ASCOLTA TUA MADRELE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA |
VERGINE MADRE
«Vergine madre, figlia del tuo Figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d'eterno consiglio, tu se' colei che l'umana natura nobilitasti sì, che 'l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese l'amore per lo cui caldo ne l'eterna pace così è germinato questo fiore. Qui se' a noi meridïana face di caritate, e giuso, intra i mortali, se' di speranza fontana vivace. Donna, se' tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia ed a te non ricorre, sua disïanza vuol volar sanz'ali. La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fiate liberamente al dimandar precorre. In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s'aduna quantunque in creatura è di bontate».
TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000
CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
Salve Regina,
Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
Angelo di Dio,
Eterno riposo.
“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)
Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II
O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II
AREA PERSONALE
Messaggi del 03/04/2010
Post n°3371 pubblicato il 03 Aprile 2010 da diglilaverita
Il brano si articola in due momenti: il primo (24,13-27) considera il cammino fisico e interiore che due discepoli compiono per giungere alla fede piena nel Cristo risorto. Essi passano dalla disperazione alla speranza, dalla delusione a una nuova attesa, dal buio alla luce, da un cuore indurito e sfiduciato a un cuore che incomincia ad ardere. Nel secondo momento (24,28-35) Gesù finalmente è riconosciuto dai due discepoli allo spezzare del pane. I due momenti sono entrambi fondamentali e necessari, in quanto uno non può esistere senza l’altro, per giungere a un’autentica scelta di fede in Cristo morto e risorto. Luca precisa subito il tempo e il luogo: si tratta del primo giorno dopo il sabato, e della strada che va da Gerusalemme al villaggio di Emmaus. La vicenda dei due discepoli è descritta tenendo conto delle circostanze concrete nelle quali essa accade e che gradualmente permettono ad essi di riconoscere con certezza Gesù risorto. Ciò sta a significare che le apparizioni sono esperienze percettibili e autentiche, fatte da persone in piena coscienza di sé e responsabili. Anche se del tutto singolari, in quanto manifestano il Cristo risorto che esiste in una realtà non più terrena, con caratteristiche superiori e gloriose. I due, non avevano creduto all’annuncio della risurrezione fatto dalle donne; si mettono così in cammino, con animo pensoso e triste. Mentre discutono, Gesù, il risorto, in persona, si accosta e cammina con loro, si fa ad essi vicino. Ma “I loro occhi erano impediti di riconoscerlo”. Non si tratta tanto di vederlo, ma di “riconoscerlo”. Il loro desiderio di vedere Gesù è forte, ma non basta la visione fisica, occorre ravvisare la sua presenza di risorto. Per i due discepoli, Gesù è come non ci fosse, pur essendo in loro compagnia. Egli è vivo, prossimo ad essi, ma per loro è come se fosse ancora morto. I due raccontano allo sconosciuto quello che è capitato in quei giorni a Gerusalemme e molto sinceramente fanno la confessione del loro stato d’animo. Avevano riposto in Gesù le loro speranze messianiche, pensando che avrebbe liberato Israele da tutti i nemici e avrebbe stabilito apertamente e definitamente il regno di Dio. Invece è stato crocifisso e sepolto. Gesù allora spiega che la morte in croce non manifesta il fallimento del Messia, ma la sua incondizionata fedeltà a Dio. Il suo cammino redentivo non finisce con la morte, ma attraverso di essa conduce alla gloria. Gesù si rivela Messia proprio sulla croce, dove si manifesta la pienezza della potenza di Dio. Nei vv.28-31 Luca indica, ancora una volta, il luogo preciso Emmaus, e il tempo, cioè la sera delle stesso giorno. I discepoli hanno invitato Gesù a fermarsi e lo pregano con insistenza: “Resta con noi perché si fa sera e il giorno è ormai in declino”, mentre egli sembra voglia proseguire il cammino. Essi escono dalla loro chiusura interiore, aprendosi all’accoglienza dell’altro, poiché si accorgono che il giorno sta per finire e non è cosa buona proseguire il cammino nella notte. Non pensano più a loro stessi, ma si preoccupano