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Le arti marziali

Post n°10 pubblicato il 28 Settembre 2012 da jakare73

Il maestro di arti marziali, un pò come la cintura nera, è diventato un' icona molto diffusa ed abusata.
Il termine maestro, che di per sè è utilizzato per indicare un esperto di qualsiasi attività, nel contesto marziale ha assunto un significato speciale che va aldilà della semplice maestria, appunto, in un certo campo del sapere.
Nelle arti marziali il maestro è considerato un pò come un padre c

he guida gli allievi nella loro crescita tecnica ma soprattutto morale, impartendo lezioni di saggezza in ogni suo gesto o parola.
Senza contare che vista la natura pericolosa delle arti marziali, nell' immaginario comune è diventato anche un personaggio rigido e temibile in virtù delle sue abilità di combattimento.

Purtroppo questo luogo comune ha creato il falso mito che tutti i maestri siano così, e che diventare maestro di un' arte marziale renda automaticamente rispettabili e moralmente impeccabili le persone.
Non dimenticando l' abilità tecnica che si presume essere ai massimi livelli a prescindere.

Le arti marziali tradizionali nel loro bagaglio culturale hanno codificati dei principi morali da seguire, che quando non sono espressamente dei comandamenti dovrebbero comunque stabilire una certa linea guida nei confronti delle cose della vita.
Il pieno rispetto di questi valori dovrebbe nel tempo maturare il praticante al punto da renderlo una persona corretta e saggia: un cultore della giustizia prima che un guerriero.

Tutto questo è molto bello e molto giusto.

Ma siamo sicuri che ogni cosidetto maestro rispetti davvero gli stessi principi che pretende di impartire con tanta severità? E quanto importa l' appetibilità di un titolo di "potere" così rispettato, nella psicologia di chi raggiunge questo riconoscimento?
In parole povere: quanto è veramente maestro di vita, un maestro di arti marziali?

Essere un maestro comporta responsabilità non indifferenti se visto in quest' ottica: non si chiede di essere solamente un istruttore, ma di fungere anche come figura di riferimento in aspetti totalmente diversi dalle tecniche di combattimento.
Ed è inutile sottolineare come questo sia estremamente più difficile.

I principi di moralità, disciplina e correttezza da sempre presenti nelle arti marziali, spesso quasi fossero un codice religioso, vengono messi a dura prova in una società che non guarda più in faccia nessuno, e in un metodo didattico che ormai non può pretendere il loro rispetto alla lettera.
Ormai diventare maestri è una questione alla portata di chiunque abbia abbastanza capacità e passione per allenarsi per anni (anche se tutti possono liberamente creare una nuova scuola autoproclamandosi "gran maestro"), mentre viene data sempre meno importanza al rispetto dei valori morali.

Questo non significa che tutti i maestri siano dei truffatori!
Dopotutto siamo tutti solo uomini, con i propri difetti, le proprie scelte sbagliate e qualche scheletro nell' armadio.
Tuttavia vorrei far notare come il luogo comune rischia di non far giudicare con obiettività le qualità morali di una persona, o la sua saggezza in generale.

Comprensibilmente i maestri vengono osannati e celebrati all' interno di un' associazione, e qualche allievo più giovane od ingenuo rischia di idealizzare troppo una figura che, alla fine, resta comunque solo un uomo.
Ma quello stesso uomo, come si comporta al di fuori dell' ambito marziale?
Una volta tolti gradi e divise, siamo tutti solo persone, ed è qui che si può giudicare quanto ci sia da imparare a livello etico da qualcuno.

Le qualità morali non sono un' esclusiva di chi segue un' arte tradizionale, tantomeno se falsate dalla presunzione di ottenerle solo perchè ripetute a memoria da un codice imparato sulla carta e che non appartiene alla nostra cultura.
Le arti marziali tradizionali, non impongono nessun credo religioso o garantiscono l' acquisizione di nessun valore: danno solo delle guide, dei riferimenti dettati dal comune buonsenso e contestualizzati.

Le arti marziali comprendono tecniche letali, eppure insegnano ad evitare il combattimento, a rispettare il nostro avversario e a ripudiare i soprusi: come è possibile?
Semplicemente perchè il comune buonsenso insegna che a nessuno piace il dolore e a nessuno piace essere umiliato.

Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te.

Comprendendo questo importantissimo e semplicissimo concetto, due marzialisti non dovrebbero mai combattere per sopraffarsi; La consapevolezza della possibilità di essere sconfitti (perchè si conosce l' imprevedibilità del combattimento), dovrebbe evitare a priori lo scontro: l' arte marziale insegna ad essere forte, potenzialmente micidiale per avere sicurezza delle proprie capacità, ma sconfiggendo l' intimo istinto di combattere perchè sarebbe una perdita del controllo su di noi stessi, oltre che moralmente sbagliato.
Naturalmente fino a che non fossimo costretti a farlo.

Un Maestro di arti marziali, non necessariamente è anche un maestro di vita: esattamente come qualunque altra persona.
La saggezza si ottiene con esperienze ed osservazioni molto più personali, che ogni marzialista è semplicemente incoraggiato a scoprire sulla base di conoscenze tramandate da persone sagge.

Akira Yagi

 
 
 
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