ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 14/04/2010

SIATE PRONTI: COMMENTO DI PADRE LIVIO AL MESSAGGIO DEL 2 APRILE 2010

Post n°3419 pubblicato il 14 Aprile 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

"Cari figli, oggi vi benedico in modo particolare e prego perché torniate sulla strada giusta a mio Figlio, al vostro Salvatore, al vostro Redentore, a Colui che vi ha dato la vita eterna. Pensate a tutto ciò che è umano, a tutto ciò che non vi permette di seguire mio Figlio, alla transitorietà, all’imperfezione e alla limitatezza e poi pensate a mio Figlio, alla sua immensità divina. Con l’abbandono e la preghiera nobilitate il vostro corpo e perfezionate l’anima. Siate pronti, figli miei. Vi ringrazio!"


Come vedete, cari amici, la Madonna nei messaggi a Mirjana dice “vi ringrazio” mentre nei messaggi alla parrocchia dice “vi ringrazio per avete accolto la mia chiamata”; c’è una diversità nel taglio dei messaggi perché, mentre i messaggi alla parrocchia sono rivolti appunto a chi ha risposto alla chiamata e a chi fa con Maria un cammino di santità sulla via verso l’eternità, i messaggi dati a Mirjana sono soprattutto rivolti ai non credenti, ai lontani. La Madonna li ringrazia se hanno ascoltato questo messaggio e naturalmente attende che rispondano alla chiamata. Io mi auguro che siano tanti quelli che in questi giorni, in prossimità della Pasqua, vivendo lontano da Dio e quindi nelle tenebre, nel male, nella solitudine esistenziale, nell’inquietudine, nella morte, siano tanti quelli che escono dal sepolcro, escono fuori a vedere la luce del sole, siano tanti quelli che escono dalle caverne per andare verso la luce della Resurrezione, della speranza, della vita e della gioia. La Madonna in questo messaggio, cari amici, invita soprattutto i lontani a tornare sulla via giusta. Cos’è la “via giusta”? È la retta via, la via che porta al Cielo, la via che porta a Dio, la via che conduce all’Eternità; questa via giusta va esattamente nella direzione contraria dell’altra via, la via che la Madonna chiama la “via della rovina” e che il Vangelo chiama la “via della perdizione”, e molti sono quelli che si sono incamminati per essa, è la via della vanità, la via delle false luci, la via delle false gioie, la via dei piaceri passeggeri, la via in cui ci si illude di essere felici soddisfacendo le “fami” dell’io egoistico. Innanzitutto, come vedete, quando la Madonna ci indica la retta via ci indica Colui che è la Via, la Verità, la Vita: Gesù Cristo: “vi benedico in modo particolare e prego (la Madonna sta pregando perché molti si convertano in questa Pasqua) perché torniate a mio Figlio, al vostro Salvatore, al vostro Redentore” cioè la Madonna prega perché i lontani, coloro che sono incamminati sulla via della rovina, tornino sulla retta via. E cos’è questa retta via? È “mio Figlio”. La Madonna, come avete notato nei messaggi di Medjugorje, è veramente la Madre di Cristo, la Madre della Chiesa, la Madre dell’umanità, la Madre nostra, di ognuno di noi e Lei chiama Gesù “mio Figlio”. Lei è la Madre del Redentore e allora prega perché i lontani tornino a Gesù, tornino a suo Figlio che è il nostro Salvatore. In questi giorni della Settimana Santa in modo particolare Cristo ci ha salvato, ha riscattato la nostra vita, ci ha salvato dal peccato, dalla morte, dal maligno, spezzando le catene della dittatura infernale, ci ha redento, ci ha ricomprato, ci ha fatti suoi, ci ha reintrodotti nel regno della Luce. Tutto questo è avvenuto nel mistero pasquale che ha coronato la vita di Cristo col suo sacrificio grazie al quale Gesù è diventato il nostro Salvatore, il nostro Redentore e, come frutto della Redenzione, ci ha dato la Vita Eterna: “a Colui che vi ha dato la Vita Eterna”. Qui ritorna uno dei temi più ricorrenti nel messaggio di Medjugorje, cioè la Madonna vede questo mondo, questa “aiola che ci fa tanto feroci” (citando Dante) e vede che noi uomini siamo qui tutti protesi come dei cani affamati che cercano di addentare qualche osso e poi, quando lo hanno addentato, cercano di masticarlo finché poi arriva la fine della vita e le ossa bisogna mollarle. Siamo cioè