della situazione disagiata di quel pellegrino, le cui parole hanno toccato profondamente il loro cuore. Non sono più prigionieri del loro mondo interiore, ma si rendono disponibili a un nuovo modo di pensare e di essere. Per questo Gesù accetta l’invito. Si siede a mensa con loro e assume il compito di spezzare il pane. Il gesto dello spezzare il pane non causa il riconoscimento di Gesù da parte dei discepoli, ma ne è l’occasione. Essi, che avevano seguito Gesù sulle strade della Palestina, avrebbero potuto riconoscerlo da molti altri segni. Se i loro occhi si aprono proprio in quel momento, allo spezzare del pane, è perché Gesù ha voluto così, egli ha deciso dove, quando, come manifestarsi. Quel gesto è uno degli atti più semplici, anche banali, certamente comuni. Eppure ogni volta che il vangelo ne parla, quell’atto provoca un grande risultato, una eccezionale trasformazione. A questo punto “si aprono i loro occhi e lo riconoscono”. Non si dice che lo vedono, ma che lo riconoscono. È l’evento della loro fede piena. Ma in quell’istante Gesù scompare dalla loro vista. Venendo meno la visione terrena, si apre una visione spirituale che fa riconoscere il Signore per quello che veramente è e attua con lui un incontro di amore e di unità. Una immediata reazione spinge i due a ritornare dai loro compagni per testimoniare quanto avevano sperimentato. Essi partono subito per Gerusalemme, nonostante l’ora tarda. Sono ormai gli annunciatori di Cristo risorto, senza limiti né di tempo né di spazio, nella piena disponibilità di chi ha visto il Signore e vive unito a lui. Ritornano pieni di gioia recando l’annuncio pasquale. Quando giungono trovano gli undici e gli altri; erano partiti lasciando un gruppo di persone rattristate, ora costatano una comunità gioiosa: “Il Signore è veramente risorto”. La testimonianza dei due, aggiunta a quella degli altri, è un’ulteriore conferma che certamente Cristo è risorto ed è vivo. - Don Renzo Lavatori - Pontifex - |
Post n°3370 pubblicato il 03 Aprile 2010 da diglilaverita
Il primo segno di Pasqua è il sepolcro vuoto. La corsa concitata il grido inarticolato delle donne, lo stupore e la fede di Pietro e di Giovanni giungono lì e vedono solo un vuoto, contornato di segni. Entrarono, videro o credettero: videro i segni della nostra fragile vita, ma anche della nostra possibilità di darle significati veri, decisivi, che ci tolgono dall’assuefazione alla croce a dalla dipendenza dal dolore. “Nella storia umana manca un corpo per chiudere in pareggio il conto degli uccisi. Una tomba è vuota. Manca un corpo alla contabilità della morte, i suoi conti sono in perdita, la vincitrice è vinta. La risurrezione di Cristo solleva il nostro pianeta di tombe verso un mondo nuovo, dove il carnefice non ha ragione della sua vittima in eterno; dove gli imperi fondati sulla violenza crollano; dove le piaghe della vita possono distillare non più sangue ma luce, come le ferite del Risorto”(p. Ermes) - Risurrezione afferma che il male non è il vincitore; che, di fronte alla violenza che dilaga, la Pasqua ci convoca a rifiutarci di accettare una storia in cui i potenti continuino a credersi dominatori, a dimenticare che il seme dell’eternità non sta nella loro triste e beffarda violazione delle vittime, ma nella possibilità che queste impavide ritornino a opporsi e alla fine vincere. Gesù, la vittima che risorge mostra che la ragione non è dei più forti o dei più violenti. Che il fine della storia sarà buono e giusto. E Cristo viene, col suo passo folgorante di luce, sulla strada di ciascuno. Pasqua è l'evangelo del corpo: è il corpo che risuscita, non solo l'anima: è il corpo di Lazzaro che viene fuori ed è sciolto e lasciato andare, è il corpo di Gesù che manca nel sepolcro vuoto. Tutta la Settimana Santa è focalizzata attorno al corpo di Gesù: Maria di Betania unge di nardo i suoi piedi e li avvolge con i suoi capelli, inizia così la passione, con il corpo profumato, poi il corpo nel pane e nel vino, il corpo, il volto, baciato ripetutamente dal traditore, il corpo disteso a sudare sangue e a lanciare grida di disperazione; il corpo torturato, inchiodato, violato dalla morte. Il corpo inerte, disarticolato calato dal patibolo, il corpo subito trasportato in fretta con tutto il suo sangue e le sue piaghe avvolte in un lenzuolo. Poi il corpo