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« Titano, la luna ghiaccia...Dove sono tutti quanti? »

New Horizon: verso Plutone e lo Spazio Interstellare

Post n°196 pubblicato il 21 Ottobre 2022 da robertocass

 

 

 

 

Nel 1930 Clyde Tombaugh scoprì Plutone come ultimo pianeta del nostro sistema solare.

Nel 1993 la comunità scientifica decise di declassarlo a pianeta nano, constatando come la sua massa e le sue dimensioni fossero inferiori a quelle di altri corpi celesti individuati nella sua area, denominata Fascia di Kuiper.

Ma si studiava il sistema per avvicinarsi a questo mondo così lontano e si diede inizio alla progettazione di una missione che aveva appunto come obiettivo l'esplorazione di Plutone e del suo satellite Caronte.

Nasce così il progetto New Horizon.

In previsione di una missione che si sarebbe dovuta protrarre per anni, si decise di optare per un generatore termoelettrico a radioisotopi, tecnologia, che venne utilizzata anche in diverse altre missioni precedenti, che sfrutta il calore generato durante il decadimento del plutonio 238 per produrre energia tramite un convertitore termoelettrico.

Questo dispositivo era in grado di alimentare la sonda per anni.

La sonda venne dotata di una strumentazione scientifica avanzata: venne inserita una fotocamera in grado di scattare foto ad alta definizione nel campo del visibile, strumenti in grado di analizzare l'infrarosso e l'ultravioletto, il comportamento delle particelle che compongono il vento solare, i campi magnetici dei corpi celesti avvicinati durante i diversi fly-bye di osservare la composizione della polvere stellare.

Il fly-bye è il passaggio ravvicinato di un corpo celeste utilizzato come fionda gravitazionale tale da consentire il lancio verso una nuova orbita con un considerevole risparmio di carbutante.

Il lancio avvenne il 19 gennaio 2006 dalla piattaforma di Cape Canaveral in Florida.

La finestra di lancio scelta era fondamentale per ottenere una rotta che, grazie alla fionda gravitazionale di Giove, avrebbe permesso alla sonda di risparmiare tra i due e i quattro anni di viaggio.

Le prime fasi della missione prevedevano una calibrazione degli strumenti, sui quali vennero effettuati dei test atti a determinarne le capacità operative.

Per condurre questi controlli vennero quindi scelti Marte e il piccolo asteroide 132524 APL: il fly-by del Pianeta Rosso, tuttavia, non venne sfruttato per raccogliere dati scientifici di nessun genere ma soltanto per una verifica approfondita della strumentazione di bordo e lo stesso si verificò per l'asteroide, osservato con il solo scopo di testare il funzionamento di una delle fotocamere montate sulla sonda.

Terminate le operazioni di calibrazione e controllo, New Horizons si diresse verso quello che era invece il primo, reale obiettivo della missione: Giove.

Il gigante gassoso venne analizzato ampiamente da New Horizons durante il periodo di permanenza nella sua orbita, e con esso anche i suoi satelliti.

Le fotocamere della sonda effettuarono delle riprese all'infrarosso della Grande Macchia Rossa, l'uragano che da secoli imperversa nell'emisfero meridionale del pianeta, mentre i suoi strumenti analizzarono l'atmosfera e la coltre di polveri in movimento attorno a Giove.

Vennero inoltre studiate in maniera più approfondita le orbite dei satelliti interni, con una particolare attenzione rivolta ai satelliti galileiani Io, Europa, Callisto e Ganimede.

Tra questi, fu proprio Io a destare le maggiori curiosità: per la prima volta, infatti, gli scienziati ottennero la più nitida immagine del vulcano Tvashtar, la cui area di ricaduta dei materiali eiettati supera per estensione lo stato del Texas.

La fase di esplorazione del sistema planetario Gioviano e dei suoi componenti si protrasse finché per la sonda non iniziò un periodo di ibernazione programmato dal Controllo Missione, con cui permettere a New Horizons di conservare le energie in attesa di incontrare i principali obiettivi del suo lungo viaggio.

Successivamente, al risveglio dal suo letargo, New Horizons iniziò l'avvicinamento a Plutone ad una velocità di quasi 50.000 Km/h e compì una serie di fly-by ravvicinati.

Durante la fase di progettazione della missione erano stati fissati alcuni obiettivi: alcuni di essi erano considerati prioritari, come ad esempio l'analisi geologica di Plutone e della sua luna Caronte, l'analisi chimica della loro superficie e lo studio della loro atmosfera, mentre altri riguardavano aspetti dell'esplorazione del sistema di Plutone che erano stati messi in secondo piano, che riguardavano ad esempio uno studio approfondito degli effetti del vento solare sui due corpi celesti, ulteriori analisi dell'atmosfera e di come essa cambi nel tempo, maggiori informazioni e dati riguardo la composizione del pianeta e l'ottenimento di immagini di maggior risoluzione di Plutone e delle sue lune Caronte, Stige, Cerbero, Notte e Idra.

La sonda riuscì ad inviare una mole impressionante di dati, che secondo la NASA richiese un tempo prossimo ai 15 mesi per essere scaricata completamente, a causa della grande distanza e della lenta trasmissione.

Le informazioni raccolte sono ancora in fase di analisi, ma già diverse domande che da tempo gli scienziati si ponevano su Plutone e Caronte hanno trovato risposta, e certamente non sono mancate sorprese.

Furono scoperte diverse montagne con un'altezza media di 3500 m, una crosta piuttosto giovane, che indica un'attività geologica recente.

Secondo John Spencer, leader del team che si occupa dell'analisi dei dati relativi alla geologia dei corpi celesti analizzati, questi rilevamenti ci spingeranno a "dover rielaborare diverse ipotesi formulate sull'attività geologica anche di altri mondi ghiacciati".

Le osservazioni permisero di scoprire numerose altre lune minori del pianeta, cosa che avvenne a una distanza tale da poter valutare eventuali pericoli per la traiettoria compiuta dalla sonda New Horizons, che poté continuare il suo viaggio indisturbata.

Gli obiettivi prefissati furono in gran parte raggiunti, a cominciare da uno studio più approfondito dell'atmosfera e della superficie di Plutone, analisi che rivelarono la loro conformazione e portarono gli scienziati a formulare alcune teorie inaspettate, come ad esempio la presenza di elementi utili alla vita nonostante la grande distanza dal Sole o le prove della presenza di un oceano d'acqua sulla superficie di Caronte in passato (vennero scoperte montagne di ghiaccio galleggianti su strati di azoto congelato, la cui origine, però, rimane ignota).

Terminato il fly-by di Plutone e della sua luna, la sonda continuò il suo viaggio verso la Fascia di Kuiper.

La fascia di Kuiper è un'area che si estende per circa 50 unità astronomiche (ogni unità astronomica equivale alla distanza media tra la Terra ed il Sole) oltre l'orbita di Nettuno.

Essa contiene oggetti composti in prevalenza da acqua, ammoniaca e metano congelati, a differenza dalla Fascia Principale degli Asteroidi dove i corpi celesti presenti sono in prevalenza rocciosi.

La sonda continuò ad inviare una mole impressionante di dati che sono tuttora in fase di analisi.

Ma quale destino attende New Horizons?

Secondo quanto programmato, essa dovrebbe continuare a trasmettere fino al 2030, quando la sua fonte di energia si esaurirà.

Il suo lungo viaggio si concluderà nello spazio interstellare, dove raggiungerà le sonde Voyager per aiutarle, ed aiutarci, a comprendere ancora di più quali misteri nasconde l'universo.

 

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