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FRANCESCO CANDREVA: LETTERATO E PATRIOTA SPEZZANESE

Post n°8 pubblicato il 28 Marzo 2012 da KARROS1957

Francesco Candreva: letterato e patriota spezzanese

(di Francesco Marchianò)

Da oltre un lustro si è concluso l’anno deradiano dedicato al centenario della scomparsa di Gerolamo De Rada (1814-1903), vate della lingua albanese, che nel corso della sua lunga e travagliata esistenza si dedicò ad un’instancabile attività politico-letteraria che lo portò più volte ad intrattenere rapporti con gli intellettuali di Spezzano Albanese.1

Fin da giovane De Rada aveva legami con cospiratori spezzanesi, infatti nella sua Autobiologia egli narra di aver preso parte ad un tentativo insurrezionale nel 1837 assieme ad alcuni di loro. Il moto fallì poiché alcuni di questi congiurati perirono nel colera che imperversava in quel periodo nel Regno.2

Ma i legami fra De Rada e gli intellettuali spezzanesi non erano solo di carattere politico ma anche culturale come si evince dalla corrispondenza epistolare che egli scambiava con loro.

Fra questi emerge la figura del dott. Francesco Candreva (1813-1872), una personalità finora poco nota del quale noi tenteremo di ricostruire e quindi delineare, per la prima volta, la figura politica e culturale per farlo assurgere al novero di coloro che hanno dato un contributo notevole alla cultura arbëreshe ed al Risorgimento.

Francesco Candreva nacque nel 1813 da Giovanni Andrea e Caterina Mortati, entrambi appartenenti a famiglie altolocate e benestanti. La madre era la figlia del “dottore di legge” D. Angelo Mortati (1771-1817), massone, rivoluzionario filo francese ed appaltatore della polvere da sparo.

Terminati gli studi primari, come tutti i figli appartenenti alle famiglie abbienti del paese, si recò a studiare presso il Collegio Italo-greco di S. Adriano in S. Demetrio Corone dove, tenendo conto della data di nascita, fu compagno di studi di Gerolamo De Rada.

Studi che entrambi poi proseguirono a Napoli, capitale del Regno, in cui i due giovani amici, Francesco e Gerolamo, si formeranno politicamente e laurearono rispettivamente in medicina e lettere.

Francesco, ritornato a Spezzano Albanese, nel febbraio 1844 convola a nozze con la benestante D. Rachele Tarsia dalla quale ebbe le figlie Letterina Saurella Amalia (1853) e Letizia Rosina Lucrezia (1856).3

Nel paese il Candreva si dedica alla professione medica ed all’attività politica diventandone sindaco negli anni ’40. Durante la sua amministrazione il dott. Candreva provvede alla costruzione del cimitero e, nel 1843, essendo insufficienti le sorgenti attorno il paese che si ingrandiva, faceva sistemare la fontana della contrada Prato dotandolo di tetto e lavatoio.4

Inoltre, nel 1847, il sindaco Candreva, “che aveva tanto a cuore il bene del paese”, si interessa a sistemare le strade interne del paese ed in modo particolare quella che attualmente collega la chiesa parrocchiale con quella di S. Maria di Costantinopoli, chiamata allora Spasjaturi (il passeggio) perché i notabili del paese vi

recavano a fare rilassanti passeggiate e conversazioni .5

Intanto gli avvenimenti politici del 1848, con le conseguenti rivoluzioni, hanno il loro riflesso nella cittadina che il Comitato di Salute Pubblica di Diamante individuerà come luogo di concentramento delle forze rivoluzionarie e quindi uno dei campi di battaglia della Calabria citeriore.6

Per la sua posizione strategica nel paese, nella metà del mese di giugno 1848, giungono reparti calabro-siculi del numero di oltre 2mila volontari dotati di 18 pezzi di artiglieria campale al comando del generale piemontese Ignazio Ribotti7.

I volontari bivaccano nel paese, ospiti di famiglie o accampati con tende negli spiazzi interni, e posizionano i cannoni nel Ponte dell’Intavolato da cui dominano la Piana di Sibari e le strade che collegano la Calabria con Puglia e Basilicata, dove erano concentrate le truppe borboniche.

