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« LA VENUTA DEI SANTISCOMPARIRE NEL BUIO »

L'ARRIVO DELLA CAVALLERIA

Post n°14 pubblicato il 16 Agosto 2008 da sangueedanima
 

Quale orizzonte lo avrebbe atteso Grant ancora non lo poteva dire. Lui, giovane e ingenuo, se ne stava  seduto, ignaro del suo futuro destino, sul sofà dell’atrio della magione di Lodge, aspettando una risposta alle sue innumerevoli domande e fissando quella bella ragazza seduta dietro la scrivania di fronte al suo divanetto intenta a lavorare su testi sconosciuti ai più e certamente ignoti a lui. Guardava quei suoi occhi concentrati sugli scritti, quei suoi capelli dorati e quel sorriso serio e impegnato e non poteva che gioirne. Vedeva in quel viso tutte le parole che lei gli aveva rivolto, tutta la simpatia, la dolcezza, la femminilità e la semplicità che ne traspariva. Avrebbe voluto alzarsi, prenderle la mano, accarezzarla piano, spostargli la lunga frangia di capelli biondi che copriva parte del volto e baciarla, lentamente, dolcemente, con tutta la calma e la sicurezza possibile. Avrebbe voluto, ma ne era intimorito. Che reazioni avrebbe avuto? No, era meglio di no. Aveva già ricevuto un sonoro schiaffo solo per aver tentato di rimetterle il giacchetto.. figurarsi per un bacio.. E poi l’aveva appena conosciuta! No, non poteva. Che strane idee gli erano venute? Baciare una donna appena conosciuta! Che stupida idea.

Passarono parecchi minuti, poi parecchie ore. Claire si era addormentata sul tavolo, tra quelle stesse scartoffie che prima la obbligavano a star sveglia. Grant stava sul suo sofà, stravaccato come fosse nella propria casa, con la testa appoggiata al duro schienale e le gambe lunghe e dritte puntate sul pavimento, a fissare quel suo nuovo angelo. La notte era scesa su quella giornata fredda come un grosso sipario, avvolgendo tutta la città di luci elettriche e rombi di macchine in folle corsa. Colbain si sollevò e appoggiando le mani al calorifero posto sotto la finestra, guardò attraverso il vetro i grandi palazzi spenti, morti e imponenti come colonne di granito. Le auto sfrecciavano nel buio della notte illuminate da chiazze di luce elettrica. Le stelle, che avrebbero dovuto risplendere nel vasto cielo, erano nascoste dietro invisibili nuvole, giocando a nascondino con la luna. Il freddo che a ondate invadeva la casa era subito cacciato indietro dal potente riscaldamento che ribolliva sotto le mani di Grant. Colbain guardò il cancelletto a cui era rimasto ad aspettare tanto a lungo e che ora gli sembrava tanto lontano. Guardò l’alone del suo respiro che si espandeva sulla superficie del vetro e quella piccola stella che era sbucata lassù, vicino all’enorme luna nebbiosa.

Appoggiando le spalle sulla finestra fredda, si girò verso la scrivania dove Claire, con la testa raccolta tra le sue stesse braccia, riposava. La giacca, depositata a terra vicino alle scarpette rosa della ragazza, assomigliava ad un fedele animale domestico. Grant la raccolse delicatamente e la depositò sulle spalle della ragazza, infreddolita nonostante il riscaldamento fosse notevole. Le scostò i capelli e sistemò meglio l’abito, di modo che al suo risveglio non se ne sarebbe neppure accorta. Sorrise e guardò il suo viso, candido e bianco come la neve. Le di lei labbra si scostarono piano, e una parola ne uscì, delicatamente: - grazie…

In un primo tempo Grant ne fu colpito e spaventato, poi si accorse che probabilmente era un riflesso condizionato e tirò un respiro di sollievo. Si risedette quindi sul sofà, sbuffando per un lieve dolore alla schiena. Appoggiò quindi nuovamente la testa allo schienale e, piano piano, cadde in un profondo sonno.

 

-   Grant…GRANT!

Il ragazzo si svegliò subito, accorgendosi immediatamente che qualcuno lo stava scuotendo e invocando a gran voce. Sgranò gli occhi e cercò di mettere a fuoco il poco che vedeva, in cui  intravide subito Claire.

