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« Raccolta di PoesieLA STORIA SI RIPETE »

Un modo d'affrontare la crisi

Post n°3 pubblicato il 12 Maggio 2014 da g.difilippo_1964

 

Salve a tutti amici che seguite il mio blog.

 

Sono stato lontano per un po' di tempo, cause tecniche che non sto qui a spiegarvi, mi prolungherei troppo e non ho alcuna intenzione di annoiarvi con paroloni tecnici che, restando in confidenza, non ho capito nemmeno io.

Oggi voglio raccontarvi una storia.

Tranquilli, non si tratta di una storiella come quelle che si raccontano ai bambini. Non c'è nessun “C'era una volta” o “Vissero felici e contenti”.

La storia che ho intenzione di raccontarvi è una storia vera. La storia di una famiglia come tante e che, purtroppo, come tante in questo periodo accusa i sintomi di una crisi assurda voluta da uomini di potere, senza alcuno scrupolo di coscienza, e che sta riducendo la popolazione mondiale alla fame.

La storia di una famiglia che, nonostante le difficoltà, le apprensioni, la povertà, cerca in tutti i modi di mantenere una propria dignità, senza dover pesare troppo su una civiltà che, ormai, ha raggiunto il fondo del baratro.

Una famiglia che, ripeto, a causa della crisi, della mancanza di un lavoro sicuro, dell'incertezza del domani ha perso tutto, ma che, nonostante tutto, continua a lottare a testa alta, con le proprie forze, forte della certezza di poter rimanere unita.

Prima che tutto avesse inizio, alla fine del 2008, questa famiglia la si poteva considerare benestante. Certo non era straricca, ma riusciva ad andare avanti con il lavoro del solo capo famiglia. La moglie era stata lasciata a casa dopo la fine della maternità, lavorava presso una cooperativa e, altra magagna della società in cui viviamo, avendo una bambina piccola i capi della cooperativa pensarono bene di lasciarla definitivamente a casa onde evitare assenze da lavoro, del tutto ingiustificata come pensata, a causa dell'allattamente o di altre questioni legate alla bimba. Nonostante tutto, i 2.500 euro che il capo famiglia, che per questioni di anonimato chiameremo Luca, erano più che sufficienti per continuare un'esistenza dignitosa. Nel 2008, i primi spiragli della crisi si fecero sentire. I generi alimentari iniziarono ad avere un netto rialzo e, cosa più grave, le cooperative (Luca era anch'egli un lavoratore precario, pur essendo da sette anni stabile in un'impresa) iniziarono a ritardare i pagamenti. Prima di alcuni giorni, poi dai giorni si passò alle settimane ed infine mesi, fino a quando a Maggio del 2009, accumulati 6 mesi di stipendi non pagati, Luca ed i suoi colleghi decisero di scioperare d'innanzi all'azienda nella quale prestavano servizio.

Da questo sciopero si venne a scoprire che, la colpa dei ritardi nei pagamenti non era dovuta, come si pensava, alla mala organizzazione delle cooperative, ma piuttosto alla mala gestione dell'impresa che dava lavoro e al suo titolare, il quale si era indebbitato, non si sa come visto che il lavoro c'era e le commesse erano numerose, di 20.000.000. di eruo.

La manifestazione di protesta continuò per mesi e grazie ad essa venne a galla anche che, l'imprenditore del quale, per motivi dei privasy non faccio il nome, aveva l'intenzione di liquidare l'azienda e scappare all'estero senza pagare gli operai. I dipendenti delle coopertive, i più scoperti e meno tutelati, continuarono a protestare bloccando i cancelli anche delle aziende subappaltatrici che davano lavoro all'impresa, ottenendo solo cariche da parte delle forze dell'ordine e promesse vane di pagamenti mai ottenuti.

Alla fine l'azienda venne messa in stato di fallimento ma, ancora oggi, non si parla di ottenere alcun rimborso, pur essendo riusciti ad entrare come privilegiati nella procedura fallimentare.