assente, nel sepolcro vuoto. E infine il corpo di Cristo trasformato. E’ il nostro corpo piagato dalle malattie, dalle ingiustizie, forato dai proiettili dei mitra, corroso dal cancro, dilaniato dalle lamiere degli incidenti o schiacciato dalle presse delle fabbriche, bruciato nei roghi dei nostri monti, il nostro corpo imperfetto, visto come attentato alla felicità e non voluto ancor prima di nascere, il nostro corpo vecchio che nessuno più vuole, che deve sparire per non creare problemi a nessuno, tanto meno a una società, che vuol essere efficiente e competitiva e che invece si ricompone nella definitiva, vera vita di Dio. Per la Risurrezione di Gesù non c’è nessun corpo a perdere. La Risurrezione di Cristo fu un evento talmente inaudito per i discepoli che per tentare di raccontarla non trovarono un'unica parola specifica, ma adottarono le parole derivate dai verbi 'svegliarsi' e 'alzarsi'. Sono i verbi del mattino, di ognuno dei nostri mattini, quando ci svegliamo e ci alziamo e il primo passo è un passo nel mistero: sono le nostre piccole risurrezioni quotidiane. I nostri mattini di pendolari, il mattino dell'uomo ha prestato agli evangelisti un vocabolario limpido e concreto per dire l'indicibile. E questo significa forse che ad ogni mattino ci è dato di percepire qualcosa del mistero, respirare Cristo risorto, incontrare qualcosa della risurrezione là, in ogni umile aurora, quando mi si rivela la sorprendente freschezza della vita, quando inizia qualcosa di nuovo, quando Lui mi aiuta ad avanzare senza disperare, a vivere una vita non addormentata. E mi precede su vie di pace. |
Post n°3369 pubblicato il 03 Aprile 2010 da diglilaverita
Sembra non avere fine la vicenda che in questi giorni sta facendo chiacchierare ben oltre i confini della Giudea. Dopo un processo unico nel suo genere, nel quale sono state interpellate le autorità civili e religiose nelle più alte cariche, l’imputato che corrisponde al nome di Gesù, l’originale “profeta” di Nazareth, è stato condannato all’infame supplizio della crocifissione, pratica molto diffusa in tutto l’Impero Romano. L’imputato si è valso della facoltà di non rispondere di fronte alle varie e bizzarre accuse, tra le quali l’auto-proclamazione a “Figlio di Dio” e “Re dei Giudei”. L’evento è stato accompagnato da un eccezionale ed improvviso oscuramento del cielo in pieno giorno e una violenta scossa di terremoto di magnitudo 8.8 scala Richter, la quale ha portato anche gravi danni ai drappeggi del Tempio. |
Post n°3368 pubblicato il 03 Aprile 2010 da diglilaverita
Se per caso tu volessi diventare santo oggi è dura! Guarda! Occorrono cinque anni dalla morte (perché le emozioni non giochino scherzi), tra la gente dev'essere chiara la fama di santità e l'intercessione presso il Signore. Poi si muovono i pezzi da novanta: il vescovo, con il nulla Osta della Santa sede, istituisce un tribunale di fronte al quale sfilano i testimoni. E qui uno diventa servo/a di Dio. Se compi un miracolo, la strada è spianata. Poi tutto passa alla Congregazione delle Cause dei Santi. Il Postulatore segue il lavoro di sintesi che ne prova l'eroicità delle virtù e che sarà sottoposta al vaglio di nove teologi. Se la maggioranza di loro sarà favorevole, si passerà al vaglio di Cardinale e Vescovi. Se fila tutto liscio, il Prefetto della Congregazione espone il lavoro al Santo Padre che concede la sua approvazione. E qui uno diventa Beato/a. Per la santità, aspetta! Occorre un altro miracolo avvenuto dopo la beatificazione. Mi è sorta una domanda: ma se ci fosse un'urgenza come la mettiamo? Ho sfogliato il calendario zeppo di santi. Ma non c'è posto per lui. C'è un posto, c'è una festa, c'è un ricordo per tutti coloro che erano presenti quel giorno sul Calvario. Per la Madonna, naturalmente. Per Giovanni, per Maria Maddalena. C'è posto persino per gli assenti. Per il primo Papa, scappato chissà dove dopo che il canto del gallo l'ha disteso a terra. C'è posto per tutti gli altri apostoli tappati come talpe nelle tane della loro paura. Ma per lui, il Buon Ladrone, primo santo cristiano, non c'è posto nel calendario. Non viene nemmeno presentato dagli evangelisti. Così non conosciamo il nome e a nessun bambino, al momento del battesimo, può essere imposto quel nome. Oggi sarebbe la sua festa. T'immagini. Scorri sul calendario con il dito, ti fermi