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Creato da antonioi0 il 05/02/2009
CULTURA E GIUSTIZIA
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Messaggi di Dicembre 2019
Post n°2517 pubblicato il 31 Dicembre 2019 da antonioi0
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Post n°2516 pubblicato il 30 Dicembre 2019 da antonioi0
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Post n°2515 pubblicato il 29 Dicembre 2019 da antonioi0
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Post n°2514 pubblicato il 28 Dicembre 2019 da antonioi0
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Post n°2513 pubblicato il 27 Dicembre 2019 da antonioi0
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Post n°2512 pubblicato il 25 Dicembre 2019 da antonioi0
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Post n°2511 pubblicato il 24 Dicembre 2019 da antonioi0
con provvedimento del 30 luglio 2015 n 457 ha affrontato un caso analogo a quello che ora si discute nella scuola, sul bonus docenti. Ma il contenzioso riguardava l’Università. Cosa ha detto il Garante? “ (…) nel ribadire che l’adempimento ad un obbligo di pubblicazione online di informazioni che comporti una diffusione di dati personali deve avvenire contemperando le esigenze di pubblicità con i diritti e le libertà fondamentali, nonché la dignità degli interessati (art. 2 del Codice), si ritiene che la perdurante pubblicazione dei nominativi riferiti più di cento lavoratori e delle somme accessorie ad essi individualmente erogate, determina una illecita diffusione di dati personali in quanto effettuata in assenza di idonea base normativa (artt. 11, comma 1, lett. a) e 19, comma 3, del Codice).” Evidenziando che “la finalità di trasparenza perseguita mediante tale previsione, al fine di dare evidenza dei livelli di selettività e premialità “nella distribuzione dei premi e degli incentivi” al personale, trova effettività, per espressa scelta del legislatore, attraverso la pubblicazione dei menzionati valori “in forma aggregata” e non nominativa.”
Dunque il Garante chiude la strada alla pubblicazione dei compensi associati ai nominativi, ma pare non chiudere quella della pubblicazione dei soli nominativi che avrebbero percepito il compenso, purchè non si indici la somma specifica di cui sono destinatari. |
Post n°2510 pubblicato il 24 Dicembre 2019 da antonioi0
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Post n°2509 pubblicato il 23 Dicembre 2019 da antonioi0
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Post n°2508 pubblicato il 22 Dicembre 2019 da antonioi0
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Post n°2507 pubblicato il 21 Dicembre 2019 da antonioi0
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Post n°2506 pubblicato il 20 Dicembre 2019 da antonioi0
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Post n°2505 pubblicato il 19 Dicembre 2019 da antonioi0
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Post n°2504 pubblicato il 18 Dicembre 2019 da antonioi0
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Post n°2503 pubblicato il 17 Dicembre 2019 da antonioi0
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Post n°2502 pubblicato il 16 Dicembre 2019 da antonioi0
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Post n°2501 pubblicato il 15 Dicembre 2019 da antonioi0
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Post n°2500 pubblicato il 14 Dicembre 2019 da antonioi0
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Post n°2499 pubblicato il 13 Dicembre 2019 da antonioi0
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Post n°2498 pubblicato il 12 Dicembre 2019 da antonioi0
La tutela della privacy nei luoghi di lavoro
a.- navigazione internet Per ridurre i rischi di usi impropri di internet per attività non correlate alla prestazione lavorativa è necessario predisporre misure ostative all’uso anche perché i controlli riguarderebbero inevitabilmente trattamenti di dati sensibili vietati per legge (art. 8 statuto e artt. 26 e 113 codice)1. A tal fine può: individuare categorie di siti correlati o meno all’attività da svolgere; introdurre sistemi o filtri che impediscano upload o download non pertinenti redigendo delle black list; prevedere trattamenti in forma anonima e limitare la conservazione dei dati ai tempi necessari al perseguimento delle finalità organizzative produttive e di sicurezza. b.- posta elettronica L’obbligo di rispettare la segretezza della corrispondenza va bilanciato con l’utilizzo della stessa nel contesto lavorativo quale espressione dell’organizzazione datoriale. Resta dubbio, in mancanza di una chiara policy aziendale al riguardo, se il dipendente possa o meno coltivare una legittima aspettativa del lavoratore, ma anche di terzi, della riservatezza ovvero confidenzialità di alcune forme di comunicazione. In tale contesto il Garante suggerisce di rendere disponibili indirizzi condivisi eventualmente affiancandoli a quelli individuali così da evitare intrusioni per legge non lecite. Del pari può essere utile: assegnare al lavoratore una casella per uso personale e privato; adottare strumenti che consentano di inviare automaticamente, nel caso di assenza, messaggi di risposta a soggetti diversi e presenti in azienda così da evitare accessi alla posta personale del lavoratore assente; prevedere incaricati a cui solo è demandato l’accesso in caso di assenze prolungate anche mediante delega da parte dello stesso lavoratore interessato ad un altro dipendente che provveda ad inoltrare i messaggi urgenti agli uffici competenti; richiedere la specificazione della natura personale o meno del messaggio con precisazione da parte del mittente della conoscibilità o meno delle risposte da parte dell’organizzazione di appartenenza.
