ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 24/04/2010

GENOCIDIO ARMENO: 24 APRILE GIORNATA DELLA MEMORIA

Post n°3462 pubblicato il 24 Aprile 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Nel rapporto della Commissione dei Diritti dell'Uomo all'ONU, nel settembre 1973, il massacro degli Armeni viene definito come il primo genocidio del XX secolo perpetrato a danno di un popolo fortemente legato al perdono evangelico. E il 9 Novembre 2000 anche Giovanni Paolo II - in occasione dell'incontro in Vaticano con il Patriarca degli Armeni, Katholicos Karekin II - ricordando le persecuzioni subite dai cristiani a causa della propria fede, riconosce che di genocidio si è trattato. In un comunicato congiunto con il Katholicos, Woytjla denunciava: «Il genocidio degli Armeni, che ha dato inizio al secolo, è stato il prologo agli orrori che sarebbero seguiti. Due guerre mondiali, innumerevoli conflitti regionali e campagne di sterminio deliberatamente organizzate che hanno tolto la vita a milioni di fedeli».
E mentre si stempera la tensione tra Stati Uniti e Turchia, generata dalla risoluzione (non vincolante) approvata il 4 aprile dalla Commissione Esteri della Camera di Washington, che per la prima volta definisce “genocidio” il massacro di un milione e mezzo di armeni avvenuto nel 1915 ad opera dei turchi, in tutto il mondo sono in atto i preparativi per ricordare, il 24 aprile, il 95° anniversario (“Medz Yeghern”) di quel triste episodio. Mons. Hovsep Kelekian, rettore del Pontificio Collegio Armeno di Roma, - che alla presenza di Sua Beatitudine Nerses Bedros XIX Tarmuni, Patriarca degli armeni Cattolici di Cilicia,  celebrerà a Roma una Messa solenne in suffragio delle vittime - racconta a ZENIT cosa è cambiato nel tempo nei rapporti tra Turchia ed Armenia.

Ci sono conflitti che perdurano anche se sono cominciati un secolo fa. Spesso, le persone restano intrappolate da pregiudizi o si tramandano il rancore. È così anche tra i turchi e gli armeni?

Mons. Kelekian: Trent’anni fa i rancori erano ancora molto forti. Oggi, turchi e armeni si incontrano molto spesso in Europa, si parlano e alcuni fanno anche amicizia. Rimane tuttavia la questione dell’accettazione della colpa da parte del Governo turco per la tragedia subita dagli armeni negli anni 1915-20. La questione era considerata tabù in Turchia ma oggi, a cominciare dagli intellettuali turchi, essa si pone e ci si riflette su per trovare una soluzione. Quest’apertura è un segno di progresso e, forse un giorno, potrà disperdere tutti i pregiudizi, come anche dissipare l’odio fra i due popoli.

È possibile una riconciliazione - così come è accaduto in Ruanda anche grazie all'operato della Chiesa - affinché si possa andare avanti?

Mons. Kelekian: Ogni riconciliazione presuppone - almeno parzialmente - una riparazione delle colpe. Gli armeni non hanno fatto una guerra contro i turchi, ma sono stati massacrati, oppure deportati nei deserti e lasciati morire lì. Senza un atto di riconoscimento ufficiale di questo fatto, ogni riconciliazione è impossibile. La chiesa stessa non può perdonare colui che non chiede perdono. Quanto al Ruanda, là c’erano due tribù nemiche che si sono perdonati a vicenda mentre gli armeni non hanno niente da farsi perdonare. Vivevano in Turchia come cittadini esemplari e non hanno mai pensato di ribellarsi al Paese.

Qual è la posizione della Chiesa armena cattolica rispetto a quello che molti Paesi considerano essere stato un “genocidio”?

Mons. Kelekian: La Chiesa armena cattolica è solidale a tutti gli armeni e difende l’idea di accettazione della colpa e di riparazione dalla parte della Turchia. Questa Chiesa ha avuto pure i suoi martiri: vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, come anche decine di migliaia di fedeli. Sono state distrutte tutte le nostre chiese e scuole, e le abitazioni dei nostri fedeli sono state confiscate, come dovunque in Anatolia - considerata l’Armenia Occidentale - e in Cilicia. In ogni Paese, dove si ricorda il 24 aprile, la Chiesa armena cattolica si unisce alla chiesa armena apostolica e ai protestanti armeni per fare le commemorazioni insieme.

