lo stendardo

Dal sacco turchino a quello nero


Il primo abito dell’arciconfraternita della Carità, Orazione e Morte fu di color azzurro con un quadrifoglio con la scritta Charitas per stemma. Durante l’anno 1747 mentre era vescovo di Ostia e Velletri il cardinale Tommaso Ruffo venne fatta istanza di aggregazione all’arciconfraternita di Santa Maria dell’Orazione e Morte di Roma che venne accolta il 31 dicembre 1748. Questa fu una data fondamentale nella storia che vi stiamo narrando perché comportò un cambiamento radicale nella struttura e nell’attività del sodalizio. Il sacco turchino venne dismesso per far posto a quello nero che è attualmente in uso. Al glorioso titolo della Carità  si associò quello dell’Orazione e Morte e lo scopo primario diventò la sepoltura dei cadaveri. Si trattò di veri e propri servizi di polizia mortuaria che venivano affidati all’arciconfraternita dalle autorità cittadine e che venivano svolti in modo assolutamente gratuito. Il provveditore dei morti era il confratello addetto a tale incombenza, egli era il “deus ex machina”, stabiliva se era necessario andare a piedi o usare un mezzo di trasporto. Doveva aver presente se il cadavere era a disposizione dell’autorità giudiziaria o se era deceduto per cause naturali. Nel primo caso non poteva procedere “more solito”, doveva accelerare i tempi facendo un invito ristretto alla fratellanza e andare a prenderlo nel modo più anonimo possibile. Addirittura se era suicida o non cattolico si andava in borghese con i portatori, fermo restando i canoni del diritto. Durante il trasporto del “de cuius” si recitavano preci e salmi. Nel fondo archivistico dell’arciconfraternita di Santa Maria dell’Orazione e Morte di Roma si trova una informativa relativa al funerale di Belardino Giorgi che venne estorto all’arciconfraternita veliterna dal sodalizio della Concezione avente sede nella cattedrale di S. Clemente. Belardino Giorgi di Filettino morì nella propria capanna distante quattro miglia da Velletri. Era persona conosciuta dall’arciprete della cattedrale che fece associare il cadavere alla Concezione senza aspettare che il tribunale facesse la propria ispezione. Apriti cielo. Veniva così usurpato un diritto dell’arciconfraternita della Carità, Orazione e Morte che secondo i privilegi di statuto attendeva l’ordine del tribunale per rimuovere il corpo. Il contenzioso, che venne diramato dalla banca dell’arciconfraternita madre, nacque dal fatto che pochi giorni prima era stato associato il cadavere di Lorenzo Iacobelli, ciociaro, morto miserabile. Questi non aveva rendite e quindi non interessava all’arciprete Cella ne tanto meno ai guardiani della Concezione. Nonostante le richieste al tribunale e al vicario generale nessuno volle riconoscere i nostri diritti su quel cadavere. La banca romana rispose che l’arciprete della cattedrale non aveva il diritto di commettere l’associazione del Giorgi alla Concezione perché era un privilegio dello statuto dell’arciconfraternita della Carità, Orazione e Morte. Altro sodalizio, nel caso specifico la Concezione, poteva procedere legittimamente alla rimozione del Giorgi solo se il servizio era a pagamento e in questo caso lo eseguiva chi chiedeva di meno.