Creato da Avv.FAZZARI il 07/01/2009
Simone Fazzari Law Group

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Giugno 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 1
 

Ultime visite al Blog

fclemente.fcsab.francescalexy7pacelli.francesco82mirko.zilliqgeurrmolfiniavvocato.ravagliab.senatoremichmarzavv.chiaralazzaridariocatonazingarella0studiomaiolinoavv.divincenzoernestinaportelli
 

Ultimi commenti

Chi puņ scrivere sul blog

Solo l'autore puņ pubblicare messaggi e commenti in questo Blog.
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

« Transazione fiscale: il ...AUTO IN LEASING E GUIDAT... »

Dichiarazione fraudolenta, fatture false, sequestro per equivalente, soglia minima

 

Avv. Simone Fazzari 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III PENALE

Sentenza 20 ottobre 2011 - 27 aprile 2012, n. 16011

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con ordinanza del 31 marzo 2011 il Tribunale di Napoli - Sezione per il Riesame - annullava il decreto di sequestro preventivo per equivalente emesso dal G.I.P. del medesimo Tribunale in data 28 febbraio 2011 nei confronti di M.A. indagato per i reati di cui all'art. 416 c.p. e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2.

L'ordinanza, nel fare integrale richiamo ad un precedente similare provvedimento del medesimo organo giudicante, osservava in punto di fatto e con riguardo alla presunta violazione della normativa fiscale di riferimento, che le condotte di frode fiscale oggetto di indagine risultavano commesse mediante la falsa dichiarazione di avere sostenuto spese mediche, per le quali spetta la detrazione IRPEF del 19%, con allegazione di fatture o documenti equipollenti materialmente falsi (apparentemente emessi da cliniche private).

L'ordinanza in esame, nell'affrontare la questione di diritto sottoposta alla sua valutazione, anche alla luce degli ulteriori argomenti addotti dal Procuratore della Repubblica, ha escluso la fattispecie delittuosa di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, ipotizzata dall'Accusa ritenendola possibile solo nel caso di utilizzazione di fatture ideologicamente false.

Ha di contro ritenuto inquadrabile la condotta contestata (utilizzazione di documentazione falsa in senso materiale) o nell'ambito previsionale di cui al cit. D.Lgs., art. 3 (il quale sanziona la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici), o, in alternativa, nel diverso paradigma normativo di cui al successivo art. 4 (che regolamenta i casi delle c.d. "dichiarazioni infedeli"), pervenendo poi alla conclusione che - quale che fosse l'opzione da seguire - poichè nel caso oggetto di indagine non risultava superata la soglia di imposta evasa necessaria perchè la condotta acquistasse rilievo penale, nessuna violazione penalmente rilevante fosse configurabile con conseguente illegittimità del sequestro per equivalente, che veniva, pertanto, revocato. Propone ricorso avverso il detto provvedimento il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione in quanto contraddittoria e/o manifestamente illogica.

Ad avviso del P.M. ricorrente, la dedotta violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2 e art. 322 ter c.p., fa leva sulla opposta tesi della configurabilità della dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti tanto nel caso di una utilizzazione di documenti ideologicamente falsi che in quello di utilizzazione di documenti falsi sotto il profilo materiale: secondo tale prospettazione, quel che rileva ai fini della configurabilità della fattispecie penale ipotizzata è l'inesistenza della operazione economica riportata nella dichiarazione dei redditi (o ai fini IVA): inesistenza che può profilarsi sia mediante la formazione ex novo di un documento falso, sia mediante l'utilizzazione di un documento falso dal punto di vista ideologico, emesso da altri a favore dell'utilizzatore. Il ricorso è fondato.

L'interpretazione data dal Tribunale di Napoli si pone in netta discontinuità con l'orientamento già affermato da questa Corte (Cass. Sez. 3 09/02/2011 n°9673, Chen, Rv 249613) secondo la quale "Integra il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, comma 1, e non già la diversa fattispecie di cui all'art. 3, l'utilizzo, ai fini dell'indicazione di elementi passivi fittizi, di fatture false non solo sotto il profilo ideologico, in riferimento alle operazioni inesistenti ivi indicate, ma anche sotto il profilo materiale, perchè apparentemente emesse da ditta in realtà inesistente".

Si tratta di un indirizzo richiamato dal P.M. ricorrente e non condiviso dal Tribunale per ragioni che questa Corte ritiene inosservanti del testo normativo (oltre che illogiche per quanto si osserverà più avanti).