qui che ci combattiamo per un pugno di terra, questa è la verità, e crediamo che questa sia la vita, anzi quelli che si atteggiano a intellettuali, a soloni, intelligentoni e son quelli che hanno una visione laica della vita atea e materialistica, mondana, sono come dei bachi da seta rinchiusi nel loro bozzolo. La Madonna ci dice “ritornate a Colui che vi ha salvati, che vi ha redenti e che vi ha dato la vita eterna” ci ricorda che noi siamo fatti per la vita eterna per la vita che non finisce, per l’ Eternità, per la vita divina! Che è amore, che è gioia che è pace. Poi la Madonna ci invita a fare un paragone, ci invita a paragonare quello che ci offre il mondo e che ci offre la via della perdizione, la via della rovina e quello che ci offre suo Figlio. Che cosa ci offre il mondo, cari amici, quello che ci seduce quello che ci piace, la fiera delle vanità attraverso le quali Satana ci seduce, ci inganna e ci distrugge con quello che ci offre. La Madonna quindi ci dice di pensare a tutto ciò che è umano, terrestre, terra-terra, di valutare tutto ciò che ci irretisce tutti i giorni, ci attira, ci assorbe tutti i giorni come il piacere, il denaro, le ricchezze, gli onori, tutte queste cose umane, “pensate a tutto ciò che non vi permette di seguire mio Figlio”, perché per seguire Cristo occorre rinnegare se stessi, prendere la propria croce e seguirLo. Ma noi non vogliamo rinunciare a ciò che e umano e che poi, stringi stringi, è solo un pugno di terra. La Madonna ci dice “valutate     dov’è che siete irretiti, valutate cos’è che state mangiando, siete irretiti nelle sabbie mobili dei vostri vizi e state mangiando fango, pensate alla transitorietà a come tutto è effimero, tutto passa, tutto ciò che stringete è come ombra che non potete trattenere”. C’è qui un riverbero del Qohèlet (Bibbia) perché la Madonna è la Sede della Sapienza in Lei c’è la Bibbia viva, quando dice vanità delle vanità, tutto è vanità, pensate alla transitorietà, all’imperfezione. Cosa vuol dire imperfezione? Vuol dire che su questa terra non c’è nulla di perfetto, ma noi aspiriamo alla perfezione, aspiriamo alla santità, aspiriamo alla bellezza, alla verità, qui tutto è imperfetto, tutto è finito, tutto è limitato. La Madonna qui ci invita a fare un paragone tra ciò che il nostro cuore desidera; che cosa desidera il cuore dell’uomo che è stato creato per Dio? Desidera l’eterna bellezza, l’eterna felicità, desidera lo splendore della verità desidera le altezze della santità, mentre qui sulla terra c’è la transitorietà, l’imperfezione e la limitatezza. Non c’e’ la felicità nelle cose di questo mondo perché sono imperfette, sono limitate, sono transitorie mentre noi vogliamo qualcosa di eterno, di perfetto, di infinito. Mi viene in mente un passaggio del “Gesù di Nazareth” di Benedetto XVI, quando il Papa si chiede “che cosa ci ha portato Gesù?” e risponde che Gesù ci ha portato ciò che nessun altro ci ha portato, ci ha portato Dio. Cioè attraverso Gesù Cristo, attraverso il Figlio, il Padre ha donato se stesso, ci ha donato la Sua divinità e ci ha donato tutto ciò che è proprio della divinità, dallo splendore della verità all’infinita gioia, all’infinito amore, all’infinita bellezza, all’infinita pace. Ciò che ci dà Gesù noi lo sperimentiamo, lo sperimentiamo quando apriamo il cuore, ci confessiamo, ci pentiamo dei peccati, riceviamo l’assoluzione del sacerdote e cosa ci mettiamo nel cuore? Qualcosa di eterno, di infinito, di meraviglioso: sentiamo la pace, sentiamo la gioia ci sentiamo amati, sentiamo la vita eterna, sentiamo la nostalgia dell’eternità, sentiamo la nostalgia del Paradiso. Questo paragone meraviglioso che la Madonna ci invita a fare fra la terra promessa e le cipolle d’ Egitto: “Pensate a tutto ciò che è umano, a tutto ciò che non vi permette di seguire mio Figlio, alla transitorietà, all’imperfezione e alla limitatezza e poi pensate a mio Figlio, alla sua immensità divina”  ci porta al momento della decisione. E cosa dobbiamo decidere? Di abbandonarci totalmente a Dio, di deciderci sulla via della santità, sulla via dell’eternità, di deciderci per il Paradiso o, se vogliamo, deciderci per la