Il sindaco Candreva, che aveva aderito senza esitazione alla Rivoluzione, si prodiga ad approvvigionare i volontari e nel contempo vuole evitare disagi e pericoli alla popolazione pregando il generale Ribotti di istituire ronde armate, per il mantenimento dell’ordine pubblico, ed un Comitato di Salute Pubblica per affrontare il problemi relativi al mantenimento delle forze irregolari presenti nel paese.8

Ma l’acume politico del Candreva ed il suo fervore rivoluzionario si erano già manifestati nel febbraio del 1848 quando, per evitare gravi dissidi fra la popolazione che parteggiava per gli esponenti delle solite famiglie locali, propose in un’affollata assemblea come comandante della Guardia Nazionale il giovane Vincenzo Luci.9

Preso totalmente dalla lotta il Candreva partecipa alla compagna militare e politica in corso procedendo al disarmo delle gendarmerie di Cosenza, Santo Stefano di Rogliano, Paola, Castrovillari, Carpanzano, Montalto Uffugo e Spezzano Albanese.10

Nel frattempo i soldati borbonici, dopo aver occupato Castrovillari, tentano una sortita verso le alture di Spezzano Albanese all’alba del 22 giugno ma, scoperti dalle sentinelle, vengono respinti a colpi di cannone mentre le donne ed giovani del paese accorrono coraggiosamente a dar manforte ai siciliani con spiedi e forconi11.

L’euforia della vittoria nel campo di battaglia spezzanese, che impressionò allora tutta l’opinione pubblica del Regno, provocò il saccheggio della masseria del Marchese Gallo e scene di entusiasmo che sfociarono nello stupro di una fanciulla intenta ai lavori nei campi.

Il giorno successivo il Candreva inoltra un’altra missiva al Ribotti chiedendo l’istituzione di una ronda armata per garantire l’ordine pubblico ed “ovviare ai possibili disordini presso le bettole de’ venditori, da obbligarsi a far nuovi provvedimenti per le truppe nazionali, assistere allo smercio delle carni e della neve per l’equa distribuzione …”12.

Dopo una settimana il Ribotti risponde comprendendo le preoccupazioni del sindaco e lo invita a costituire un comitato al quale, però, aderiranno soltanto “i Signori Magnocavallo, Rinaldi, Roviti, Nemoianni e Clero”13.

Alla fine del giugno 1848 gli avvenimenti non volgono a favore della Rivoluzione calabrese ed i suoi dirigenti allora invitano i sindaci a fornire un’aliquota di Guardie Nazionali da inviare al valico di Campotenese per contrastare le truppe del Lanza e del Busacca penetrati, rispettivamente da Rotonda e Sapri14.

Ai principi di luglio, fallita la Rivoluzione, i Borboni diedero inizio alla repressione ed ai processi che colpirono tutte le categorie sociali. Si istruì anche il processo contro Francesco Candreva al quale furono contestate le seguenti imputazioni: “Di attentati ad oggetto di distruggere e cambiare il Governo, ed eccitare gli abitanti del Regno ad armarsi contro l’Autorità reale; per essersi riunito in Comitato, in maggio 1848 in Castrovillari, Saracena, Cassano, Amendolara, Santa Sofia, San Demetrio, Santa Domenica emettendo a somiglianza del Comitato centrale, disposizioni governative”.15

Non sappiamo se il Tribunale lo condannò al carcere ma di sicuro il Candreva venne destituito dalla carica di sindaco esercitando la professione di medico.

Ma dopo circa un decennio nuovi eventi si preparano in Italia ed anche in questo piccolo lembo di terra che non era affatto avulso dalla realtà politica e culturale nazionale ed internazionale.

Nel luglio 1860 a Spezzano Albanese, Vincenzo Luci ed altri patrioti tornati dal carcere borbonico disarmano la gendarmeria borbonica ed organizzano un comitato che deve fornire i nominativi della costituenda Guardia Nazionale. Uno di questi è il medico Francesco Candreva!16

Il suo nominativo in seguito non comparirà più in comitati politici o cittadini, perché altri personaggi, imposti dal nuovo ordine, erano apparsi sulla scena e che certamente non davano più spazio alle vecchie generazioni pur ancora ricche di nobili ideali e di progetti!

