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Post N° 604

Post n°604 pubblicato il 09 Maggio 2008 da pianosindaci
Foto di pianosindaci

8. MONETE COMPLEMENTARI E MONETE ALTERNATIVE
Esistono dei progetti di riforma non conflittuali, ispirati da una logica pragmatica: da un lato bisogna accettare il presupposto che il potere reale è nelle mani di banchieri privati, i quali non sono ovviamente disposti a cederlo; dall'altro, ci si può far forti del fatto che la situazione monetaria e finanziaria mondiale diviene sempre più instabile e pericolosa, anche per l'oligarchia bancaria; e che, quindi, questa oligarchia ha interesse a trovare e implementare riforme che assicurino la sostenibilità del sistema, sul quale si basa il suo potere.

Alcuni studiosi, come Marco Saba[19], hanno elaborato "pacchetti" di proposte ragionevoli, rivolte a questo fine.

Un vantaggio importantissimo di queste proposte è che aiutano la gente a capire che cos'è, come funziona e perché vale la moneta.

Innanzitutto bisogna precisare la distinzione tra moneta complementare e alternativa.

La moneta complementare è una moneta il cui utilizzo non esclude l'utilizzo di un'altra moneta (solitamente legale) in una data comunità. Essa può essere legalmente riconosciuta o meno ed essere utilizzata in territori più o meno vasti e più o meno coincidenti con il territorio coperto dall'altra moneta.

Diversamente, la moneta alternativa è una moneta, locale o meno, il cui utilizzo esclude l'utilizzo di un'altra moneta (solitamente legale) in una data comunità. Essa è quindi solitamente non legalmente riconosciuta nella stessa comunità, pur potendolo essere in altre (pensiamo alle monete nazionali odierne o all'euro, a corso legale solo nelle rispettive aree nazionali o sovrazionali).

Dal punto di vista legale, può essere vera moneta solo una moneta complementare e non una moneta alternativa: quest'ultima, infatti, escludendo per definizione l'utilizzo di altre monete nello stesso territorio, è sempre un Certificato monetario[20] oggigiorno.

Tuttavia una moneta complementare seppur legalmente riconosciuta e con le caratteristiche di una vera moneta non è compatibile dal punto di vista teorico con un Certificato monetario quale è la moneta legale odierna, ma dal punto di vista pratico si può certamente implementare con tutti i vantaggi che ne derivano in termini di disponibilità di mezzo di scambio, di velocità di circolazione dello stesso e quindi di incentivo dell'attività produttiva di beni e servizi sottostanti.

E' necessario notare, comunque, che dal punto di vista pratico non è necessaria la legalità della moneta complementare o della moneta alternativa per renderla utile e vantaggiosa, nel momento in cui l'accordo non legale è rispettato dalle parti coinvolte. Di certo, sempre dal punto di vista pratico, risulta più compatibile con la realtà legale vigente la moneta complementare rispetto alla moneta alternativa: per definizione infatti essa non si pone in alternativa alla moneta legale stessa e quindi non dovrebbero porsi problemi di incompatibilità a livello legale.

Quindi moneta complementare deve poter essere usata contemporaneamente alla moneta legale nei pagamenti, ossia deve avere un rapporto di cambio determinato con la moneta legale (possibilità cioè di pagamenti misti in valute diverse), pur non essendo legalmente convertibile con essa.

Una moneta alternativa, invece, è per definizione competitiva con la moneta legale vigente. Essa può nella pratica essere utilizzata a scapito però della legge vigente, ed a differenza della moneta complementare che integra la legge anziché esserle contraria. Essa per definizione non è utilizzata contemporaneamente alla moneta legale vigente nei pagamenti, e può o meno essere convertibile con essa: la moneta alternativa è quindi un mezzo di scambio competitivo rispetto alla moneta legale. Inoltre, essendo alternativa, per definizione può svolgere anch'essa la funzione di riserva di valore al pari della moneta legale odierna.

Le monete complementari, ovunque esse siano state adottate, hanno portato grandi benefici alla comunità locale che se ne serviva.

Qui di seguito vorrei riportare due esempi significativi di monete complementari, riferendomi alle esperienze di Silvio Gesell e del prof. Auriti.

La prima esperienza riguarda l’idea che ebbe un commerciante tedesco-argentino di nome Silvio Gesell[21] .