conversione come ci ha detto più volte la Regina della Pace. Abbandonandoci completamente a Lui e, guardate che bello, la Madonna una volta ha detto che “riflettete che il vostro corpo andrà a finire sotto terra”, l’ha detto con una frase per dire: “attenzione a quale servitore state servendo, il vostro corpo marcirà sotto terra”, come per dire che non è il corpo la componente principale del vostro essere. E ci dice “Con l’abbandono e la preghiera nobilitate il vostro corpo”, il nostro corpo va nobilitato perché nel nostro corpo pullulano i vizi, i vizi capitali, la superbia, l’avarizia, la lussuria, l’ira, la gola, l’invidia, l’accidia, nel nostro corpo si muovono le concupiscenze,  il nostro corpo però non va disprezzato, va nobilitato, va elevato, con la fiducia in Dio, con l’abbandono a Dio, con la preghiera. Naturalmente qui c’è un riferimento alla Resurrezione di Cristo e c’è come un invito a risorgere anche noi spiritualmente e risorgendo spiritualmente, nobilitiamo il nostro corpo e rendiamo perfetta la nostra anima. Quindi la Madonna nell’ultimo passaggio “Con l’abbandono e la preghiera nobilitate il vostro corpo e perfezionate l’anima” ci invita a risorgere con Cristo a vita nuova come ci invita più volte a fare S.Paolo. E poi c’è una conclusione un po’ sibillina, anche se biblica, che però va a mio parere aggiunta, confrontata e collegata con il messaggio precedente, quello del 18 marzo, quando ci aveva invitato a pregare per i non credenti, per coloro che non conoscono ancora l’amore di Dio dicendoci  “perché alla fine della loro vita non trovino il giudice ma trovino il Padre” e in questo messaggio c’è qualcosa di simile con quel “siate pronti” di eco evangelica. Gesù dice: “siate pronti perché nell’ora in cui meno ve lo aspettate arriverà il Figlio dell’ Uomo”(Lc 12,35) e che ha un valore escatologico, siate pronti alla chiamata di Dio, siate pronti agli interventi di Dio, siate pronti alla venuta di Dio, siate pronti al passaggio della Grazia, “temo il Signore che passa” diceva S. Agostino “perché avendo bussato alla porta potrei anche non sentire e non aprire”. “Siate pronti, figli miei” quel “siate pronti” e’ rivolto soprattutto al mondo dei non credenti, dei lontani, perché non si facciano sedurre dalla terra, escano fuori dalle tombe, dalle caverne, fuori dalle presunzioni e dalle superbie, dalle supponenze, ricordando che siamo delle povere creature; perché riconoscano che sono delle creature e si aprano a Dio nostro Padre sottomettendosi a Lui che li eleverà alla dignità dei figli. Ecco questo magnifico messaggio che la Madonna rivolge al nostro mondo in questo Tempo di Grazia, di luce, di gioia, in questo tempo della Resurrezione. Certo fa impressione dopo 2000 anni che Cristo è risorto e che è il Re dell’Universo, che ha vinto il maligno, l’impero delle tenebre, la dittatura del male, che ha vinto la morte, che ci ha indicato la Vita Eterna, per cui lo scopo della nostra vita sarà come quello di Gesù, sarà come quello di Maria, la prima creatura che ha partecipato alla Resurrezione di Cristo, fa impressione che dopo 2000 anni siamo qui che quasi disprezziamo la Croce di Cristo, anzi la combattiamo, il mondo combatte la Croce di Cristo, la disprezza, il mondo preferisce il dittatore infernale al liberatore celeste. Questa certamente è una constatazione che fa dire alla Madonna “siate pronti”  perché Dio non sta a guardare. Con questo messaggio, cari amici, la Madonna ci introduce alla gioia della Pasqua a questo giorno di resurrezione e di vita e la primavera che si risveglia è il segno che l’inverno non è l’ultima parola, che la morte non è l’ultima parola, che la vita eterna ci attende . Risorgiamo tutti con Cristo attraverso il sacramento della penitenza, partecipiamo alla veglia del sabato santo partecipiamo alla Messa della resurrezione e avremo la pace di Gesù nei nostri cuori e che la pace si allarghi alle famiglie e preghiamo per la pace nel mondo intero. Cristo risorto è veramente la nostra speranza, la vita, la nostra gioia e il nostro amore: il tesoro dell’ umanità. -  Trascrizione dall’originale audio ricavata dal sito www.medjugorjeliguria -

