ASCOLTA TUA MADRELE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA |
VERGINE MADRE
«Vergine madre, figlia del tuo Figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d'eterno consiglio, tu se' colei che l'umana natura nobilitasti sì, che 'l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese l'amore per lo cui caldo ne l'eterna pace così è germinato questo fiore. Qui se' a noi meridïana face di caritate, e giuso, intra i mortali, se' di speranza fontana vivace. Donna, se' tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia ed a te non ricorre, sua disïanza vuol volar sanz'ali. La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fiate liberamente al dimandar precorre. In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s'aduna quantunque in creatura è di bontate».
TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000
CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
Salve Regina,
Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
Angelo di Dio,
Eterno riposo.
“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)
Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II
O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II
AREA PERSONALE
Messaggi del 19/04/2010
Post n°3441 pubblicato il 19 Aprile 2010 da diglilaverita
Da un paio d’anni a questa parte, quando incontro giornalisti o conosco persone nuove, mi capita una cosa strana. Dopo i primi convenevoli, tutti improvvisamente di irrigidiscono e, con uno sguardo imbarazzato, precisano: “Guardi che io sono laico.” Avendo ben chiara l’etimologia delle parole - pur sembrandomi assolutamente fuori luogo l’osservazione - li rassicuravo. Sono laica anch’io, non ho mai preso nessun voto di un qualche ordine religioso. Poi con il passare dei mesi ho capito che c’era una grande battaglia in corso, una battaglia feroce e senza esclusione di colpi. Il mondo sembrava diviso esattamente in due. Da una parte appunto i laici, difensori del progresso e della civiltà, e dall’altra i credenti, oscurantisti, alfieri del regresso, sessuofobici e nemici della libertà dell’uomo. E naturalmente io, in quanto credente, agli occhi di tutte le persone che mi incontravano, rientravo nella seconda categoria. Non ero preparata a trovarmi sul banco retrogradi, ottusi e inquisitori e quindi a dover rispondere a domande di imbarazzante limitatezza. Come tutte le persone solitarie, sono abituata a fare delle riflessioni piuttosto profonde e articolate sulle cose e davanti alla marea di questi pregiudizi e luoghi comuni mi sento completamente spiazzata. Che cosa vuol dire credere? Obbedire ciecamente a una persona? Osservare dei rituali rassicuranti? Vivere nella paura dello scandalo, del peccato? Ho una natura anarchica e ribelle e difficilmente avrei potuto adattarmi a una qualsiasi di queste opzioni. Non sono cresciuta in un ambiente cattolico e dunque non ho assorbito – per fortuna – i nefasti condizionamenti di una fede trasformata in usanza, nella ripetizione vuota di formulette dal sapore dolciastro. Sono inoltre voracemente curiosa. Le cose che non comprendo, le voglio capire, come voglio costantemente riuscire a superare i limiti e gli ostacoli. Non ho mai avuto una folgorazione sulla via Damasco come San Paolo né quella più moderna di André Frossard. Piuttosto ho sempre sentito in me il forte desiderio di ricercare un senso e altrettanto forte la voce della coscienza. Sono stati proprio questi due fattori a spingermi verso un cammino di conoscenza e di studio che dura tutt’ora. La maggior parte dei miei amici non è credente, eppure non ho mai sentito la necessità di criticarli, di cambiare la loro visione del mondo o, tanto più, di giudicarli. La diversità di idee mi è sempre sembrata una delle ricchezze della vita e non un nemico da combattere. Mi colpisce molto, dunque, lo spirito di feroce crociata che pervade l’universo dei laici. Perché tanto livore, tanto impiego di energia, tanta intolleranza verso persone che hanno una diversa