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BALENARE DI STELLE - Capitolo 12

Post n°235 pubblicato il 26 Aprile 2013 da SixPix
 

Improvvisamente si udì il suono di un campanello, poi di una sirena, e dall’interfono una voce disse: «Attenzione! Ispezione del capitano. Tutto l’equipaggio in adunata, ponte di coperta. Tutto l’equipaggio, ispezione del capitano.»
Corremmo tutti al richiamo: finalmente avremmo conosciuto il capitano Achab.
Ci riunimmo, tutti e cinquecento, sul ponte principale.
«In fila!» ordinò Redleigh. «Arriva, il capitano arriva. Sull’attenti!»
Si sentì un lieve ronzio, un lieve suono elettrico, che andava e veniva, come uno sciame di insetti.
La porta del ponte di coperta si aprì, e il capitano era lì. Fece tre passi lenti e regolari in avanti, poi si arrestò.
Era alto, ben proporzionato, e la sua uniforme era tutta bianca, con leggere tracce d’argento.
Gli occhi erano coperti da un paio di occhiali a visione radar dalle lenti opache, nei quali danzavano le scie di piccole lucciole elettriche.
Tutti, come un sol uomo, trattenemmo il respiro.
Alla fine, parlò.
«Riposo.»
E, come un sol uomo, espirammo.
«Redleigh», disse il capitano.
«Tutti presenti, signore.»
Il capitano disegnò qualcosa nell’aria con le mano. «Sì, la temperatura è salita di dieci gradi. Tutti presenti, certo.»
Percorse per intero la prima linea, poi si fermò, allungò una mano e la tenne sospesa davanti alla mia faccia.
«Ah, qui c’è qualcuno in cui arde il vero fuoco della giovinezza. Il tuo nome?»
«Signore», dissi. «Ismaele Bradbury, signore.»
«Bene, Ismaele. Che cosa vedi tu che io non vedo?»
Indietreggiai, gli occhi fissi su di lui, e dall’angolo più remoto della mia mente, in preda al panico, sussurrai: «Small?»
Improvvisamente capii che se al capitano avessi strappato le lenti elettriche di quella scura apparecchiatura, dietro di esse avrei trovato occhi del colore dell’argento nuovo di zecca o di un pesce mai nato. Bianchi. “Oh, Dio, quest’uomo è bianco, tutto bianco!”
Nella mia testa sentii Small, un’ombra sospesa nell’aria: «Qualche anno fa l’universo fece esplodere un flash fotografico immenso quanto un anno luce. Dio sbattè le palpebre e fece sbiancare il capitano fino a fargli raggiungere questo colore di insonnia e terrore.»
«Cosa?», chiese il capitano, che aveva percepito i nostri pensieri.
«Niente signore», mentii. «E non vedo nulla che lei non possa vedere.»
Attesi la sua risposta, ma non ne arrivò nessuna. Invece si voltò, tornò in testa all’adunata e parlò: «Come vola una nave nello spazio, uomini?»
L’equipaggio mormorò, poi qualcuno rispose: «Con guarnizioni sigillate e spaziotute a portata di mano, signore.»
«Ben detto», rispose il capitano, e continuò: «E come si affronta una meteora, uomini?»
Questa volta fui io a rispondere: «Un lasso di tempo di sette secondi e tutto l’equipaggio è sano e salvo, signore.»
In seguito alla mia risposta, Achab fece una pausa, poi domandò con aria grave: «Allora, come vi pappate un’intera cometa infuocata, uomini?»
Silenzio.
«Nessuna risposta?», tuonò il capitano.
Small scrisse qualcosa di invisibile nell’aria: «Non abbiamo ancora incontrato comete di quel genere, signore.»
«No, non le avete ancora viste», fece il capitano. «Tuttavia comete di quel tipo arriveranno. Molto presto, uomini...»

 
 
 
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