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Tra i paesi oppressi il Regno delle Due Sicilie

Post n°15 pubblicato il 12 Agosto 2008 da massimo.c58

Si parla tanto del Tibet,è giustamente, come di tanti altri paesi occupati e sfruttati dallo straniero... ma ricordiamo mai che anche l'Italia meridionale, una volta Regno delle Due Sicilie, paese libero, indipendente, ricco, con le sue industrie e i suoi artigiani, con la sua terra e i suoi contadini, con il suo popolo ed il suo Re, una volta è stato ingiustamente occupato ed oppresso, e questa oppressione continua da 148 anni? Tutti guardiamo alla "monnezza" con disgusto e noia.... ma ci pensiamo che questa monnezza è opera di una politica meridionale che si sta portando avanti dal 1860, cioè da quando il Sud è stato occupato dall'invasore piemontese?

Per giunta dobbiamo sentirci dire che siamo terroni, peggio degli africani.... così furono tacciati i nostri antenati da Bixio, Cialdini, e dal guerrafondaio e massone Cavour, e dal macellaio Vittorio Emanuele II. I meridionali sono la cenerentola dell'Italia, così considerati dai "fratelli d'Italia", che vennero con la scusa di liberarci, ma con la chiara idea di colonizzarci.

Il Sud è il Tibet dell'Italia. E quei "liberatori" che vennero ad usurparci e colonizzarci, vennero a toglierci libertà, tradizione, la lingua, la  fede, gli ideali, la memoria storica,  la terra, il lavoro, la pace; oltre al fatto che circa un milione di persone furono trucidate, tra cui bambini, donne e vecchi; donne stuprate; migliaia di prigionieri tradotti nel lager piemontese di Finestrelle, dove conobbero freddo, fame ed una morte ignominiosa, dove non ricevettero sepoltura, ma furono bruciati nella calce viva.

Prima dell'unità non c'erano emigrati dal sud... anzi da altri paesi europei venivano a lavorare nel Regno delle Due Sicilie... dall'unità in poi i meridionali sono stati defraudati e condannati a essere o briganti o emigranti.... o traditori.

Mafia e camorra sono stati i migliori alleati dei savoiardi-piemontesi. I liberatori mille garibaldini, la feccia d'Italia che lo stesso Garibaldi descrive cosi: ‘Tutti generalmente di origine pessima e per lo più ladra; e tranne poche eccezioni con radici genealogiche nel letamaio della violenza e del delitto’. Ecco perchè mafia e camorra hanno preso un potere che dura ancora oggi.

Eppure del Tibet italiano mai nessuno si è interessato.... e della nostra storia nessuno mai si è preoccuapto di parlarne.... dei nostri morti innocenti, eroici difensori della patria napoletana, nessuno mai ha raccontato.

Nel mio blog "la riscossa del sud"  http://blog.libero.it/max58  racconto e parlo di questa storia.... perchè la verità si conosca, e la verità ci faccia liberi.

Se a qualcuno interessa conoscere la "storia proibita", che il vincitore conquistatore ci ha tenuto nascosto, potranno andare a leggersi questo libro che vi propongo:

      

   

    LA STORIA PROIBITA

 CONTROCORRENTE EDIZIONI
Via Carlo de Cesare, 11
80132 NAPOLI 

Questo libro vuole colmare un vuoto editoriale presente nella bibliografia riguardante lo Stato delle «Due Sicilie». Infatti sono già presenti sul mercato librario numerosi testi di approfondimento ma ne manca uno a taglio divulgativo, destinato ai "non addetti ai lavori" per intenderci.

«La storia proibita» è il frutto dell’impegno di appassionati cultori della storia del Sud i quali, pur non essendo storici di professione, si sono immersi per anni nello studio dei libri fondamentali sull’argomento; migliaia di pagine sono state lette, rilette, confrontate e alla fine ne è uscito questo libro.

Se non sei convinto delle notizie apprese sui libri scolastici riguardanti la storia del Sud, ci piace pensare che questo sia il tuo libro. Molti luoghi comuni come ad esempio l’arretratezza del meridione e la volontà popolare di unirsi agli altri stati preunitari, sono messi a nudo come verità storica richiede.

Trecento pagine, sedici tavole iconografiche, note a pie’ pagina ben leggibili, una bibliografia aggiornata a fine anno 2000 sono le caratteristiche principali del testo. Si parla dell’economia delle Due Sicilie, delle ragioni della sua caduta, delle trame internazionali delle superpotenze, dei Mille, dei plebisciti, del brigantaggio, della politica dello stato unitario riguardo il Sud, dell’emigrazione; si chiude con un approfondimento degli avvenimenti storici dal 1734 al 1860 e con alcune considerazioni che, prendendo spunto dal passato, ci aiutano a capire il presente e progettare un futuro migliore.