visione del mondo? Perché tanto impellente è il bisogno di convincere le persone credenti che hanno imboccato una via sbagliata? Forse perché da noi si leva una voce in difesa della vita e contro altre barbarie che, astutamente e subdolamente, si vogliono far passare come progressi per la libertà dell’uomo? Non c’è forse dietro questa crociata delle certezze - perché queste persone, beate loro, vivono confortate da straordinarie certezze - la volontà rimuovere la parte più profonda dell’uomo, la più oscura, quella che lo lega al mistero del male e alla finitezza e che ne fa una creatura perennemente alla ricerca di senso? E’ proprio da questa ricerca che nascono le inquietudini e i dubbi, le domande. E le domande, inseguendosi l’un l’altra, ad un certo punto si scontrano con qualcosa che non è più fonte di ragionamento, ma di meraviglia, perché, a un tratto, ci si rende conto che la realtà dell’infinitamente grande e dell’infinitamente piccolo sfugge alla percezione della nostra mente. La consapevolezza del divino non nasce dunque dalla paura né dal conformismo, ma piuttosto dalla meraviglia, dal saper vivere con emozione e stupore la ricchezza - anche tragica - che la realtà di ogni giorno ci propone. Vivere con la fede non vuol dire chiudere delle porte perché si teme quel che c’è dietro, ma aprirle tutte perché non c’è niente dietro che ci possa far paura. Né la morte - questo grande mistero che tutti ci attanaglia - né la malattia, né l’imprevedibilità della vita. L’accettazione del mistero ci permette di far scivolare in secondo piano quella cosa così noiosa e ingombrante che si chiama ‘io’ e che ci ossessiona con le sue monotone cantilene dalla nascita alla tomba, questo tronfio nanerottolo che ci vuol far credere che la realtà sia solo quella che lui è in grado proiettare sullo schermo della nostra mente, che sa domare e manipolare secondo i suoi desideri, e che nulla - al di fuori del suo raggio d’azione - possa esistere. Io penso in realtà che la vita non sia stare in una gabbia, seppur confortevole, e difendere con alti strilli il suo perimetro – come vuole quel nanerottolo - ma fuggire da tutte le gabbie, da tutto ciò che rimpicciolisce e umilia la misteriosa grandezza e dignità dell’uomo. La fede nella mia vita non ha portato alcuna chiusura, alcuna paura. Anzi, quelle che c’erano, le ha spazzate via, spazzando via anche molte certezze. Per questo resto strabiliata davanti all’immagine spauracchio del credente che viene agitata in questa battaglia, diventata ormai guerra aperta. E questa guerra, alla fine, non è la guerra tra le ottuse truppe del papa e i paladini del progresso autodeterminato, ma tra chi è in grado di ascoltare ancora la voce della propria coscienza - che sia credente, agnostico, buddista, ebreo o musulmano - e ha a cuore la delicata complessità dell’uomo e chi ascolta invece unicamente la rumorosa grancassa dei media. - 2 maggio 2009 - Susanna Tamaro - www.susannatamaro.it - |
Post n°3440 pubblicato il 19 Aprile 2010 da diglilaverita
Appartengo alla generazione che ha combattuto, negli anni della prima giovinezza, la battaglia per la libertà sessuale e per la legalizzazione dell’aborto. La generazione che nei tè pomeridiani, tra un effluvio di patchouli e una canna, imparava il metodo Karman, cioè come procurarsi un aborto domestico con la complicità di un gruppo di amiche. Quella generazione che organizzava dei voli collettivi a Londra per accompagnare ad abortire donne in uno stato così avanzato di gravidanza da sfiorare il parto prematuro. È difficile, per chi non li ha vissuti, capire l’eccitazione, l’esaltazione, la frenesia di quegli anni. La sensazione era quella di trovarsi sulla prua di una nave e guardare un orizzonte nuovo, aperto, illuminato dal sole di un progresso foriero di ogni felicità. Alle spalle avevamo l’oscurità, i tempi bui della repressione, della donna oggetto manipolata dai maschi e dai loro desideri, oppressa dal potere della Chiesa che, secondo gli