Egli riconobbe il doppio ruolo contraddittorio del denaro, come mezzo di scambio al servizio del mercato e come strumento di potere che contemporaneamente domina il mercato. Come strada per togliere il potere al denaro, Gesell non pensò ad un ritorno al divieto canonico di interesse della scolastica medievale o addirittura all’eliminazione dei cosiddetti ‘usurai ebrei’. Piuttosto immaginò un cambiamento istituzionale della moneta, in modo che tenere in cassa il denaro sia collegato a dei costi, che neutralizzerebbero i vantaggi della tesaurizzazione e liquidità.

Il nome di Gesell è legato alla seguente esperienza. Nel 1931 in una cittadina del Tirolo (Woergl), il sindaco, Michael Unterguggenberger, traendo spunto dalle teorie di Gesell, per risolvere la grande depressione, decise di battere la propria moneta, che chiamò «banconota del lavoro». Si trattava di una moneta complementare molto particolare, perché era deperibile, cioè perdeva valore nel tempo. Per tenerla in corso infatti, chi possedeva le banconote doveva apporvi ogni mese un bollo, che costava l’1% del valore nominale della moneta (in una moneta per esempio da 10 scellini ogni mese si doveva attaccare un bollo di 0,1 scellini). Di fatto la moneta perdeva ogni anno il 12% del suo valore. L’emissione del sindaco era coperta alla pari da una somma in veri scellini depositati nella banca del comune. Tutti gli impiegati del comune iniziarono a prendere lo stipendio con la nuova moneta. Inizialmente i bottegai si rifiutarono di accettare la nuova moneta, ma poi furono costretti perché in circolazione c’era poco denaro, quasi niente. Presto tutti l’accettarono per il solo fatto che chiunque altro l’accettasse (oggi l’euro è valido solamente perché noi lo accettiamo). Vi furono solo due eccezioni: l'ufficio postale e la stazione ferroviaria, istituzioni dello Stato, rifiutarono le «note del lavoro» e continuarono a pretendere scellini.

La presenza di questa moneta deperibile, che nessuno aveva interesse ad accumulare, fece risorgere l’economia comunale e aumentare la circolazione monetaria. Era dal 1926 che il paese non vedeva tanti introiti: furono asfaltate strade e fatti moltissimi altri lavori pubblici.

Come spiega Maurizio Blondet in Schiavi della banche[22] , il fatale errore del sindaco fu proprio di raccontare felicissimo ai giornalisti che il 12% annuo estratto dalla bollatura delle banconote, lui, l’aveva reinvestito e speso per il bene della popolazione, e che, dato il ritmo della circolazione, ogni mese il Comune vedeva tornare nelle sue casse venti volte l’ammontare dei primi stipendi pagati con le banconote deperibili. Il 2000%. Senza nemmeno saperlo il sindaco aveva rivelato due segreti vietatissimi:

1) l’enorme profitto che il sistema bancario estraeva dalla circolazione;

2) l’immenso e occulto profitto che l’emissione monetaria regalava a chi batte la moneta.

Immediatamente la Banca Nazionale austriaca intervenne abolendo quel fastidioso concorrente. La moneta deperibile fu bandita e resa illegale (in violazione dell’art. 122 dello statuto della Banca nazionale austriaca) nel 1933, perché contraria al monopolio monetario accordato alla banca centrale, cioè contraria agli interessi dei banchieri.

Il secondo esperimento riguardante i vantaggi di una moneta “locale” tratta la fantastica idea avuta da Giacinto Auriti (1926 - 2006), professore universitario in discipline giuridiche che, una volta in pensione, ha elaborato un'originale e discussa teoria riguardante la moneta.

Egli effettuò, a Guardiagrele (Chieti), sua città natale in Abruzzo, un esperimento che ebbe enorme successo salvo poi che l’iniziativa fu, subdolamente, interrotta dalla Procura di Chieti su denuncia non solo di alcuni commercianti locali, ma anche su pressioni della Banca d’Italia.

Il professor Giacinto Auriti alla fine del Luglio 2000, in qualità di fondatore e segretario del SAUS (Sindacato anti-usura) mise in circolazione i SIMEC (simboli econometrici di valore indotto) di esclusiva proprietà del portatore (come è esplicitamente stampato sui biglietti).

Figura n.7 - Taglio da 1000 SIMEC





Scopo di questo esperimento della teoria del valore indotto (che Auriti ha propugnato per oltre trentacinque anni) era quello di verificare "in corpore vili" che i cittadini possono per convenzione creare il valore della moneta locale senza alcun intervento nè dello Stato nè del sistema bancario; l'obiettivo ultimo era quello di sostituire alla sovranità illegittima della Banca d'Italia la proprietà della moneta, quale prerogativa dello Stato, a favore dei singoli cittadini; ma l’esperimento rappresentò già un successo rilevantissimo, perchè apportò un punto fermo in materia monetaria, ovverosia l'accertamento sul piano pratico e fattuale del principio che il valore è dato alla moneta solo da chi l'accetta (cittadini) sulla base di una convenzione, e non da chi la emette (banca).