Ma il nome di Francesco Candreva appare spesso nelle lettere che De Rada invia a d. Paolo e G. A. Nociti ed in cui traspaiono i sentimenti di stima ed affetto che il Vate nutriva per il suo compagno di studi e di lotta.17

Ma il Candreva non era solo un medico ed un politico! In una serie di lettere, reperite dal prof. Ahmet Kondo negli archivi statali di Tirana, risulta che il De Rada aveva corrispondenza con tutti gli intellettuali arbëreshë.

Nell’elenco viene citato anche il nostro illustre compaesano che sembra essere stato il primo traduttore del Milosao come si evince da una sua lettera indirizzata al De Rada il 25 febbraio 1841: “ Carissimo amico […] Voi mi ringraziate della mia soddisfacente traduzione delle vostre prime poesie albanesi del Milosao, ed io di ricambio ve ne rendo i miei debiti ringraziamenti del vostro nobile gradimento. ….”18

La lettera continua con una serie di considerazioni e apprezzamenti critici del Candreva sulle poesie del Vate: “In esse vi trovo molta fantasia poetica, nobile scopo di liberi sentimenti patriotici, ed ingenuità di stile patetico originale. Ecco un esempio alla mia osservativa […] non vi è poeta al mondo, che non avesse toccato le fibre amorose del cuore. Eppure, tranne i pochi grandi originali, gli altri non hanno fatto e non fanno che essere pedissequi schiavi ella imitazione. Ma voi nel primo canto di Serafina scriveste dell’innamoramento di una maniera originalissima; e quei che lo considera bene, in quell’azzurro fazzoletto cagione prima dell’innamoramento vi trova quanto mai di bello, di delicato, di nuovo e di patetico si puote immaginare …”.19

Purtroppo, per mancanza di documenti e per la sua prematura scomparsa avvenuta nel 1872, null’altro possiamo dire su questa limpida figura di intellettuale spezzanese, sul dott. Francesco Candreva, che ha saputo fondere in un unicum coerente la professione di medico, di abile amministratore, di uomo politico, di combattente, di poeta e critico.

NOTE

1 Per avere un quadro dettagliato sulle relazioni fra De Rada e gli intellettuali spezzansi si consiglia di leggere tutti i numeri di “URI”

dell’anno 2003 o collegarsi con il sito www.arbitalia.it

2 G. De Rada, Autobiologia, I periodo, pag, 22, Cosenza, 1898.

3 Archivio parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo in Spezzano Albanese (Cs).

4 A. Serra, Spezzano Albanese nelle vicende sue e dell’Italia (1470-1945), Spezzano Albanese 1987.

5 G. A. Nociti, Platea, 1860, ms. inedito.

6 Documenti storici riguardanti l’insurrezione calabra preceduti dalla storia degli avvenimenti di Napoli del 15 maggio, Stab. Tip.

Dell’Araldo, Napoli 1849.

7 Ibidem, pag. 543. Il dato è desunto da una lettera mutila di G. A. Nociti al suo amico spezzanese Alessandro Nemoianni di

Francavilla.

8 Ibidem, pag. 320

9 G. A. Nociti, op. cit.

10 Giuseppe Carlo Siciliano, Gli Arbërshë per lItalia , in “URI”, organo del Bashkim Kulturor Arbëresh di Spezzano Albanese (Cs),

A. III, n° 1, nuova serie, Gennaio- Febbraio 1999.

11 F. Cassiani- L. Cucci, Gli Spezzanesi ne la Rivoluzione Italiana, Castrovillari,1907, pag. 7.

12 Documenti storici…, pag.234.

13 Ibidem, pag. 461.

14 Ibidem, pag. 363. Il comandante della GN Luci era impegnato in Sila mentre il sottocapo rimasto nel paese era G. Luci che partì

per Campotenese con 37 volontari.

15 G. C. Siciliano, op. cit.

16 G. A. Nociti, op. cit.

17 Ibidem.

18 Cfr. Ahmet Kondo, Aspekte të lëvizjes kombëtare, Shtepia botuese “8 Nëntori”, Tirana, 1988; Michelangelo La Luna, Girolamo

De rada: il vate albanese, in “Zjarri- Rivista di cultura albanese”, Anno XXIX, n° 38, pag. 63 e seg.

19 Michelangelo La Luna, op. cit.

 
 
 
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