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Post n°26 pubblicato il 10 Luglio 2007 da Somwolf
Canto di rivoluzione di Lance Henson (Appunti da un incontro organizzato a Treviso nel 2000 dall’Associazione Filosofica Trevigiana) “America è uno dei nomi dati dagli storici alla Terra dove viviamo e da altri despoti di vario genere. Tsistsistas è il nome del mio popolo. Viviamo in una riserva nel Montana e in Oklahoma. Non siamo ‘americani’, né ‘nativi americani’ né ‘indiani’, questi vivono in India. Noi siamo ‘indigeni, Tsistsistas'. Vi ringrazio per aver destinato parte del vostro tempo a questa conferenza... Tenterò di illustrarvi la situazione dei popoli indigeni in America e altrove. Mi sono incontrato in America con un docente universitario: porterà avanti il messaggio che non siamo più propensi a essere amministrati da Americani e a farci prendere in giro da loro. Non vi sto a raccontare quello che abbiamo lottato in 25 anni per questo progetto. In America le tribù sono affette da cinque malattie mentali collegate al genocidio: questa sera dovevo essere con uno psicoterapeuta apache. Queste malattie (bipolarismo, stress, stress da combattimento in bimbi di età scolare, alcolismo, tossicodipendenza) sono collegate al trauma da genocidio ed etnocidio che continua contro gli indigeni del Canada, Mexico e di tutto il mondo. Di recente, i governi degli Usa, Canada, Australia, Nuova Zelanda hanno dichiarato che i popoli indigeni hanno diritti fintanto che questi diritti non vanno a scontrarsi con gli interessi dei loro popoli... Ci sono documenti ufficiali depositati presso l’Onu a Ginevra che testimoniano il genocidio perpetrato ai danni degli indigeni da parte delle potenze coloniali. Non sono congetture, ma fatti documentati. Il modo di vivere e i sistemi di conoscenza indigena contraddicono per lo più quelli occidentali. Non vogliamo imporre il nostro, ma vogliamo essere lasciati liberi di poter vivere così, di poter parlare la nostra lingua, di avere le nostre tradizioni legate alla Terra, alle Piante, agli Esseri Viventi. Non si è avverato tutto questo, perché la potenza coloniale si basa sulla violenza. Voi non siete il nostro nemico, a meno che non vi chiamiate Bush. Nella mia lingua voi siete ‘compagni di viaggio’. I nemici invece sono ‘piccoli ragnetti neri, belli ma mortali’, legati al territorio... Il genocidio è una condizione in cui vivono quasi tutte le popolazioni indigene. Se entrerete in una riserva in Usa, lascerete fuori gli Usa per entrare in un Paese del Terzo Mondo. Nel mio popolo c’è un altissimo tasso di mortalità: tra i maschi in riserva l’età media è di 48 anni, mentre tra le donne è di 45-55 anni. E le statistiche parlano di dati peggiori per il futuro, viste le decisioni di Bush che permetteranno alle multinazionali l’estrazione dei minerali fossili nelle nostre terre. Quando fu firmato il Trattato, nel secolo scorso, essi volevano i terreni agricoli. Lasciarono per questo i terreni sterili alle tribù degli indigeni, ma non sapevano che essi galleggiavano sui minerali fossili. E anche sull’acqua, che oggi comincia a scarseggiare. Ora le multinazionali vogliono quei terreni. Alcune tribù si sono rifiutate. Così le multinazionali hanno trivellato da fuori quelle terre, impadronendosi del petrolio. Ma nessuno lo dice. Non esistono conflitti tra gli esseri umani: sono creati dai Governi. Così noi subiamo un non riconoscimento dei confini politici, l’intolleranza della ricerca scientifica a riconoscere il Dna dei popoli indigeni e l’intolleranza del Governo che assolda a suon di dollari squadre della morte che distruggano i popoli indigeni. E così continua il saccheggio delle erbe medicinali, delle acque, dei giacimenti che appartengono alla Terra, non all’Uomo. Non possiamo accettare tutto questo, perché influenza il mondo sia indigeno che occidentale. Non possiamo accettare neppure la religione, intesa come sistema di possesso del territorio. Noi viviamo in modo partecipato le nostre cerimonie: serve una preparazione attraverso il digiuno per alcuni giorni. E si giunge alla ‘conoscenza’. Solo così riusciamo a percepire la radice mitologica della nostra conoscenza che deriva dal profondo legame soprattutto con le piante. Se ormai questa conoscenza non fa più parte della vita occidentale, ritorna sempre nei vostri sogni. E i corsi d’acqua – come siete fortunati qui a Treviso, avete un fiume bellissimo, un Grande Padre che attraversa la città, onoratelo e rispettatelo perché a non tutti è dato un simile dono – e le piante che vi crescono attorno attendono solo che voi ritorniate a casa...” “sono qui da dove il vento freddo arriva dove il vento freddo va dove il sole sorge dove il sole tramonta poteri dello spirito ascoltatemi io sono un essere umano io sono un essere umano” “na shi neh no tum num haisto ish i tsis iss i ni is ish i tsis a kit a es maiyun asts nah tsistsistas nah tsistsistas” Lance Henson Dog Soldiers * Cheyenne * I Dog Soldiers sono una delle più antiche confraternite di guerrieri del popolo cheyenne ed era comune anche nelle altre nazioni dei Nativi delle grandi pianure: Lakota, Arapaho, Kiowa, Comanche “Lance non può permettersi di parlare senza soppesare le parole, perché lui è la voce del suo popolo, sia che parli a un giornalista o a un amico, sia che prenda la parola alle Nazioni Unite a Ginevra. E allora ti rendi conto del peso enorme che è costretto a sopportare come poeta e come ‘tsistsistas’, il vero nome del popolo Cheyenne, che nella lingua tribale definisce ‘l’essere umano’. Lance Henson, inoltre, parla con la gentilezza tipica di chi è abituato a controllare la propria rabbia, di chi sa quanto male possano fare le parole: per questo egli le padroneggia, ordinate e nitide, come il suo inglese colto e perfetto. Perché lo Cheyenne Lance Henson è una delle grandi voci della letteratura americana contemporanea e lo dimostrano le innumerevoli traduzioni delle sue opere, delle sue poesie che appaiono perfino nelle antologie scolastiche italiane, quale unico rapprsentante, insieme a Walt Whitman, della poesia nordamericana” (Auro Basilicò, Prefazione a Canto di rivoluzione).
Lance Henson, il poeta cheyenne. I libri e le battaglie
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