Questa affermazione vale ancora di più in relazione al fatto che, come ribadito più volte precedentemente, fu abolita la moneta convertibile in oro ovvero la cosiddetta riserva aurea il 15 agosto del 1971 su iniziativa di Richard Nixon storicamente conosciuta come l’abolizione degli accordi di Bretton Woods. In coerenza di quest’ultima affermazione più volte ribadita dal professor Auriti , l’operazione economica svoltasi a Guardiagrele, a detta dei quotidiani di quel periodo, rivitalizzò il commercio e quindi la critica economia locale (Guardiagrele risultava il comune con il più alto indice per suicidi da insolvenza).

Nella circostanza il professor Auriti rilasciò la seguente dichiarazione piuttosto lapidaria: «È come se avessimo messo del sangue in un corpo dissanguato».

Non può dubitarsi che l'iniziativa del giurista abruzzese costituisce un importante riscontro scientifico di sociologia giuridica ed economica senza precedenti in Italia, soprattutto perché proviene da un'associazione privata (SAUS) e non da un ente dotato di potere pubblico, come potrebbe essere, se non lo Stato, il Comune. Deve anche aggiungersi che l'esperimento di Auriti sollecitò l'attenzione non solo delle forze politiche italiane, oltre che della stampa nazionale, ma anche di numerosi organi di informazione stranieri, a dimostrazione dell'interesse destato dalla nuova rivoluzionaria formula monetaria, che configurò la moneta come strumento di diritto sociale avente contenuto patrimoniale come detta l’art. 42 della costituzione al secondo comma, che riconosce la proprietà per tutti aggiungendo in piena legittimità alla sovranità politica anche quella monetaria in capo alle collettività nazionali.

Auriti realizzò il progetto in due fasi: la prima, che il professore denominò dell'avviamento, servì perché il SIMEC potesse conseguire "quel valore indotto che lo oggettivizza come un bene reale, oggetto di proprietà del portatore", e che lo distinse dalla moneta corrente non più soltanto formalmente, ma anche sostanzialmente. La seconda fase che consentì al Comune di "beneficiare del servizio econometrico predisposto dal SAUS (Sindacato anti-usura), mediante un Assessorato per il Reddito di Cittadinanza, che ebbe il compito di promuovere, anche culturalmente, l'iniziativa, di controllare e attuare la distribuzione dei SIMEC tra i cittadini".

In sostanza il progetto tecnicamente parlando si sviluppò lungo questa direttrice: ogni lira veniva cambiata con un SIMEC, tenendo la parità. Questo cambio era rilevante per salari e pensioni: chi riceveva 800.000 lire le cambiava in 800.000 SIMEC. Invece, il SIMEC veniva cambiato quotidianamente con due lire. Lo stesso valore era applicato negli acquisti, era il valore convenzionale riconosciuto al SIMEC; perciò, un oggetto che costava 1000 lire, veniva ad avere un prezzo di 500 SIMEC. Trovandosi con lo stesso reddito e prezzi in SIMEC dimezzati, gli abitanti di Guardiagrele avevano un potere di acquisto raddoppiato.

Diciamo che il SIMEC non era una vera e proprio moneta complementare: se il SIMEC fosse stata una moneta complementare avrebbe violato la Costituzione Europea che riserva alla sola Banca Centrale Europea (BCE) il diritto di emettere moneta. In realtà, i SIMEC secondo Auriti erano , privi di riserva, che circolavano come mezzo di pagamento non per una scelta dell'emittente (che non poteva imporre un corso legale forzoso), ma per una libera scelta di commercianti e consumatori. In quanto non aveva riserve né valore intrinseco né corso forzoso imposto per legge, il SIMEC non aveva nessuno degli attributi che qualificano una moneta.

Il cittadino andava dal commerciante a fare la spesa e quest'ultimo accettava i SIMEC per il doppio perché convenzionalmente valeva il doppio. Quando i cittadini, dunque andavano a fare il cambio questo avveniva per il doppio, perché tutti quanti lo accettavano per il doppio. Tutto questo risultò un vero e proprio volano per l’economia locale tanto più che il professor Auriti sostenne:«La gente è entusiasta perché qui è rinata Guardiagrele. Quando è entrato sul mercato il valore indotto del SIMEC è ritornato il sangue nell'economia», permettendo concretamente ai cittadini di toccare con mano la rinascita economica e sociale del paese che purtroppo crollò in virtù del sequestro dei SIMEC su disposizione della Procura di Chieti e non solo.

