece no, tanto che le gravidanze giovanili sono una sorta di protesta per una violenza sociale che impedisce di fare famiglia e figli all’età giusta. E’ dell’anno scorso il caso del patto delle 17 ragazze statunitensi che vollero restare tutte incinte senza rivelare chi fossero i padri dei bimbi, per un fenomeno di ribellione e anticonformismo. E pochi giorni fa la nota giornalista inglese Camilla Chafer sull’Independent, si gloriava giustamente di essere stata in grado, pur nella solitudine e povertà, di aver fatto nascere e allevato e educato il suo bambino quando lei aveva 17 anni. Si è laureata e si sta realizzando come persona; dice che non ce l’avrebbe fatta se non fosse stato per la sua scelta di far nascere il bimbo. Invece oggi pensare di avere un figlio da giovani (e magari non abortirlo quando c’è qualche problema) è una scelta controcorrente. Ma è’ “strana” la Chafer o è strano il resto del mondo? Non è una domanda pellegrina, perché se viviamo in una società violenta, che approva il sesso tra i giovani ma rifiuta i figli dei giovani, non vuol dire che dobbiamo approvarla. Il guaio è che questa società i bambini proprio non li sopporta: non sono previsti, non sono una priorità; non li fa più, non sopporta che i giovani li facciano e non sopporta che quando crescono pensino a riprodursi invece di pensare solo a consumare lingerie e scarpe di marca. Far propaganda per il sesso e censurare l’idea di far figli è come dare un pallone da basket ai ragazzi ma togliere i canestri: dopo un po’ ci si stufa; e i ragazzi si stufano del sesso inutile, le gravidanze delle teenagers sono il segni d questa insofferenza che sfocia in protesta, talvolta in rivolta. -  I segnideitempi -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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