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Fusione a cera persa

Post n°1346 pubblicato il 18 Aprile 2011 da ileha
 
Tag: Etude
Foto di ileha

È stata usata sia dai maestri antichi che nel Rinascimento.

Dal modello in gesso si ottiene un negativo in gelatina (o gomma) e su di esso viene versato uno spessore di 4/5 mm. Di cera.

Tolto quindi il negativo otteniamo un positivo in cera.

Questo nei punti di giunzione presenterà delle sbavature che andranno accuratamente ritoccate con ferri caldi.

Si procede poi ad apporre chiodi di ferro che saranno grandi per grandi lavori e spilli per piccoli: hanno lo scopo di tenere collegata l’anima (interno) con la copertura (terra refrattaria e gesso). Nelle parti più alte verranno praticati dei fori per favorire la fuoriuscita dei gas di scarico al momento del versamento del liquido di fusione.

Vengono poi applicati i canali di distribuzione del metallo che dovranno essere di materiale perfettamente distruttibile e cioè cera o canna.

Si ricopre tutto con terrà refrattaria con uno spessore di circa 7/10 cm.

Due giorni di essiccazione e poi negli appositi forni che vengono costruito a seconda delle dimensioni. Il calore raggiunge i 900°.

Quando le forme saranno perfettamente bianche si lasciano raffreddare per ulteriori due/tre giorni, poi tolte dai forni e cinte con lamiere di ferro per evitare spaccature.

Tolto il metallo posto a fondere dentro i crogioli, viene immesso dentro le forme da appositi buchi.

Due giorni di raffreddamento poi si aprono le forme con robusti metalli.

Tutti i canali saranno trasformati in canali di bronzo che dovranno essere tolti mediante cesoie. Inizia quindi il lavoro di bulini e lime per concludersi con l’applicazione del colore mediante patine ottenute con acidi e calore.

Composizione di una fusione in bronzo: Rame 85%, stagna 5%, zinco 5%, piombo, 5%.

Punto di fusione da 900° a 920°

DiGi

 

 
 
 
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