slogan dell’epoca, vedeva in lei soltanto un docile strumento di riproduzione. Erano gli anni Settanta. Personalmente, non sono mai stata un’attivista, ma lo erano le mie amiche più care e, per quanto capissi le loro ragioni, non posso negare di essere stata sempre profondamente turbata da questa pratica che, in quegli anni, si era trasformata in una sorta di moderno contraccettivo. Mi colpiva, in qualche modo, la leggerezza con cui tutto ciò avveniva, non perché fossi credente — allora non lo ero — né per qualche forma di moralismo imposto dall’alto, ma semplicemente perché mi sembrava che il manifestarsi della vita fosse un fatto così straordinariamente complesso e misterioso da meritare, come minimo, un po’ di timore e di rispetto. Come sono cambiate le cose in questi quarant’anni? Ho l’impressione che anche adesso il discorso sulla vita sia rimasto confinato tra due barriere ideologiche contrapposte. La difesa della vita sembra essere appannaggio, oggi come allora, solo della Chiesa, dei vescovi, di quella parte considerata più reazionaria e retriva della società, che continua a pretendere di influenzare la libera scelta dei cittadini. Chi è per il progresso, invece, pur riconoscendo la drammaticità dell’evento, non può che agire in contrapposizione a queste continue ingerenze oscurantiste. Naturalmente, un Paese civile deve avere una legge sull’aborto, ma questa necessaria tutela delle donne in un momento di fragilità non è mai una vittoria per nessuno. I dati sull’interruzione volontaria di gravidanza ci dicono che le principali categorie che si rivolgono agli ospedali sono le donne straniere, le adolescenti e le giovani. Le ragioni delle donne straniere sono purtroppo semplici da capire, si tratta di precarietà, di paura, di incertezza—ragioni che spingono spesso ormai anche madri di famiglia italiane a rinunciare a un figlio, ragioni a cui una buona politica in difesa della vita potrebbe naturalmente ovviare. |
Post n°3439 pubblicato il 19 Aprile 2010 da diglilaverita
Cinque anni, e, nonostante la tempesta mediatica di questi tempi, ci sentiamo più sicuri. E' questa l'esperienza di cinque anni vissuti con Benedetto XVI. Sicurezza e certezza di camminare sui passi di Gesù, ben saldi nella fede capace di vincere il mondo, la fede della Chiesa. Attraverso Benedetto XVI, Gesù in persona si è fatto nostro compagno di viaggio, accanto ai nostri dubbi, agli sbandamenti, alle speranze deluse. Le ha raccolte tutte, una ad una, disperse tra i rivoli del relativismo. Ci ha preso per mano e ci ha condotti al cuore della Chiesa, il Corpo e il Sangue del nostro Salvatore. Benedetto, un Pastore secondo il cuore di Dio. Abbiamo ancora quei giorni vivi nella memoria. Impresso negli occhi è un libro chiuso. Un Vangelo afferrato dal vento, folate a voltare le pagine, un tocco, deciso, e così, in un amen, sul legno dolce di una bara, quel Libro s’è chiuso. Come la corsa terrena del Grande Papa, nella Piazza del Primo degli Apostoli, dinnanzi a milioni di uomini, testimoni dell’autenticità di quel Vangelo incarnato per lunghissimi anni in chi aveva combattuto la buona battaglia e aveva conservato la fede. Il cielo s’era dischiuso all’infaticatibile Papa crocifisso, e noi, in quella Piazza, come il discepolo Eliseo dinnanzi al carro di fuoco di Elia che si inabissava nel cielo, siamo rimasti con gli occhi fissi su quel Libro chiuso. “Cocchio d’Israele….” . La fede nella quale il Papa ci aveva confermato tante volte, sì, la fede faceva risuonare in noi le sue stesse parole, l’incoraggiamento a non aver paura. Eppure un brivido ci tramortiva, lo stesso di Eliseo. Il nostro Papa lo avevamo visto entrare nel cielo attraverso le porte della Basilica, Totus Tuus sino alla fine; nel cuore conservavamo la promessa del Signore. Ma quel mantello, su chi sarebbe caduto? E poi, si sarebbero rinnovati i prodigi di cui eravamo stati testimoni? Per una settimana, il fiato sospeso; attoniti e sereni, come presi in un’attesa piena di