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Il carattere dei romagnoli

"Il Romagnolo ricorda, per molti tratti del suo carattere, il cittadino del Comune.
I Romagnoli sono voraci mangiatori dotati di stomaci formidabili, amanti dei pranzi succulenti e delle buone libagioni, non meno attivi nelle funzioni amorose, come testimoniano i matrimoni spesso celebrati in età molto giovanile e, non di rado, per legalizzare nozze già consumate di fatto.
Il linguaggio rozzo e triviale, modi brutali, tendenza agli scherzi grossolani, suscettibilità traducentesi nel frequente ricorso alla violenza muscolare, impulsività sono tutte espressioni di una certa primitività, tanto spontanea quanto incontrollata.
Non mancano tuttavia, le qualità francamente positive: il coraggio personale, la laboriosità, il vivo senso dell'ospitalità, il carattere franco, aperto, allegro."
G. Ferrerò (1893)

 

 

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DAL "PAGUS" AL "PLEBS"

Post n°29 pubblicato il 02 Luglio 2007 da valentina.g
 
Tag: LIBRI

DAL "PAGUS" AL "PLEBS": NASCITA, IN ROMANIA, DI UN MODELLO ECCLESIASTICO DA RIMEDITARE NEL PRESENTE

Plebs = popolo di Dio

Il fenomeno della plebs “comincia a palesarsi verso la fine del V secolo e [...] continuerà a svolgere la sua funzione storica sino all’inizio del secolo XII” (pag 148)

“L’istituto della pieve [...] è stato infatti in grado di realizzare una partecipazione “democratica” [...] delle comunità locali [...] alla vita ecclesiale e alla convivenza pubblica. [...] antichi canoni della chiesa [...] attribuiscono a tutti i fedeli [...] contrassegnati con il nome di plebs nell’ordinamento romano, il pieno significato di populus” (pag 149)

Elezione del vescovo e del parroco

Direzioni da cui è venuto il cristianesimo in romagna: da roma attraverso le grandi arterie verso lìEmilia; dal mare (Classe e l’oriente); da una spinta evangelizzatrice dell’area milanese.

“alla fine del IV secolo e agli inizi del V il cristianesimo - assurto nel frattempoa religione dell’Impero – era divenuto assai diffuso anche tra le popolazioni disseminate nelle campagne e disperse tra le valli e i monti.” (pag 150)

Non era facile per questi accedere alla cattedrale

Pievi = chiese battesimali, fornite anche di cimitero

“il conformarsi della pieve come istituzione complessa e matura nella sua morfologia avrà bisogno della concorrenza di più fattori storici: non ultimo il vuoto di potere creatosi all’indomani della caduta dell’Iimpero Romano sotto la spinta incontenibile dei popoli barbari.” (pag 151)

La Romaània è una delle aree in cui elettivamente si sviluppa il fenomeno pievano.

“non si può comprendere appieno il dato di fatto della straordinaria longevità delle istituzioni cristiane in Occidente, e in particolar modo nell’italia centro-settentrionale, se non si pone mente al fatto che esse si sono radicate in una realtà forte e preesistente: le istituzioni preciviche e preromane.” (pag 153)

Municipio → Diocesi

Pago → Pieve

Vico → Parrocchia

Ipotesi non sempre verificabile e semplicistica, ma con fondamenti

Pagus1 → tipo di insediamento delle popolazioni che già esisteva presso i liguri e i celti

Pagus2 → articolazione amministrativa preesistente all’impero Romano e da esso assunta all’interno del proprio ordinamento (pag 156)

“Ogni pagus, poi, comprendeva diversi vici, cioè semplici raggruppamenti in sedi vicine di popolazione rurale, privi di attribuzioni amministrative rilevanti.” (pag 156)

Il pagus era rappresentato in un concilium

Civitas = “ente superiore derivante dall’oppidum, luogo fortificato esistente all’interno del pago dove gli abitanti continuavano a rifugiarsi in caso di necessità” (pag 157)

Le prime chiese battesimali sono “sorte spesso nel capoluogo abitato del pago (ove esistesse) o nel centro di uno dei vici del pago o, ancora, nel luogo considerato “sacro” sino ad allora dai pagani” (pag 157)

Chiesa matrice battesimale = diffusa in Italia meridionale, non ha conosciuto, come la pieve, una articolazione in chiese secondarie o succursali