Ancora oggi, nel 2010, quella tragedia umana resta un tema scomodo, non solo in Turchia ma anche in molti altri Stati dove lo sterminio di 95 anni fa non viene commemorato ufficialmente, nonostante la presenza in quegli stessi Paesi di comunità armene numericamente importanti. A suo avviso perché?

Mons. Kelekian: I Paesi che non hanno ancora accettato ufficialmente il genocidio armeno come tale temono delle rappresaglie da parte della Turchia che, ancora oggi, nega il fatto. Le relazioni diplomatiche con la Turchia impediscono a questi Stati di partecipare ufficialmente alle celebrazioni di commemorazione del Genocidio armeno. Purtroppo, questo ferisce ancora di più i sentimenti del nostro popolo, che non può capire come possano esserci nel mondo dei governi che non vogliono credere alla realtà di questo passato doloroso.

A sei mesi dalla firma, nell'ottobre 2009, di un accordo per la normalizzazione dei rapporti tra Armenia e Turchia, tutto torna ad essere come prima. Lo scontro verte, questa volta, sul Nagorno Karabakh. Risultato: stop al processo di pace. Cosa accadrà adesso? La Chiesa potrà intervenire per far riprendere i negoziati?

Mons. Kelekian: Gli accordi fra Armenia e Turchia, garantiti dalle potenze mondiali, purtroppo non sono stati rispettati dagli stessi turchi, perché la questione del Nagorno-Karabagh (che è un problema fra l’Armenia e un altro stato indipendente, l’Azerbaijian) non doveva essere parte di questi accordi, così come anche la questione dell’accettazione del Genocidio degli armeni.

Secondo me, la Chiesa Cattolica non può intervenire in questo caso perché, da una parte, c’è una nazione (la Turchia) che, seppure ufficialmente laica, è per la stragrande maggioranza musulmana. Dall’altra parte c’è un’altra nazione, l'Armenia, che in maggioranza non dipende dalla Chiesa cattolica. La Chiesa può intervenire soltanto tramite altre nazioni, come la Francia, la Germania o anche l’Italia. Ad esempio, la Comunità di Sant’Egidio in questo caso può forse intervenire, con molta probabilità di successo. - Mariaelena Finessi - Zenit -

 
 
 

UN ARGOMENTO TABU': IL MOVIMENTO OMOSESSUALE E LA PEDOFILIA

Post n°3461 pubblicato il 24 Aprile 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