speranza. Ma quel Libro chiuso ci ipnotizzava occhi, cuore e mente. Un grido ci premeva nel petto, lo stesso che rieccheggia nell’Apocalisse: “Chi ci strapperà i sigilli…..” E scrutavamo il Cielo, cercando ancora la mano benedicente di Karol. Il suo amico, quel fidato collaboratore che ci aveva parlato così amorevolmente del nostro grande Papa, ce lo aveva indicato. Guardate lassù, e vedrete, e sarete benedetti. Ha implorato il Papa per noi: “Sì, ci benedica, Santo Padre”. E la mano del Papa Santo non s’è fatta attendere; il miracolo più atteso, la sua benedizione è scesa dalla casa del Padre sulla Sistina: lo Spirito Santo, ne siamo certi, ha suggerito; il Papa Santo, ne siamo altrettanto certi, con la sua mano ha guidato la mano dei cardinali. E noi, lì fuori, scorgendo il fumo bianco sbuffare dal tetto, danzavamo di gioia al suono delle campane: in un baleno avevamo il nuovo cocchiero. Ed era lui. Proprio quel suo amico umile, quel semplice e mite Joseph nel quale tutti ci siamo sentiti amici nell’amico. Lui che aveva celebrato l’ultima pasqua del Grande Papa come se l’avesse fatto al posto di tutti noi. Proprio come l’avremmo voluta celebrare noi. Quelle parole, ce le aveva strappate dal cuore e dalle labbra. Ed ora era lì, stretto in quel bianco mantello, affacciato su migliaia di storie in attesa di una nuova benedizione. Joseph Ratzinger, il Cireneo di Karol Woytila lungo il cammino difficile e “inaudito”, la via della Croce di ogni Vicario del Crocifisso. Ha visto. Ha imparato. Ha condiviso. E in quel momento quella Croce era passata nelle sue mani. Sulle sue spalle. Quando è apparso sulla loggia che sembrava un diamante incastonato nello splendido tramonto romano, il suo sorriso rassicurante avvolto nella magnifica stola, tutto era certo: la Provvidenza aveva scelto lui, il mantello di Giovanni Paolo II era passato sulle spalle di Benedetto XVI. Non restava che partire e incamminarsi verso i prodigi che Dio aveva preparato. Il primo, la sua tenerezza nel salutarci. “Un umile operaio della vigna del Signore”. Operaio d’opere sante. Quelle che annunciano al mondo la Verità e la Bellezza dell’amore di Dio. Lui, Prefetto del dono più grande, difensore della purezza della fede, custode del tesoro depositato nello scrigno della Chiesa, sapeva d’essere ormai donato alla Chiesa intera. ”Il nostro ministero è un dono di Cristo agli uomini, per costruire il suo corpo – il mondo nuovo. Viviamo il nostro ministero così, come dono di Cristo agli uomini! Ma in questa ora, soprattutto, preghiamo con insistenza il Signore, perché dopo il grande dono di Papa Giovanni Paolo II, ci doni di nuovo un pastore secondo il suo cuore, un pastore che ci guidi alla conoscenza di Cristo, al suo amore, alla vera gioia” aveva infatti detto ai Cardinali e al mondo intero introducendo il Conclave presiedendo la Missa Pro eligendo Romano Pontifice. Apparso su quella finestra così impegnativa, come protetto tra i due “corazzieri liturgici”, con quel sorriso alla perenne ricerca di amici, e quelle braccia alzate come in segno di vittoria, è sembrato un pugile vincente al termine di un combattimento. E di un duro combattimento si era di certo trattato. Per questo levava le braccia, e nel suo viso lo sguardo sereno di chi aveva vinto perché ha saputo arrendersi. Come Giacobbe al guado del torrente Jabbok, anche il mite cardinale bavarese aveva lottato con Dio. Decenni di studio e onorato servizio, età, salute, stanchezza, a nulla son valse le ragioni dell’uomo. La vittoria di Dio è sempre la nostra resa. Per essere forte con Dio occorre che l’uomo vecchio si pieghi dinnanzi all’Uomo Nuovo. Con Dio si vince perdendo, e il Cardinale Ratzinger ha perduto molto di sé nella Sistina; nell’omelia pronunciata nella messa di insediamento ce lo ha svelato :“Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia”. Potenza della Sistina e del “suo” Spirito Santo, quasi un sacramento capace di trasformare un Cardinale in un Papa, perché la