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Dean, quel ribelle senza causa

Post n°12 pubblicato il 30 Settembre 2005 da maryluo
Foto di maryluo

Los Angeles - La vita di James Dean sembra davvero un inquietante scherzo del destino. E non solo per il fatto che, a un mese dalla prima newyorchese di «Gioventù bruciata» - il film di Nicholas Ray nel quale aveva interpretato un giovane “ribelle senza causa” che per sfidare le convenzioni della società ipocrita e borghese corteggiava la morte in pericolose gare automobilistiche - la sua breve ma esaltante carriera fu stroncata proprio da un incidente automobilistico.  Una morte che ha segnato l'inizio di una leggenda che non è mai terminata. Il 30 settembre del 1955, infatti, Dean, che aveva solo 24 anni, mentre percorreva la Highway 46 diretto a Salinas, in California, per partecipare a una corsa con la sua Porsche Spyder 550 (“Little bastard”, piccola bastarda, l'aveva battezzata l'attore, che aveva una passione per quelle auto sportive) a un incrocio si trovò davanti una Plymouth nera. Lo scontro fu inevitabile. Ma di coincidenze nella sua esistenza ce ne furono molte altre. Non è meno significativo, ad esempio, il fatto che nel 1931, quando nacque a Marion, nell'Indiana, i suoi genitori gli misero come secondo nome quello di Byron: col grande poeta inglese, infatti, James Byron Dean non ha in comune solo la morte in giovane età - cosa che l'ha fatto entrare nel cielo dei miti e degli eroi - ma anche l'aver incarnato lo spirito ribelle e romantico del suo tempo, l'essere stato, come il giovane Aroldo di Byron, un “uomo fatale”, per sé e per gli altri.
La fatalità fu una costante della sua esistenza. Fu per una fatalità che proprio quel ragazzo che aveva avuto un'infanzia infelice dopo l'improvvisa morte della madre e un rapporto col padre tanto turbolento da essere mandato a vivere da una coppia di zii in una fattoria di Fairmont, venisse scelto da Elia Kazan per interpretare nella Valle dell'Eden (1955) il personaggio di Cal, un figlio incompreso che si ribella al padre severo e al tempo stesso rivaleggia col fratello per meritarne l'affetto. Una parte che sembrava scritta apposta per quel giovane studente dell'Actors' Studio che aveva alle spalle una breve esperienza teatrale e qualche comparsa in televisione e che Kazan - ancora per una fortunata fatalità - aveva visto per caso recitare a teatro nell'Immoralista di Gide.

Il grande regista riconobbe immediatamente in lui l'interprete che cercava. «Era Cal in persona - raccontò in seguito. - Jimmy era l'ideale. Lui provava un profondo rancore per tutti i padri. Era vendicativo, soffriva di un senso di solitudine e di persecuzione. Ed era differente».
Già, la differenza. Forse proprio qui sta il segreto di James Dean, che pur essendo comparso in soli tre film e non essendo mai riuscito a vincere l'Oscar per il quale fu candidato due volte - ottenne solo un Golden Globe postumo, nel 1956, come migliore attore protagonista - è diventato una delle più amate e imitate icone del cinema americano, simbolo immortale di un'epoca e di una generazione. Una differenza che derivava dalla sua giovane età e dalla sua capacità di incarnare le inquietudini, i sogni e le speranze fallite di una generazione, quella degli adolescenti degli anni '50, e forse anche dei teen-agers di tutte le epoche a venire. Ma che soprattutto consisteva nel modello di uomo che Dean impersonò, lontanissimo da quello in cui si riconoscevano gli attori della generazione immediatamente precedente alla sua.
Non più l'uomo forte, il maschio sicuro di sé, alla John Wayne o alla Clarke Gable, che domina il mondo con la potenza del suo sguardo e ne sostiene il peso sulle sue spalle larghe, ma il giovane insicuro e inquieto, nevrotico e solitario, vagamente femmineo, che nasconde dietro la sua spavalderia e il suo anticonformismo la paura di essere sé stesso, di affrontare la vanità dei suoi sogni e il fallimento delle sue speranze.
Questi due modelli di virilità si sarebbero scontrati nel film che segnò l'ultima, grande interpretazione di Dean, Il gigante, del 1956. Nella pellicola di George Stevens, a contrapporsi al fiero e aitante Bick Benedict (Rock Hudson), uomo all'antica e dai sani valori morali che fatica ad accettare i cambiamenti in atto intorno a lui, è Jett Rink, un orfano che lancia sguardi al tempo stesso sfuggenti e rapaci al mondo da sotto le falde del suo cappellone da cowboy, calcato perennemente sul viso come per nascondersi sotto di esso; un adulto dalla personalità infantile che sembra innamorarsi della sua bella padrona Leslie, interpretata da Elizabeth Taylor, solo per il fatto che lei è l'unica a trattarlo gentilmente, come nessuno, nemmeno i suoi genitori, hanno mai fatto.
Perché James Dean era così, sulla scena come nella vita: un essere fragile e vulnerabile, che chiedeva solo di essere amato per quello che era. E se quell'amore lo cercò invano nel padre e nella sola donna che avesse mai amato, l'attrice Anna Maria Pierangeli, conosciuta anch'ella sul palco dell'Immoralista e perduta quando lei improvvisamente lo lasciò per sposare Vic Damone - fece scalpore, il giorno delle nozze, la presenza di Dean, che per tutto il tempo della funzione rimase fuori della chiesa, in sella alla sua moto - di certo invece lo ricevette dal pubblico, soprattutto da quei giovani di cui era l'archetipo e che non potevano fare a meno di condividere l'intensità delle sue paure e dei suoi desideri.
La cosa più straordinaria è che ancora oggi sono i giovani a commemorarlo nel cinquantenario della sua morte partecipando alle numerose iniziative indette per l'occasione in America e nel resto del mondo, dalle funzioni religiose organizzate nella cittadina natale alla cerimonia che conferirà al fatale incrocio tra la Statale 46 e la Statale 41 il nome di “James Dean Memorial Junction”. E certo James Dean rimarrà «per sempre giovane» nella mente di tutti noi, come recita il titolo della biografia per immagini firmata dal fotografo Dennis Stock e pubblicata in questi giorni da Contrasto Due (James Dean. Per sempre giovane).
Tra le foto contenute in questo bel libro, ci sono anche quelle che ritraggono il giovane attore dentro una bara. Sembra che mentre Dean passeggiava per le strade di Fairmont in compagnia di Dennis Stock per fare un reportage fotografico sul paese dove aveva trascorso l'infanzia, avesse avuto l'idea di entrare in un negozio di pompe funebri per farsi riprendere in quella macabra posa. Non sapeva ancora, lo sfortunato Jimmy, che ben presto in una bara ci sarebbe finito per davvero. Ma se anche l'avesse saputo, probabilmente non se ne sarebbe preoccupato più di tanto, perché con la morte era abituato a flirtare, quasi che fosse consapevole che solo una fine precoce avrebbe consacrato per sempre il suo mito di “uomo fatale”, scelto dal destino per prendere sulle proprie spalle, per quanto fragili e incurvate dai colpi della vita, tutto
il peso di quell'età incerta che è l'adolescenza.

 
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