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L'UOVO DI TARTARUGA:

Post n°339 pubblicato il 23 Giugno 2006 da G_ietta
 

Dalla deposizione alla schiusa

"L’uovo è un microcosmo autosufficiente in termini di richiesta di nutrienti, ha cioè tutto quello che gli serve per far crescere al suo interno, sino alla schiusa, un essere perfettamente formato. Questo assunto, tuttavia, nasconde un mistero che merita di essere indagato e che, nel caso delle tartarughe, assume un ulteriore valore aggiunto: essendo molte specie minacciate in natura, l’incubazione artificiale delle loro uova riveste sempre maggiore importanza. Il tutto potrebbe apparire banale in quanto è molto facile far nascere una piccola tartaruga ma, come si vedrà, per quanto autosufficiente in termini energetici, lo sviluppo dell’embrione è influenzato enormemente da molti parametri. La temperatura, l’umidità nonché, a monte, le dimensioni relative, l’età della madre e le condizioni di salute di entrambi i genitori possono condizionarne il futuro.
La forma può essere da perfettamente sferica fino ad arrivare a strutture molto allungate. Ciò ne influenza la superficie esterna in quanto, a parità di volume, quello racchiuso in un corpo sferico è compreso in un’area minore. Infatti, ad area minore corrisponde una minore superficie di scambio con l’ambiente circostante che rende meno suscettibile l’uovo alle condizioni esterne. Inoltre, il rapporto superficie-volume è favorevole, a parità di forma, alle uova di maggiori dimensioni: il volume cresce alla terza potenza, mentre la superficie al quadrato. Un uovo di grandi dimensioni genererà quindi un piccolo più grande e con maggiori probabilità di sopravvivenza. Non vi è necessariamente correlazione diretta tra dimensioni medie della specie e dimensione delle uova che vengono deposte, tuttavia nella medesima specie vi è stretta correlazione e un maggior numero delle stesse per ogni ovatura.
Esistono specie, per esempio, che depongono un solo grande uovo, pesante fino ad un quarto delle dimensioni della femmina, ed altre invece che arrivano al centinaio e lo superano. Naturalmente le due specie hanno strategie riproduttive differenti: la prima punta su di un nascituro che possa da subito contare su dimensioni tali da renderlo meno predabile; la seconda sul numero elevato di piccoli per avere la certezza che almeno una parte riusciranno a scampare alla predazione. Le dimensioni relative delle uova non variano di molto, contrariamente a quelle degli adulti di specie differenti, e partono di solito da un asse maggiore di circa 2,5 cm di lunghezza fino ad arrivare a 6/7 cm. Si noti infatti quale differenza invece sussiste per esempio tra una Testudo hermanni ed una tartaruga delle Galapagos.
L’uovo ha un rivestimento di carbonato di calcio, nella forma di aragonite, che si deposita sulla membrana dell’uovo all’interno degli ovidotti della femmina, partendo da strutture puntiformi detti centri di aggregazione.
Questi depositi si allargano e si uniscono sino a formare una struttura continua che ha, in ambito microscopico, un numero di pori atti allo scambio gassoso con l’ambiente esterno. Questi ultimi hanno lo scopo di permettere la respirazione dell’embrione e lo scambio di acqua. Nelle tartarughe si hanno due tipologie di gusci: quelli scarsamente calcarei, che conservano una certa elasticità della membrana dell’uovo e che possono espandersi o restringersi, appartengono solitamente a specie acquatiche e semi-acquate che vivono in ambienti umidi; quelli fortemente calcarei, rigidi e dalle dimensioni immutabili, appartengono a specie che vivono in ambienti più aridi. La struttura di base rimane comunque identica in entrambe le tipologie descritte, quello che varia è cioè quanto carbonato di calcio viene a depositarsi al di sopra della membrana dell’uovo. La disposizione e la forma delle unità di aragonite donano all’uovo la capacità di distribuire un eventuale peso, come la pietra di volta fa in un arco. Quindi, assumendo una forma che si avvicina ad un tronco di cono con la base maggiore rivolta verso l’esterno, questo spiega, inoltre, la facilità con la quale il piccolo riesce a bucare l’uovo, ma al contempo la resistenza che esso dimostra allo schiacciamento.