 
 
 

CHI LA CRESCE LA PEGGIO GIOVENTU'?

Post n°3418 pubblicato il 14 Aprile 2010 da diglilaverita
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Alcuni volontari aggrediti. Un seminarista preso a pugni. Un agente di polizia penitenziaria fatto ruzzolare giù dalle scale. Tre episodi in meno di un mese, tutti accaduti all’istituto penitenziario minorile Beccaria di Milano. Per fortuna non ci sono stati feriti. Sono solo i miasmi di un’adolescenza perduta che oltrepassano le mura del carcere, e vengono raccontati all’esterno. Chi parla, chiede di rimanere anonimo. Eppure, i fatti denunciati si ammucchiano l’uno sull’altro, fino a raccontare di «un’amministrazione che da tempo fa acqua da tutte le parti», come arriva ad affermare una delle sigle sindacali degli agenti di polizia penitenziaria presente nel carcere. Lo raccontano anche i dati rilasciati dal Dipartimento della Giustizia minorile. Nel 2009, 32 ragazzi sono tornati in carcere: il Beccaria è il secondo carcere d’Italia con più "rientri", preceduto solo da Napoli. La situazione si è acuita da quando la presenza di italiani è raddoppiata, nella scorsa primavera (85 quelli transitati dal minorile nel 2009, di cui 74 nel maschile), raggiungendo il 48 per cento delle presenze. Ragazzi che provengono da quartieri di Milano storicamente borderline. Quarto Oggiaro, Corvetto, Comasina, Baggio, Gratosoglio: ognuno qui ha la sua rappresentanza. Arrestati soprattutto per rapina e spaccio, gli italiani, di solito tra i 17 e i 20 anni, in carcere ridanno vita alle dinamiche apprese sulla strada, in una gara costante a chi riesce a dominare il branco. La conseguenza è stata il caos al Beccaria. A maggio un ragazzo ha tentato di evadere, c’era quasi riuscito quando è stato bloccato. Nuovo tentativo di evasione (stavolta i protagonisti sono stati tre), lo scorso novembre: il gruppetto era riuscito a rubare le chiavi ad una delle guardie. Il culmine a fine dicembre 2009, quando è stata scoperta droga in carcere, consegnata ai ragazzi direttamente dai genitori, durante i colloqui settimanali. Il Corriere della Sera ha raccontato anche di marijuana o cocaina in piccolissime dosi, in sacchetti che venivano tirati dall’esterno oltre il muro di cinta del penitenziario, da altri coetanei, i vecchi "compari" del quartiere. Ne è seguito un giro di vite nei controlli. Lo conferma anche don Gino Rigoldi, cappellano del Beccaria, che sottolinea: «La droga in carcere gira, si sa. Ma ogni mattina ci sono le ronde degli agenti, attorno al muro, proprio per controllare e fare in modo che episodi del genere non accadano». Più degli stupefacenti eccita il branco, racconta uno dei volontari vittime dell’aggressione avvenuta all’inizio di marzo. Racconta che insieme a degli amici entra in carcere ogni due settimane: «Chiacchieriamo con i ragazzi, offriamo la nostra amicizia. È un modo per dare a questi ragazzi un’alternativa. Un rapporto gratuito, ben diverso a quelli a cui sono abituati». Negli ultimi mesi, però, un crescendo di difficoltà. «Preso singolarmente, ogni ragazzo alla fine inizia un rapporto. Con alcuni, a dire il vero soprattutto gli extracomunitari, sono nate delle amicizie autentiche. Ci raccontano come stanno, ci chiedono di ritornare a trovarli. Ma con gli italiani è diverso. Sono impenetrabili. Girano in gruppo, e in branco si sentono come dei», racconta il volontario. Un delirio di onnipotenza, quello delle gang del Beccaria: «I "capetti" soprattutto, vogliono dimostrare che sono loro i più forti. All’inizio ci prendevano da parte, per chiedere se avevamo del "fumo", l’hashish. Quando dicevamo di no, iniziavano gli spintoni, poi "le vecchiette", i pugni sulle braccia». All’inizio quasi per scherzo. Poi, lo scorso mese, la situazione è degenerata. Alcuni volontari vengono chiamati in disparte, come al solito. All’inizio li prendono in giro, i ragazzi cercano di stare allo scherzo. Poi volano i pugni. In quegli stessi giorni, anche uno dei seminaristi che entra in carcere come volontario, viene preso a pugni: che aveva fatto? Niente: aggressione gratuita. Nemmeno una settimana dopo l’aggressione, iniziata sempre sotto le mentite spoglie dello scherzo, avviene ai danni di una guardia carceraria, che viene spinta da una scalinata. A Tempi risulta che gli aggressori siano stati allontanati dalla direzione. La direttrice del penitenziario, Daniela Giustiniani (in carica dallo scorso 11 gennaio) ribatte: «L’agente è caduto accidentalmente, mentre cercava di fermare un ragazzo aggressivo».