al Venerdì Prima di Pasqua e, sotto il numero del giorno, sta scritto: "Santo Buon Ladrone". Proprio come Santa Rita da Cascia, San Giovanni Battista de la Salle, San Leone, San Giovanni Maria Vianney, San Giuseppe, Santa Felicita. T'immagini il disagio? Santo Buon Ladrone. Accetterebbero i "buoni parrocchiani" come modello un tipo così poco raccomandabile, entrato a far parte dei "nostri" negli ultimi cinque minuti della sua esistenza burrascosa? Insomma, un personaggio un po' scomodo, non troppo raccomandabile, neppure dopo la morte. Quindi: niente festa! Intendiamoci bene: non è che a lui importi granchè di questo sgarbo liturgico. Nel suo curriculum vanta pur sempre d'esser stato l'unico santo canonizzato direttamente da Cristo: "In verità ti dico: oggi sarai con me nel Paradiso". Maria Valtorta, registrando le sue visioni, scrive: "Gesù si volge e lo guarda con profonda pietà, ed ha un sorriso ancora bellissimo sulla povera bocca torturata. Dice: Io te lo dico: oggi tu sarai con me in Paradiso". Immagina quel vecchio malfattore. Assuefatto ai tempi lunghi dell'attesa: cinque anni al remo, dieci anni di lavoro in miniera. Invece basta con i tempi lunghi. Gesù non si contenta di cancellare con un colpo di spugna tutte le macchie di quest'uomo brigantello. Gli preme confidargli che entrerà subito nel Paradiso. Poco prima Gesù aveva detto: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno". Costui, invece, lo si può assolvere più facilmente: sa quello che fa.Ciò gli basta. E, probabilmente, gli avanza. Bella compagnia quella di Cristo nelle ultime ore. Lui che, nelle mille peripezie sulle strade della Galilea non s'è mai imbattuto nei briganti, in poche ore ha a che fare con tre facce di quella stirpe. Prima Barabba, il bandito che ha preso il suo posto nella libertà. E, sulla croce, con due malfattori. Lo chiamano il "Buon Ladrone" ma lui non ha rubato nulla. Se Gesù l'ha scaraventato nel Paradiso senza aprire il processo diocesano di beatificazione, significa che era fatto per il Paradiso. La sua nascita, la sua vita, i suoi brigantaggi dovevano portarlo là. Oltre Maria di Nazareth, più in là della Veronica, superato Simone di Cirene. Doveva essere il compagno di Cristo nel momento finale. Fianco a fianco con Cristo perchè è l'unico convinto di morire vicino ad un re. Anche se non sa leggere, quel cartello beffardo che hanno inchiodato in cima alla croce – "Gesù Nazareno Re dei Giudei" – è una vera insegna regale. Forse immagina questo regno come un grande giardino con torri, vini profumati e fontane. Un paradiso di scrigni, di strade dove lui volentieri dormirebbe, dorate di tiepido sole e senza inverno la notte. Ma una domanda lo lacera: quando sarà arrivato lassù, il Re si ricorderà di lui? L'altro ladrone bestemmia come quelli sotto. E' una bestemmia furibonda ("Se tu sei il Cristo, salva te stesso e noi"). Una bestemmia che fa ritrovare la violenza all'altro ladrone che, in croce, dedica al vecchio complice la sua ultima aggressione: "Neppure tu temi Dio, tu che ti trovi a subire lo stesso supplizio?". Riconosce che quel crocifisso in mezzo a loro è Cristo. Ma non chiede il miracolo, non avverte nessun miracolo per essere salvato. E' disinteressato questa volta. Lui, vissuto mangiando pane, cupidigia e rapina. Lui vuole solo un cantuccio nella memoria di Cristo: "ricordati di me quando entrerai nel tuo regno". Se avesse un tasca un ritrattino, un biglietto da visita glielo infilerebbe tra i chiodi, come fanno le persone semplici lungo il sentiero di un viaggio. Un gesto incredibile: in pochi minuti trasforma la sciagura di un'esistenza. Una vita intera giocata in pochi secondi. Troppo comodo? Eppure il Buon Ladrone ha riempito quel pochissimo tempo di cose grandissime. E il calendario di Dio...non concorda col nostro. Probabilmente Cristo s'è commosso: perché sulla croce ha ricevuto una splendida adorazione non dal primo Papa, non dai primi vescovi, ma da un brigante incallito. Questo ladrone è un profeta: afferma la regalità di Cristo nel momento dell'abominio, della sconfitta, della derisione dei notabili che stanno sotto la croce. Prima di giudicarlo indegno, dovremmo conoscerlo! Ha confessato le proprie colpe. Ha proclamato innocente Gesù. Ha zittito il compagno burbanzoso. Riconosce Gesù come un re (non durante un miracolo, ma nell'umiliazione e nell'abbandono). Riconosce nella morte l'ingresso per l'Eterno. Merita di accompagnare Cristo nel suo ingresso in Paradiso. Proprio lui. Il fuorilegge, l'escluso (anche dal calendario liturgico). - don Marco Pozza - sullastradadiemmaus - |