All’interno del guscio e della membrana dell’uovo si trova l’albume, che a sua volta avvolge il tuorlo, rivestito da una membrana propria. Nella superficie del tuorlo, in quello che è definito polo animale, si trova l’embrione ad un primitivo stadio di sviluppo.
Le uova dei rettili e quelle degli uccelli sono fortemente telolecitiche, hanno cioè una enorme quantità di nutrienti in relazione alle dimensioni relative del polo animale della cellula uovo, e lo sviluppo successivo si svolgerà in questa parte sotto forma di segmentazione parziale e discoidale. Tuorlo, albume e guscio calcareo sono riserve di nutrienti e sali minerali indispensabili allo sviluppo dell’embrione. La composizione chimica di queste strutture è rispettivamente di proteine, grassi (saturi, insaturi e steroli) e micronutrienti (vitamine e sali minerali). L’uovo, almeno sino alla fecondazione, è un’unica cellula con una riserva enorme di nutrienti. Ma come si arriva da qui alla nascita del piccolo animale? Dopo la deposizione inizia la fase di incubazione.
Dal polo animale l’embrione sviluppa delle strutture accessorie: il corion, che si estende immediatamente sotto la membrana dell’uovo, e l’amnios, che racchiude il liquido amniotico nel quale si trova immerso l’embrione. Questo ricrea l’ambiente di sviluppo ideale, che fino all’avvento delle uova dei rettili era possibile solo in acqua. E’ questo che ha permesso ai progenitori dei rettili di affrancarsi dall’ambiente acquatico e di poter iniziare a colonizzare le terre emerse. A questo punto, quello che manca all’embrione è una struttura che permetta lo scambio gassoso con l’ambiente esterno: la respirazione. Questa struttura prende il nome di allantoide, è fortemente vascolarizzata, e si va a sviluppare tra corion e amnios, subito al di sotto della membrana dell’uovo. Da questo punto in avanti lo sviluppo dell’embrione evolverà metabolizzando le riserve energetiche contenute nell’uovo fino al punto in cui, terminate, si avrà la schiusa.
All’inizio dicevamo che lo sviluppo dell’embrione è fortemente influenzato dalla temperatura di incubazione, dall’umidità ambientale, dalle dimensioni dell’uovo, dalle condizioni di età e di salute della femmina.
Le uova deposte da una giovanissima femmina sono generalmente meno fertili e solitamente più piccole di quelle deposte da una più matura.
Piccole dimensioni hanno lo svantaggio di uno sfavorevole rapporto superficie/volume e quindi di essere molto sensibili ai cambiamenti dell’ambiente esterno: ciò può compromettere negativamente lo sviluppo dell’embrione. In questo caso il successo di schiusa sarà certamente più basso.
Piccole dimensioni hanno lo svantaggio di uno sfavorevole rapporto superficie/volume e quindi di essere molto sensibili ai cambiamenti dell’ambiente esterno: ciò può compromettere negativamente lo sviluppo dell’embrione. In questo caso il successo di schiusa sarà certamente più basso.L’umidità relativa ottimale si colloca sopra l’80% e non supera il 90%. Il substrato sul quale sono incubate le uova influenza lo scambio di acqua e quello della temperatura. Senza entrare nel dettaglio, vi sono molti modi di riporre in incubazione le uova di tartaruga. Tuttavia, il substrato usato maggiormente è quello a base di vermiculite in quanto ha la caratteristica di assorbire acqua, creando un’umidità relativa proporzionale al grado di miscela effettuato. Solitamente si dà acqua in proporzione 1:2 di peso con la vermiculite. Naturalmente il tutto, con le uova, va riposto in contenitori di plastica forati nella parte del coperchio, a loro volta posizionati in una camera climatica alla temperatura prescelta. Ma quale è la temperatura più idonea all’incubazione? Qui si apre un dibattito che dà la possibilità di chiarire tutta una serie di importanti implicazioni relative alla temperatura di incubazione. Nella gran parte dei generi di tartarughe e nei rettili in generale, è la temperatura di incubazione a determinare il futuro sesso del nascituro.