Senza lavoro e senza le entrate spettanti, la famiglia andò avanti con quel che era riuscita a mettere da parte fino a quel momento. Luca trovò lavori saltuari di tre mesi, poi solo lavoretti da promoter che comportavano spese superiori alle entrate ottenute. La moglie, che chiameremo Sharon, riuscì, caparbiamente, a trovare dei lavori di pulizia appartamenti, arrotondando quello che Luca riusciva a portare a casa dopo un'intenzo mese di lavoro duro, girando porta a porta per riuscire a racimulare qualche contratto.

I soldi però non bastavano.

Tra affitto, spese condominiali, luce, gas ed acqua rimanevano si è no pochi spiccioli per poter andare avanti.

Luca perse anche quel lavoro da promoter (la ditta per la quale lavorava venne messa sotto sequestro amministrativo) e alcuni clienti di Sharon iniziarono a sentire la crisi e furono costretti a rinunciare alla sua collaborazione domestica domestica, pur di tirare avanti.

Ma la famiglia non si arrese.

Sharon iniziò a mettere annunci sul web e riuscì a reintegrare altri clienti, accettando anche compensi bassi 5 € all'ora. Luca riuscì a trovare un lavoro come guardiano notturno e sembrava che tutto si stesse mettendo a posto quando, dopo solo 20 giorni, la ditta presso la quale prestava servizio perse tutti gli appalti e Luca si ritrovò nuovamente a spasso.

Con il solo lavoro di Sharon non si riusciva a pagare l'affitto e bisognò prendere una decisione drastica: o pagare l'affitto e rinunciare a mangiare, o acquistare ciò che necessitava per la sopravvivenza e non pagare più affitto e bollette.

Optarono per la sopravvivenza, fino al giorno in cui arrivò lo sfratto esecutivo.

Adesso la famiglia continua a lottare contro la crisi, con i denti e le unghia, va avanti con i lavori di Sharon.

Luca, continua a cercare lavoro e nel mentre fa da autista a Sharon per accompagnarla dai vari clienti.

Per mangiare vanno avanti a panini, concedendosi di tanto in tanto, quando ne hanno la possibilità di qualche pizza o di qualche porzione di pasta riscaldata al microonde all'interno del centro commerciale dove passano gran parte della loro giornata.

Alla sera si ritirano in macchina e abbassati i sedili dormono tranquillamente, attendendo il giorno successivo per continuare la loro estrema lotta, convinti che un giorno, forse quello successivo, le cose possano ritornare come prima e si possano rialzare da quella situazione assurda nella quale sono stati, non per loro colpa, catapultati.

 

Conosco personalmente questa famiglia e vi posso assicurare che sono rimasto molto colpito dalla loro determinazione e dalla forza interiore che scaturisce dal loro animo. Una forza che, nonostante tutte le difficoltà, non ha fatto mai perdere il sorriso e l'allegria.

Vivono la loro condizione come se fosse tutto normale. Anzi ritengono la normalità anormale.

Si sentono finalmente liberi.

Liberi da tutti quei condizionamenti che la società nella quale viviamo ha imposto come essenziali per una dignitosa esistenza.

Non sentono la mancanza della televisione, anzi preferiscono fare una passeggiata o sedere in una panchina a leggere un buon libro.

Per lavarsi si recano a casa della mamma di lei per fare una doccia e cambiarsi d'abito. Amano camminare immersi nella natura, sdraiarsi nell'erba e godersi la vita così come è.

Hanno riscoperto la bellezza di stare insieme, di dialogare, di essere un tutt'uno con la natura circostante.

L'unica cosa che, forse, rimpiangono è un buon letto anche se, da quanto dicono, ormai i sedili dell'auto sono diventati comodi.

 

Questa la storia che ho voluto proporvi quest'oggi.

 

 

Accetto un commento sulla situazione e vi attendo numerosi.

 

Un Saluto

 

Giuseppe Di Filippo

 
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