c.- limiti dei controlli Questi devono essere in prima battuta generali e riguardare l’ufficio e, solo se necessario, possono spostarsi sul piano individuale. In sostanza il Garante chiede ai datori di lavoro di adottare una compiuta policy aziendale sull’utilizzazione degli strumenti elettronici rendendone partecipi i lavoratori ai quali dettare regole chiare e ben definite. Resta il dubbio se, in mancanza di tale iniziativa, suggerita, auspicabile ma non obbligatoria, si debba ritenere assolto il lavoratore da responsabilità connesse ad usi, diciamo così discutibili della rete. Questo non sembra però essere, almeno al momento, l’orientamento dei giudici di merito e di legittimità che in tempi recenti si sono pronunciati ad esempio nel senso della legittimità del licenziamento intimato al dipendente che abbia abusato della navigazione in internet durante l’orario di lavoro. E’ stata ritenuta sussistente la giusta causa di licenziamento nei confronti di un lavoratore che aveva utilizzato, durante l’orario di lavoro,un sistema di navigazione internet per scopi personali2. Per altro verso in sede penale il Tribunale di Milano, il 10 maggio 2002, ha ritenuto non punibile la lettura da parte del datore di lavoro di alcune e-mail aziendali che avevano poi portato al licenziamento della lavoratrice. Secondo quell'ordinanza la casella aziendale di posta elettronica andrebbe considerata come un qualsiasi strumento di lavoro e come tale potrebbe essere soggetta al legittimo controllo dell'azienda (si trattava, quindi, della lettura di un account aziendale, non di un account privato). Nello stesso senso la Suprema corte ha statuito che non integra gli estremi di cui all'articolo 616 del codice penale il comportamento del datore di lavoro che, di nascosto dal lavoratore, controlli la casella postale di quest'ultimo. Afferma la Cassazione che il lavoratore non è titolare di un diritto esclusivo d'uso della posta elettronica aziendale, strumento posto a disposizione del lavoratore per lo svolgimento della propria attività e dunque uno strumento di lavoro che, come tutti gli altri, rimane nella completa disponibilità e possesso del datore di lavoro5. Passando alla cronaca è di pochi giorni fa la notizia di ben 132 dipendenti licenziati in Gran Bretagna per aver fatto un uso abusivo di Internet. Lo stesso accade negli Stati Uniti nei confronti di dipendenti che navigano o integrano il proprio blog, ma anche di chi in una e-mail personale scriva “Il mio capo è un idiota. Si è comportato in modo arrogante tutta la settimana”. Senza arrivare agli estremi dell’ultimo caso richiamato verosimilmente nel nostro sistema, ove eccepito, ed in mancanza di una adeguata “contrattazione del sistema di controllo indiretto”, però, anche abusi eclatanti andrebbero indenni da censura. Ben venga allora la cultura dell’autodisciplina che diffonda consapevolezza e regole di buon comportamento che eliminino il rischio di controlli abusivi ma allo stesso tempo introducano una cultura del rispetto nello svolgimento dell’attività lavorativa anche da parte dei dipendenti. 6.- Brevi cenni alle altre disposizioni del codice in materia di lavoro e conclusioni. L’art. 115 del codice, intitolato “telelavoro e lavoro a domicilio”, al comma 1 afferma che “nell’ambito del rapporto di lavoro domestico e del telelavoro il datore di lavoro è tenuto a garantire al lavoratore il rispetto della sua personalità e della sua libertà morale”. Rispetto al lavoro domestico, non è chiaro il senso della previsione normativa, in quanto non vi dovrebbe essere dubbio che tali garanzie spettino anche al lavoratore domestico, senza quindi la necessità di un’esplicita previsione in tal senso. Peraltro è difficile capire il senso del comma 2 dell’art. 115 del codice, secondo cui “il lavoratore domestico è tenuto a mantenere la necessaria riservatezza per tutto quanto si riferisce alla vita familiare”. Com’è stato subito osservato6, infatti, tale disposizione non fa altro che ripetere quanto già affermato dall’art. 6 della legge 2 aprile 1958, n. 339 che appunto riguarda il lavoro domestico. Sembrerebbe