 

per informazione:

Tel. 081421349 - 0815520024
E-mail:
controcorrente_na@libero.it

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Commenti al Post:
ilcorsaronero10
ilcorsaronero10 il 12/08/08 alle 08:12 via WEB
Grazie per avermi invitato a visitare il tuo Blog. E' molto interessante ha ha suscitato in me il desiderio di saperne di più sulla storia nostra siciliana, che gli storici di parte hanno completamente distorta. Continuerò a seguirti. Buona giornata - Ilcorsaronero10
 
rosylagana
rosylagana il 12/08/08 alle 09:35 via WEB
una dolce giornata e grazie per avermi inviteto!!!un abbracio ..Hengel
 
discepola2007
discepola2007 il 12/08/08 alle 16:27 via WEB
Non inseriro' nel mio blog la "bandierina tibetana"......non prendiamoci in giro da soli, e,soprattutto non cerchiamo di metterci a posto la coscienza con una bandierina.....ci vuole moooolto di piu'! Pace e Bene! discepola
 
theriddle
theriddle il 13/08/08 alle 09:47 via WEB
Io sono per un'europa dei popoli e delle nazioni, non degli stati tenuti insieme con lo sputo e il cerotto. Altro consiglio per la lettura: L'Italia non esiste. di Sergio Salvi. Edizioni Camunia. Firenze 1996. L'Italia non tiene: non si può rendere "uno" il molteplice e il dissonante. L’Italia (o, meglio, l’idea dell’Italia) proprio non «tiene». Da qualsiasi parte la si sbirci, ci vengono incontro crepe, spiragli, varchi, addirittura voragini. Eugenio Montale diceva della storia che «non si snoda come una catena di anelli ininterrotta, In ogni caso molti anelli non tengono». Forse la storia non esiste. È soltanto una costruzione (abusiva) degli storici. Forse (probabilmente) l’Italia non esiste. Non basta la fede (e non bastano nemmeno le opere) perché una entità immaginaria divenga reale anche se è stata immaginata per qualche secolo con indubbio fervore fino all’istituzione in suo nome di uno Stato fornito di tutti i crismi previsti dal diritto internazionale (anche se dotato di scarso carisma). Probabilmente, ci si accorge che l’Italia non c’è proprio perché c’è «questo» Stato che si definisce, in maniera allo stesso tempo ingenua e sfrontata, come «italiano»: nato nel 1861 per raccogliere entro i propri confini due modelli di Italia virtuale (considerati, barando con disinvoltura, uno solo), ha smarrito strada facendo la sua motivazione originaria trasformandola un una sorta di peccato originale e nascondendosi dietro di essa. Dati entrambi, senza beneficio di inventario, come scontati e addirittura coincidenti, questi modelli (del tutto astratti) sono: l’Italia-«regione naturale» e l’Italia-«nazione». È facile constatare come all’Italia-Stato siano sempre sfuggite alcune parti indispensabili di questa Italia «nazional-naturale» posta a fondamento della sua unica ragione di esistere. L’Italia-Stato è così soltanto una «frazione» di un «intero»: di un intero (l’Italia nazional-naturale) che però, come vedremo, con ogni probabilità non esiste. Una frazione di zero è sempre uguale a zero. L’Italia-Sato può apparire comunque un intero in quanto Stato (e non in quanto Italia): ma non è preparata a prendere atto di questa realtà sconcertante traendone le debite conseguenze. […] Da Stato concepito per tutti gli «italiani» (con la dubbia motivazione che soltanto «uniti» sarebbero potuti divenire prosperi e «liberi» al suo interno e «indipendenti» nei confronti dell’esterno), lo Stato italiano si è dunque ridotto a essere lo Stato degli «italiani» divenuti e rimasti fortunosamente nel tempo suoi cittadini (per giunta non sempre liberi, non tutti prosperi e spesso nemmeno indipendenti sul serio). Da ciò emerge una contraddizione vistosa: alla rinuncia implicita a compiere l’unità nazional-naturale secondo il programma iniziale, si contrappone infatti la convinzione, sia pure mascherata, dello Stato repubblicano di essere, nonostante tutto, la patria di «tutti» gli «italiani»: compresi gli emigrati e gli irredenti. Lo afferma implicitamente il secondo comma dell’articolo 51 della Costituzione vigente quando stabilisce che ai «pubblici uffici» e alle «cariche elettive» dello Stato sono ammessi, insieme ai «cittadini italiani» anche «gli italiani non appartenenti alla Repubblica». Ma la ragione del fallimento dello Stato italiano è un’altra ed è del tutto opposta. Oltre ad essere due cose diverse, l’Italia-regione naturale e l’Italia-nazione, assai probabilmente, non esistono se non come fantasie o astrazioni: esistono invece, sicuramente, realtà concrete che non trovano nell’Italia-Stato, così come si è strutturata e a prescindere dal suo mancato compimento, un denominatore comune. A quegli aspetti che gli studiosi definiscono lo «Stato-ordinamento» e lo «Stato-apparato» (che pure esistono anche se inefficienti) non corrisponde infatti uno «Stato-comunità» (che è già cosa diversa da una nazione). Ad essi soggiacciono invece «comunità» (che potrebbero essere anche nazioni) dall’identità propria e profonda, magari stremate, che tuttavia rivelano insospettabili doti di resistenza all’assorbimento: malgrado la loro scarsa consapevolezza culturale e politica (e la loro omogeneizzazione non sarebbe certo, proprio da un punto di vista allo stesso tempo culturale e morale, da considerarsi un fatto positivo anche se fosse tecnicamente impossibile). Si può allora affermare che l’Italia-Stato non funziona perché assomiglia a una macchina composta di pezzi tra loro non componibili, tenuti assieme dalla forza delle leggi a dispetto della forza di gravità. Per questa ragione l’Italia come Stato è in stato permanente di decomposizione. Lo Stato stesso sembra accorgersi tutte le volte che è costretto a guardarsi allo specchio, di girare a vuoto. […] Si può pertanto affermare che se l’Italia è a pezzi lo è per propria natura. Va da sé che non basta riformare dall’alto e in superficie ordinamenti e apparati per suscitare una comunità che non esiste, per rendere «uno» (o anche soltanto armonioso) ciò che è invece molteplice (e dissonante). Il difetto, come direbbero gli esperti in utensileria, è tutto nel manico
 