Estranei ai rapporti umani
Ma cosa succede al Beccaria? Da dove nasce l’aggressività? Secondo la direttrice Giustiniani «non risulta alcun aumento della violenza. Sono qui da poco, ma le cose stanno funzionando. Siamo comunque in un istituto penitenziario, e in condizione di sovraffollamento». Il volontario invece racconta che «i ragazzi del Beccaria non sono abituati ai rapporti umani. Quello che manca a questi ragazzi è un modello educativo. È come se a loro stonasse l’idea che qualcuno possa essere amico senza un tornaconto. Non sono abituati. Ma, anziché interrogarsi sul perché di questa gratuità, reagiscono provocando». Nel carcere non mancano le attività educative proposte ai ragazzi. Anzi, l’offerta è ampia, con corsi di pasticceria, gelateria, meccanica, falegnameria. Numerose attività sportive: calcio, pallavolo, rugby.
Eppure qualcosa non torna. «Ho seguito un centinaio di ragazzi negli ultimi anni» racconta uno degli educatori: «Quelli che ho adesso, hanno circa 18 anni. Ma ragionano come bambini: gli dai gli attrezzi di lavoro, e loro si divertono a sbatterli sul tavolo, semplicemente per il gusto di far casino. Discussioni e insulti sono la routine. Iniziano scherzando, poi la situazione degenera. Non so più quante volte ho dovuto fermarli, mentre salivano sui tavoli e si lanciavano le sedie». L’educatore è giovane, questo lo facilita ad entrare in rapporto con gli alunni: «E alcuni di loro iniziano a darsi da fare sul serio. Vogliono imparare. C’è sempre quello che risponde "Non ho voglia", e tira gli attrezzi per terra. Ma adesso accade anche che casi così vengano un po’ "isolati": gli altri ti prendono in giro, se non fai niente». Ma le tensioni alimentano solo altre contraddizioni. «L’altro giorno, alla fine delle attività, c’è stata l’ennesima rissa. Il motivo? Futilissimo. Un ragazzo si era attardato un minuto appena ad uscire dall’aula, e i suoi compagni di cella gli sono andati addosso irritati, perché per loro l’attesa era stata fin troppo lunga», prosegue l’educatore.

Una rapina col taglierino
Spiega che, d’altra parte, i ragazzi che ha conosciuto sono cresciuti nella banalità del nulla. «Parlavo con uno di loro. "Che farai dopo che uscirai di qui? Un lavoro ce lo avevi fuori?". E lui mi ha risposto, come niente fosse: "Certo, chiedevo il pizzo. Come mio padre". Un altro, quando mi ha raccontato com’è stato arrestato, mi ha lasciato di stucco. Una mattina era in macchina con degli amici, si erano persi. Si ritrovarono davanti ad una banca. E per passare il tempo hanno fatto una rapina, armati solo di un taglierino. Di tutte le persone che ho seguito, sono certo che solo uno, uscito di qui, ha iniziato un lavoro onesto con il padre. Per il resto, il mio compito è dare, dare, dare. Poi, se torna indietro qualcosa, è un miracolo». A fronte dell’offerta di attività e servizi che vorrebbero indicare un’alternativa alla strada, i dati raccontano una realtà sconsolante. È significativo, ad esempio, che dei 32 ragazzi rientrati al Beccaria nel 2009 per recidiva, ben 26 provenissero da comunità esterne, dove avrebbero dovuto scontare una misura alternativa. E le cronache giornalistiche gettano ancora di più nello sconforto. Nel 2008 un transessuale fu stuprato e massacrato, ai bordi della tangenziale Ovest di Milano. Un’atrocità tale da far commentare all’allora capo della squadra mobile meneghina, Francesco Messina: «Uno dei delitti più efferati in vent’anni di professione. Peggio di Arancia meccanica». I colpevoli, arrestati da Messina, avevano aggredito il trans per noia, mentre erano strafatti di cocaina. Dopo il massacro, avevano rubato alla vittima 60 euro, per comprare alcolici. Erano due ragazzi, di 20 e 17 anni. Il minore, che era già stato in carcere per spaccio e furto, all’epoca era ospite della comunità di don Gino Rigoldi, cappellano del Beccaria. Don Rigoldi non aveva colpa, indubbiamente. Ma l’episodio riflette la crisi di un sistema che dovrebbe essere riabilitativo, e invece, drammaticamente, non lo è. Sui dati preoccupanti della recidiva, la direttrice Daniela Giustiniani, risponde: «Siamo il secondo penitenziario in Italia per rientri? Non ho ancora visto i dati del ministero». Cosa manca ai ragazzi perduti del penitenziario? «Manca un’attenzione reale ai giovani», spiega don Rigoldi. «Per combattere il disagio, servono educatori. Penso ai ragazzi degli oratori. La Chiesa ha sempre avuto queste strutture tradizionalmente educative e affascinanti. Sì, è vero, al Beccaria ci sono stati episodi di aggressione, recentemente. E noi stiamo lavorando perché capiscano dove hanno sbagliato. Ma resta una grossa carenza, il dopo. Per aiutarli, sto costruendo un centro diurno, con poli di formazione e la possibilità di assunzione».

