Un blog creato da pinkhotel il 29/05/2010

C'ERA UNA VOLTA

LE AVVENTURE DI CARLO

 
 
 
 
 
 

PROPOSTE LETTERARIE

Chi non vorrebbe una libreria nella quale trovi solo bei libri? Una libreria nella quale non corri il rischio di buttare i tuoi soldi in un brutto libro che a stento riesci a leggere fino alla fine perchè non ami lasciare i libri a metà?

Laurence Cossè ha ideato questa libreria e ne ha immaginato la storia fatta di soddisfazioni, successi ma anche invidia e concorrenza sleale.

Buona lettura!

 
 
 
 
 
 
 

PROPOSTE LETTERARIE

SETTERFIELD DIANE - LA TREDICESIMA STORIA  VI SUGGERISCO UN ROMANZO CHE HO LETTO QUALCHE SETTIMANA FA. E' IL ROMANZI DI ESORDIO DI DIANE SETTERFIELD.

E' UN RACCONTO NEL RACCONTO: NARRA DELLA VITA DI UNA SCRITTRICE DI FAMA MONDIALE CHE ANZIANA, PROSSIMA ORMAI ALLA MORTE, DECIDE DI AFFIDARE, PER LA PRIMA E ULTIMA VOLTA, LA STORIA DELLA SUA VITA AD UNA LIBRAIA-BIOGRAFA.

E' AVVINCENTE, PER NULLA BANALE E RISERVA TANTE SORPRESE

 
 
 
 
 
 
 

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« C'ERA UNA VOLTACARLO ... CHE PREGUSTA LA CENA »

UN GIORNO PER CASO

Post n°2 pubblicato il 29 Maggio 2010 da pinkhotel
 

Carlo aveva degli occhi neri e profondi come la pece, un fisico forte ed atletico, era generoso ma molto permaloso, era un bastardo dal cuore d'oro. Viveva in una bella casa fuori città, trascorreva una vita serena, senza scossoni, ma a lui andava bene così.

Quasi dimenticavo di dire che Carlo era un cane, un bellissimo meticcio di cinque anni: i suoi padroni, Cristina e Giovanni, avevano due figli ed avevano accolto Carlo come uno di famiglia.

Lo avevano scelto tra una bellissima cucciolata, lo avevano visto dentro un grande cesto di vimini, mentre i suoi fratelli dormivano, lui rosicchiava la coperta a scacchi che ricopriva la cesta e se ne erano innamorati a prima vista.

Carlo aveva una bella cuccia di legno nel giardino di casa, non gli mancava niente: aveva sempre acqua e cibo in abbondanza, ogni tanto un giocattolo nuovo, e tante coccole da tutti.

Tuttavia, ogni tanto si fermava ad osservare i suoi padroni, i due figli e gli altri esseri umani che, più o meno spesso, frequentavano quella casa.

Ogni giorno durante il pranzo, Carlo amava affacciarsi dalla finestra e spiare, attraverso il vetro, tutti i membri della famiglia che si riunivano per consumare il pasto insieme.

Mentre, con l’acquolina in bocca, ammirava tutte le leccornie con le quali si deliziavano i commensali, lanciava un’occhiata alla sua ciotola ricolma di croccanti e pensava: “ecco perché gli umani dicono che vita da cani!”

Spesso, durante il pranzo, si accendevano delle discussioni che facevano andare il cibo di traverso a tutti: la maggiore causa era Laura, la figlia quattordicenne di Cristina e Giovanni, che per un non nulla scoppiava in un pianto disperato e accusava i genitori di non capirla, di essere troppo vecchi per comprendere tutti i problemi che le rendevano la vita complicata e disperata.

I drammi spesso consistevano nel mancato permesso per andare alla festa più esclusiva dell’anno, per la continua posticipazione dell’acquisto dello scooter.

“Tutti i miei amici hanno il motorino. Voi volete rovinarmi la vita, per colpa vostra rimarrò da sola” - li apostrofava mentre il fratello più grande la osservava scuotendo la testa per il biasimo.

Altre volte Laura quasi non toccava nemmeno il cibo che la madre le metteva nel piatto, stava interi minuti a fissare le pietanze come se fossero degli acerrimi nemici.

“Vuoi che diventi una mongolfiera? Sai quante calorie ha un piatto di pasta?” borbottava vuotando il contenuto della stoviglia nella spazzatura con immenso cordoglio di Carlo che già pregustava quegli spaghetti con il pomodoro fresco.

“Cosa sarà successo alla quella dolce bambina che ho conosciuto quando sono arrivato in questa casa?” - si domandava Carlo ripensando alla ragazzina che giocava allegra e spensierata con lui quando era ancora un cucciolo.

“Ma cosa avranno di così strano questi umani?” - rifletteva il cane grattandosi la testa con la zampa posteriore.