Dottrina della fede sia esaltata in Dottrina dell’Amore. E così è stato, sin dalla prima Enciclica, sino alla Lettera ai fedeli d'Irlanda. Non solo. Sognava la quiete dopo tante tempeste, lo studio, sonate al pianoforte e sinfonie teologiche. Ma si è dovuto arrendere al Padrone della messe che lo aveva scelto irrevocabilmente. Aveva chiesto di non essere eletto, per lui la Sistina s’era trasformata in un Getsemani, e, come per il Maestro, anche per il discepolo la Volontà del Padre s’era manifestata diversa dalla propria. Il Cardinale Ratzinger ne aveva chiara la percezione già entrando in conclave quando aveva spiegato come “Gesù definisce l’amicizia: è la comunione delle volontà. “Idem velle – idem nolle”, era anche per i Romani la definizione di amicizia. “Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando” (Gv 15, 14). L’amicizia con Cristo coincide con quanto esprime la terza domanda del Padre nostro: “Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”. Nell’ora del Getsemani Gesù ha trasformato la nostra volontà umana ribelle in volontà conforme ed unita alla volontà divina. Ha sofferto tutto il dramma della nostra autonomia – e proprio portando la nostra volontà nelle mani di Dio, ci dona la vera libertà: “Non come voglio io, ma come vuoi tu” (Mt 21, 39). In questa comunione delle volontà si realizza la nostra redenzione: essere amici di Gesù, diventare amici di Dio. Quanto più amiamo Gesù, quanto più lo conosciamo, tanto più cresce la nostra vera libertà, cresce la gioia di essere redenti. Grazie Gesù, per la tua amicizia!". Il conclave è stato dunque la fucina decisiva che ci ha consegnato un vero amico di Dio incamminato sulle orme di Abramo nostro Padre nella fede. Il Papa amico di Dio ci ha così subito preso per mano per insegnarci l’amicizia con Gesù, fonte dell’unica e vera gioia. Per questo i giovani già lo amano, in lui vedono i tratti del Papa Santo trasfigurati nel sentimento che amano, desiderano e sperano più d’ogni altro. L’amicizia che a vent’anni è anch’essa giovane e fiera e genuina. L’amicizia, che è il profilo dolce della fede. E che dolcezza e che gioia e che pace si sperimentano nel compiere la volontà dell’Amico. Troppo spesso le trappole nascoste nelle giornate infilzate dalla nostra fretta d’esistere ci fanno perdere la pace dimenticando che il giogo del Signore, la Sua volontà, è leggero e solo ad esso possiamo aggrapparci per trovare pace e riposo per le nostre anime. A noi, al mondo perduto in indaffaratissime corse verso la propria autorealizzazione che così spesso si traduce in autodistruzione, alla folle generazione elettronica che sbuffa se il computer impiega una manciata di secondi di troppo a compiere i nostri voleri, a noi zombi della vita fast-food accartocciata sui propri desideri, a noi il Padre ha inviato Benedetto XVI, un semplice uomo legato al giogo dolce di Cristo, come “il Pallio, tessuto in pura lana, che mi viene posto sulle spalle. Questo antichissimo segno, che i Vescovi di Roma portano fin dal IV secolo, può essere considerato come un’immagine del giogo di Cristo, che il Vescovo di questa città, il Servo dei Servi di Dio, prende sulle sue spalle. Il giogo di Dio è la volontà di Dio, che noi accogliamo. E questa volontà non è per noi un peso esteriore, che ci opprime e ci toglie la libertà. Conoscere ciò che Dio vuole, conoscere qual è la via della vita – questa era la gioia di Israele, era il suo grande privilegio. Questa è anche la nostra gioia: la volontà di Dio non ci aliena, ci purifica – magari in modo anche doloroso – e così ci conduce a noi stessi. In tal modo, non serviamo soltanto Lui ma la salvezza di tutto il mondo, di tutta la storia”. Benedetto XVI dinnanzi a noi come Isacco legato alla volontà di Dio è la prima delle orme che Dio ci ha mostrato. La fede sulla terra è un Padre che sacrifica suo Figlio, il Figlio che si offre al Padre, e l’amico del Figlio che offre la sua vita. La fede si svela in una vita perduta per amore; la