Qualcuno da imitare
C’è però chi non la pensa così. «Quello che accade è il fallimento delle attività trattamentali, degli educatori», sostiene un agente della polizia penitenziaria, che denuncia anche il problema del sovraffolamento e la carenza di organico degli agenti: «74 ragazzi, 52 agenti. Ne servirebbero 120. Le aggressioni sono all’ordine del giorno, ormai non stupiscono nemmeno. Perché? Si è puntato tutto sulla risocializzazione e non si applicano i regolamenti in modo ferreo». Risponde la direttrice: «Smentisco categoricamente aggressioni all’ordine del giorno nei confronti di agenti. E sull’aggressività tra i ragazzi, ribadisco: siamo in un penitenziario, in sovraffollamento. Se polizia penitenziaria ed educatori vogliono denunciare questa situazione lo facciano, ma non cerchino la via delle accuse strumentali». La soluzione al problema sta in un giro di vite? «Non credo», racconta invece uno degli psicologi che lavora coi ragazzi dell’istituto: «L’ambiente è viziato. Per quanto ci siano sforzi nell’offrire proposte alternative alla strada, il rischio è che manchino modelli positivi. Il cambiamento nei ragazzi passa attraverso un punto positivo, una persona in cui identificarsi, tanto da decidere di cambiare vita. Tra i ragazzi che seguo, in tanti sono dentro per furti da 40 euro, fatti per pagarsi una sera in discoteca. Al Beccaria, ho visto lavorare bene i servizi sociali, meglio che all’esterno, anche perché devono continuamente relazionare ai magistrati. Ma ho visto anche che la recidiva è molto diffusa. Chi esce, torna a casa, in ambienti dove non esiste nient’altro. Ricomincia con la vita di prima. Perché alla fine, dentro, cos’ha fatto? Ha passato ore a giocare a biliardino, scommettendo sigarette». - di Chiara Rizzo - tempi -

 
 
 

I GIOVANI E IL RELATIVISMO MORALE: LE DIFFICOLTA' E LE OPPORTUNITA' DELLA FUTURA GENERAZIONE

Post n°3417 pubblicato il 14 Aprile 2010 da diglilaverita
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Venticinque anni fa, Papa Giovanni Paolo II inaugurava la Giornata mondiale della gioventù, da svolgersi nella Domenica delle Palme di ogni anno. Il Papa aveva compreso – come lo ha compreso Benedetto XVI – che il futuro della Chiesa dipende dai giovani, dalla futura generazione di cattolici siano essi genitori, sacerdoti oppure religiosi. Ma entrare in contatto con la nuova generazione non è sempre facile, soprattutto quando i giovani sono inondati di messaggi che li spingono verso una visione "relativistica" della morale, verso un sistema di valori in cui i valori fondanti sono scelti in modo soggettivo e non sono considerati universalmente validi. È proprio questa interpretazione relativistica della vita di cui Papa Benedetto XVI aveva parlato nei giorni immediatamente precedenti la sua elezione, mettendo in guardia dalla "dittatura del relativismo". Certamente il problema del relativismo esiste tra i giovani di oggi. Secondo un recente sondaggio, svolto dai Cavalieri di Colombo in collaborazione con il Marist Institute for Public Opinion, l’82% dei cattolici tra i 18 e i 29 anni considerano la morale come "relativa". Si tratta di un numero sconcertante, ma fortunatamente è più un dato statistico che una realtà effettiva. Anzitutto, la maggioranza dei cattolici "praticanti" non è d’accordo. In secondo luogo, l’82% che si considera relativista, in realtà non applica in modo sistematico il relativismo alle questioni morali. Quando sono stati messi di fronte a una serie di questioni morali, gli stessi giovani cattolici sedicenti relativisti hanno considerato questioni come l’aborto o l’eutanasia come "moralmente sbagliate", mentre avrebbero potuto classificarle come "questioni non morali", come avrebbe logicamente fatto un vero relativista.