Ma, tralasciando per il momento questo importantissimo dato di fatto, va sottolineato che temperature basse e temperature troppo alte possono influenzare in modo negativo lo sviluppo embrionale. In termini pratici, in entrambi i casi, ci sarà un minore successo di schiusa, tendente allo zero agli estremi, nonché una incidenza di malformazioni crescenti ed un minore tasso di sopravvivenza e di crescita dei nascituri. Quindi il range dovrà essere già per questo fatto ristretto. Ricordate quanto detto prima circa la scrupolosa scelta del sito di deposizione da parte delle femmine?
A questo punto, ma in modo semplicistico, potrei concludere dicendo che, nel caso di Testudo hermanni boettgeri, alla temperatura di incubazione di oltre 32° C si avrà la nascita di femmine : scendendo progressivamente aumenteranno il numero di maschi, fino ad arrivare al 100% a temperature inferiori ai 30° C. Perché dico sarebbe semplicistico? Perché ogni specie ha il suo grado di sensibilità alla temperatura, derivato dall’adattamento all’ambiente in cui vive. Ciò implica che vi sia una temperatura alla quale si avrà la nascita, in ugual misura, sia di maschi che di femmine diverse anche tra popolazioni differenti della stessa specie. Questa è definita temperatura perno.
Anche qui semplifico, in quanto molte specie ne hanno due, una più alta e una più bassa, ed i maschi nascono a temperature di incubazione intermedie. Ma che valore ha la temperatura perno? E’ quella temperatura alla quale il genotipo dell’uovo, cioè i cromosomi sessuali, riesce ad esprimersi. In parole semplici, prendendo ad esempio Testudo hermanni che ha digametia sessuale femminile (nei mammiferi è maschile), un uovo con i due cromosomi della coppia sessuale differenti, alla temperatura perno genererà una femmina. Se si abbassa progressivamente la temperatura di incubazione, tutte le uova con i due cromosomi della coppia sessuale uguali genereranno maschi, mentre tra quelle con la coppia differente (geneticamente femminili) una parte genererà maschi in numero maggiore e proporzionale a quanto ci si allontana da quella perno. Si arriverà ad un punto in cui tutte le uova daranno nascite di sesso maschile. Stesso discorso, ma invertito, se si alza la temperatura di incubazione. E’ chiaro a questo punto quali implicazioni abbia la scelta della temperatura di incubazione, e va ribadito con decisione che la temperatura perno è una variabile conosciuta per poche specie perlopiù acquatiche, e che varia non solo tra specie differenti, ma anche tra popolazioni geografiche della medesima.Si tratta di un adattamento all’ambiente di origine. Ulteriore implicazione è che solo in un ristretto ambito di temperatura intorno a quella perno, i piccoli avranno uno sviluppo ottimale ed un tasso di crescita maggiore dopo la nascita. Questo ha notevole importanza nell’incubazione artificiale. In natura, dove per natura intendo nelle popolazioni originarie, la femmina sceglie (quindi influenza lo sviluppo delle uova) il sito di deposizione migliore e, nel caso di Emys orbicularis, si riscontra un bassissimo tasso di inversione sessuale. Ciò sta a dimostrare che la scelta ricade certamente in un sito che permette di fare esprimere alle uova il reale sesso genetico o, quantomeno, si è avuta un adattamento tale da permettere di avere ciò in quella particolare condizione climatica. Anche in questo caso, tuttavia va ribadito, le condizioni di incubazione possono variare successivamente alla deposizione in modo imprevedibile in funzione del tempo meteorologico. Nell’incubazione naturale si hanno regolari fluttuazioni di temperatura giornaliere: si è visto che è la durata della temperatura media ad influenzarne lo sviluppo sessuale. Un buon programma di allevamento non può sottovalutare quanto sopra detto e si dovrà cercare la temperatura più prossima alla temperatura perno per quella particolare specie, sottospecie o variante geografica. La mia personale esperienza mi ha portato ad imbattermi in questa importante e complessa realtà. Molti manuali di allevamento consigliano temperature di