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IL PRINCIPE DELLE MOSCHE

Post n°2 pubblicato il 04 Agosto 2008 da sangueedanima
 

Aveva sempre vissuto come un piccolo reietto, allontanato dai compagni, più forti e furbi di lui, e schernito dal mondo per ragioni che non comprendeva. Era più piccino e minuto degli altri, tanto da sembrare di qualche anno più giovane. Pettinato e vestito dalla madre, sembrava il pulcino Calimero della pubblicità del detersivo. Ormai era questo il suo nomignolo e lui non si ingegnava affatto per scollarselo di dosso, quasi fosse travolto ancora da quel tipico calore simile al seno mammario che ti deabilita e non ti fa reagire. La mattina del terzo giorno di Marzo il sole brillava di una luce intensa, cercando tra le piccole vie la risposta della sua amata Terra. Il cielo, di un azzurro opaco, si abbinava perfettamente al maglioncino del piccolo Grant. Calimero, come lo chiamavano gli altri, si stava avviando all’autobus in tutta fretta cercando di non incrociare i bulletti del quartiere. Mancava solo qualche metro per arrivare, almeno oggi, sano e salvo alla stazione.

-         Guardate chi c’è, Calimero!- tuonò una voce dalle sue spalle.

-         Oh…Calimero…- rispose un’altra voce dall’angolo del muro di mattoni che terminava poco più avanti del suo ultimo passo.

-         Ce li hai i soldini del pranzo stavolta, Calimero? Te li ha dati la mammina ?- gli chiese il ragazzo robusto piombatogli improvvisamente alle spalle.

-         I-Io…non li ho- rispose con una vocina flebile il piccolo Grant.

-         O ma che bugiardo, Calimero! La mamma non ti ha insegnato che non si dicono le bugie?- tuonò l’altro adolescente, sbucato fuori dall’angolo proprio di fronte a lui.

-         Dai, tira fuori i soldi, nanerottolo

-         Tienilo, gli svuoto le tasche

-         Lasciatemi!Lasciatemi! Aiuto!

-         Stai fermo, Calimero!

-         Fermo o ti pestiamo come l’altro giorno!

Ad un tratto –Va tutto bene, ragazzi?

I due guardarono l’uomo- alto, biondo, le sopracciglia leggere e sottili, il viso rimarcato da un infanzia sofferta, capelli corti con piccole basette e una barba appena rasata –sbucato all’improvviso alle loro spalle e, presi da una paura inspiegabile, corsero via con la coda tra le gambe. Calimero pensò di aver trovato il suo angelo protettore, ma quando guardò meglio l’essere venne preso dal panico.

-     Stai bene, piccolo?- chiese l’individuo allungando una mano a Grant, che era a

      terra.Colbain era impietrito e non riusciva a spiccicare nemmeno una parola.

-         Ti hanno fatto del male? Dovrò mica chiamare un’ambulanza?!- chiese il biondo, preoccupato dello shock del fanciullo- Forse è meglio se ti accompagno all’autobus, eh?

Grant non sapeva cosa rispondere. Conosceva la reputazione del personaggio, ma sapeva che senza la sua protezione non avrebbe raggiunto la scuola senza essere picchiato.

-         Comunque, io sono Cole. Piacere.- insinuò la creatura allungando la mano tesa verso Calimero.

Colbain ragionò non poco sul da farsi, pensando a quale fosse il baratro meno profondo, ma alla fine, pur con qualche paura, allungò la manina e afferrò quella dell’uomo, trovando in essa la sicurezza che gli mancava da quando era uscito di casa quella mattina.

-         Io… s-sono G-Grant- balbettò il bambino.

-         Bene. Allora, devi prendere il bus alla stazione, vero? Io ti porto lì, poi scegli tu…se vuoi aspetto finché non arriva…- disse l’individuo. Colbain fissò il volto della figura solare. Il suo viso, illuminato dalla luce del sole, sembrava quello di un angelo decaduto. Grant, che ben conosceva le voci circolanti su di lui in paese, si chiedeva, facendo un parallelo con la favola di cappuccetto rosso, se egli fosse il lupo o il cacciatore. Fu a quel punto che mugugnò qualcosa. Trovò la forza di fare quella domanda nella curiosità di fanciullo, che spesso ha spinto noialtri a fare grosse idiozie. Una domanda che di certo Cole sentì, ma a cui evitò di rispondere. Una domanda di cui tutto il villaggio si chiedeva la risposta.

-         P-Perché ti chiamano… così?....- ripeté Grant

-         Perché non sanno nulla, piccolo. Il paese non sa nulla di me.- rispose Cole, dopo un attimo di silenzio- Come quei bulli. Quei bulli non sanno nulla di te. Per questo ti chiamano Calimero. Non sanno come chiamarti, come identificarti.. per loro sei solo un bambino che assomiglia ad un piccolo pulcino nero.. come io per il villaggio sono…

Cole non riuscì a finire il discorso. Le sue parole sembravano bloccate dall’evidenza della frase. Ci fu un momento di silenzio imbarazzante, poi Grant ritrovò il coraggio per parlare.

-         M-mi spiace.. i-io n-non…- disse il bambino

-         No, non ti devi preoccupare… Ormai sono abituato…-disse il biondo- Dai, visto, il bus è appena arrivato. Sbrigati a salire o lo perderai! Grant lasciò la mano amica e corse verso l’autobus. Salita l’irta scaletta, si sedette ad uno dei primi posti, vicino al conducente,cercando oltre il vetro del grosso finestrone di fronte a lui lo sguardo di quell’uomo alto, biondo, dai capelli corti e dalla barba rasata. Quell’uomo che tutti, nel villaggio, chiamavano ‘ principe delle mosche ‘. 

 

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