L'ideologia dominante, il "pensiero unico" delle società occidentali, possiede alcuni elementi essenziali: l'apologia dei diritti umani, il cosmopolitismo, la demonizzazione del passato europeo, il culto della Shoah come unico esempio di male assoluto imparagonabile ad ogni altro, l'immigrazionismo, l'elogio del meticciato, il laicismo e, naturalmente, l'omofilia. Al contrario dell'omofolia, la pedofilia viene invece vista, giustamente, come un crimine spaventoso. A causa di questa contrapposizione tra un'omofilia (teorica e pratica) "buona" e una pedofilia "cattiva", diventa difficile riflettere su un dato lampante: gran parte degli atti di pedofilia sono atti di pedofilia omosessuale. Sono cioè molto più frequenti le violenze subite da bambini maschi di quelle subite da bambine (in un rapporto, secondo le ricerche di Philip Jenkins sulla pedofilia di preti e pastori protestanti negli Usa, di circa 8 a 2). Mentre spesso si sottolinea il legame tra celibato ecclesiastico e pedofilia (che non è particolarmente significativo, dato che moltissimi pedofili sono sposati), si parla pochissimo di quello tra omosessualità - o bisessualità - e pedofilia, perché il conformismo dell'ideologia dominante e il "terrorismo intellettuale" di un movimento omosessuale sempre più aggressivo impediscono una seria riflessione al riguardo. Eppure, basterebbe rileggere alcune delle affermazioni, passate e presenti, di numerosi esponenti del movimento omosessuale, per renderci conto che questo rapporto c'è, ed è significativo. Uno dei fondatori e teorici del movimento omosessuale italiano, Mario Mieli, così scriveva nel suo libro, del 1977, "Elementi di critica omosessuale":
"Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino non tanto l'Edipo, o il futuro Edipo, bensì l'essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l'amore con loro. Per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia, traumatizza, educastra, nega, calando sul suo erotismo la griglia edipica". In tanta lucida follia, è stato quindi lo stesso Mieli a descrivere, oscenamente ma sinceramente, il rapporto che lega "le checche", "i pederasti", alla pedofilia. A questo signore, che tra l'altro si definiva anche "coprofago"(amava nutrirsi di escrementi) è intitolato un celebre circolo di "cultura omosessuale" a Roma. Ciò ci spiega come ancora oggi il movimento omosessuale lo ritenga un pioniere e un punto di riferimento teorico.
Forse meno influente di Mieli, ma senz'altro più popolare al grande pubblico, è Aldo Busi, lo scrittore oggi reduce dall'Isola dei Famosi, che è omosessuale dichiarato e "militante". Qualche anno fa, sulla rivista omosessuale Babilonia (un nome, un programma), Busi pubblicò un articolo intitolato "Scusi mi dà una caramella?" in cui, tra le altre cose, faceva, con la consueta leggerezza e il consueto buon gusto, le seguenti affermazioni: "Che sarà mai se un ragazzino di 5 o 10 o 12 anni fa una s... a uno più in là negli anni o se la fa fare?... Un bambino senza curiosità sessuali è un bambino già subnormale... All'offerta sessuale del bambino bisogna che l'adulto responsabile dia una risposta sensuale e non una risposta astratta a base di rimproveri, ammonizioni e di sfiducia... Se per fare questo gli prende in mano il pisello o le si accarezza la passerina - gesti che io non ho mai fatto comunque con nessuno: sarà per questo che tutti i bambini e le bambine della mai vita mi hanno girato le spalle per sempre - che sarà mai?" Parole rivoltanti, che affermano forse l'estraneità dell'omosessuale militante Busi dalla pratica pedofilica, ma anche la sua disgustosa giustificazione del fenomeno. Che pesa come un macigno sulla sua figura pubblica e sulla rivista di "cultura omosessuale" Babilonia, che, non certo a caso, ha pubblicato questa schifezza. Non solo di giustificazione teorica della pedofilia, ma ahimè, anche della sua orribile pratica dà testimonianza "Gran bazar", un libro scritto nel 1975 da Daniel Cohn Bendit, sessantottino di primissimo piano (fu il grande protagonista del Maggio francese), bisessuale, strenuo difensore dei "diritti gay", oggi capogruppo dei Verdi al parlamento europeo.