Quella sera, Carlo, gettando un’occhiata al bellissimo fuoco che ardeva dentro il camino, pensò a quanto fossero fortunati gli esseri umani e a che vita comoda ed agiata trascorressero.

“Se almeno per un giorno potessi essere uno di loro! Non sarei mai arrabbiato, non butterei mai del cibo!” – rimuginò prima di addormentarsi dentro la sua cuccia di legno.

La mattina successiva, Carlo si svegliò, come al solito di buon ora: ebbe una strana sensazione di calore, gli sembrava di avere dormito tantissimo, anche se, non aveva un’idea precisa del trascorrere del tempo.

 Sbadigliò con gli occhi ancora socchiusi, quando lì aprì non riuscì a credere a quello che vedeva: era disteso su di un morbidissimo letto – non ricordava di avere sentito mai niente di più soffice – era all’interno della stanza di Massimo, la ricordava bene nonostante l’avesse vista solo quelle poche volte in cui gli era stato consentito di entrare in casa anche se non aveva mai capito perché, in quelle rare occasioni, fosse stato ammesso a quell’inaspettato beneficio.

Quasi si sentì scoppiare il cuore per l’emozione quando, abbassando lo sguardo, si accorse che le sue forti zampe pelose non c’erano più: aveva ancora un fisico atletico e vigoroso, ma era quello di un essere umano!

Spalancò la bocca per abbaiare, ma gli uscirono solo delle parole stranissime come quelle che usano loro – rifletté tra sé e sé – si stupì quando, dopo aver articolato un pensiero, quello venne fuori con un suono deciso e profondo.

Ancora incredulo, ma felicissimo per quell’inaspettata quanto irripetibile occasione, si alzò dal morbido letto e, con il pigiama ancora indosso, andò verso la cucina.

“Buongiorno Carlo, che ci fai ancora in pigiama? Va bene che è domenica, ma è quasi mezzogiorno!” - lo rimproverò Cristina.

“Cosa avrei dovuto indossare? Io sono abituato a stare nudo!” - pensò Carlo mentre si accomodava su di una delle sedie attorno al tavolo della cucina.

Ingurgitò tutto quello che si trovava davanti: una fragrante brioche al cioccolato, latte a volontà, una merendina con la marmellata ed un bicchiere di succo ai frutti tropicali.

“Che meraviglia! Non avevo mai assaggiato nulla di simile in tutta la mia vita” - disse tra sé e sé mentre ingoiava l’ultimo boccone di brioche.

Mentre, gettando un’occhiata fuori dalla finestra e constatando che c’era una bellissima giornata primaverile, pensava a tutti i giochi che avrebbe potuto fare, il tono di rimprovero di Cristina lo distolse dalle sue fantasie.

“Carlo, tuo padre avrebbe bisogno di un aiuto in giardino! - aggiunse con tono nervoso - “Vatti a vestire che ti sta aspettando da un’ora”.

Carlo, sorpreso dal fatto che Cristina avesse definito Giovanni suo padre, non replicò, ma di buon grado, ritornò nella sua stanza - in realtà in quella, che fino al giorno prima era stata la stanza di Massimo - e, facendo un grande sforzo di memoria cercò di ricordare come il ragazzo si vestisse normalmente.

Indossò un paio di jeans ed una maglia a maniche lunghe, non prima di avere infilato il buco della testa in una delle braccia rimanendo, per qualche secondo, intrappolato nel capo di abbigliamento in cotone. Mentre usciva in giardino, continuava a pensare a quanto fosse agitata Cristina e si interrogava sul motivo di quell’insolito nervosismo.

Giunto in giardino, Carlo trovò Giovanni che armeggiava con dei grossi sacchi di concime: davano l’impressione di pesare una tonnellata.

“Perché mamma - si sentì emozionato a chiamare Cristina in quel modo - è così nervosa oggi?” domandò sollevando uno di quei grossi sacchi il cui peso quasi lo fece cadere a terra.

“Per via di una stupidaggine!” - rispose un po’ stizzito - “Le donne, a volte, si arrabbiano per un non nulla, ricordatelo figlio mio! Anzi, ti do un consiglio, non dimenticare mai un anniversario, di nessun tipo! Oggi non mi sono ricordato che venti anni fa io e Cristina ci siamo scambiati il primo bacio e lei ha piantato su un inferno! Al diavolo, sono passati due decenni, io non ricordo cosa abbia mangiato ieri sera a cena, figurati se mi veniva in mente una banalità del genere successa il secolo scorso!” concluse borbottando.

Carlo ascoltava attonito le lamentele del suo neogenitore, non riuscendo a comprendere quasi nulla di quello che lui asseriva: anniversari, primi baci, secolo scorso, ma che razza di problemi si creano gli esseri umani? - si domandava mentre sentiva un forte bruciore alle braccia indolenzite dal sollevamento di quei pesi - .”Non basterebbe andare da lei e farle le coccole” - pensò ingenuamente.