Incongruenze

Il relativismo, diversamente dalla verità, conduce proprio verso questo tipo di pensiero incongruente e dunque non può rappresentare in definitiva una filosofia di vita esaustiva. Papa Benedetto XVI ha continuamente cercato di offrire un messaggio di verità, in grado di superare il fascino del relativismo. In occasione della XXV Giornata mondiale della gioventù, il Pontefice si è rivolto ai giovani radunati in Piazza San Pietro per la Messa della Domenica delle Palme incoraggiandoli ad una vita fondata sulla verità. Durante l’Angelus successivo alla Messa, egli ha fatto appello "alla nuova generazione, a dare testimonianza con la forza mite e luminosa della verità, perché agli uomini e alle donne del terzo millennio non manchi il modello più autentico: Gesù Cristo". La verità, nella persona di Gesù Cristo, è il fondamento per una testimonianza di fede. È un’affermazione semplice ma allo stesso tempo profonda. Per dare testimonianza alla verità che è Cristo, occorre avere un rapporto personale con lui. Come aveva sottolineato dieci anni fa l’allora cardinale Joseph Ratzinger, rivolgendosi ai catechisti e agli insegnanti di religione, l’arte di vivere "la può comunicare solo chi ha la vita - colui che è il Vangelo in persona". Non possiamo pensare di cambiare la cultura o di influenzare le persone se noi stessi non diamo autentica testimonianza a Cristo, conoscendolo personalmente. E non possiamo pretendere dai giovani di dare testimonianza ai propri coetanei, senza avere prima sviluppato un rapporto con Cristo che possa essere presentato in modo autentico. La Domenica delle Palme, il Papa ha anche ribadito "a tutti i giovani e le giovani [...] che l’essere cristiani è un cammino, o meglio: un pellegrinaggio, un andare insieme con Gesù Cristo. Un andare in quella direzione che Egli ci ha indicato e ci indica". Questo non significa che sia facile per i giovani essere cristiani di fronte ai propri coetanei.

Non abbiate paura

Il Papa riconosce questa difficoltà quando dice: "non temete quando il seguire Cristo comporta incomprensioni e offese. Servitelo nelle persone più fragili e svantaggiate, in particolare nei vostri coetanei in difficoltà". Un messaggio che per molti versi può essere condiviso dai giovani. Chi – persino tra i più relativisti – potrebbe rifiutare o non essere toccato dalla testimonianza di un proprio coetaneo che cerca di aiutare chi è in difficoltà? È la predicazione con le opere, più che con le parole, che spesso può dare i maggiori frutti. Il messaggio cristiano di amore a Dio e al prossimo è, invece, coerente e appagante. Tuttavia, ciò di cui il messaggio ha bisogno, per essere accolto da coloro che cercano risposte alla loro vita, è la concreta testimonianza dei propri coetanei e delle generazioni precedenti. Solo alla luce della verità, la Passione di Cristo può avere un senso. Dal punto di vista relativistico, la morte di Cristo per gli altri è priva di senso – a meno che non sia morto per se stesso – poiché il resto dell’umanità non avrebbe bisogno né di lui, né della sua salvezza. Il compito nostro è di portare la verità a quei giovani cattolici che la cercano, a quei due terzi degli intervistati nel citato sondaggio, che si sono dimostrati desiderosi di approfondire la propria fede. Nel dare testimonianza alla passione, morte e resurrezione di Cristo, accogliamo quell’amore a Dio e al prossimo per poterlo effettivamente condividere con i nostri coetanei e con le future generazioni. Facciamo nostre le parole di San Francesco: "Predicate il Vangelo, e se è proprio necessario usate anche le parole". - Carl Anderson - Zenit -

 
 
 