Scriveva così Cohn Bendit, narrando delle sua esperienze di maestro in un asilo autogestito: "... Il mio costante flirt con tutti i bambini assunse presto connotazioni erotiche. Potevo veramente sentire come all'età di 5 anni le piccole avevano già imparato a corteggiarmi. La maggior parte delle volte mi sentivo senza difese. Mi accadde diverse volte che i bambini mi aprissero la patta dei pantaloni e cominciassero ad accarezzarmi... Ma quando continuavano e insistevano io cominciavo ad accarezzarli". Era la Francia degli anni Settanta, in cui Sartre, la de Beauvoir, Foucault (il filosofo omosessuale che teorizzava la "pedofilia dolce"), Jack Lang e altri firmavano petizioni a favore della liberalizzazione dei rapporti sessuali coi minori. In questo contesto, che garantiva l'impunità, si spiega il racconto spudorato di questa ripugnante esperienza. Ma come è possibile che un personaggio come Cohn Bendit - che si picca di definire papa Ratzinger "un reazionario", e che si permette di pontificare su tutto e tutti - possa oggi rimanere lì, indisturbato, al suo posto, a Parigi al parlamento europeo di Strasburgo, quando Rocco Buttiglione (di cui, preciso, non sono affatto un sostenitore politico) è stato dichiarato non idoneo a incarichi pubblici presso la Commissione europea solo per aver definito "peccaminosa" l'omosessualità? La spiegazione è facile. Chi considera peccaminosi i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso segue la propria fede ma va contro l'ideologia dominante (che a Bruxelles e Strasburgo è particolarmente aggressiva), quindi sancisce la propria morte politica. Al contrario, gli stessi esponenti dell'ideologia dominante, i corifei del progressismo conformista, perdonano facilmente i propri amici, come Cohn Bendit. La fiera dell'orrore omosessual-pedofilico non termina certo qui. Frédéric Mitterand, nipote dell'ex presidente Francois e ministro della cultura di Sarkozy, omossessuale dichiarato, nel 2005 ha pubblicato un libro, "La mauvaise vie", la vita cattiva, in cui racconta le proprie esperienze di turismo sessuale, a pagamento, in Thailandia, con ragazzi di cui non è precisata l'età (anche se, di fronte alle polemiche, ha precisato, non si sa quanto sinceramente, che non si trattava di bambini): "Aveva l'aria veramente contenta di venire con me.... Uno spettacolo abominevole da un punto di vista morale, e di una volgarità respingente: ma mi attira al di là del ragionevole… i soldi e il sesso: io posso valutare, immaginare, raccontarmi delle storie in funzione di ciascun ragazzo: loro sono qui per questo e io anche… sono libero, assolutamente libero di giocare con il mio desiderio e di scegliere… da ieri sera questo è il quarto". Se non altro, qui vi è la consapevolezza di stare facendo qualcosa di male, che nel caso di Mieli, Busi e Cohn Bendit è del tutto assente (anzi, per loro il male diventa bene). Ma la situazione è altrettanto ripugnante, per quanto qui non si tratti di bambini di cinque anni.
Certo, non tutti i teorizzatori della "normalità" della pedofilia sono omosessuali. In Italia, l'attuale portavoce del Pdl, Daniele Capezzone, che non ci risulta essere gay, così commentava nel 1998 la decisione dei radicali (fiancheggiatori delle lobby omosessuali, e anche permissivi in tema di pedofilia) di promuovere il convegno "Pedofilia e Internet": "Al pari di qualunque orientamento e preferenza sessuale, la pedofilia non può essere considerata un reato". In compenso, è esponente di primissimo piano del movimento omosessuale l'altro politico italiano che in passato ha rilasciato dichiarazioni compiacenti in materia di pedofilia. Si tratta di Nichi Vendola, attuale presidente, appena riconfermato, della Regione Puglia, che definì la pedofilia come "la libertà dei bambini di avere rapporti sessuali tra loro o con adulti". Il fondatore di Sinistra e libertà così si esprimeva in un'intervista a "La Repubblica" del 19 marzo 1985, intitolata "Il gay della Fgci" (l'organizzazione giovanile del Partito comunista): "Non è facile affrontare un tema come quello della pedofilia, cioè del diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad avere rapporti tra loro o con gli adulti - tema ancora più scabroso - e trattarne con chi la sessualità l'ha vista sempre in funzione della famiglia e della procreazione".
Traducendo dal "vendolese": non è facile far capire a chi possiede una visione cristiana del mondo che i bambini (non gli adulti malati, ma i bambini!!) hanno diritto a far sesso con chi vogliono. Pazzesco. Concludendo, mi sembra che non sia possibile, per il movimento omosessuale, tirare ora indietro la mano dopo aver tirato il sasso per decenni. - di Martino Mora - miradouro -

