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Sufismo e uomini rotanti

Post n°4 pubblicato il 18 Maggio 2006 da zarbok
Foto di zarbok

Il termine arabo "tasawwuf" deriverebbe dalla lana (in arabo suf ) con cui erano intessuti gli umili panni dei primi mistici musulmani che per questo vennero chiamati "sufi", ma un'altra etimologia si rifà al vocabolo suffa, "portico" antistante la casa-moschea di Maometto a Medina sotto il quale si raccoglievano alcuni pii musulmani, ospitati volentieri dal Profeta per la loro povertà che s'accompagnava a un atteggiamento assai pio. Il sufismo tuttavia è particolarmente coinvolto nella speculazione dottrinali e gli aspetti di puro ascetismo non sono tanto predominanti come ci si aspetterebbe. Fuorviante dunque sarebbe accostare il tasawwuf al misticismo cristiano, in cui l'ascetismo è pratica tutt'altro che rara grazie all'assetto assai meno cogente del Ritualismo , dal momento che i Vangeli riportano l'essenza etico-religiosa del Messaggio di Cristo, che si può mettere in pratica senza troppi passaggi rituali rigidamente formalizzati.
Il tasawwuf è particolarmente diffuso nel sunnismo e assai meno nello sciismo , in cui sono attive infatti solo due confraternite islamiche, la Ni‘matullahiyya e la Dhahabiyya, a fronte delle diecine di confraternite sunnite tuttora operanti. Ciò dipende essenzialmente dal fatto che, per conoscere Allah e la Sua volontà, lo sciismo può stabilmente contare sull'attiva opera dei suoi dotti che, se non costituiscono un formale sacerdozio , come il resto dell'Islam, hanno acquistato però un incontestabile profilo di tipo clericale per il fatto che i loro ulema di maggior dottrina sono ispirati in modo ineffabile dall'"Imam
nascosto".
Nell'Islam sunnita la totale mancanza di sacerdozio e di una classe di tipo clericale che possa assolvere alla funzione intermediatrice fra Dio e le Sue creature comporta una ricerca di Dio e della Sua volontà assai più faticosa e rischiosa. È dunque perfettamente normale, legittimo e doveroso per il sufismo che il musulmano ricerchi personalmente quale sia la volontà di Dio, obbedire alla quale permette di scansare il peccato che, nell'Islam, altro non è se non la disubbidienza alle Sue disposizioni (tant'è vero che muslim, "musulmano", significa proprio "chi si assoggetta alla Volontà di Dio").
Un metodo che si può validamente affiancare al recepimento di quanto suggerito dagli ulema è perciò quello dell'indagine personale, da conseguire tramite una lunga disciplina spirituale e mentale che - senza far trascurare lo studio della dottrina essoterica ufficiale - possa aprire la Via esoterica verso Dio (il termine tarìqa ha questo significato), per imboccare e percorrere la quale sarà necessaria l'opera educativa di un Maestro che funga da "guida".

Membri di alcune confraternite del Sufismo sono i Dervisci, specialmente diffusi tra Turchia ed Iran. L'origine del termine si trova nel persiano darwish (monaco implorante) e rappresenta uno delle forme di misticismo più suggestive che si possano trovare attualmente in uso. Il rituale prevede una danza rotatoria dove la mano sinistra è abbassata verso la terra mentre la mano destra è girata verso il cielo; il danzatore diviene così il medium tra la terra ed il cielo. La musica è dominata dal nay ( flauto verticale ), i Küdum ( piccoli timpani in cuoio ricoperti di pelle di capra ) e gli halile ( piatti in rame ). Quando lo stato d'estasi è raggiunto, la musica dei musicisti si ferma ma i dervisci, nel loro stato di estasi, continuano a roteare nel silenzio. ( Si dice che quando un derviscio raggiunge l'estasi possa accadere che i suoi piedi non tocchino terra ).
L'educazione di un derviscio è particolarmente ardua e consiste in 1001 giorni di penitenza, prevedendo come pratiche quotidiane il digiuno e la meditazione. Per apprendere la loro danza, i Dervisci bloccano due dita del piede al pavimento; in questo modo essi imparano a mantenere regolare e disciplinata la loro rotazione. Mentre rotea il Derviscio appoggia il suo peso sul piede sinistro e allorché la rotazione acquista velocità, sulle dita del piede sinistro, mentre la gamba destra dà slancio alla      rotazione. Per evitare il capogiro, il derviscio tiene la testa leggermente inclinata verso destra e gli occhi fissi sul palmo della mano sinistra. 
La cerimonia, detta sema o cerimonia del roteare, si compone di sette parti, ciascuna con un preciso significato.
Le prime tre sono preghiere, auguri e improvvisazioni musicali; seguono poi le quattro forme di saluto ( selams ) rappresentanti le fasi della verità attraverso la conoscenza, lo splendore della creazione, la sottomissione totale a Dio e l'accettazione del destino.
L'amore è comunque il tema centrale del ciclo mistico del sema, simboleggiante la condivisione dell'amore di Dio tra gli uomini. Nei suoi movimenti, il derviscio oscilla per un'ora sulla punta delle prime due dita del piede sinistro: la danza rituale consiste in un movimento a semicerchio in due tempi. Il primo movimento, detto arco discendente, rappresenta la creazione; mentre il secondo, detto arco discendente, raffigura la comunione spirituale. La voce di un flauto solitario li riporta lentamente alla realtà.


 
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