fede brilla nell’amore senza limiti del Buon Pastore pronto ad incarnarsi nel Suo Vicario: “Pascere vuol dire amare, e amare vuol dire anche essere pronti a soffrire. Amare significa: dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio, della parola di Dio, il nutrimento della sua presenza, che egli ci dona nel Santissimo Sacramento. Cari amici – in questo momento io posso dire soltanto: pregate per me, perché io impari sempre più ad amare il Signore. Pregate per me, perché io impari ad amare sempre più il suo gregge – voi, la Santa Chiesa, ciascuno di voi singolarmente e voi tutti insieme. Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi. Preghiamo gli uni per gli altri, perché il Signore ci porti e noi impariamo a portarci gli uni gli altri”. La fede ha occhi che puntano dritto la storia, ne riconoscono i pericoli, scrutano il male, discernono il bene. La fede non scappa. La fede conosce la volontà di Dio e la compie. Senza paura: “Considero questo fatto una grazia speciale ottenutami dal mio venerato Predecessore, Giovanni Paolo II. Mi sembra di sentire la sua mano forte che stringe la mia; mi sembra di vedere i suoi occhi sorridenti e di ascoltare le sue parole, rivolte in questo momento particolarmente a me: "Non avere paura!". Insieme con Benedetto XVI la Chiesa intera imparerà, ancora una volta, a non avere paura, a camminare con fiducia verso il destino che il Signore le ha preparato, sentieri di Pace in un mondo di guerra e violenza, e cammini lanciati ai confini della terra in un’infaticabile opera evangelizzatrice che restituisca a ciascun uomo la propria dignità di Figlio di Dio, la bellezza incomparabile di una vita amata. Benedetto XVI, per la Chiesa e per il mondo: “Ho voluto chiamarmi Benedetto XVI per riallacciarmi idealmente al venerato Pontefice Benedetto XV, che ha guidato la Chiesa in un periodo travagliato a causa del primo conflitto mondiale. Fu coraggioso e autentico profeta di pace e si adoperò con strenuo coraggio dapprima per evitare il dramma della guerra e poi per limitarne le conseguenze nefaste. Sulle sue orme desidero porre il mio ministero a servizio della riconciliazione e dell'armonia tra gli uomini e i popoli, profondamente convinto che il grande bene della pace è innanzitutto dono di Dio, dono fragile e prezioso da invocare, tutelare e costruire giorno dopo giorno con l'apporto di tutti.... Il nome Benedetto evoca, inoltre, la straordinaria figura del grande Patriarca del monachesimo occidentale, san Benedetto da Norcia, compatrono d'Europa insieme ai santi Cirillo e Metodio... costituisce un fondamentale punto di riferimento per l'unità dell'Europa e un forte richiamo alle irrinunciabili radici cristiane della sua cultura e della sua civiltà... Di questo Padre del Monachesimo occidentale conosciamo la raccomandazione lasciata ai monaci nella sua Regola: "Nulla assolutamente antepongano a Cristo". All'inizio del mio servizio come Successore di Pietro chiedo a san Benedetto di aiutarci a tenere ferma la centralità di Cristo nella nostra esistenza”. - Antonello Iapicca Pbro - Isegnideitempi - |
Post n°3438 pubblicato il 19 Aprile 2010 da diglilaverita
1. O grande apostolo del regno di Gesù per Maria, tu che indicasti alle anime i sentieri della vita cristiana suggerendo l'osservanza delle promesse battesimali e insegnasti come un segreto di santità la via soave e perfetta di Maria, la via stessa voluta da Dio per venire a noi e ricondurci a Lui, ottieni anche a noi la grazia di comprendere e praticare la vera Devozione alla Madonna, affinché guidati e sorretti dalla nostra Celeste Madre e Mediatrice, possiamo crescere nella virtù e nella fede per raggiungere la salvezza. - *Io sono Amore* - |
Post n°3437 pubblicato il 19 Aprile 2010 da diglilaverita
