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IVA: I CHIARIMENTI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA

Avv. Simone Fazzari 

Simone Fazzari & Barry Smith Law Offices 

Simone Fazzari & Barry Smith Law Group

 

 

 

 

La Corte di Giustizia UE, Terza Sezione, ha emesso l’11 aprile 2013 una importante sentenza in materia di rimborsi dell’imposta sul valore aggiunto, affermando i seguenti due principi di diritto:

1) Il principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, quale concretizzato dalla giurisprudenza relativa all’articolo 203 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, dev’essere interpretato nel senso che esso osta a che, in base ad una disposizione nazionale intesa a recepire detto articolo, l’amministrazione tributaria neghi al fornitore di una prestazione esente il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto fatturata per errore al suo cliente, in quanto tale prestatore non ha rettificato la fattura erroneamente redatta, mentre l’amministrazione ha definitivamente negato a tale cliente il diritto di detrarre detta imposta sul valore aggiunto, comportando tale diniego definitivo che il regime di rettifica previsto dalla legge nazionale non è più applicabile.

2) Il principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, quale concretizzato della giurisprudenza relativa all’articolo 203 della direttiva 2006/112, può essere invocato da un soggetto passivo al fine di opporsi ad una disposizione del diritto nazionale che subordina il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto fatturata per errore alla rettifica della fattura erroneamente redatta, mentre il diritto di detrarre detta imposta sul valore aggiunto è stato definitivamente negato, comportando tale diniego definitivo che il regime di rettifica previsto dalla legge nazionale non è più applicabile.
Per i giudici di Lussemburgo, in tema di rimborsi I.V.A., anche se il contribuente non provvede alla rettifica, la tutela arriva dal principio di neutralità. L’Amministrazione Finanziaria, infatti, non può negare al fornitore di una prestazione esente il rimborso dell’imposta fatturata per errore al proprio cliente. Ciò anche quando il prestatore non abbia provveduto alla rettifica.
Per la Corte di Giustizia, quindi, il diritto bulgaro non ha recepito correttamente talune disposizioni in materia di IVA. Deve, infatti, considerarsi contraria al principio di neutralità fiscale la norma nazionale che subordina la rettifica dell’IVA erroneamente fatturata alla rettifica della stessa fattura, laddove ciò sia divenuto impossibile da soddisfare, a seguito del diniego definitivo della detrazione dell’IVA: questa sorta di “serpente fiscale che si mangia la coda” eccede, infatti, quanto è necessario per raggiungere la finalità dell’art. 203 della direttiva IVA n. 2006/112, consistente nell’eliminare il rischio di perdita di gettito fiscale.
La sentenza si pone sul solco della sua giurisprudenza consolidata che recentemente aveva bacchettato sempre la Bulgaria e sempre in materia di I.V.A.. In particolare, la Corte Giustizia, Terza Sezione, 31 gennaio 2013, causa C-642/11, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Administrativen sad Varna (Bulgaria), ha dichiarato:
1) L’articolo 203 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, dev’essere interpretato nel senso che:
  • l’imposta sul valore aggiunto indicata in una fattura da un soggetto è da esso dovuta indipendentemente dall’esistenza effettiva di un’operazione imponibile;
  • dal solo fatto che l’amministrazione tributaria non abbia rettificato, in un avviso di accertamento in rettifica indirizzato all’emittente di tale fattura, l’imposta sul valore aggiunto da esso dichiarata, non si può dedurre che tale amministrazione abbia riconosciuto che detta fattura corrispondeva a un’operazione imponibile effettiva.
2) I principi di neutralità fiscale, di proporzionalità e del legittimo affidamento devono essere interpretati nel senso che non ostano a che il destinatario di una fattura si veda negare il diritto a detrarre l’imposta sul valore aggiunto a monte a causa dell’assenza di un’operazione imponibile effettiva, anche se, nell’avviso di accertamento in rettifica indirizzato all’emittente di tale fattura, l’imposta sul valore aggiunto dichiarata da quest’ultimo non è stata rettificata. Se, tuttavia, tenuto conto di evasioni o irregolarità commesse da tale emittente o a monte dell’operazione dedotta a fondamento del diritto alla detrazione, tale operazione è considerata come non effettivamente realizzata, si deve dimostrare, alla luce di elementi oggettivi e senza esigere dal destinatario della fattura verifiche alle quali non è tenuto, che tale destinatario sapeva o avrebbe dovuto sapere che detta operazione si inseriva nel quadro di un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
Nella sentenza 12 luglio 2012, n. C-284/11, la Corte di Giustizia, ha tuttavia precisato che
il principio di neutralità fiscale osta a una sanzione consistente nel diniego del diritto alla detrazione in caso di versamento tardivo dell’IVA, ma non osta al versamento di interessi moratori, a condizione che tale sanzione rispetti il principio di proporzionalità, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare”.
In quest’ultimo caso, i giudici di Lussemburgo erano stati chiamati a pronunciarsi in merito a un ricorso proposto da una società di trasporti bulgara avverso un avviso di rettifica fiscale emesso in seguito al diniego, da parte delle autorità tributarie, del diritto di detrarre l’imposta sul valore aggiunto versata a monte. Quindi nessun diniego alla detrazione ma via libera all’applicazione di sanzioni e interessi moratori per ritardato versamento dell’IVA dovuta.
Per concludere, preme ricordare che recentemente, la Suprema Corte italiana ha stabilito che in materia di IVA, la detrazione presuppone l’assolvimento a monte. In particolare, la Corte di Cassazione, con la sentenza 20 marzo 2013, n. 6925 ha precisato come ai sensi degli artt. 18, n. 1, lett. d) e 22 della VI direttiva Ce n. 77/388, come modificata dalla direttiva 2000/17, il principio di neutralità fiscale impone che l’inosservanza da parte di un soggetto passivo delle formalità imposte da uno Stato membro, in applicazioni alle disposizioni comunitarie, non può privarlo del diritto alla detrazione dell’Iva, mediante annotazione a credito nella dichiarazione di imposta, ferma restando l’eventuale sanzione per l’inosservanza degli obblighi imposti. Ai fini del riconoscimento del diritto di detrarre l’IVA corrisposta per l’acquisto del bene o del servizio è, tuttavia, necessario che gli obblighi sostanziali connessi all’imposta siano puntualmente osservati dal contribuente. Il che, con riferimento alla fattispecie concreta, si traduce nella necessità che vi sia comunque, a monte della detrazione, il pagamento dell’imposta dovuta (che nelle operazioni interne deriva dall’applicazione del meccanismo della rivalsa), si che gli obblighi sostanziali di assunzione del debito IVA, imposti sia a livello comunitario che nazionale vengano rispettati dal contribuente.
Avv. Simone Fazzari 
Simone Fazzari & Barry Smith Law Offices 
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