Peraltro l'indirizzo menzionato si colloca sulla scia di precedenti conformi decisioni ancorchè riferentisi a fattispecie in parte diversa relative alle schede carburanti equiparabili a fatture (Cass. Sez. 3, 07/02/2007 n°12284, Argento, RV 236812), anche queste menzionate sia dal P.M. ricorrente che dal Tribunale.

Quest'ultimo, nell'ordinanza impugnata, pur ritenendo aderente alla fattispecie esaminata quella oggetto della decisione sopra menzionata, ne ha poi disatteso le conclusioni, sostenendo la erroneità della equiparazione tra falsità materiale e falsità ideologica operata in ragione del significato dell'espressione "operazioni inesistenti" ma non in linea con la lettera della legge (art. 1 cit.) e giudicata anche troppo "semplicistica" in relazione alla mancata "valutazione della finalità della disciplina diversificata tra fatture false ed altre frodi" (vds. pag. 6 dell'ordinanza impugnata). Tale ragionamento a giudizio della Corte non può essere condiviso.

Il punto di partenza per una corretta soluzione della questione è dato dal testo del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, intitolato "Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti": detta norma, in particolare, punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni "chiunque, alfine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi passivi fittici".

La definizione di fatture o altri documenti è contenuta nel medesimo D.Lgs., art. 1, comma 1, lett. a), il quale testualmente recita: "per fatture o altri documenti per operazioni inesistenti si intendono le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l'imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi". Dal testo normativo risulta con chiarezza che gli elementi che qualificano tale definizione sono rappresentati, da un lato dall'inesistenza della operazione economica (sia essa oggettiva o soggettiva, totale o parziale); dall'altro, dalla natura del documento che la certifica, che deve essere costituito da una fattura o altro documento avente "rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie".

Sicchè è l'efficacia probatoria, in base alle norme tributarie, del documento utilizzato per la dichiarazione fraudolenta l'elemento specializzante ed individualizzante ai fini della qualificazione della fattispecie criminosa: elemento che consente di differenziare tale fattispecie da quella similare contemplata nel cit. D.Lgs., art. 3, relativo alla dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici.

E' dunque indifferente la distinzione (sottolineata invece dal Tribunale) tra falsità materiale e falsità ideologica mutuata dall'art. 476 c.p., e ss., la quale serve ad inquadrare le possibili ipotesi di falsificazione di atti da parte del pubblico ufficiale o del privato in apposite fattispecie criminose.

Come già ritenuto da questa Corte in fattispecie analoghe, le fatture (o altri documenti per operazioni totalmente inesistenti) di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 1, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo, vanno ricomprese - tranne rari casi - nella nozione di falso materiale piuttosto che in quella di falso ideologico, sulla base della distinzione figurante nel codice penale di rito: infatti remissione di fatture per operazioni inesistenti non si distingue sul piano logico e fattuale dalla formazione da parte del pubblico ufficiale di un atto falso (art. 476 c.p.) o di una scrittura privata falsa da parte del privato (art. 485 c.p.).

Per altro verso il falso materiale, con riferimento alla fattura o altra documentazione contabile, sostanzialmente non fa altro che integrare la doppia ipotesi della falsità cosiddetta ideologica, prevista dalla definizione di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 1, della inesistenza dell'operazione cui si riferisce la fattura e della inesistenza o diversità del soggetto al quale l'operazione viene riferita.

In conclusione, la distinzione, senz'altro rilevante ove riferita ai reati contro la fede pubblica disciplinati dal codice penale, non appare invece di significativo interesse ai fini della repressione delle violazioni fiscali, per le quali, invece, acquista rilievo il mezzo adoperato per commettere la frode ed il suo carattere più o meno subdolo, che incide sulla possibilità di un rapido e agevole accertamento.

La ratio incriminatrice della norma delineata nel D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2 del va quindi individuata nel valore probatorio attribuito, in materia tributaria, alle fatture o agli altri documenti ad esse equiparati, in considerazione della apparente affidabilità della documentazione contabile corrispondente allo schema normativo, cui la legge collega determinate conseguenze in materia fiscale.

E, dunque, la natura dello strumento usato per commettere la frode fiscale, in quanto idoneo a trarre più facilmente in inganno l'amministrazione finanziaria, a determinare la linea di demarcazione tra le ipotesi indicate nell'art. 2 e quelle delineate nell'art. 3.

