un uomo comune

Chiudiamo le scuole - 2^ parte


Per approfondire un attimo il discorso su ciò che la scuola dà ai giovani e ai bambini (e quindi sul concentrarsi a "studiare" in senso tradizionale) riporto un brano su uno scienziato (e genio) quale fu Alberto Einstein, e del suo atteggamento verso la vita.«In una calda giornata estiva di uno degli anni venti, nella residenza di Laeken, la regina Elisabetta del Belgio era in attesa di un'illustre ospite, un professore straniero. Elisabetta era inquieta. L'autista in livrea, inviato su di una lucente automobile alla stazione ferroviaria, era tornato dicendo che non aveva visto nessuno, e la regina, che conosceva la puntualità del professore, cominciava a domandarsi se non gli fosse accaduto qualche incidente. Passò così un certo tempo. Fina1mente, una dama di corte, dal parco della residenza reale, vide giungere un uomo che camminava di buon passo, fischiettando allegramente.Era un signore sulla cinquantina, dall'apparenza piuttosto dimessa; sembrava infilato per caso nel vestito che indossava. Aveva con sé una valigia ed un violino, ed era letteralmente coperto di polvere.L'ospite atteso era lui: si chiamava Albert Einstein. Quando lo vide in quelle condizioni, Elisabetta, imbarazzata, gli disse dell'automobile che lo aveva atteso invano. Ed egli, con spontaneità: «Ma io non l'ho cercata. Ho delle buone gambe, perché non dovrei servirmene?». A sua volta l'esterrefatto autista, si giustificò dicendo: «Non ho visto nessuno scendere dalla carrozza di prima classe. Come posso immaginarmi che gli ospiti di Sua Maestà viaggino in terza?»All'epoca di questo episodio Einstein aveva già ottenuto i riconoscimenti più ambiti, tra i quali il premio Nobel, e, soprattutto, clamorose conferme sul piano sperimentale delle teorie che aveva proposto. Nonostante ciò, recandosi in visita presso i reali del Belgio, semplicemente non gli passava per la testa che questi potessero aver inviato alla stazione un'automobile per lui.