Creato da gm.bar il 01/02/2009
Club dei Senologi Scalzi

Motto

semplicemente senza
alla ricerca dell’
essenza

 

Club dei Senologi Scalzi

Ammissione al Club

Per essere ammessi al club bisogna essere in possesso di due requisiti obbligatori:

1 essere un senologo

2 non indossare mai le calze

Nota l’unica eccezione al punto 2: le calze possono essere indossate durante l’attività sportiva o in caso di malattia

Precisazione non è rilevante il motivo per il quale non sono indossate le calze

 

 

Struttura del Club

Il governo del club è una diarchia, costituita da due Capitani Reggenti di pari dignità, autorità e potere.

Sono eletti dall’assemblea dei soci e rimangono in carica per 2 anni. Risulta eletta la coppia che ottiene la maggioranza assoluta dei voti. La carica è rinnovabile.

I Capitani Reggenti si possono fregiare del titolo: “Nome e Cognome, Chirurgo Senologo, Eccellentissimo Capitano Reggente del Club dei Senologi Scalzi”.

Al momento non è previsto nessun organo di governo amministrativo e fiscale (collegio dei revisori dei conti) essendo il club sprovvisto di un patrimonio economico e finanziario.

 

Modalità di accesso

L’ammissione al club è gratuita.

Il candidato deve farne una richiesta ai Capitani Reggenti, dichiarando sul proprio onore di possedere i due requisiti obbligatori.

Qualora uno dei due requisiti obbligatori venga a mancare è prevista l’espulsione dal club.

L’espulsione dal club è decisa dai due Capitani Reggenti.

 

 

Finalità del club

Il club favorisce uno scambio culturale su argomenti senologici, umanistici, filosofici, religiosi.

Per questo può liberamente organizzare congressi, convegni, dibattiti, tavole rotonde, incontri con esperti.

 

Storia

Il club è stato fondato da Giorgio Macellari di Piacenza e Giorgio M Baratelli di Gravedona (Como), entrambi chirurghi senologi, quando hanno scoperto casualmente di avere in comune la peculiarità di non indossare le calze.

Questo è avvenuto in un’aula dell’Istituto Tumori di Milano, in Via Venezian 1, in occasione di una riunione del gruppo di lavoro “Rischio familiare di ammalare di carcinoma della mammella” tenutasi il 9 febbraio 2006.

 

I Capitani Reggenti

Giorgio Macellari
Piacenza

Giorgio M Baratelli
Gravedona (Como)

 

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Ricordo del prof Umberto Veronesi

Post n°32 pubblicato il 19 Novembre 2016 da gm.bar

Umbrto Veronesi e Giorgio Baratelli

a Roma, nel 2006, in una pausa di un congresso mentre discutono sulla proposta di revisione del sistema TNM.
GM Baratelli. "Rethinking" the modifications of TNM classification of breast cancer, proposed by Veronesi et al.
Breast. 2007 Apr;16(2):109.  
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17291756

 

 

Veronesi-Baratelli

 

Lezione del 12 ottobre 2016 dell’Accademia di Senologia

Ieri ho iniziato la lezione ricordando ai miei ragazzi il prof Umberto Veronesi, che ho avuto la fortuna di conoscere e di avere come Maestro.

In settimana è morto, quasi in silenzio perchè la notizia è stata in parte oscurata dalle elezioni americane.

E’ stato un grande maestro, e mi inorgoglisce  il fatto di averlo avuto.

Ed è un vanto per tutta la senologia italiana.

A lezione ho proiettato l’immagine di un sentiero della montagna più bella del mondo, la Grona, e ho fatto riflettere gli studenti sulla differenza che c’è tra sentiero e strada: la strada viene costruita, il sentiero si fa camminando passo dopo passo, con costanza e determinazione.

Veronesi è stato un grande perché ha saputo tracciare un sentiero, quello della chirurgia conservativa per il tumore della mammella, proponendo prima la quadrantectomia e poi la biopsia del linfonodo sentinella.

E’ stato un sentiero in salita e non facile, proprio come lo sono i sentieri di montagna.

All’inizio degli anni 70 quando aveva proposto la sua quadrantectomia, che andava controcorrente in un’epoca dove il credo dominante era che l’estensione della demolizione chirurgica aumentava le possibilità di guarigione, era considerato un eretico, quasi un pazzoide, tanto che, come ci raccontava in sala operatoria con il suo sorriso bonario,  gli fu proibito l’ingresso in ospedali prestigiosi.

Uno per tutti il Memorial Sloan Kettering di New York, dove anni dopo anch’io sono stato per un periodo di studio e dove, quasi per una legge del contrappasso,  la mia reputazione sensibilmente aumentava soltanto per la mia risposta affermativa alla inevitabile e solita domanda dei colleghi americani, se conoscevo Veronesi.

Quando poi aggiungevo che lo conoscevo di persona esclamavano stupiti “realy ?” e mi guardavano con rispetto tutto particolare.

Ho ricordato anche che una volta mi aveva confidato che conosceva bene Gravedona, perché per qualche estate, quando era giovane, era stato a Dongo ed era  uscito varie volte in barca  con i canottieri della Falck, dove lavorava il fratello ingegnere.

Mi aveva scritto la prefazione del mio primo libro, “Storie di Margherite”, che avevo ripagato con un pacco di tavolette di cioccolato amaro, apprezzatissime perché sapevo che faceva parte di un club elitario di estimatori del cioccolato, e l’anno scorso la prefazione del libro-manuale sulle lesioni rare della mammella, che è ancora nel mio computer, perché non riesco a trovare chi può finanziare la sua pubblicazione, in un periodo di crisi (le solite cose italiane).