-    Grant! Finalmente! – disse lei -Questo è Brian. Su, salutalo.

Colbain, intontito dalla luce improvvisa e opaca che pervadeva la stanza entrando dalla finestra, aprì ampiamente gli occhi per la sorpresa. C’era lei, piccola, con i capelli biondi un po’ arruffati e le manine piccole a stringere il petto per il freddo. E al suo fianco.. al suo fianco c’era lui. Alto, carnagione molto chiara, capelli biondi e corti, sopracciglia folte, fronte alta e rugosa, leggermente stempiato, piccoli baffi radi, occhi tondi e penetranti, naso importante ma non troppo, un leggero pizzetto: era Lodge, Brian Lodge.

Vestito con un giacchetto marrone chiaro scanalato a maniche lunghe e con grossi bottoni di color cioccolata, un maglioncino giallo di cachemire a collo alto, un paio di pantaloni a tubo beige e  mocassini color pelle il professore stava lì, fermo immobile, con la mano aperta e il braccio teso in avanti, aspettando un saluto. La giacca morbida e rigida era leggermente piegata all’altezza del gomito, simbolo dello sforzo e della perfetta misurazione: probabilmente l’abito era stato prodotto su misura. Grant vide la mano tesa e la strinse immediatamente con la propria, scuotendola con forza ed entusiasmo.

-   Si-signor Lodge.. l-lei.. l-lei non sa.. quanto.. quanto l’ho cercata- disse Colbain, con la voce profondamente spezzata.

-   Ah- rispose Brian. Il suo volto era colpito dallo stupore e dallo sbigottimento per tanta inaspettata riverenza – e tu saresti… uhm.. Grant..

Claire guardò con aria stizzita il professore, facendo trasparire nel suo sguardo il desiderio che il suddetto si comportasse con più entusiasmo verso il nuovo arrivato.

-   Ehm – disse Brian, togliendo piano la mano dalla presa ed eludendo l’occhiata della propria segretaria – io.. dovrei andare di sopra.. ho da fare..

Lodge fuggì dalla conversazione, lasciando Claire piena di rabbia e indignazione e Grant pervaso da una profonda delusione mascherata solo in parte da un sorriso stantio. Il professore salì con passo veloce e pesante le scale e si catapultò nel bagno, sbattendo la porta fragorosamente. Il rumore del tonfo risuonò per l’intera villa, trascinando l’animo di Colbain in uno squallore infinito. Che amarezza! Che beffa! Per tutta la vita collegiale il ragazzo aveva sperato in quell’incontro, in quella rivelazione, in quell’annuncio, ed ora.. ora tutto era svanito nel nulla. I suoi sogni, le sue speranze, tutte disilluse in pochi secondi da un falso profeta, da un’ipocrita, da un superbo prepotente e strafottente.

La giovane segretaria vedeva dipinto sul volto del giovane tutto lo sconforto immaginabile.

-   Non ti preoccupare, non sei tu.. è fatto così.- disse, cercando di consolarlo – Non ama la compagnia.. mi spiace..

Grant fissò, sconsolato, il suo viso triste; impugnò un foglio preso dalla tasca e glielo consegnò repentinamente.

-   Ti prego, fagli avere questo – disse lui, tenendo con la propria la mano di lei aperta e mettendole delicatamente, con l’altro arto, il documento sul palmo. Claire lo richiuse piano sul pezzo di carta e, con uno sguardo languido, guardandolo negli occhi, abbassando leggermente la testa, annuì.

Colbain lasciò dolcemente la presa e, lanciandole un ultimo sguardo, si diresse verso la porta. Cosa avrebbe fatto adesso? Dove sarebbe andato dopo aver attraversato quella porta? Poteva forse tornare, grande e grosso com’era, in collegio ? No, era escluso. Aprì il grosso portone candido e se ne uscì, stizzito e deluso. Percorse a passo deciso il vialetto di mattoni e aprì con forza il cancelletto, proiettandosi con una foga inaudita verso la strada e verso la fermata dell’autobus. Nella casa rosa pelle, alla finestra, Claire guardava, triste, i suoi passi. 

 

 
 
 
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