incubazione spesso ricavate da una lettura errata di studi scientifici ed io per primo, all’inizio della mia esperienza nell’allevamento delle tartarughe, ne ho seguito le indicazioni. Quale ne è stato il risultato? Adesso mi trovo con un numero molto sbilanciato di animali con lo stesso sesso. Ma di questo me ne sono potuto accorgere con certezza solo dopo 4/5 anni dalla nascita. In questo periodo di tempo il danno è stato notevolissimo, in quanto le nascite sono state numerose, ed ho potuto porre rimedio alla cosa solo tardi. L’unico modo inconfutabile per sessare un nascituro è quello di sezionarne gli organi riproduttivi, quindi non consigliabile: chi si vanta del contrario ha solo il 50% di probabilità di azzeccare una previsione! Una curiosità: le popolazioni sarde di Testudo hermanni hanno una temperatura perno differente rispetto a quelle di origine toscana. Non mi stupirebbe che così fosse anche per altre popolazioni! Per intendersi, già tra 30/31° C nascono solo femmine, mentre da uova deposte da esemplari di origine toscana nascono in numero doppio i maschi. Certamente è un ambito da approfondire. Il mio personale parere è quindi quello di lasciare incubare le uova dove la femmina le ha deposte, purché il posto si trovi nella fascia tirrenica d’Italia ad ovest e lungo la costa in quella adriatica, dove cioè vi sono o c’erano già popolazioni naturali. Sconsiglio ciò più a nord e nei rilievi in quanto le poche nascite darebbero un numero sbilanciato di maschi. L’unica accortezza da avere è quella di creare un recinto apposito, di dimensioni adeguate e protetto dai predatori, esposto al sole dall’alba al tramonto, e fornito di un substrato di almeno 20/25 cm di sabbia fine (di lavaggio rena) da giardino. I nati in queste condizioni saranno molto vitali e capaci di svernare senza particolari accortezze nello stesso recinto di nascita. In caso sia necessario riporre le uova in incubatrice è comunque importante lasciare spento il termostato per alcune ore, magari durante le ore più calde della giornata, al fine di assicurare delle fluttuazioni di temperatura che ricreino l’incubazione naturale.
Tornando alla temperatura, c’è da dire un’ultima cosa importante: dividendo il periodo di incubazioni in tre parti uguali, essa ne influenza la determinazione del sesso esclusivamente nel terzo medio.
Nelle tartarughe la durata dell’incubazione delle uova varia solitamente tra generi diversi, mentre appare tipicamente sovrapponibile tra le specie che li compongono. Si va dai circa 30 giorni di alcuni generi di acquatiche a guscio molle, finanche a superare abbondantemente i 200 giorni di alcuni generi di acquatiche e terrestri tropicali. In un range di temperatura vitale la durata dell’ incubazione è inversamente proporzionale alla temperatura.A basse latitudini non è infrequente un fenomeno detto diapausa: esso consiste in un rallentamento estremo dello sviluppo dell’embrione fin quando le condizioni ambientali non sono ottimali, e rappresenta un adattamento all’ambiente. Molte specie a determinate condizioni di temperatura e umidità hanno mostrato di poter rallentare moltissimo lo sviluppo embrionale: ciò è stato studiato negli USA al fine di posticipare le nascite nelle grandi fattorie che allevano tartarughe acquatiche a fini commerciali. Questo al fine di non avere nascite solo in ristretti periodi dell’anno. A più alte latitudini, nelle zone temperate, lo sviluppo delle uova è vincolato dalla durata della stagione estiva, tuttavia non è infrequente che i piccoli svernino all’interno del nido ed emergano all’aperto all’arrivo della bella stagione.
Al termine dello sviluppo , il piccolo tartarughino fora le membrane che lo avvolgono finendole di assorbire con l’ultima parte di tuorlo rimasta. Quindi fora il guscio con il dente dell’uovo. Questa, convenzionalmente, corrisponde alla data di nascita e fissa la durata dell’incubazione. Siamo all’ultimo dei 26 stadi di sviluppo osservati nelle tartarughe: dell’uovo non rimane che un guscio vuoto, impoverito di parte del calcio che è servito all’embrione durante il suo sviluppo."