quindi una ripetizione non indispensabile anche perché sarebbe bastato non toccare l’art. 6 della citata legge n. 339/1958, che invece viene abrogato dal comma 1 dell’art. 179 del Codice. In altri termini, lascia perplessi, specie sotto il profilo sistematico, un intervento del legislatore che conia una nuova disposizione che si limita a riprodurre un precetto già vigente e al tempo stesso abroga la disposizione originaria. Quanto alla parte della disposizione che si riferisce al telelavoro, norma in ipotesi di maggiore importanza posto che il telelavoro è una forma di rapporto di lavoro, relativamente nuova, ancora dotata di uno statuto giuridico incerto, nei confronti della quale anche un’affermazione un po’ tautologica come quella in esame assume un contenuto rilevante, in quanto mette in luce che comunque vanno rispettati i suddetti valori fondamentali, proprio in un rapporto di lavoro in cui è essenziale, per il suo efficace svolgimento, la costante raccolta di informazioni personali e il controllo tecnologico sul dipendente. Da ciò si può desumere che il trattamento dei dati del lavoratore e il controllo tecnologico su di esso devono tenere conto dell’esigenza di garantire adeguati margini di libertà e di rispetto della sua personalità7. Ovviamente, sarà compito della giurisprudenza, in assenza di ulteriori e più specifici interventi normativi, a dare contenuto ad una formula così generale. Però, è chiaro che ciò avverrà tenendo conto dell’intero quadro sistematico in cui tale norma si colloca. Sembra quindi ovvio ritenere che nel caso del telelavoro sarà necessaria e possibile una lettura dell’art. 4 St. lav., che tenga conto del fatto che il controllo tecnologico qui costituisce anche l’unico modo per verificare l’esattezza dell’adempimento da parte del lavoratore. Ma comunque ciò non potrà giustificare forme di controllo e di trattamento dei dati che invadano ingiustificatamente la personalità e la libertà morale dello stesso lavoratore. Forse l’intento, encomiabile anche se non del tutto riuscito, di approntare una disciplina completa ed autosufficiente ha determinato l’inserimento di disposizioni non realmente utili e si è forse persa l’occasione per apprestare invece per il telelavoro, seppure nel limitato contesto della tutela di dati personali, una disciplina specifica anche riguardo ai controlli attivabili sull’operato del lavoratore. Si noti che proprio con riguardo a tale modalità di svolgimento della prestazione, il principale ostacolo alla sua introduzione in Italia viene individuato nella rigidità degli attuali modelli organizzativi, caratterizzati da una struttura fortemente gerarchica e le resistenze maggiori sono venute proprio dallo stesso management aziendale, preoccupato di perdere il proprio potere fondato prevalentemente sul controllo diretto dei lavoratori e non adeguatamente preparato ad un rinnovamento nei sistemi organizzativi e di gestione delle risorse umane8. Questo è un altro argomento, interessante ed attuale, che tuttavia non è possibile qui approfondire. In conclusione la persistenza di normative di settore che interagiscono tra loro in maniera non sempre agevolmente coordinabile, la mancanza - che si presume che perdurerà per lungo tempo - di una disciplina di “autogoverno” quale quella prevista dai codici deontologici porta a riflettere sull’opportunità di coniare una disciplina settoriale relativa al trattamento dei dati personali nel rapporto di lavoro, che sia il frutto di una attenta collaborazione tra il Garante ed esperti della materia lavoristica. 1 cfr. provvedimento del 2.2.2006, già richiamato, con il quale Garante ha vietato a una società l'uso dei dati relativi alla navigazione in Internet di un lavoratore che, pur non essendo autorizzato, si era connesso alla rete da un computer aziendale. Nel caso particolare il datore di lavoro, dopo aver esaminato il computer stesso, aveva contestato al dipendente di aver consultato siti a contenuto religioso, politico e pornografico, fornendone un elenco dettagliato. Si veda anche il successivo ed analogo provvedimento del 18 maggio 2006.
