Pubblichiamo un articolo della Consigliera nazionale Maria Teresa Roli sulla questione della TAV in Val di Susa.
La centralità del movimento No TAV nel panorama di partecipazione dei cittadini ai problemi che investono il territorio - nuova specificità di espressione democratica del nostro Paese – ha un cuore antico. Ricordiamo quindi le ragioni fondanti l’opposizione ventennale al progetto della Torino/Lione: la carenza di dati probanti che la giustifichi, gli effetti controproducenti sulla qualità della vita e l’economia della Val Susa, i danni irreversibili all’ambiente, l’enorme spreco di risorse economiche. La nuova linea ferroviaria è concepita con un carattere “spurio”: di fatto non una linea ad A/V (Alta Velocità) passeggeri, perché, essendo per la maggiore parte in galleria, ammette velocità massime di 220 Km/ora, con tratti a 160/120 Km/ora – come si evince dallo studio di VIA presentato da RFI. E neppure una efficiente linea merci ad A/C (Alta Capacità) perché inficiata dal dover ospitare i treni passeggeri, che hanno differenza di velocità di 120 Km/ora. Nel decennio 2000/2010 il traffico merci dei tunnel autostradali del Frejus e del Monte Bianco è crollato del 31%,il traffico merci sulla ferrovia del Frejus si è dimezzato, l’esperimento di trasferimento modale su treno del rimorchio o dell’intero automezzo risulta ad oggi fallito. Le economie mature di Francia e Italia tendono al mercato globale più che allo scambio reciproco. La caduta dei traffici ha spinto l’Austria a mettere una moratoria sul progetto del tunnel di base ferroviario del Brennero. Solo i valichi alpini della direttrice nord-sud hanno avuto un aumento significativo per i collegamenti con le economie dell’ex blocco sovietico. L’importanza strategica sta nel trasporto per via mare, molto meno oneroso. Eppure le previsioni dei traffici sono l’elemento fondamentale per la valutazione costi/benefici della grande opera in progetto che ha un costo altissimo; a carico dell’Italia valutato intorno al 17 miliardi di Euro in valuta 2006; ma sulla base dell’adeguamento dei prezzi dal preliminare al definitivo, per le opere impreviste, gli oneri supplettivi di progetto e per la sicurezza il costo per l’Italia della Torino/Lione è ipotizzabile in 35 miliardi di Euro. E ancora il tunnel di base comporterà pesantissimi oneri di manutenzione. I fondi necessari per l’opera sono direttamente sottratti ad altri interventi: dalla messa in sicurezza delle scuole, alle opere di risanamento ambientale, all’innovazione tecnologica, alla soluzione del congestionamento delle aree urbane. Eppure il Piemonte ha un’ ottima rete di collegamenti: la valle di Susa ospita già la linea ferroviaria internazionale del Frejus, su cui si susseguono interventi di ammodernamento, tra cui gli ultimi del dicembre 2010, che hanno restituito un’opera di alta funzionalità. E ancora tra il 1973 e il 1994 sono stati costruiti il tunnel autostradale e l’autostrada del Frejus, con ferite irreparabili al territorio valsusino. A nord ci sono i due tunnel della valle d’Aosta. L’insieme delle infrastrutture transalpine è utilizzata al 30%, mentre i punti di crisi sono nelle aree urbane. E anche ora, nella progettualità avanzata, il nodo di Torino- che dovrebbe essere prioritario – resta senza finanziamenti e senza prospettive certe.
