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Accertamento fiscale su immobile a uso promiscuo? Occorre autorizzazione del PM

Foto di Avv.FAZZARI

Avv. Simone Fazzari 

Simone Fazzari & Barry Smith Law Offices 

Simone Fazzari & Barry Smith Law Group

 

La Suprema Corte, con la sentenza n. 4140/13 in tema di "limiti" concernente l’autorizzazione rilasciata dalla Procura della Repubblica per l’accesso ai locali riconducibili al contribuente, art. 52, D.P.R. 633/73, è approdata alla conclusione che"l’esistenza di porte di comunicazione tra locali adibiti ad abitazione e quelli della sede dell’impresa" non legittima i verificatori ad “estendere” discrezionalmente la portata dell’indagine fiscale in loco, in quanto il "controllo" ai suddetti luoghi attigui deve necessariamente essere autorizzato dalle Autorità competenti.

Il thema decidendum del processo

Il contenzioso in parola traeva origine da una verifica fiscale, operata dall’Agenzia delle Entrata di Bari, avente ad oggetto la rettifica della dichiarazione Iva – per l’anno di imposta 1996 – basata su un’indebita detrazione di imposta conseguente alla registrazione di fatture di acquisto per operazioni inesistenti.

Il ricorso presentato dal contribuente veniva accolto sia dalla C.T.P. che dalla C.T.R. sulla preliminare ed assorbente considerazione che l’accesso ai locali (riconducibili direttamente al contribuente/imprenditore) non era stato autorizzato dal Procuratore della Repubblica: per effetto di questa carenza procedimentale (peraltro insanabile) afferente il modus operandidell’attività di indagine, nonché dell’acquisizione degli elementi raccolti, l’avviso di accertamento era da ritenere invalido ed insuscettibile di produrre effetti.

La decisione della Corte di Cassazione

Ebbene, come anticipato in precedenza, l’indagine tributaria in parola (rectius: accesso) era stata promossa sia nei locali “aziendali”, che presso l’abitazione del medesimo imprenditore: detti luoghi erano distinti e “formalmente” indipendenti, ma tuttavia adiacenti, attraverso una porta di comunicazione.

Dunque, laddove siano presenti particolari “forme” di comunicazione tra l’area “imprenditoriale” e quella “familiare”, è necessaria l’autorizzazione all’accesso da parte del Procuratore della Repubblica a mente dell’art. 52, comma 1, D.P.R. 633/72: la suddetta norma sancisce infatti che “gli Uffici […] possono disporre l’accesso […] nei locali destinati all’esercizio d’attività commerciale […] per procedere ad ispezioni documentali. […] Tuttavia per accedere in locali che siano adibiti anche ad abitazione, è necessaria anche dell’autorizzazione del procuratore della Repubblica”.

Proprio sugli effetti della mancata osservanza di tale precetto normativo, la Suprema Corte aveva in passato dichiarato l’illegittimità delle verifiche/accertamenti, nonché l’invalidità dei documenti acquisiti nelle ipotesi di omessa autorizzazione all’accesso, in quanto necessaria al fine di “tutelare l’inviolabilità del domicilio privato, e quindi, indirettamente, lo spazio di libertà del contribuente”.

In altre parole, anche all’interno delle garanzie difensive accordate nel procedimento tributario, opera il principio della c.d. inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite durante un’ispezione fiscale, in linea con l’art. 24 Cost..

Una lettura alla pronuncia n. 4498/13 della Corte di Cassazione

A ben vedere, i giudici di Piazza Cavour (con la pronuncia in esame) hanno ribadito che, al fine di assicurare la validità degli accessi effettuati presso i luoghi riferiti al contribuente (nonché dei dati raccolti all’interno della medesima indagine) è doverosa l’osservanza dei limiti fissati dalla speculare autorizzazione rilasciata dalle Autorità competenti.

Con la Sentenza 22/02/2013 n°4498 la Suprema Corte ha stabilito infatti che la Guardia di Finanza non può estendere la verifica alla casa del convivente del contribuente, laddove la nota autorizzazione aveva limitato l’accesso esclusivamente all’abitazione di quest’ultimo.

In breve, secondo l’orientamento adottato dai giudici, l’autorizzazione rilasciata dalla Procura della Repubblica possiede una natura di c.d. assoluta tassatività, la quale deve essere interpretata come “filtro preventivo” necessario rispetto ad un atto pubblico particolarmente invasivo nei confronti di un bene costituzionalmente riconosciuto ed inviolabile come il domicilio.

Da tale premessa, la Corte di Cassazione è giunta all’enunciazione del seguente principio a tutela del contribuente: “in tema di accessi, ispezioni e verifiche da parte degli uffici finanziari dello Stato (o della Guardia di Finanza) […] l’autorizzazione all’accesso data dal Procuratore della Repubblica, ai sensi dell’art. 52 del D.P.R. 633/72, legittima solo lo specifico accesso in tal senso autorizzato”.

 

Avv. Simone Fazzari 

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