autore: Maurizio Bellavista
pubblicato:
http://www.tartaclubitalia.it

Commenti al Post:
carmen81a
carmen81a il 19/06/13 alle 12:22 via WEB
salve la mia tarta ha appena deposto le uova ma non le copre e anche se ho provato a farlo io facendo attenzione a non capovolgere l'uovo le altre lo scoprono passandoci sopra, per paura che si rompesse l'ho tolto e messo in un contenitore pieno di terra,ma abitando in sicilia la temperatura esterna ha superato i 34° e quellq notturna si è abbasata a 20° l'embrione sarà morto??? aiuto!!!!
 
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CHE COS'E' LA CITES



La CITES è la convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione
(CITES= Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora), firmata a Washington il 3 marzo 1973 (e per questo conosciuta in Europa anche come "Convenzione di Washington") è un trattato internazionale applicato in più di 130 Paesi del Mondo. Il suo scopo è di disciplinare il commercio internazionale di specie animali e vegetali affinché questo non ne minacci la sopravvivenza.
www.corpoforestale.it

L'Ufficio CITES puo' fornire informazioni sulle specie protette e sulle leggi in vigore.
La polizia giudiziaria ha il compito di vigilare sull'applicazione delle norme in vigore. Per quanto riguarda il possesso di animali esotici e animali selvatici nostrani protetti e' competente l'Ufficio CITES presso il Corpo Forestale dello Stato (tel. 026709479).
In particolare si ricordino alcune norme che riguardano le tartarughe:
Tartarughe di terra (genere Testudo).
Tutte le tartarughe del genere Testudo sono protette e il loro possesso deve essere denunciato all'Ufficio CITES, cosi' come, entro 10 giorni, ogni nuova nascita e i decessi.
Tartarughe esotiche d'acqua: la maggioranza delle specie di tartarughe d'acqua esotiche in commercio non sono protette. Per verificare con esattezza se la specie in possesso rientra in questa categoria e' possibile chiedere informazioni al'Ufficio CITES presso il
Corpo Forestale dello Stato tel. 026709479.
Queste tartarughe sono esotiche e non possono quindi essere rilasciate in natura a causa dei danni che provocherebbero alla fauna locale. Per questo il WWF sconsiglia l'acquisto di specie esotiche, non solo tartarughe.
Chi non fosse piu' in grado di occuparsi della propria tartaruga puo' rivolgersi a:
ENPA sede di Milano tel 0297064220

Centro tartarughe CARAPAX a Massa Marittima in Toscana
tel 0566/940083 carapax@cometanet.it

 

SEI PRONTO AD ALLEVARE UNA TARTARUGA?


1-DA DOVE PROVIENE?

conoscere l'esatta provenienza dell'esemplare scelto ci farà capire meglio le sue esigenze di allevamento.
2-CHE DIMENSIONI RAGGIUNGE?
è importante sapere anticipatamente quanto crescerà la nostra tartaruga, in modo tale da essere certi di poterle offrire uno spazio adeguato, senza poi,come succede fin troppo spesso, doversene liberare.
3-SERVE IL CITES?
Prima di acquistare l'esemplare che abbiamo scelto verifichiamo se,quella specie,necessita di documentazione, e che, il negoziante o l'allevatore ce lo rilasci.
In modo da evitare sanzioni o addirittura il sequestro dell'esemplare.
4- COSA MANGIA?
La dieta deve essere varia equilibrata e deve evitare i mangimi confezionati.
Deve,per quanto possibile,racchiudere tutti i cibi che normalmente la tartaruga troverebbe  nel suo habitat naturale.Un'alimentazione errata può provocare gravi danni alla salute delle nostre Belve.
5- A CHE TEMPERATURA/UMIDITà ecc. DEVE VIVERE?
Molte persone si preoccupano solo di avere un esemplare "particolare", ignorando però che magari, quell'esemplare è nato in foreste tropicali, e che quindi, avrà molte difficoltà a vivere nei nostri climi, o comunque in piccoli terrari dove si "cerca" di ricreare l'habitat naturale.
Occorre conoscere a che temperature vanno in letargo e a quali si svegliano.
Informarsi, quindi, su tutto ciò che sono le "necessità biologiche"(passatemela!) della tartaruga.cerchiamo magari di prediligere specie autoctone.








 

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