Pertanto, ai fini della configurabilità della dichiarazione fraudolenta di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, occorre che il documento utilizzato per la dichiarazione di elementi passivi fittizi corrisponda, sia pure apparentemente, ai requisiti precisati dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 2, a proposito del contenuto della fattura, ovvero, se si tratta di altro documento contabile, sia equipollente, in relazione al suo contenuto, alla fattura secondo le norme tributarie, a nulla rilevando che detta fattura o documento sia frutto di falsità cosiddetta ideologica o materiale.

Può dunque affermarsi che è la rispondenza allo schema legale, che caratterizza la fattura o altra documentazione ad essa equiparata dalla legge tributaria, utilizzata a supporto della dichiarazione fraudolenta di elementi passivi fittizi, a consentire di inquadrare la relativa condotta nella fattispecie di cui al più volte richiamato D.Lgs., art. 2.

Quanto poi all'ulteriore argomentazione seguita dal Tribunale, riferita al mancato superamento della soglia di punibilità, la stessa non può essere condivisa, in quanto la ragione della incriminazione della condotta sopra evidenziata risiede non già in entità numeriche quanto nella intrinseca, maggiore pericolosità della condotta, proprio a causa del particolare valore probatorio, sul piano tributario, dello strumento documentale utilizzato per porla in essere: pericolosità che giustifica la mancata fissazione di specifiche soglie di evasione.

In aggiunta a tali osservazioni va detto che l'ipotesi delittuosa prevista dal menzionato art. 3 ("Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici") si distingue anche sotto il profilo oggettivo dalla fattispecie contemplata nell'art. 2 in quanto gli elementi costitutivi che la caratterizzano sono costituiti dalla "falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie" e del fatto di avvalersi "di mezzi fraudolenti idonei a ostacolarne l'accertamento", ne consegue che la fattispecie di cui all'art. 3 prescinde dall'uso di false fatturazioni o documentazione equipollente, come si deduce dalla c.d. "clausola di riserva" contenuta nell'incipit della norma ("fuori dei casi previsti dall'art. 2"), ed è configurabile esclusivamente nei confronti dei soggetti obbligati a tenere le scritture contabili. Al contrario, il reato di cui all'art. 2 può essere commesso da qualsiasi soggetto obbligato alle dichiarazioni dei redditi o IVA. Ai sensi dell'art. 2, comma 2, infatti, il reato "si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti....sono detenuti a fine di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria".

Pertanto, la fattispecie della dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici di cui al D.Lgs., art. 3 è residuale rispetto a quella dell'uso di una falsa fatturazione o documentazione rilevante ai fini tributati ed è configurabile solo nei confronti di determinate categorie di contribuenti, oltre ad essere subordinata ad una soglia dell'imposta evasa e degli elementi attivi sottratti all'imposizione che ne determinano la configurabilità.

A maggior ragione la tesi alternativa proposta dal Tribunale di un possibile inquadramento della fattispecie nello schema delineato dal D.Lgs., art. 4 in parola ("Dichiarazione infedele") non può essere condivisa, in quanto tale fattispecie si colloca in una posizione ancora più residuale rispetto agli artt. 2 e 3, dato che gli elementi costitutivi sono rappresentati dall'omessa dichiarazione di elementi attivi o dalla "mera" indicazione di elementi passivi fittizi. In quest'ultimo caso risalta ancora meglio la minore offensività per l'amministrazione tributaria di detta ipotesi delittuosa, di indubbio più agevole accertamento rispetto a quelle delle dichiarazioni fraudolente: il che giustifica, ai fini dell'assoggettamento a sanzione penale, la necessità del superamento di una soglia tra imposta evasa e redditi sottratti all'imposizione maggiore di quella prevista dall'art. 3.

In nessun caso, pertanto, la dichiarazione fraudolenta mediante l'uso di fatture materialmente false o altra documentazione contabile di analoga efficacia probatoria materialmente falsa può farsi rientrare nella diversa ipotesi della dichiarazione infedele, pena la manifesta illogicità del sistema sanzionatorio penale in materia tributaria.

L'ordinanza impugnata deve essere, pertanto, annullata con rinvio per un nuovo esame che tenga conto degli enunciati principi di diritto.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli.

 

Avv. Simone Fazzari 

Simone Fazzari & Barry Smith Law Offices 

Simone Fazzari & Barry Smith Law Group

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/SimoneFAZZARI/trackback.php?msg=12096331

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
 
Nessun Trackback
 
Commenti al Post:
Nessun Commento
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963