Ma quali le tappe di avvicinamento a questa grande opera inutile e dannosa ? Nel giugno 1990 in un summit a Nizza, i Governi italiano e francese convergono sull’opportunità di studiare un nuovo collegamento tra i due Paesi. La Finanziaria del 1994 prevede lo stanziamento di fondi per progettarla. L’accordo intergovernativo per la realizzazione della ferrovia viene firmato il 29 gennaio 2001 a Torino, poi ratificato dal Governo italiano il 19 settembre 2002. Si mobilita la protesta popolare, guidata da molti sindaci della Valsusa e dalla Comunità montana, per la diseconomia dell’opera, l’insostenibile ricaduta sull’ambiente, e il timore di seri danni per la salute delle popolazioni locali. A seguito di gravi tensioni e incidenti nel dicembre 2005 nasce l’Osservatorio guidato del commissario di Governo Mario Virano, per tentare di redigere un progetto condiviso, i cui lavori conducano ad una maggiore attenzione ai territori e alle comunità locali. Ne sono seguite circa 300 audizioni, con 60 esperti in campo: nel gennaio 2010 si arriva all’approvazione degli indirizzi operativi per il progetto. Da cui al progetto ora in campo, redatto da RFI : le parti in superficie sono ridotte alla piana di Susa dove sbuca il tunnel di base dalla Francia, e nell’ immediata periferia della città si impianterà l’enorme cantiere, destinato, per vent’anni, ad esserne l’accesso “turistico”; e lo scalo merci di Orbassano a cui la linea arriva dopo un’ampia curva che allunga il percorso di 10 chilometri. Su 130 chilometri, 116 sono previsti in galleria La parte centrale è il tunnel di base lungo 57 chilometri, di cui 46 in territorio francese e 12 in territorio italiano. E in questi giorni è stato consegnato all’Impresa appaltante il cantiere della galleria geognostica della Maddalena a Chiomonte – fortemente osteggiato dalla popolazione locale per ciò che rappresenta nella marcia di avvicinamento a quest’opera dannosa ed inutile, e per il pesantissimo impatto del cantiere stesso, prossimo al sito archeologico. Le riserve sono anche squisitamente di ordine tecnico: il CIPE, il comitato interministeriale che approva l’opera ai fini del finanziamento, ha fissato ben 128 prescrizioni. Due collegi di avvocati per la Comunità Montana e per le Associazioni Ambientaliste (Italia Nostra, Legambiente, Pro Natura, WWF) hanno prodotto cento pagine di opposizioni, ponendo motivati dubbi sulle garanzie tecniche, ambientali e di sicurezza del progetto, rilevando anche pesanti vizi in materia di applicazione della disciplina dei rifiuti con riguardo alla gestione delle terre e rocce da scavo. Sul progetto preliminare della tratta nazionale, con relativo SIA (Studio di Impatto Ambientale) depositato nel marzo scorso, la Comunità Montana e le Associazioni Ambientaliste, in due elaborazioni disgiunte, hanno prodotto copiose e approfondite osservazioni, da cui si evince l’approssimazione e aleatorietà di una progettazione che è costata milioni di euro. Ma quale la nostra posizione? In sintesi concordiamo che il trasporto merci vada trasferito il più possibile su rotaia. Pensiamo che per rilanciare la ferrovia nell’area torinese bisogna intervenire sul nodo di Torino e costruire la cintura merci per far funzionare adeguatamente il polo di interscambio di Orbassano, tra i più grandi d’Italia e ampiamente sottoutilizzato; bisogna rispondere alle esigenze dei pendolari avviando il Servizio Ferroviario Metropolitano; bisogna usare tutta la capacità residua del tunnel esistente del Fréjus, recentemente ammodernato, che può sopportare un traffico sino a quattro superiore a quello attuale, senza fare un altro foro sotto le Alpi, costosissimo sotto l’aspetto ambientale, economico, sociale. Per quanto al Movimento No Tav lo condividiamo nella misura in cui difende i valori costituzionali, come la salute, la tutela dell’ambiente e del paesaggio; nella difesa del bene comune, di interessi generali e collettivi legati ad un modello economico funzionale ai reali bisogni delle persone. Consideriamo altresì penalizzante per lo stesso Movimento la deriva violenta intrapresa da alcune frange esterne che, oltre a far male, deviano l’attenzione dalla reale portata dei problemi in campo e prestano fianco a strumentalizzazioni di segno opposto.