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da "L'Angelo dalle ali nere"

Post n°14 pubblicato il 22 Novembre 2008 da Vannijoe

“Casa delle Farfalle”

Su un pezzo di legno, dalla forma vagamente somigliante ad una indicazione, era stato scritto, con una calligrafia molto infantile e con un rosso ormai sbiadito, “Casa delle Farfalle”.
Incuriositi i due malinconici ma determinati viandanti si avviarono verso il punto indicato, chiedendosi cosa mai volesse significare quella scritta. Qualche minuto dopo si trovarono di fronte ad un casolare semi diroccato che sembrava avesse poco a che spartire con ciò che avevano letto all’entrata. Due gentili ragazze erano quasi nascoste da un lungo bancone fatiscente che accoglieva cianfrusaglie d’ogni genere, le mura dell’atrio erano dismesse con le pareti scrostate e, a terra, non vi era il pavimento. Pagarono l’insignificante biglietto d’ingresso e, titubanti, entrarono attraverso una tenda di canapa che dava su un corridoio esterno, alla cui fine vi era una grande stanza con varie teche di vetro. Quelle poggiate a terra accoglievano insetti di varie specie e stranezze che solo madre natura riesce a fare, quelle appese alle pareti, invece, contenevano una miriade di farfalle di tutte le forme e colori, morte e infilzate con uno spillo. Ognuna di esse recava sotto una scritta con la provenienza, la specie d’appartenenza ed il nome in latino. Un pò sbigottiti ma incuriositi da ciò che osservavano, in un primo momento la cosa sembrò ai due alquanto macabra, ma una delle ragazze che aveva dato loro il biglietto spiegò che le farfalle hanno vita breve, di pochi giorni per l’esattezza, per cui quelle che vedevano erano già morte al momento della loro esposizione. Questo li rassicurò temporaneamente perché i conti non tornavano
come facevano ad avere tutte quelle farfalle e dove le prendevano
si chiesero pensierosi.
La domanda ebbe una risposta tempestiva ed emotivamente meravigliosa.
La ragazza indicò loro di proseguire attraverso una porta seminascosta da alcune tende di plastica, scostate le quali apparve, dinanzi ai loro occhi, un mondo sbalorditivo che non avrebbero mai immaginato potesse esistere in quel luogo.
Farfalle, farfalle e ancora farfalle, centinaia di farfalle svolazzavano allegramente, con quel volare incerto che le contraddistingue, sopra le loro teste, incuranti della loro presenza. Una grande serra, ecco dove erano finiti, una enorme serra dove era stato ricreato l’habitat naturale delle farfalle. Alberi, piante rampicanti, piccoli ruscelli, sembrava di stare dentro ad un bosco con il tetto, il quale era fatto di un materiale che lasciava trasparire fiocamente la luce del sole ed aveva il colore delle nubi uggiose. C’era anche una piccola nursery, controllatissima, dove i giovani bruchi, dopo essersi richiusi nei bozzoli, rinascevano straordinariamente mostrando le loro ali, ricche di molteplici cromatismi, al mondo circostante.
Un’esplosione di colori e gioia investì i loro cuori appannati dalla gelida e cupa brina del dolore. Un sorriso di stupore e allegria rifiorì sui loro visi. Era uno spettacolo fantastico, spensierato, colmo di serenità.
“Serenità” quanta poca ne aveva Shezzan, eppure, in quel luogo straripante di vivacità, abitato da quegli esseri all’apparenza festosi, ne aveva ricevuta un po’ anche lui e si chiedeva, tra i suoi mille perché, se la consapevolezza di una vita così breve gli avrebbe fatto vivere appieno la sua con la stessa spensierata vitalità di quelle splendide creature.

 
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