NE' DIO, NE' RAGIONE, LA TRISTE STORIA DEGLI ATEI CHE VOGLIONO ARRESTARE IL PAPA

Post n°3416 pubblicato il 14 Aprile 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La notizia dell’ultima ora sullo scandalo della pedofilia nella Chiesa è che Richard Dawkins e Christopher Hitchens, due famosi atei militanti inglesi, intendono chiedere l’incriminazione, e se il caso anche l’arresto, di Papa Benedetto XVI per crimini contro l’umanità. L’occasione ghiotta sarebbe la prossima visita del Santo Padre in Gran Bretagna, prevista per settembre. Ci sarebbe da sorridere se quella strampalata iniziativa non apparisse oltraggiosa e al limite del vilipendio. Il fatto è che Dawkins e Hitchens non hanno trovato di meglio da fare se non ingaggiare due principi del foro del calibro di Geoffrey Robertson e Mark Stephens, i quali stanno seriamente valutando di denuciare il Pontefice sul presupposto che il Vaticano non possa essere considerato uno Stato sovrano secondo le leggi internazionali, non essendo, tra l’altro, riconosciuto come tale dall’ONU. Ciò priverebbe il Papa dell’immunità che normalmente protegge i Capi di Stato e lo assoggetterebbe alla giustizia come un comune cittadino. Ora, a prescindere dalla fondatezza di un’accusa di crimini contro l’umanità a carico del Papa, e dalle stravaganti teorie giuridiche che intendono negare alla Santa Sede la natura di Stato sovrano, due considerazioni mi vengono in mente. La prima è che Dawkins e Hitchens sono gli stessi che a gennaio del 2009 hanno avuto la bella pensata di sponsorizzare (spendendo 11.000 sterline) la pubblicità sugli autobus londinesi contenente questo slogan: «Probabilmente Dio non esiste, quindi smettete di preoccuparvi e godetevi la vita». Secondo quel messaggio, l’uomo non è altro che puro materiale biologico ed i propri comportamenti derivano da meri processi chimici cerebrali. Niente anima, niente coscienza. Per questo sono privi di senso concetti come bene e male, e non hanno alcun significato i limiti, i vincoli, le regole di una visione morale o etica dell’esistenza imposta al di fuori dell’io. Solo l’individuo, nella sua unica dimensione terrena, è padrone del proprio destino e non deve rispondere a nessuno. Meno che mai ad una Chiesa. Niente aldilà, niente premi o punizioni dopo la morte. Pertanto, l’unica conseguenza logica è fare ciò che pare e piace, e soprattutto divertirsi. Il commento più bello contro gli "ateobus" l’avevo letto in un articolo dell’agnostico Nicholas Farrell pubblicato su Libero l’11 gennaio 2009. Con il suo inconfondibile stile Farell scriveva: «Personalmente trovo quello slogan non solo deprimente ma terrificante. Non sono né credente né ateo ma agnostico, ma non mi fa divertire per niente l’idea che Dio non esista. Anzi. Oh, oh, oh! Brindiamo! Dio non c’è. Ci siamo solo noi e il nulla! Che bella cosa! Che altro vogliamo dalla vita? Vi chiedo: se Dio non c’è , c’è solo l' abisso, no? Quindi non c’è paradiso né Inferno, figuriamoci Limbo. Solo il nulla. Sei nato, fai il cretino, muori. Poi basta. Vieni dal nulla e finisci nel nulla». Sulla base di questa prospettiva non si comprende come un ateo, ad esempio, possa moralmente condannare la pedofilia. Lo ricordava Mitja nei Fratelli Karamazov del grande Dostoevskij: «Se Dio non esiste tutto è davvero permesso». La seconda considerazione che mi è venuta in mente ascoltando la notizia su Dawkins e Hitchens è che dal prossimo 16 settembre il Santo Padre visiterà la Gran Bretagna anche per compiere un atto di significativa importanza: la beatificazione di John Herny Newman. Un genio del cristianesimo. Bene, rispetto a questa nuova bizzaria degli "atei moralisti", ho scoperto cosa ne pensasse Newman. In realtà, proprio a proposito dell’uso incoerente della ragione da parte degli atei, il Cardinale inglese futuro Beato sosteneva che essi riescono anche ragionare perfettamente bene senza saper fornire la base logica del proprio pensiero. A più di cento anni di distanza, queste parole di John Henry Newman calzano ancora a meraviglia sui suoi connazionali atei del XXI secolo - Gianfranco Amato - ilsussidiario -

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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