Basiliche = Chiese sorte un po’ ovunque, in epoca post costantiniana, per custodire tombe di martiri e cimiteri

Parrocchie = nascono in Italia settentrionale in epoca successiva come frutto della progressiva acquisizione di autonomia da parte delle cappelle afferenti alle pievi

Monasteri = nelle antiche fonti, chiesa officiata da un solo prete (monos presbyteros)

Plebs cum cappellis et decimis = “comunità religiosa rurale di cui si trova traccia soprattutto nell’Italia centro-settentrionale, retta da un archipresbyter e coordinata nelle proprie attività da un gruppo di chierici collegialmente orgnizzati che godono di una notevole autonomia rispetto alla sede vescovile” (pag160)

“L’istituto dell’incolato, per il quale i ministri di culto ordinati presso una certa chiesa avevano il diritto-dovere di non abbandonarla senza giusto motivo, facilita la formazione di un clero pievano stabile entro il cui ambito veniva scelto l’arciprete” (pag 161)

Capitolo = organo collegiale che raccoglie i chierici attorno all’arciprete per discutere e deliberare

“Sino a quando la “plebs” si qualificò come ente di vita comunitaria, i beni ad essa afferenti, difficilmente distinguibili in collettivi o individuali, dovevano a pieno titolo considerarsi comuni” (pag 161)

La communio decimarum resterà, per la legislazione carolingia, assoggettata alla quadripartizione => nel tempo la decima viene ad assumere il carattere di un’imposta reale del decimo, e tende a definire il territorio della circoscrizione plebana (pag 162)

Quando si scioglie la vita in comune --> la congregazione diventa corporazione; le prebende (beneficium) sono date ai presbiteri senza obbligo di cura delle anime e residenza.

Pievi: non solo unità religiosa, ma appartenenza sociale. “Le chiese della pieve e le loro pertinenze vengono usate anche per assemblee e raduni di carattere civile di particolare interesse e solennità”. Erano spesso dotate di un proprio ospedale, il sagrato costituiva anche luogo di mercato (pag 163)

Homines optimi = organi stabili dell’età carolingia nominati in ciascuna pieve per essere testimoni dell’avvenuta riscossione delle decime. (pag 164)

“Il progressivo affermarsi politico-militre di una autorità temporale forte che comincia a dare origine al complesso sistema di potere feudale da un lato, ed il diffondersi dei movimenti monastici che tendono ad accentrare intorno al monastero anche la cura delle anime dall’altro, tendono a svuotare di significato il ruolo del vescovo, che sino a quel momento era stato il faro della vita spirituale e temporale dell’ecumene cristiana” (pag 165)

La pieve, che apparteneva al vescovo a titolo patrimoniale, come patrimonio inizia ad essere venduta, non solo ad ecclesiastici, ma anche a laici (signori)

“Una ripresa dell’istituzione plebana si registra a partire dalla metà del secolo XI, ed avviene sotto il segno del potere vescovile, che grazie anche al mutare delle situazioni politiche ritrova il vigore e la forza per recuperare le pievi prima date in concessione ai laici” (pag 166)

L’autonomia della pieve ne risentì, prevalendo il potere del vescovo; inoltre i signori laici a cui era stata concessa una pieve erano molto importanti nel sistema feudale, ed erano diventati come dei feudatari del vescovo

Se dunque il feudo di pieve si qualifica sempre più come organo dell’apparato feudale, il profilo della territorialità acquista un significato determinante. Tendenziale affermazione delle cappelle come autonomi centri di organizzazione ecclesiastica.

“Certo non tutte le cappelle diventeranno parrocchie, e per un lasso ancora lungo di tempo la chiesa pievana manterrà prerogative importanti in materia di culto e cura delle anime; purtuttavia è indubitabile che nei primi anni del XII secolo un equilibrio si rompe e l’organizzazione dell’edificio cristiano subisce profondi mutamenti.” (pag 168)

Signorie territoriali: la loro cappella diventa parrocchia, ed erano loro ad eleggereil pievano, non il popolo

Accentramento della Chiesa, dal 1234 con le Decretali di Gregorio IX

Ai distretti pievani si sovrappongono rapidamente quelli delle diocesi e delle parrocchie.

 

In “Torricelliana”, bollettino della società torricelliana di scienze e lettere, faenza, 1993

 
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