tibet_qui
tibet_qui il 13/08/08 alle 10:17 via WEB
SONO LOMBARDO E FIGLIO DI SICILIANI, SENTO DI AVEE IN ME TUTTA L'ITALIANITA'... QUINDI DI FRONTE A CERTI MESSAGGI... MI VIENE SOLO DA RIDERE.... SE C'E' ANCORA GENTE CHE PENSA ALL'ITALIA COME AD UN POLPETTONE DI POPOLI... QUANDO VI DECIDERETE A REMARE TUTTI DALLA STESSA PARTE? ...PER RENDERE QUESTA NAZIONE QUELLO CHE E'... CIOE' UNA GRANDE NAZIONE? ...E VOI BORBONI NON PENSATE CHE OLTRE 2000 ANNI FA I ROMANI HANNO INVASO ANCHE IL NORD ITALIA? ...OVVIAMENTE E' UNA BATTUTA... SE SI VUOLE CERCARE UNO SCONTRO PSEUDO-CULTURALE CI SI PUO' ATTACCARE AD OGNI FESSERIA.........................(Me)........
 
ofelia770
ofelia770 il 13/08/08 alle 11:49 via WEB
Sono e mi dichiaro completamente apolitica, e non perchè sia un'ignorante che non conosce la storia del suo paese o le motivazioni che hanno portato questa nazione allo sfacelo. Sono apolitica per scelta, perchè disgustata da tutti coloro che si professano "politici" e che invece pensano invariabilmente unicamente alla loro "poltrona" e ai privilegi che essa comporta. Fatta questa premessa, devo dire che però sono una che ha sempre combattuto per la libertà in tutti i sensi. libertà di pensiero, di espressione, di vita. Non sopporto le sopraffazioni, soprattutto sui più deboli. Come te anch'io ho boicottato le Olimpiadi, e pensare che amo tanto lo sport dilettantistico! Ma quello che staaccadendo in Tibet è vergognoso. Perciò Viva il Tibet libero. Sono con te.
 
massimo.c58
massimo.c58 il 14/08/08 alle 01:56 via WEB
Carissimo amico tibet_qui, diceva Antonio Gramsci, rivoluzionario marxista, che <<Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l'italia meridionale e le isole uccidendo, crocifiggendo, squartando vivi i contadini poveri che gli scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti>>. Ora ricordare questo non significa remare contro l'unità della nazione, ma anzi, forse è il contrario. Sarebbe antagonismo pensare ad un ritorno al passato (ma poi perchè non potrebbe esserci, visto che realmente questa Italia esiste solamente per il pallone e le favolette del risorgimento - ti invito ad ascoltare l'ultima canzone di Edoardo Bennati c'era un re). Fin quando questa Nazione non sa riconoscere i torti del passato, non sa purificarsi dagli errori commessi,non si potrà cucire proprio nulla. Diceva Alianello, grande scrittore vissuto a Roma, che se non si alza il panno che ha nascosto per anni le vergogne del risorgimento, non si potrà mai costruire l'unità della Nazione. Proprio oggi, 14 agosto, a POntelandolfo, paese martire dell'occupazione piemontese, si ricorda il giorno della memoria delle vittime del risorgimento. Furono trucidati circa un milione di meridionali (un grave genocidio di cui mai la storia ha parlato)e migliaia sono stati portati alle Fenestrelle, distrutti decine di paesi, ci furono stupri e violenze e furti d'ogni genere... questa memoria non merita forse rispetto? questi innocenti non meritano memoria? E' tempo che l'Italia cresca realemente e che tutti gli italiani non cantino "fratelli d'Italia" tanto per cantare, ma perchè esista veramente e concretamente questa fratellanza... e il fratello che ha sbagliato deve saper chiedere perdono al fratello che si è fatto il torto. Così è la giustizia.
 
grandaniele
grandaniele il 16/08/08 alle 20:57 via WEB
la ricostruzione storica che hai fatto non può che essere "condivisa" !! Il Sud è stato relegato in un angolo proprio a partire dai Savoia !!
 
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