MilleVoltiDaScoprire

inchiostro simpatico


 Ho visto il grano trebbiare con i buoiil giogo e la macina a trave. Parar l'aia l’arabeschi di crepe accecare con la creta e lo sterco Tetraedri di spighe a fascinee coccarda abbagliantecicale cantarne la grazia Com'io auriga all’arena le redini e la macina biganel luglio e nell'oro dei culmi Palmo d’uomo … trascinato graffiato sudato … nel coro del riso Ventilabro a far piover pepiteVento d’aia a far feltro di pula Bianca neve d’estate a far pace, tra uomo e creato.                                                                                                                        sinesire   Da ragazzetto portavo pure da solo il grano al mulino, in paese, a far farina per l'infornata settimanale. Una scocciatura, ché mia madre mi richiamava dai giochi in strada, ma pure un'emozione: sempre quella. Avvicinandomi al mulino, con il sacchetto in spalla, sentivo crescere la sua voce: un sordo ronzare malinconico, quasi un lamento, lo schiaffeggiarsi, nel vai e vieni, della larga correggia di cuoio tra motore distante e puleggia delle macine – due : per il grano  e per il granone, a far polenta - e in prossimità del fabbricato avvertivo sotto le scarpe il suolo vibrare, anch’esso coinvolto nel prodigio. [C’erano sempre degli asini legati presso l’ingresso; della gente che dalle campagne portava la sua  macina di grano e di granturco. E sempre uno o una che mi tranquillizzava col dirmi che il suo asino, stessi sereno, no ! … non li tirava i calci.] Dentro c’era un palco di circa tre metri per otto con la sua scaletta di legno; sotto l’impalcato, a vista, per ogni macina, una grossa ruota dentata che girava come una giostra e sopra il palco … il mistero! O meglio : i misteri. Ché eran due le macine . Due grossi cilindri a doghe di legno e su ognuno la tramoggia in cui il mugnaio riversava il contenuto del sacco, dopo averlo pesato ed aver apposto sulla tela, con un gessetto di cera blu, il peso rilevato. Quanto tempo ho osservato quel cilindro ronzante, sforzandomi nell’immaginare quale straordinario fenomeno trasformasse il grano ( meno spesso macinavamo il granone) in calda farina ! Così, di quel del fenomeno inspiegato, pur tenue, m’è rimasto non certo il mistero :) ma … il ricordo emotivo. Quante cose passano nel mulino della nostra testa, specie da adolescenti e poi nel nostro percorso d’esistere, a far la coscienza d’adulto, nel conflitto con la ragione corrente !!  Lì, al mulino, un poco per gioco un poco per premura materna, un altro rito c’era : chiedere al mugnaio di pesarci. Si saliva in piedi nel piatto della grossa stadera ed avveniva la pesata. Immancabilmente, insieme alla “pesata” , “ l’infarinata”. E' si !... perché il simpatico mugnaio, gaio e cordiale, immancabilmente, con la scusa di tenerci fermi, ci stampava sui capelli l’impronta bianca della sua grossa mano, appositamente intrisa nella farina.   Mi è piaciuto ricordare e raccontare. E Tu sai come si inverte la rotazione della biga nel cerchio del trebbiato ? :).I buoi ... non hanno la marcia indietro.Solo una corda al naso!  :) :)