Dopo un’ora di lavori di fatica appesantiti dai continui piagnistei di Giovanni intervallati da pronostici sulle partite di calcio e caustici commenti sulla politica e sui politicanti - quest‘ultimo argomento fu assolutamente ostico per lui-  Carlo si sentì immediatamente ristorato quando, finalmente, arrivò il momento del pasto.

Aveva osservato il pranzo domenicale in casa Russo tante di quelle volte che non riusciva a credere che stesse succedendo proprio a lui una cosa del genere: era seduto attorno al tavolo con Giovanni, Cristina e Laura - ancora non aveva capito che fine avesse fatto Massimo perché, di quello era certo, non aveva preso il suo posto nella cuccia- e di fronte aveva un arrosto fumante attorniato da invitanti patate croccanti, se avesse avuto ancora la sua coda avrebbe scodinzolato per tutta la cucina dalla felicità.

Aspettò pazientemente che tutti prendessero la loro porzione e poi si gettò sul piatto di portata svuotandolo completamente nel suo.

“Ma sei un maiale! Diventerai una botte!” - lo aggredì Laura - “Non troverai mai uno straccio di fidanzata se non impari a comportarti come un essere umano” - rincarò la dose.

“Io sono un cane, come faccio a comportarmi come un essere umano?” - fu tentato di risponderle, ma non lo fece.

In compenso, tacque e continuò a gustare il suo pasto gettando un’occhiata a Cristina e Giovanni tra i quali la tensione era ancora evidente.

“Vi va di andare tutti insieme al parco oggi pomeriggio?” - domandò Carlo interrompendo il silenzio che regnava a tavola.

Giovanni e Cristina lo guardarono con aria interrogativa, la sorella non si fece sfuggire l’occasione per canzonare per l’ennesima volta il fratello.

“Hai fumato qualcosa di strano? Come ti saltano in mente queste idee strampalate? Non siamo la famiglia cuore! Noi non andiamo al parco insieme, non andiamo al cinema insieme, non facciamo mai nulla insieme! Sai che palle sarebbe uscire con voi! Io ho una reputazione da mantenere!”.

Carlo si sentì deluso ed umiliato più di quella volta che Cristina aveva scoperto che, correndo in giardino, aveva distrutto il suo bellissimo roseto e si era arrabbiata così tanto che non gli aveva fatto una carezza per due giorni.

Quella giornata fu più pesante di quanto Carlo avesse potuto immaginare: aveva mangiato a volontà del cibo delizioso - quello non poteva negarlo - era stato in compagnia di Giovanni delle ore accovacciato sul divano a guardare tanti piccoli omini che inseguivano un pallone, ma tutto quel turbinio di emozioni, di informazioni e abitudini nuove lo avevano completamente scombussolato.

Si addormentò sotto le morbidissime coperte del suo nuovo letto e sperò con tutto il cuore di risvegliarsi sotto le sue vecchie spoglie.

Quando l’indomani mattina, Carlo, stiracchiandosi, sentì il legno duro sul suo costato avvertì una sensazione piacevole: se fosse stato ancora un essere umano avrebbe emesso un gran sospiro di sollievo.

Guardò la sua ciotola ricolma di croccanti ed il suo pupazzo di pezza tutto mangiucchiato e si sentì felice come non mai.

Pensò alla prossima volta che Giovanni lo avrebbe portato al parco, avrebbe raccontato ai suoi amici cani della sua esperienza, e avrebbe insegnato loro un detto che aveva appena coniato e che sarebbe subito diventato una leggenda: che vita da uomini!

 
 
 
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PROPOSTE LETTERARIE - CLASSICI

 Nella capitale irlandese dei primi del novecento, storie, personaggi, frammenti di vita si presentano al lettore attraverso 15 racconti.

Racconti che non hanno un filo conduttore se non lo sfondo di un'Irlanda frustrata e delusa.

Ognuno troverà il proprio racconto!

 
 
 
 
 
 
 

PROPOSTE LETTERARIE- CLASSICI

In questa sezione vi consiglio, per chi ne abbia voglia, alcuni classici intramontabili che io amo alternare con la letteratura contemporanea.

E' uno dei miei autori preferiti: Dostoevskij.

Vi propongo uno dei più famosi ed amati romanzi dello scrittore russo:

"Delitto e Castigo" che vi terrà incollati alle pagine tanto da non volervene più staccare. Vi sembrerà di conoscere veramente Raskolinkov, il protagonista, proverete le sue emozioni, i suoi patimenti ed i suoi stati d'animo sulla vostra pelle.

 

BUONA LETTURA

 

 

 
 
 
 
 

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