Specchi di vento
riflessi in mulinelli rugginosi
che scalzano violenti la luce del sole
e si fermano pensierosi
tra vicoli sottili e ombrosi
rinchiusi fra muri scrostati
di legno giunto da lontano.
Avvoltoi e poiane
tra le distese d'arido deserto
cupi aspettando un errante
perito tra il nulla e il sale
che cristallizza come sudore
tra rivoli di dolore ferroso.
Coyote macilenti tra cumuli di spazzatura
spiano tra le case come ladri nella notte
lottando per un fondo di carota
ricordando solo nei sogni la libertà degli avi
distante scheggia di tersi orizzonti fiammeggianti
e notti infinite ululando alla luna.
Spettri traslucidi e amari
come statue di vetro celate dalla polvere
pallide imitazioni nascoste negli angoli
che seguono bramose bambini festosi
che paiono palloncini colorati
effimeri come rose nel grigio stopposo mattino.
Stelle cadenti riempiono bacini nel deseerto
irridiando di luce lontana il crepuscolo
spargendo, come da un latteo lago, dolce speranza,
ma sono in pochi a partire,
sono in pochi a volerle discoprire
col coraggio di cambiare
di spalancare quelle porte d'avorio
per tema poi di non poterle più richiudere.
E così giacciono le stelle
come frammenti di un specchio frantumato
gettato sul bordo della strada,
che riflette mille volte la stessa immagine
e non può nemmeno desiderare nuovi scenari
e la cui luce si trascina nella polvere
come quella degli occhi spenti dei coyote
che arrancano col muso sfiorante la strada.
Nelle terre abbandonate
come ultima lacrima sulla gota di un morente
spunta un fiordaliso
che oscilla triste nel calore.