Quest’estate è uscito il suo ultimo libro, scritto con il mio amico Macellari (altro grande, capitano coreggente del nostro club dei senologi scalzi); s’intitola “Manuale di etica per il giovane medico. La rivoluzione etica in medicina”.

In esso è sintetizzato il suo insegnamento sull’importanza della relazione del medico con l'uomo che soffre e sulla necessità di mettere "la persona malata prima di ogni altra cosa".

Infine ho augurato ai miei allievi di lottare come ha saputo lottare Veronesi, con ostinazione e determinazione, per le  proprie idee, anche se contrarie al cosiddetto senso comune e ho concluso che  la grandezza di una persona sta nel fatto che le sue idee, le sue intuizioni continuano anche dopo la sua  morte.
Infatti ancora oggi “l’eretica” quadrantectomia di Veronesi, poi suffragata dall’evidenza scientifica, continua a salvare tanti seni di  tante donne di tutto il mondo.

Giorgio M Baratelli, Capitano coreggente del club dei Senologi Scalzi

 

http://www.brevanews.it/2016/11/15/morte-veronesi-il-ricordo-di-baratelli-un-grande-maestro/

 

Umbrto Veronesi e Giorgio Macellari

Umbrtyo Veronesi e Giorgio Macellari

 

Abbiamo perso un Gigante.
Lo ha perso il mondo.
Io mi sento come se avessi perduto un pezzo d’anima.

Al funerale di Umberto Veronesi, venerdì 10 dicembre, ho assistito a una cerimonia di altissima intensità emotiva e intellettuale, mentre il pensiero del grande Medico aleggiava insieme al suo sorriso pacato e al suo sguardo visionario. Con acuta appropriatezza, il sindaco Giuseppe Sala ha esordito sottolineando un dettaglio. A Milano, ha detto, sono nati illustri scienziati, medici, filosofi, letterati e imprenditori, ma Veronesi era tutte queste cose insieme. Trarne le conclusioni è semplice: è stato il Leonardo del ‘900. Uomini così sono preziosi per l’umanità, perché la illuminano con un’energia spirituale che genera sapere, tolleranza, generosità, simpatia e progresso. La sua scomparsa ha ferito il pianeta.

Debbo confessare che sin dai primissimi incontri – fine anni ’70 – avevo riconosciuto in lui ciò che avrei voluto essere. Era stato un colpo di fulmine. Ma ci misi un attimo a capire che sarebbe stato impossibile non dico eguagliarlo (pensiero quasi profano), ma arrivare anche a un solo decimo della sua statura. Disporre di un modello così alto mi ha però aiutato a migliorarmi di almeno un poco. Difficile quantificare l’entità del suo lascito, enumerarne i contenuti.

Umberto Veronesi ci ha insegnato a essere tranquilli, determinati e compassionevoli; ma anche dubbiosi, affamati di conoscenza, anticonformisti e trasgressivi. Ci ha fatto innamorare della scienza, della sua importanza per la condizione umana. Ci ha insegnato che gli scienziati devono essere umili, ma non le loro idee: per cambiare i vecchi paradigmi, un pizzico di creatività e arroganza è indispensabile. Ci ha anche ammonito che tutto è concesso all’uso della scienza per l’uomo, ma che nulla è concesso all’uso dell’uomo per la scienza. Ci ha spiegato che l’indipendenza del pensiero e la libertà della ricerca sono valori supremi. E ci ha raccomandato di sostenere sempre le nostre idee con la forza dei fatti, anziché con la fragilità delle ideologie. Ci ha aiutati a cambiare in meglio, indicandoci una strada difficile, ma efficace.

A noi maschi ha raccomandato di rispettare le donne e amarle per le loro ineguagliabili peculiarità. E alle donne ha chiesto di provare ad avere fiducia nel genere maschile. Ci ha voluto convincere che la maggior parte degli esseri umani è intrinsecamente buona e che – salvo rare e sciagurate eccezioni – la cattiveria e il male sono quasi sempre il frutto di sfavorevoli e insane pressioni educative, sociali e ambientali.

Veronesi ha sollevato il sipario sulla medicina della persona, mostrandoci la bellezza della rivoluzione etica che ha portato il paziente al centro del sistema sanitario. Così ci ha insegnato che per far guarire, un bisturi o un farmaco non bastano: ci vuole anche una carezza.

Ci ha spiegato che la vita non è un tempo in concessione, ma un mestiere da apprendere e coltivare al meglio; e ha precisato che il mestiere più bello è pensare. Ci ha insegnato che la nostra esistenza è priva di senso, ma che proprio per questo abbiamo il dovere di darle noi un significato. Ci ha insegnato ad accogliere la morte come un evento naturale, quasi fosse un bene, perché è dovere di ogni uomo farsi da parte e lasciare il posto a quelli nuovi. Ci ha insegnato che il corpo si dissolve, ma che il pensiero gli sopravvive. Da ultimo, ha anche insegnato a tutti noi – e forse ancora di più ai credenti – come si muore.

Tutti questi suoi insegnamenti vivranno nelle persone che li hanno fatti propri, così da rendere meno doloroso il vuoto della sua scomparsa fisica: è dei grandi Maestri dare al silenzio della loro morte la voce di quanti, parlando e scrivendo, lo hanno accolto e lo tratterranno in sé. Si dice che il buon Maestro costruisce allievi migliori di lui: nel caso di Veronesi questo è impossibile, bisogna aspettare che ne nasca un altro. Ci troviamo dunque fra le mani un’eredità enorme da custodire, ma non pesa, è leggera anzi. Pesante sarà trasferirla alle generazioni future. Ma questo è semplicemente il nostro dovere, se vogliamo restituire a Umberto Veronesi l’immensa ricchezza che ci ha regalato.

Giorgio Macellari, Capitano coreggente del club dei Senologi Scalzi

 

 

 
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