Prima di cadere sulla strada per Damasco, San Paolo, come egli stesso racconta, aveva "perseguitato ferocemente la Chiesa di Dio e cercato di distruggerla". "Ma - ha affermato il Papa in visita a Malta - l'odio e la rabbia espresse in quelle parole furono completamente spazzate via dalla potenza dell'amore di Cristo". Una riflessione che riassume bene quanto e' accaduto in questo 14esimo viaggio internazionale di Benedetto XVI, preceduto da attacchi e polemiche mediatiche su presunte coperture offerte ai preti pedofili, ma poi caratterizzato da folle ed entusiasmo superiori a ogni ottimistica attesa (50 mila fedeli nella piazza dei Granai di Floriana per la Messa e l’Angelus domenicali, 15 mila giovani sulla banchina Waterfront) e soprattutto dalle lacrime sincere del Pontefice che hanno accompagnato l'incontro con otto vittime di abusi sessuali da parte di religiosi nel raccoglimento della Cappella della Nunziatura di Rabat. E anche i diversi interventi pronunciati dal successore di Pietro sono stati nel segno di un’assoluta fermezza sui principi - “tenete duro su divorzio e aborto”, ha chiesto ai cattolici maltesi -, temperata, pero', dall'invito altrettanto forte ad un'apertura verso gli altri, a partire dagli immigrati che approdano su quest'isola nel cuore del Mediterraneo. "Ho visto il Papa piangere di emozione e mi sono sentito liberato da un grande peso", ha confidato una delle otto vittime. "Ho visto in lui e nel vescovo di Malta l'umilta' di una Chiesa che in quel momento rappresentava tutto il problema della Chiesa moderna". E quando il Pontefice "ha appoggiato la mano sulla testa di ciascuno dei partecipanti all'incontro, benedicendoli, mi sono sentito - ha dichiarato l’uomo - liberato e sollevato da un grande peso". "Dio non rifiuta nessuno. E la Chiesa non rifiuta nessuno", ha rimarcato, dal canto suo, il Santo Padre agli oltre 15 mila ragazzi di Malta che lo hanno acclamato con grande entusiasmo al suo arrivo - avvenuto con lo stesso catamarano utilizzato da Giovanni Paolo II nel '90 - sulla banchina gremita all'inverosimile. "Dio - ha spiegato il Papa - ama ogni singola persona di questo mondo, anzi egli ama ogni singola persona di ogni epoca della storia del mondo. Nella morte e risurrezione di Gesu', resa presente ogni volta che celebriamo la Messa, egli offre la vita in abbondanza a tutte queste persone. Come cristiani siamo chiamati a manifestare l'amore di Dio che comprende tutti. Dobbiamo percio' soccorrere il povero, il debole, l'emarginato; dobbiamo avere una cura speciale per coloro che sono in difficolta', che patiscono la depressione o l'ansia; dobbiamo aver cura del disabile e fare tutto quello che possiamo per promuovere la loro dignita' e qualita' di vita; dovremmo prestare attenzione ai bisogni degli immigrati e di coloro che cercano asilo nelle nostre terre; dovremmo tendere la mano con amicizia ai credenti e non. Questa - per il Pontefice che in queste ore festeggia 5 anni dall'elezione - e' la nobile vocazione di amore e di servizio che tutti noi abbiamo ricevuto". Ancora una volta, Benedetto XVI ha saputo coniugare dolcezza e fermezza nel suo predicare per il mondo (altri quattro Paesi lo attendono dopo Malta in questo 2010: Portogallo, Cipro, Gran Bretagna e Spagna). "Idee e valori che sono talvolta in contrasto con quelle vissute e predicate da nostro Signore Gesu' Cristo - ha denunciato a Waterfront -, sono presentati con un grande potere persuasivo, rinforzato dai media e dalla pressione sociale da gruppi ostili alla fede cristiana". E citando ancora il naufragio di San Paolo su quest'Isola, ha rammentato che quando la barca "e' scossa dalle onde" occorre tenere lo sguardo fisso in Dio. Come l'83enne Joseph Ratzinger sta mostrando di saper fare. Senza arretrare di un centimetro sulle verita' del Vangelo, dal quale derivano quei valori irrinunciabili la cui difesa tante critiche e polemiche strumentali sta attirando su di lui. “Nel contesto della societa' europea, i valori evangelici ancora una volta stanno diventando una contro-cultura, proprio come lo erano al tempo di San Paolo", ha rilevato, dal canto suo, il Pontefice, rilevando che la storia di Malta "e' segnata dalla