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« ANTITRUST CONDANNA 5 ORD...IVA: I CHIARIMENTI DELLA... »

MEDICO DIPENDENTE INADEMPIENTE: CASA DI CURA RESPONSABILE

Foto di Avv.FAZZARI

Avv. Simone Fazzari 
Simone Fazzari & Barry Smith Law Offices 
Simone Fazzari & Barry Smith Law Group
La pronuncia 618/2013 del Tribunale di Reggio Emilia, resa in tema di responsabilità medica, propone interessanti spunti sia dal punto di vista sostanziale, sia da quello processuale.
Il fatto
L’attrice agiva in giudizio nei confronti della casa di cura esponendo quanto segue:
  • era stata sottoposta ad intervento chirurgico;
  • l’intervento, e la successiva fase post operatoria, non erano stati gestiti correttamente;
  • ciò aveva causato seri problemi e la sostanziale impossibilità di deambulazione;
  • con la conseguenza che aveva quindi dovuto sottoporsi a nuovi interventi e cure presso altri ospedali (che tra l’altro avevano potuto solo in parte ovviare agli errori inizialmente commessi).
Pertanto, domanda il risarcimento del danno (danno non patrimoniale, espressamente indicato in una lesione biologica del 10%, in una invalidità temporanea assoluta di tre mesi, in una invalidità temporanea parziale di tre mesi, in un danno estetico ed in un danno alla vita di relazione).
La casa di cura convenuta chiedeva, per quanto qui rileva:
>> il rigetto della domanda;
>> la chiamata in causa del medico autore dell’intervento chirurgico: ciò, in particolare:
a. deducendo il presupposto che “la causa è a lui comune”;
b. senza però svolgere domanda nei suoi confronti; difatti, il medico, ritualmente evocato in giudizio, si costituiva evidenziando che nessuna domanda di garanzia, manleva o regresso, era stata spiegata nei suoi confronti.
La decisione del Giudice
A. Profili sostanziali
In tema di responsabilità medica il Giudice, richiamando la consolidata giurisprudenza di legittimità[1], ricorda che:
a. quanto alla disciplina risarcitoria applicabile:
  • il rapporto che si instaura tra paziente e casa di cura ha natura contrattuale;
  • la disciplina normativa applicabile è dunque quella dettata in tema di inadempimento delle obbligazioni dall’art. 1218 c.c.;
b. quanto al rapporto, con specifico riferimento alla disciplina risarcitoria, tra casa di cura e medico:
  • il sanitario è ausiliario necessario della casa di cura, pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato (art. 1228 c.c.);
  • sussiste, infatti, un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e l’organizzazione aziendale della casa di cura;
di conseguenza, la responsabilità della casa di cura nei confronti del paziente può conseguire all’inadempimento [2]:
1. delle obbligazioni direttamente a carico della struttura ospedaliera;
2. della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario; ciò, in particolare, senza che rilevi, in contrario, la circostanza che il sanitario risulti essere anche di fiducia dello stesso paziente, o comunque dal medesimo scelto.
Pertanto, in tema di oneri probatori (art. 2697 c.c.), la pronuncia in commento, in linea con la giurisprudenza di legittimità
[3], ricorda che:
>> il paziente deve provare:
a. l’esistenza del contratto;
b. l’aggravamento della situazione patologica;
>> l’ente ospedaliero deve provare che:
a. la prestazione professionale è stata eseguita in modo diligente;
b. gli esiti peggiorativi sono stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile.
Ciò considerato, con riferimento alla fattispecie concreta, il Giudice osserva che dalla CTU è emerso che dopo l’intervento chirurgico vi è stata una carenza nella tempestività della diagnosi e terapia e che l’attrice attese fino a 2003 per procedere alla revisione chirurgica che, invece, già dal 1999 doveva ritenersi opportuna e non concretamente evitabile.
Al riguardo, la sentenza in parola osserva che era onere della Casa di Cura provare di avere correttamente adempiuto alla propria obbligazione tramite il tempestivo suggerimento alla paziente di sottoporsi al nuovo intervento chirurgico. Ciò, tuttavia, non è avvenuto, non avendo la struttura ospedaliera convenuta provato di avere diligentemente adempiuto la propria obbligazione tramite la segnalazione della necessità di un immediato intervento chirurgico.
Sussiste pertanto la dedotta responsabilità medica per ritardo diagnostico e, quindi, l’inadempimento della struttura ospedaliera convenuta con riferimento alle obbligazioni assunte nei confronti del paziente.
Alla luce di tali considerazione, il Giudice conferma anche la sussistenza di un danno in capo al paziente-attore riconducibile a detto inadempimento[4].
B. Profili processuali
La sentenza in parola conferma poi il principio secondo cui è inammissibile la domanda di condanna del terzo formulata dall’attore per la prima volta in sede di precisazione di conclusioni. Trattasi, infatti, di domanda da considerarsi tardivanon automaticamente estesa al terzo al momento della sua chiamata e la cui inammissibilità risulta rilevabile d’ufficio.
In tal senso la giurisprudenza di legittimità ha difatti affermato quanto segue:
  • il regime di preclusioni introdotto nel rito civile ordinario deve ritenersi inteso non solo nell’interesse di parte, ma anche nell’interesse pubblico all’ordinato e celere andamento del processo;
  • con la conseguenza che la tardività delle domande, eccezioni, allegazioni e richieste, deve essere rilevata d’ufficio dal giudice (indipendentemente dall’atteggiamento processuale della controparte al riguardo e dall’eventuale accettazione del contraddittorio)[5];
  • l’automatica estensione al terzo della domanda attorea si ha allorquando il convenuto chiami in causa il terzo al fine di ottenere la propria liberazione e l’individuazione del chiamato quale unico e diretto responsabile (sicché la chiamata assolve il compito di supplire al difetto di citazione in giudizio da parte dell’attore del soggetto indicato dal convenuto come obbligato in sua vece)[6].
Da ciò discende, con riferimento al caso in esame, che unico destinatario delle pretese di pagamento dell’attore è la struttura ospedaliera convenuta. Difatti:
  • solo in sede di precisazione delle conclusioni la difesa attorea ha chiesto la condanna, oltre che della Casa di Cura, anche del medico (richiesta dunque mai formulata “prima dello scadere delle preclusioni assertive di cui all’articolo 183 comma 5 ratione temporis vigente”)[7];
  • la domanda non può considerarsi automaticamente estesa al medico in quanto la struttura ospedaliera convenuta lo ha evocato in giudizio semplicemente deducendo che la causa è “a lui comune” (“e quindi non al fine di ottenere la propria liberazione e l’individuazione del chiamato quale unico e diretto responsabile”).
Sul punto, il Giudice osserva che (come correttamente evidenziato dalla difesa del medico),non essendo nei confronti del chirurgo stata spiegata alcuna domanda, nonostante l’istruttoria abbia comprovato la sua responsabilità medica (nella specie per ritardo diagnostico), nessuna statuizione di condanna può essere effettuata nei sui confronti; ciò in quanto, come ricordato:
  • l’attrice ha solo tardivamente proposto domanda di condanna verso di lui;
  • la convenuta non ha mai svolto nei suoi confronti domanda di regresso.


Avv. Simone Fazzari 
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