2 Corte App. Ancona 1 agosto 2003. Per un caso di ritenuta legittimità del licenziamento nel caso di uso indebito di telefono cellulare da parte di un dipendente cfr. Cass.9.7.2007 n. 15334 3 Corte App. Milano sent. n. 668/2005 4 Corte App. Milano 30.9.2005 5 Cassazione , sez. III penale, sentenza 17.11.2005 n° 5728. 6 Cfr. Basenghi, Codice della privacy, 15. 7 Cfr. Nogler, Il lavoro a domicilio, Giuffrè, Milano, 2000, 511 ss.; Gaeta – Pascucci, Una riflessione critica sul telelavoro, in Il diritto del mercato del lavoro, 2001, 12 ss. ed anche
8 l'art.4 , della legge 16 giugno 1998, n.191, la cosiddetta "Bassanini ter" ha previsto per la prima volta nel nostro paese la possibilità per le pubbliche amministrazioni di far ricorso al telelavoro. Sulla scorta dei rinvii operati da tale legge, è stato emanato un regolamento (il citato d.P.R. 8 marzo 1999, n.70), è stato concluso un accordo collettivo quadro, bocciato una prima volta dalla Corte dei conti e siglato definitivamente il 23 marzo 2000, e infine c'è stata una delibera dell'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione del 31 maggio 2001, che ha fissato le regole tecniche del telelavoro.
E’ poi recente la sottoscrizione a Bruxelles dell'accordo-quadro sul telelavoro tra le organizzazioni industriali e sindacali europee (tra le quali l'Unice per i datori di lavoro ed il CES per i sindacati). Tale accordo prevede il potenziamento delle sviluppo delle attività di telelavoro in ambito europeo e disciplina specifiche misure di protezione dei lavoratori dipendenti che usufruiscono di questa particolare modalità di lavoro.
L'accordo interessa oltre quattro milioni di lavoratori ed è ispirato a principi di flessibilità e sicurezza per cui vi saranno casi in cui datori di lavoro non potranno imporre il telelavoro (qualora non sia previsto nell'ambito delle attività per le quali il lavoratore è stato assunto) come casi in cui i datori di lavoro potranno rifiutare le richieste dei lavoratori di operare per via telematica.
Gli stati membri dovranno recepire l'accordo-quadro entro tre anni ed a sorvegliare l'applicazione a livello nazionale delle norme fondamentali contenute nell'accordo saranno le stesse parti sociali. Quindi non ci sarà bisogno di far ricorso a strumenti normativi europei quali direttive o decisioni come attualmente avviene. Le garanzie si applicheranno a tutti i telelavoratori, indipendentemente dalla durata del contratto di lavoro. |
Inviato da: cassetta2
il 01/09/2022 alle 18:29
Inviato da: What weather today
il 06/04/2022 alle 14:56
Inviato da: cp2471967
il 19/07/2021 alle 15:10
Inviato da: tempestadamore_1967
il 20/01/2021 alle 09:56
Inviato da: saltur
il 01/07/2020 alle 23:44