Questi sono solo due esempi dei benefici che possono dare le monete, nel momento in cui esse vengono emesse “per il popolo” e non “prestandole al popolo”.

Il prof. Nino Galloni[23] ha indicato le basi economico-sociali che possono dar luce a una moneta complementare. Egli afferma che la condizione necessaria per la sua realizzazione è l’esistenza di risorse e di opportunità di sviluppo territoriale, dunque di una capacità produttiva, e di una disponibilità di forza lavoro, ossia di disoccupati immediatamente disponibili e dotati di competenze professionali. Occorre che un numero critico di imprese, almeno un centinaio, sufficientemente concentrate all’interno di un territorio, sottoscrivano un “patto territoriale” assieme ai rappresentanti dei cittadini e delle istituzioni in base al quale si impegnano ad accettare la moneta emessa dal consorzio e , a loro volta, ad utilizzarla nelle transazioni con i convenzionati e per pagare i propri lavoratori. Questi dunque riceveranno una busta paga costituita in parte da moneta complementare, con la quale acquistare prodotti e merci presso le imprese del consorzio, e in parte da moneta ufficiale per acquistare i servizi e i prodotti non esistenti sul territorio, come la benzina, Ovviamente questo genere di progetti coinvolgerà settori come quello tessile, alimentare , o di sfruttamento delle risorse naturali, semprechè non si riesca a coinvolgere anche imprese che erogano dei servizi. Non bisogna infine trascurare, secondo Galloni, l’importanza di una cooperazione con gli enti pubblici, e dunque l’esistenza di una normativa che preveda la possibilità di creare dei patti territoriali, o che comunque non si pone in maniera trasversale rispetto a questo tipo di iniziative.

L’esperienza delle monete complementari e alternative, si è diffusa in questi ultimi anni in tutto il mondo.

Dal seguente grafico si può notare come, col passare degli anni, il ricorso a queste forme di sistemi monetari associati a quelli ufficiali, si fanno sempre più dirompenti.

Figura n.8 - Sistemi di Scambio Locali - Sviluppo Annuale delle valute complementari nel mondo[24]



Nigeria, Senegal, Sud Africa, Kenya, Cameroon sono i paesi africani dove l’esperienza dello scambio comunitario si è radicata di più, prendendo a modello lo schema dei LETS inglesi[25].

In Sud Africa il South African New Economics Network ha attivato un sistema di scambio comunitario che si basa sia sul mutuo baratto di tempo e beni, sia sull’utilizzo di una moneta complementare che per lo più viene scambiata online[26].
Bangladesh, Hong Kong, Indonesia, Giappone, Corea, Papua Nuova Guinea, Filippine e Tailandia sono i paesi dell’Asia che vedono nelle monete locali (Community Currency System – CCS) una valida integrazione all’economia tradizionale.

Particolarmente interessanti sono gli esempi di monete locali della Nuova Guinea che bene esemplificano il concetto di Nuova Economia Tradizionale.
In Tailandia il primo progetto per introdurre il sistema di moneta locale si chiama Bia Kud Chum ed è stato introdotto grazie ad uno scambio di esperienze con attivisti comunitari dal Messico e dagli Stati Uniti. Kud Chum intende promuovere la produzione locale in alternativa all’importazione di beni da fuori, ridurre l’emorragia di moneta nazionale dalla comunità e rivitalizzare le tradizioni locali di scambio reciproco.

Nella medesima ottica a Bali si riscopre l’antico Uang Kepeng.
Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, El Salvador, Honduras, Messico, Perù, Uruguay, Venezuela, praticamente tutta l’America Latina, sono sensibili alle tematiche dello scambio come alternativa all’economia tradizionale.
In Brasile una delle esperienze più avanzate è rappresentata dall’Instituto Strohalm de Desenvolvimento Integral[27] che promuove una serie di metodologie diverse come alternativa allo scambio monetario tradizionale: si va dalle reti di Commercio Equo e Solidale, allo scambio tra imprese basato su una liquidità interna autonoma che si ispira all’esperienza turca di Turkbarter, o alle varie modulazioni del concetto di moneta locale (Valor Local Circulante, o VLC; Bônus de Fomento; Sistema de Circulante Comunitário Controlado – SCCC).

 
 
 
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