 
 
 

SCHIAVI DI UNA OSSESSIONE ESTETICA. GENERAZIONE CONDANNATA ALLA BELLEZZA

Post n°3460 pubblicato il 24 Aprile 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Schiavi di una ossessione estetica. Il mercato della medicina del benessere che, anno dopo anno, macina utili e addetti con un tasso di crescita medio del 10%. D’altra parte, i dati sono illuminanti: dei circa 150mila interventi di chirurgia plastica effettuati nel 2008 in Italia, 85.500 riguardano pazienti tra i 18 e i 25 anni. La quota di giovani che si sottopongono a questo tipo di interventi è cresciuta nel tempo in maniera esponenziale. Infatti, nel 2002 hanno subìto un’operazione chirurgica 54.000 pazienti, nel 2004 sono stati 73.500 e nel 2006 se ne contano 80.00013. La top del ritocco. Stando ai risultati di una recente indagine della Swg (2009), il cui obiettivo è stato quello di indagare la propensione delle donne verso gli interventi di chirurgia estetica, emerge un quadro non troppo entusiasmante. Sedere, pancia e fianchi sono in cima alla classifica dei difetti da correggere (84%). Seguono le gambe poco modellate (41%), il seno da ritoccare (17%), la pelle e il viso (in entrambi i casi 11%). Al contrario, le adolescenti intervistate sembrano andare fiere dei loro capelli, al punto che nessuna di esse vorrebbe che fossero diversi. Tali dati rappresentano un segno della necessità, per una fetta sempre maggiore di popolazione, di adeguare il proprio corpo a modelli mediatici imposti. Bandita, dunque, ogni forma di rotondità, le nuove generazioni hanno difficoltà ad accettarsi completamente per quello che sono e individuano un “pezzo” del corpo che, a loro detta, andrebbe sottoposto a restyling, senza manifestare alcun dubbio o perplessità in merito.Oggi, infatti, la “normalizzazione” della chirurgia estetica è tale che ben il 73% delle minorenni intervistate non avrebbe alcun problema ad ammettere di essersi sottoposta ad un intervento. A questa quota di 16-17enni si aggiunge, poi, un 10% di quelle che ne andrebbero addirittura fiere. Più bassa è, invece, la percentuale di quante tenderebbero a nascondere questa esperienza, probabilmente, per questioni personali di riservatezza (17%). La disinformazione è una delle grandi
questioni legate alla chirurgia estetica. Sono consapevoli di ciò anche le giovani intervistate, tanto da reputare scarsa l’informazione fornita sugli interventi di tipo estetico (58%). Per il 4% di esse le notizie diffuse in merito sono addirittura del tutto insufficienti, mentre solo una piccola quota del campione le ritiene esaurienti (7%) o quantomeno sufficienti (19%) da fornire loro gli strumenti necessari per fare una scelta. Le 16-17enni si mostrano, poi, favorevoli ad una legge che regolamenti gli interventi di chirurgia estetica, garantendo al paziente un sistema di informazioni completo sui rischi (85%) o obbligandolo a fornire un consenso scritto di presa visione dei rischi (84%). Inoltre, ben il 79% delle giovani auspica l’adozione di un provvedimento legislativo recante il divieto di sottoporsi ad interventi di chirurgia estetica prima del compimento dei 18 anni di età. Barbie generation. La bellezza corre sul bisturi? La ricerca della perfezione è, oggi, all’estremo e si assiste ad una corsa all’eccesso. Un naso storto, labbra sottili e una seconda di seno possono diventare un vero e proprio problema esistenziale, da risolvere ad ogni costo. A reputare spesso inadeguati i propri tratti fisici sono soprattutto gli adolescenti che inseguono un modello di bellezza irraggiungibile, convinti che esso rappresenti una chance in più in quella competizione “all’ultimo fiato” che è diventata la loro vita di ogni giorno. Secondo un’indagine effettuata dall’Isap nel 2008 tra oltre 20mila chirurghi di 84 paesi, Italia compresa, restano i divi come modelli di riferimento dei giovani. Pur di diventare donne esteticamente perfette, alcune giovani ragazze sono disposte a vivere esperienze a dir poco estreme. È il caso di myfreeimplants.com, un sito vetrina inglese in cui ragazze desiderose di sottoporsi a interventi di chirurgia estetica incontrano virtualmente donatori disposti ad aiutarle economicamente. In cambio offrono chat, videochat e fotografie non sempre caste. Gli interventi di chirurgia estetica hanno, infatti, un costo praticamente impossibile da sostenere per persone non autosufficienti economicamente. Per una rinoplastica si spendono, infatti, tra 6.000 e 10.000 euro, per rifarsi le labbra 500 euro (filler, un anno di durata), il seno tra 8.000 e 10.000 euro e la liposuzione ai glutei, fianchi e cosce circa 10.000 euro. L’altro volto della chirurgia estetica: Operation Smile. Il ricorso alla chirurgia plastica in tenera età non è necessariamente il risultato esclusivo di un capriccio ma, in alcuni casi, è una pratica strettamente necessaria che deriva da reali esigenze mediche. Diverse esperienze lo dimostrano, come quella di Operation Smile Italia Onlus. Si tratta di una Fondazione nata nel 2000 e costituita da volontari medici, infermieri e paramedici che realizzano missioni umanitarie in 51 paesi del mondo, per correggere, con interventi di chirurgia plastica ricostruttiva, gravi malformazioni facciali ed esiti di ustioni e traumi. Ad oggi sono stati operati gratuitamente nel mondo oltre 115.000 bambini e molti altri sono ancora in lista d’attesa. - 10° Rapporto Nazionale sulla condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza - Eurispes - Telefono azzurro -Isegnideitempi -

 
 
 

