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Bandi armati

Post n°27 pubblicato il 31 Agosto 2006 da stefanomac
 

Per motivi professionali capita spesso di confrontarmi con le gare di appalto gestite dalle pubbliche amministrazioni. In genere, per valutare i criteri di eleggibilità di una proposta, vengono preparate due tipologie di capitolato: quello tecnico e quello economico. Il primo dovrebbe fornire alle amministrazioni gli standard qualitativi e quantitativi del progetto, al fine di controllarne la conformità con le richieste del bando di gara. Il secondo dà l’idea della spesa complessiva che l’ente pubblico dovrà sostenere per il periodo compreso nel bando.
Purtroppo il capitolato che maggiormente incide ai fini della scelta di un progetto è quello economico, per tutta una serie di motivi che vanno dallo scarso budget di cui un’amministrazione dispone alle limitate conoscenze tecniche inerenti l’oggetto del bando, che non fanno intuire agli organi preposti le differenze qualitative tra i vari progetti. Spesso non vince il progetto migliore, ma quello che costa meno e le voci su cui si opera maggiormente per ridurre le spese sono la qualità ed il costo del lavoro. In buona sostanza si forniscono materiali e mezzi più a buon mercato e si incide sui contratti dei lavoratori, decurtando gli stipendi e proponendo contratti peggiorativi come i famigerati contatti a progetto (gli ex “co. co. co”). Ricordo agli smemorati che questa tipologia contrattuale, oltre a creare un’ovvia precarietà nella qualità della vita del lavoratore, spesso non prevede delle bazzecole quali le ferie pagate, le malattie e molto altro ancora.
Lavorando in un’azienda privata, molto attenta alla misurazione della qualità dei progetti e dei costi ad essi associati, so per certo che la stragrande maggioranza dei progetti falliscono non per l’incuria dei lavoratori ma per una cattiva gestione e pianificazione del management. Spesso vengono sottostimate delle variabili che poi alla fine incidono sulla resa del progetto e si chiede ai lavoratori di farsi carico del surplus lavorativo per sopperire a tali omissioni. Ma i lavoratori non possono fare miracoli e se non vengono dotati degli strumenti per lavorare bene sono destinati ad essere le prime vittime della cattiva organizzazione. Inoltre, essendo l’ultima ruota del carro, sono quelli che pagano per tutti, soprattutto per le colpe altrui.
Uno stato che appalta progetti col criterio del ribasso economico, oltre a fornire un servizio scadente alla collettività, genera una spirale perversa fatta di precariato e povertà da cui difficilmente se ne esce. Si arriverà al punto che, per risparmiare sempre di più, si aggiudicheranno gare a ditte appartenenti ai cosiddetti “paesi emergenti” (come ad esempio la Cina) che utilizzeranno la loro forza lavoro, vessata e mal pagata. Ma sarà dura raccogliere i rifiuti se non ci saranno più soldi per produrli.
In definitiva occorre pretendere dalle pubbliche amministrazioni una maggiore attenzione ai capitolati tecnici delle gare di appalto, privilegiando la qualità al risparmio. E se il problema è quello annoso del reperimento dei fondi, le soluzioni esistono e sono già pronte: far pagare le tasse a chi oggi evade il fisco e colpire con severità economica gli abusi edilizi.
Screditare i lavoratori non aiuta a risolvere i problemi, occorre scegliere: guardare oltre o lavarsene le mani.

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