Post n°3367 pubblicato il 03 Aprile 2010 da diglilaverita
Pubblichiamo un articolo tratto da «Il Foglio» scritto dal professor George Weigel comparso il 29 marzo sulla rivista online “On The Square”. Weigel è docente presso l’Ethics and Public Policy Center di Washington, autore del saggio “The Courage to be Catholic: Crisis, Reform, and the Future of the Church” e biografo americano di Papa Benedetto XVI. |
Post n°3366 pubblicato il 03 Aprile 2010 da diglilaverita
Il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, ha approfittato della sua omelia nella celebrazione della Passione del Signore, presieduta da Benedetto XVI nella Basilica Vaticana, in occasione del Venerdì Santo, per trasmettergli parole di solidarietà ricevute da amici ebrei di fronte agli attacchi mediatici di questi giorni. Padre Cantalamessa ha dedicato buona parte della sua predica a riflettere sulla logica della violenza e su come Cristo la superi con il suo sacrificio. In Cristo, “non è più l’uomo che offre sacrifici a Dio, ma Dio che si 'sacrifica' per l’uomo”, ha spiegato. Il sacrificio “non serve più a 'placare' la divinità, ma piuttosto a placare l’uomo e farlo desistere dalla sua ostilità nei confronti di Dio e del prossimo”. “Appena si abbandona (come ha fatto Nietzsche) la visione cristiana per riportare in vita quella pagana, si smarrisce questa conquista e si torna ad esaltare 'il forte, il potente, fino al suo punto più eccelso, il superuomo', e si definisce quella cristiana 'una morale da schiavi', frutto del risentimento impotente dei deboli contro i forti”. Il predicatore ha segnalato che, “per una rara coincidenza, quest’anno la nostra Pasqua cade nelle stessa settimana della Pasqua ebraica che ne è l’antenata e la matrice dentro cui si è formata”. “Questo ci spinge a rivolgere un pensiero ai fratelli ebrei. Essi sanno per esperienza cosa significa essere vittime della violenza collettiva e anche per questo sono pronti a riconoscerne i sintomi ricorrenti”. In questo senso, si è riferito a una lettera di un amico ebreo, in cui questi solidarizza con il Papa e con i cattolici a proposito degli attacchi ricevuti dai mezzi di comunicazione di tutto il mondo per la presunta negligenza del Papa di fronte ai casi di pederastia nel clero. Padre Cantalamessa ha voluto leggere davanti al Pontefice un brano di questa lettera, in cui l'amico ebrei ha dichiarato di seguire “con disgusto l'attacco violento e concentrico contro la Chiesa, il Papa e tutti i fedeli da parte del mondo intero”. “L'uso dello stereotipo, il passaggio dalla responsabilità e colpa personale a quella collettiva mi ricordano gli aspetti più vergognosi dell'antisemitismo”, si legge nel testo. La lettera termina esprimendo “al Papa e a tutta la Chiesa la mia solidarietà di ebreo del dialogo e di tutti coloro che nel mondo ebraico (e sono molti) condividono questi sentimenti di fratellanza”. - Zenit - |
Post n°3365 pubblicato il 03 Aprile 2010 da diglilaverita
Nel 2007 destò davvero scalpore la foto surreale di quell’americano con il “pancione”, in dolce attesa di un bebè. L’immagine del “Pregnant Man” (l’uomo incinto) fece il giro del mondo. La notizia è che oggi, quell’uomo è di nuovo in stato interessante per la terza volta. Davvero un record: tre figli in tre anni. Come si spiega questo “scherzo” della natura, è presto detto. Tracey Lagondino nasce femmina ma con un’innata propensione a sentirsi maschio. Anche per questo si lega sentimentalmente a Nancy, instaurando con lei un rapporto omosessuale. E’ talmente forte l’amore che Tracey prova per Nancy, che decide di sposarla. Piccolo particolare, però, è che il matrimonio tra persone dello stesso sesso nell’Oregon, dove vive la coppia, non è riconosciuto. Anche per questo, allora, Tracey si decide al grande passo. Ricorrendo alla chirurgia, si trasforma in uomo e diventa, per l’anagrafe, Thomas Beatie. Può così coronare due sogni: raggiungere la tanto agognata mascolinità e sposare la sua compagna. Che Tracey/Thomas avesse le idee un po’ confuse, però, lo dimostra il fatto che pur decidendo di diventare uomo a tutti