fede e dai valori cristiani. Dovreste essere orgogliosi - ha evidenziato rivolgendosi ai fedeli del luogo - che il vostro Paese difenda sia il bambino non ancora nato, come pure promuova la stabilita' della vita di famiglia dicendo no all'aborto e al divorzio. Vi esorto a mantenere questa coraggiosa testimonianza alla santita' della vita e alla centralita' del matrimonio e della vita famigliare per una societa' sana". "A Malta e a Gozo - ha continuato Ratzinger - le famiglie sanno come valorizzare e prendersi cura dei loro membri anziani ed infermi, ed accolgono i bambini come doni di Dio. Altre nazioni - ha scandito - possono imparare dal vostro esempio cristiano". Un’adesione al Vangelo che deve portare, tuttavia, Malta ad una migliore accoglienza degli immigrati, anche se le difficolta' attuali "non possono essere risolte da alcun Paese da solo", davanti a un fenomeno cosi' massiccio: "Molti migranti che arrivano ai lidi di Malta, alcuni per fuggire da situazioni di violenza e di persecuzione, altri alla ricerca di migliori condizioni di vita". Per Malta una sfida da raccogliere: "Sono fiducioso - ha assicurato Benedetto XVI - che, contando sulla forza delle radici cristiane e sulla lunga e fiera storia di accoglienza degli stranieri, Malta cerchera', con il sostegno di altri Stati e delle Organizzazioni internazionali, di venire in soccorso di quanti qui arrivano ed assicurarsi che i loro diritti siano rispettati", coerentemente con i valori cristiani che hanno aiutato a forgiare l'identita' di un popolo straordinario: "Unita', solidarieta' e rispetto reciproco" devono restare alla base della vita sociale e politica di questo Paese cattolico, che il Papa vuole sia baluardo a difesa dei valori nell'Unione Europea. - Petrus - |
Post n°3436 pubblicato il 19 Aprile 2010 da diglilaverita
Suor Rani Maria, che ha subito quindici anni fa il martirio per la fede con cui ha sempre aiutato i più poveri fra i poveri, “ci stimola ad andare avanti. Il suo esempio di vita e la sua morte sono uno stimolo per noi che siamo rimasti e che, oggi, abbiamo un potente intercessore presso il Signore”. |
Post n°3435 pubblicato il 19 Aprile 2010 da diglilaverita
In Gran Bretagna è montata una comprensibile indignazione contro gli episodi di pedofilia commessi da preti cattolici. Questa indignazione si sta trasformando in un vero e proprio bombardamento mediatico quotidiano contro lo stesso Pontefice, culminato nella manifestazione di protesta tenuta domenica 28 marzo davanti alla cattedrale cattolica di Westminster a Londra, per chiedere, nientedimeno che le dimissioni papali. Qualcosa però non quadra. Prima di capire cosa non convince è comunque doveroso premettere che l’odioso fenomeno della pedofilia appare ancora più odioso e deprecabile quando coinvolge religiosi, e che sarebbe stato certamente meglio adottare prima la linea rigorosa e severa di Benedetto XVI in materia. Detto questo, qualche riflessione, però, dovrebbero farla anche Oltremanica. |
INFO
LE LACRIME DI MARIA
MESSAGGIO PER L’ITALIA
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi
SAN GIUSEPPE PROTETTORE
A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione
ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua
santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre
di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne
preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo
sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù
Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che
ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere
delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla
morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa
di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di
noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso,
possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna
beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.
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