CINA, IN 10MILA SOTTOPOSTI A STERILIZZAZIONE: UNA MISURA PUNITIVA PER QUANTI HANNO VIOLATO LA LEGGE DEL FIGLIO UNICO

Post n°3459 pubblicato il 24 Aprile 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La telefonata è arrivata nel cuore della notte mentre Zang Lizhao era fuori per lavoro. L’uomo si è precipitato a casa: sua moglie era sta­ta portata in una clinica «per essere sterilizzata». «Ho supplicato – ha rac­contato – i medici di attendere. Mi han­no risposto che non avrebbero aspet­tato un solo giorno». Zang, nonostan­te ciò che è accaduto, si ritiene fortu­nato: ha due figli, di 4 e 6 anni. Come al­tre 10mila persone è caduto nelle ma­glie rigidissime del­la pianificazione fa­miliare cinese. Contea di Puning, provincia di Guangdong: una squadra di dottori – secondo quanto ha rac­contato il Times – sta passando al se­taccio la regione per raggiungere l’o­biettivo fissato dal governo, sterilizza­re – con la forza se necessario – quasi 10mila tra uomini e donne. La loro col­pa? Aver violato le politiche di con­trollo delle nascite, la legge in vigore dal 1979 per frenare la temuta cresci­ta demografica. Le autorità lo­cali sono pronte a ricorre ad ogni mezzo. Compreso quello di imprigionare i pa­renti, persino i genitori, di chi si sottrae alla campagna di sterilizzazione, par­tita lo scorso 7 aprile e destinata a pro­trarsi per almeno 20 giorni. Non solo: secondo il The Southern Contryside Daily , circa 100 persone, per lo più an­ziani, sono stati rinchiusi in un centro di pianificazione familiare. Un funzio­nario addetto alla pianificazione ha detto al Times global che «non è raro per le autorità adottare tattiche così dure». Alle coppie con figli “illegali” e ai loro parenti vengono rifiutati i permessi di costruire. I bambini “illegali” sono esclu­si dalla registrazione di residenza, misura che nega loro l’accesso all’assistenza sanitaria e all’istruzione. Le sterilizzazioni forzate sono solo un tassello di una politica che ruota attorno alla diktat del figlio unico. La dove essa non vengono praticate, si ricorre all’aborto. Cifre spaventose: secondo i dati ufficiali forniti dagli o­spedali cinesi, sarebbero 13 milioni gli aborti effettuati ogni anno. Alle stati­stiche ufficiali peraltro sfuggono le in­terruzione di gravidanza clandestine, praticate soprattutto nelle campagne. Pechino ha conteggiato qualcosa co­me 400 milioni di nascite impedite dal 1979, l’anno dell’entrata in vigore del­la legge. Una gigantesca macchina bu­rocratica vigila sulla sua applicazione. Secondo di Harry Wu, fondatore della Laogai Research Foundation, la Commissione statale per la po­polazione nazionale e la pianifi­cazione familiare impiega 520mi­la dipendenti a tempo pieno e ol­tre 82 milioni a tempo parziale. Le autorità arrivano a decidere, sulla base di dati burocratici, quanti bambini possono nascere ogni anno in ogni zona. Una politica che ha prodotto uno sconvolgimento epocale della struttura sociale cinese, anni­chilendo la famiglia tradi­zionale, estesa, per sosti­tuirla con una “cellulare”. Altrettanto dirompenti le conseguenze sociali. Per le Nazioni Unite nel 2050 il 30 per cento della popolazione cinese avrà 60 anni e gli “over 80” saranno cir­ca 100 milioni. La popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni diminuirà del 10 per cento. La Cina non ha un ve­ro sistema di welfare: all’immensa quantità di anziani dovranno provve­dere famiglie con un solo figlio. A questo si aggiunge la sperequazione esistente tra maschi e femmine, que­st’ultime più spesso vittime degli a­borti selettivi: secondo AsiaNews in Ci­na nascono circa 119 maschi per 100 femmine. Persino l’esercito non è im­mune da questo terremoto sociale. Nel 1998 Pechino ha ridotto a due anni la leva obbligatoria, proprio per limitare le pressioni su nuclei familiari sempre più fragili. Problema non da poco per la macchina bellica cinese: molti mi­litari lasciano l’esercito per cercare im­pieghi più redditizi e mantenere così gli anziani genitori. -di Luca Miele - «Avvenire» -Isegnideitempi -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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