gli effetti, attraverso l’operazione chirurgica, sceglie comunque di mantenere gli organi riproduttivi femminili. Spiega questa sua originale scelta in un’intervista rilasciata, nel 2008, alla celebre conduttrice televisiva statunitense Oprah Winfrey: «Ho deciso di mantenere il mio apparato riproduttivo perché volevo avere un figlio un giorno. Vedo la gravidanza semplicemente come un processo biologico e non come qualcosa che definisce la mia sessualità». In realtà Thomas sapeva bene che la moglie Nancy non avrebbe mai potuto avere figli a causa di un’operazione di isteroctomia totale subita in passato. Per coronare il proprio desiderio di paternità/maternità, Thomas ha dovuto sospendere la terapia ormonale cui si era sottoposto prima di metter su famiglia, in modo da consentire il ritorno del ciclo mestruale e poter, quindi, concepire. Ricorrendo, ovviamente, alla fecondazione assistita eterologa, grazie al seme donato da uno sconosciuto. A causa della ricostruzione chirurgica del seno, Thomas Beatie non può allattare i suoi bambini. Per questa incombenza ci deve pensare una balia, mentre di tutto il resto si occupa amorevolmente la moglie Nancy, madre putativa dei bebè. Non oso immaginare lo stato di confusione mentale di quei poveri figli, partoriti dal padre grazie al seme di uno sconosciuto, allattati da un’estranea e accuditi da una mamma di cui ignorano l’esatta funzione. Se questo è il futuro che ci prospettano le nuove frontiere della bioetica, lo scenario che ci attende appare assai peggiore delle peggiori profezie distopiche vaticinate dagli scrittori di fantascienza. Supererebbe la pur fervida ed immaginifica fantasia di Aldous Huxley, Karel Kapek, Isaac Asimov, o Pierre Boulle. C’è di che essere preoccupati. La notizia della gravidanza di Thomas Beatie mi ha fatto venire in mente le recentissime polemiche scaturite dalla decisione della Commissione europea di autorizzare la coltivazione della patata OGM Amflora, prodotta dalla multinazionale Bayer, decisione con cui si è posto fine all’embargo sulle nuove colture di organismi geneticamente modificati, che resisteva nell’Ue dall’ottobre del 1998. Un carosello vivace di proteste si è levato contro il provvedimento comunitario anche da parte di ambientalisti, verdi, greenpeacer, ecologisti, naturalisti, forti di un sondaggio che mostra come il 74% degli europei sia contrario agli OGM. Sono volate parole grosse. Si è parlato di «aberrazione contro natura», di «arrogante atto di violenza per forzare la natura ai progetti dell’uomo», di «stupro dell’ordine naturale del creato». Chissà cosa pensano questi strenui difensori dell’ordine naturale del creato – sempre pronti ad indignarsi quando si tratta di piante o animali – di quello che Thomas Beatie ha fatto della natura umana. - Amato Gianfranco - culturacattolica - |
Post n°3364 pubblicato il 03 Aprile 2010 da diglilaverita
LEVATI E NON TEMERE |
Post n°3363 pubblicato il 03 Aprile 2010 da diglilaverita
"Ognuno di noi può unirsi al silenzio della Chiesa. Nel considerare che siamo responsabili di questa morte, ci sforzeremo affinché tacciano le nostre passioni, le nostre ribellioni, tutto ciò che ci allontana da Dio..." |
INFO
LE LACRIME DI MARIA
MESSAGGIO PER L’ITALIA
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi
SAN GIUSEPPE PROTETTORE
A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione
ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua
santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre
di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne
preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo
sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù
Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che
ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere
delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla
morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa
di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di
noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso,
possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna
beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.
Inviato da: diglilaverita
il 30/12/2016 alle 23:44
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Inviato da: gesu_risortoannunz1
il 22/12/2016 alle 18:10
Inviato da: diglilaverita
il 17/10/2016 alle 21:36